Quando si parla di "fact-check" e di "esperti", Debord è chiaro: in una società soggiogata dall'economia, dove "tutto ciò che una volta era vissuto direttamente è svanito nella rappresentazione", questi professionisti non esistono per fornirci la verità, ma per servire lo Stato e i media attraverso menzogne e distorsioni che appaiono come vere. Se gli "esperti" perderanno influenza, sarà perché il pubblico ha imparato e può articolare che il loro lavoro consiste nel mentire sistematicamente.
La "disinformazione" appare come uno dei maggiori spauracchi nel mondo odierno, sempre più online. I governi mettono in guardia dai pericoli che il fenomeno apparentemente rappresenta per la società e la democrazia, e le organizzazioni dei media mainstream a loro volta indirizzano le risorse verso la contro-disinformazione e gli sforzi di fact-checking. In nome dell'"essere informati", spesso le persone non possono andare online senza essere bombardate da verifiche dei fatti o da avvertimenti che invitano a prestare attenzione ai contenuti che consumano e condividono con le loro reti sociali e professionali.
Mentre gli sforzi contro la disinformazione proliferano, manca una discussione sul potere. Naturalmente, i potenti hanno delle ragioni per voler combattere quella che considerano "disinformazione": vogliono che la loro versione della verità diventi la nostra. Molti commentatori osservano che i cosiddetti ricercatori di disinformazione, i fact-checkers e gli esperti sono spesso di parte e diffondono spesso cose non vere.
Questa è una delle intuizioni più basilari e importanti se si vuole capire come funzionano i media moderni.
In sostanza, chiunque si definisca "esperto di disinformazione" o "reporter di disinformazione" è un impostore di parte, che cerca di far sembrare scientifico il proprio attivismo: https://t.co/5gbDf2WJoD
Ma una forza più grande è all'opera nell'ascesa del fact-checking e di altri sforzi di contro-disinformazione. Questa forza è l'attuale assetto delle apparenze della nostra società, l'insieme delle relazioni sociali mediate dalle immagini, o spettacolo. Lo spettacolo, come spiegato in La società dello spettacolo di Debord, è un concetto che può aiutarci a comprendere fenomeni apparentemente slegati, ma profondamente intrecciati, che si sono realizzati quando l'economia ha asservito la società ai suoi bisogni (e non viceversa), recuperando così la nostra capacità di sperimentare direttamente la vita.
Man mano che il suo dominio sulle nostre vite quotidiane si è fatto completo, lo spettacolo è diventato abbastanza potente da capovolgere la nostra comprensione di ciò che è vero. Poiché lo spettacolo sostituisce la vita reale con una mera rappresentazione mediata della vita che non può essere sperimentata direttamente, fornisce un quadro in cui gli inganni e le bugie di massa possono apparire coerentemente e in modo convincente come veri. Pertanto, lo spettacolo è forse uno degli strumenti più efficaci che abbiamo per spiegare come gli inganni delle élite, comprese le falsificazioni e le bugie sulle guerre imperialiste come quelle in Iraq e in Siria, possano costantemente rimanere impuniti e persino inosservati. Ne consegue che lo spettacolo può aiutarci a capire come le moderne verifiche dei fatti e le iniziative di contro-disinformazione possano costantemente fare il contrario di ciò che affermano, come molti hanno osservato.
In questo articolo esamino le attuali "linee di avanzamento" dello spettacolo così come appaiono nei nostri cicli di notizie, feed e timeline, dove i "fact-check" e le affermazioni degli "esperti" sono quasi impossibili da evitare.
Criticamente, l'argomentazione di questo articolo non può essere intesa solo come una critica dei sistemi mediatici e deve invece coinvolgere lo spettacolo nel suo complesso, che come concetto (come suggerisce il titolo del libro di Debord, La società dello spettacolo) riguarda tutta la società. Gli aspetti della vita moderna non sono "accidentalmente o superficialmente spettacolari", o comunque eccessivi: piuttosto, la società è "fondamentalmente spettacolare". All'interno di una società fondamentalmente spettacolarizzata, l'ascesa di fact-checker al servizio del potere o di una forza adiacente deve essere intesa come inevitabile.
Che cos'è lo spettacolo?
"Nelle società in cui prevalgono le moderne condizioni di produzione, la vita si presenta come un immenso accumulo di spettacoli. Tutto ciò che era vissuto direttamente si è ridotto a una rappresentazione". -Guy Debord
In La società dello spettacolo (1967) e nel suo più breve seguito (1988), Commenti sulla società dello spettacolo, il filosofo francese Guy Debord sostiene che la vita moderna è mediata da immagini, o rappresentazioni della vita, in uno stato - uno spettacolo - che è diventato niente meno che la realtà oggettiva e materiale. La nostra realtà attuale, una società dello spettacolo, è una realtà in cui il mondo è stato "capovolto" perché la vita non può più essere vissuta direttamente, ma solo attraverso mere rappresentazioni della vita. Tale organizzazione delle apparenze facilita un'irrealtà all'indietro in cui la verità, quando fa una rara apparizione, lo fa come "un momento del falso".
Lo spettacolo, che "si presenta come una vasta realtà inaccessibile che non può mai essere messa in discussione", esiste per avanzare all'infinito; come dice Debord, il suo unico messaggio è "Ciò che appare è buono; ciò che è buono appare". La sua manifestazione nel mondo è una "negazione visibile della vita - una negazione che ha assunto una forma visibile" che "mantiene le persone in uno stato di incoscienza mentre attraversano i cambiamenti pratici delle loro condizioni di esistenza".
Il mondo in cui questo spettacolo emerge è quello in cui l'economia ha asservito la società ai propri bisogni. Non avendo alcun interesse se non per se stesso e per il proprio avanzamento, lo spettacolo ignora la realtà dei processi pratici e naturali, come l'invecchiamento e il riposo, e calpesta il bisogno di connessione degli esseri umani in luogo del proprio avanzamento. Maestro della separazione, ha ricreato la nostra società senza comunità e ha ostacolato la capacità di comunicare in generale. Questi processi e le loro ramificazioni significano, in ultima analisi, che le persone non possono sperimentare veramente la vita per se stesse: sono diventate spettatori, vincolati a uno stato impoverito di non-vita.
La società dello spettacolo e il mondo del fact checking
Mentre lo spettacolo fa avanzare il suo controllo, il suo messaggio e, in ultima analisi, la sua "non-vita" sulla vita quotidiana, uno strumento ovvio che può usare per perpetuare la sua causa sono i media di massa e i social media, che occupano porzioni crescenti delle ore di veglia della persona media al di fuori del lavoro. Come sostiene Debord in Commenti sulla società dello spettacolo, l'offuscamento e la distruzione della storia da parte dello spettacolo fanno sì che "gli stessi eventi contemporanei si ritirino in un regno remoto e favoloso di storie non verificabili, statistiche non controllabili, spiegazioni improbabili e ragionamenti insostenibili".
I media corporativi sono un mezzo perfetto per questo regno "favoloso", dove la verità e la realtà sono oscurate in modo irriconoscibile. In questo contesto di confusione, lo spettacolo priva sempre più le persone della realtà fisica, dei punti di riferimento storici comuni e della comunità necessaria per discutere di eventi politici importanti. Di conseguenza, le narrazioni delle élite permeano incontrastate dai loro rispettivi canali, soprattutto quando le voci dissenzienti si trovano escluse dal discorso pubblico corporatizzato, dominato dalle élite e dalla tecnologia.
Debord commenta questo fenomeno nei suoi scritti sullo spettacolo, spiegando che il mondo dello spettacolo è caratterizzato da una comunicazione a senso unico, dall'alto verso il basso, piuttosto che da un dialogo significativo. Scrive che "l'accettazione passiva che [lo spettacolo] richiede è già efficacemente imposta dal suo monopolio delle apparenze, dal suo modo di apparire senza permettere alcuna risposta".
Poiché detengono un controllo sempre maggiore sui mass media di oggi, coloro che detengono il potere sono interessati a legittimare le loro battute - rafforzando così lo spettacolo che ha conferito loro uno status - e mirano a mantenere "ciò che è stabilito". Per farlo hanno a disposizione un'abbondanza di strumenti, tra cui una classe di "esperti", di cui Debord mette in guardia nei Commenti, che superficialmente sembrano fornire informazioni genuine per informare la sfera pubblica, ma in realtà perpetuano prospettive elitarie per far progredire le loro carriere e mantenere il reddito. In un mondo "veramente capovolto", questi apparenti esperti fanno l'esatto contrario di ciò che affermano.
Nel contesto di una classe di esperti, i "fact checker" e il crescente fenomeno dei cosiddetti reporter e ricercatori della disinformazione sono una sorta di "esperti" che agiscono per proteggere la versione della verità dello spettacolo. I lettori profani e gli spettatori televisivi, probabilmente affaticati dalle esigenze della propria vita, possono guardare a questi professionisti per comprendere al meglio la realtà e l'attualità; in pratica, queste operazioni di fact-checking mettono a tacere in massa le narrazioni emergenti che vanno controcorrente, come la storia del probabile laptop di Hunter Biden, un tempo intoccabile ma ora provata.
Come sono diventate realtà queste circostanze al contrario? In La società dello spettacolo, Debord spiega che l'economia che soggioga la società si è presentata dapprima come una "ovvia degradazione dell'essere in avere", in cui la realizzazione umana non si raggiungeva più attraverso ciò che si era, ma solo attraverso ciò che si aveva. Con l'accelerazione della capitolazione della società all'economia, il declino dall'essere all'avere si è spostato "dall'avere all'apparire". Per quanto riguarda la conoscenza, quindi, gli esperti non devono più essere esperti o avere competenze, ma devono solo assumere l'apparenza della competenza.
In altre parole, la frase "gli esperti dicono" che striscia senza sosta nei titoli delle notizie e nei fact-check può essere apposta su qualsiasi cosa per aumentare la legittimità, perché l'apparenza della legittimità ha sempre la meglio sul contenuto.
Come scrive Debord in Commenti sulla società dello spettacolo:
"Tutti gli esperti servono lo Stato e i media e solo così raggiungono il loro status. Ogni esperto segue il suo padrone, perché tutte le precedenti possibilità di indipendenza sono state gradualmente ridotte a zero dal modo di organizzazione della società attuale. L'esperto più utile, ovviamente, è quello che sa mentire".
Come ci mostra Debord, gli esperti diventano tali solo in base alle condizioni dell'élite. L'osservazione di Debord, secondo cui "le possibilità di indipendenza di un tempo sono state gradualmente ridotte a zero", è particolarmente vera nell'odierno mondo dei media aziendali, dove i giornalisti si trovano spesso ad affrontare accordi di lavoro precari, licenziamenti di massa e salari bassi in un settore professionale troppo saturo. Sempre più spesso, allontanarsi dalle narrazioni dei media mainstream significa finire nella lista nera del settore, il che rende molti incapaci o non disposti ad agitare le acque.
Queste condizioni cristallizzano la classe degli "esperti" di Debord, che comprende una varietà di persone i cui ruoli sociali esistono in ultima analisi per difendere e perpetuare lo spettacolo. Nonostante le continue distorsioni e menzogne, la loro apparenza di legittimità dà allo spettacolo una copertura quando qualcuno mette pubblicamente in discussione lo stato degli eventi attuali.
Poiché il loro ruolo non riguarda il controllo legittimo dei fatti, ma piuttosto l'avanzamento dello spettacolo, il lavoro dei fact-checker e dei professionisti dei media adiacenti sugli eventi attuali si manifesta in modi quasi comici, tra cui riferimenti iper-specifici e la ridicolizzazione di potenziali circostanze poi rivelatesi vere.
Nel 2018, ad esempio, NowThis ha ornato con musica da circo una clip di funzionari tedeschi che ridevano del Presidente Donald Trump per quelle che definiva affermazioni "esagerate" e "oltraggiose" fatte alle Nazioni Unite sulla dipendenza della Germania dal petrolio russo. Eppure, solo quattro anni dopo, le preoccupazioni del Presidente Trump sono diventate realtà quando la Russia ha tagliato l'accesso all'Europa del principale oleodotto Nord Stream 1.
Inoltre, mentre i media mainstream hanno a lungo salutato la "teoria delle fughe dal laboratorio" COVID-19 come teoria della cospirazione o "disinformazione", legittimando così la ridicolizzazione e la deplorazione di massa di coloro che ritenevano la teoria plausibile, i media mainstream Vanity Fair e ProPublica hanno finalmente preso in considerazione la possibile validità della teoria quasi tre anni dopo l'inizio della crisi.
In questi e in altri innumerevoli esempi, i fact-checkers hanno lavorato e continuano a lavorare instancabilmente per ridicolizzare gli sviluppi legittimi e diffamarli come falsi, offuscando ulteriormente la realtà per una popolazione atomizzata e già ridotta a vivere la vita indirettamente.
Come i verificatori di fatti e gli "esperti" di disinformazione schiacciano il dissenso
Spesso i fact-checker vengono salutati come "indipendenti", presentandosi come analisti neutrali e di principio degli eventi attuali. In realtà, i loro ruoli sono spesso creati e mantenuti da individui, organizzazioni e governi ricchi o altrimenti compromessi.
Dopotutto, il fact-checking e gli sforzi correlati sono spesso considerati vitali per fermare la "disinformazione", un termine recentemente diffuso che Debord ritiene serva principalmente alla spettacolarizzazione. Ma qui si nasconde un'altra contraddizione che esiste apertamente nella società dello spettacolo: le entità più interessate al problema della cosiddetta disinformazione (cioè i governi, le agenzie di intelligence e i professionisti dei media mainstream) sono le più propense a diffondere falsità.
Debord delinea la sua concezione del termine "disinformazione" nei Commenti, scrivendo che la disinformazione "è apertamente impiegata da particolari poteri, o, di conseguenza, da persone che detengono frammenti di autorità economica o politica, al fine di mantenere ciò che è stabilito; e sempre in un ruolo di controffensiva". Naturalmente, i "fact-check" spesso escono dopo che sono uscite notizie controverse o che incriminano il potere, adempiendo ulteriormente al ruolo controffensivo che Debord insinua svolgano per seppellire le sfide al potere.
Inoltre, molte importanti organizzazioni e istituzioni mediatiche di fact-checking hanno collaborato o sono state finanziate in qualche modo dal governo statunitense, il che suggerisce la loro utilità parziale o totale come strumenti di intelligence per procura. Il cosiddetto sistema di "valutazione della fiducia" NewsGuard Technologies, ad esempio, collabora direttamente con organizzazioni quali Microsoft, i Dipartimenti della Difesa e di Stato degli Stati Uniti ed è persino consigliato dall'ex direttore della CIA e dell'NSA Michael Hayden e dall'ex Segretario Generale della NATO Anders Fogg Rasmussen.
Inoltre, come ha riportato Alan MacLeod su MintPress news, organizzazioni come VoxCheck, il Poynter Institute e StopFake hanno ricevuto finanziamenti dall'ambasciata statunitense o dal National Endowment for Democracy (NED), un'organizzazione sostenuta dal governo statunitense e fondata esplicitamente durante l'era Reagan come gruppo di facciata della Central Intelligence Agency (CIA). L'ex presidente ad interim del NED, Allen Weinstein, ha persino ammesso in un'intervista del 1991 che "molto di ciò che [il NED fa] oggi è stato fatto segretamente 25 anni fa dalla CIA. La differenza più grande è che quando queste attività vengono svolte in modo palese, il potenziale di rischio è prossimo allo zero. L'apertura è la sua stessa protezione".
Forse per coprire le loro dubbie fonti di finanziamento e affiliazioni, le operazioni di fact-checking ed equivalenti spesso assumono sembianze elaborate, impiegando spesso "esperti" che agiscono effettivamente per sostenere le narrazioni mainstream. Ne è un esempio la documentata operazione di intelligence britannica per procura Bellingcat, un'organizzazione inizialmente composta da un solo uomo che, grazie a una forte pubblicità, è diventata da un giorno all'altro uno dei nomi più importanti del giornalismo. Attraverso "indagini open source" apparentemente sofisticate, l'organizzazione ha infine lavorato per proteggere le narrazioni giornalistiche mainstream sulle guerre in Siria e Ucraina, anche etichettando le ricerche critiche nei confronti dei Caschi Bianchi in Siria, sostenuti dall'Occidente e trasformati in terroristi umanitari, come, prevedibilmente, "disinformazione".
Allo stesso modo, l'Institute for Strategic Dialogue (ISD), finanziato dal governo e dalla Fondazione Gates, spesso diffama i giornalisti che contrastano le narrazioni dei media mainstream attraverso il loro lavoro, mettendo a rischio la carriera dei loro obiettivi. Nel suo lavoro per "invertire la marea montante della polarizzazione, dell'estremismo e della disinformazione in tutto il mondo", l'ISD chiede azioni nebulose per regolare o interrompere in altro modo la diffusione della "disinformazione" che di fatto porta alla censura delle voci dissenzienti e al soffocamento del dibattito pubblico. Nella sua pagina "About", l'ISD si vanta persino del numero di account di social media che ha contribuito a bandire.
Ma proprio come lo spettacolo di Debord non consente una vera risposta alle sue azioni - "il suo modo di apparire senza consentire alcuna replica" - l'ISD spesso non risponde quando gli si chiede un commento, un dibattito o una prova che le sue affermazioni di "disinformazione" siano fondate. In effetti, l'ISD ha persino cambiato la sua politica di reclamo per non "impegnarsi in reclami fatti da attori in malafede, o amplificare la disinformazione, l'estremismo o l'odio" dopo che il reporter Aaron Maté ha sfidato il loro infondato tentativo di diffamazione, in collaborazione con The Guardian, contro di lui. L'ISD non è tenuto a fornire prove o a rispondere alle confutazioni quando fa affermazioni su altri: in una società spettacolarizzata, le sue accuse possono da sole uccidere le carriere.
Debord scrive su questo fenomeno, applicabile a chiunque si sottragga alle narrazioni mainstream, in Commenti: "Il passato di una persona può essere interamente riscritto, radicalmente alterato, ricreato alla maniera dei processi di Mosca - e senza nemmeno doversi preoccupare di qualcosa di maldestro come un processo. Uccidere costa meno di questi tempi".
A cristallizzare ulteriormente il rifiuto di risposta dello spettacolo e le "uccisioni" che esso facilita, il fact-checking e i divieti di massa e la delegittimazione degli account dei giornalisti sui social media, facilitati dalle aziende, si verificano in massa e sono particolarmente comuni per gli individui e le organizzazioni che forniscono informazioni e contenuti che vanno controcorrente. Alla fine di maggio del 2022, ad esempio, YouTube aveva rimosso più di 9.000 canali che producevano materiali relativi alla guerra in Ucraina.
E Twitter e Facebook continuano a etichettare gli account non occidentali, spesso reti antimperialiste e giornalisti associati, come "affiliati allo Stato" o "controllati dallo Stato", nel tentativo di screditarli. Le diffamazioni, le demonetizzazioni e il deplatforming nei confronti di giornalisti e testate che si discostano dalla narrativa mainstream, tra cui gli attacchi a Kim Iversen ed Eva Bartlett e il deplatforming su PayPal e Twitter di organizzazioni come Mint Press News e Russia Today, sono sempre più comuni. In molti casi, queste decisioni di divieto e deplorazione si basano sulle conclusioni di fact-checker "indipendenti" che decidono che particolari affermazioni o conclusioni di ricerca sono errate o comunque "dannose", un termine nebuloso che può essere facilmente usato contro i dissidenti perché tale accusa non richiede alcuna prova o dimostrazione reale.
Mentre le fonti indipendenti e in contraddittorio sono lasciate a cercare di produrre lavoro all'interno di vincoli sempre più proibitivi, i canali dei media mainstream e i fact-checkers ripetono costantemente narrazioni distorte o false senza alcuna conseguenza.
Gran parte della copertura mediatica del conflitto in Ucraina, ad esempio, oscura fatti fondamentali, tra cui la natura e la realtà degli elementi neonazisti dell'esercito ucraino, in particolare il Battaglione Azov, ampiamente associato al neonazismo prima dell'attuale conflitto. Questo ha portato a controversie in luoghi come la Grecia, dove la decisione del Primo Ministro ucraino Zelensky di permettere a un membro del Battaglione Azov di parlare durante il suo discorso virtuale al Parlamento del Paese nell'aprile 2022 ha provocato un'indignazione diffusa.
E molte fonti giornalistiche tradizionali hanno ipotizzato che il recente attacco missilistico in Polonia fosse di origine russa, con poche prove, portando le tensioni internazionali sull'orlo del baratro. Quando è emersa la notizia che il missile era probabilmente ucraino, sono stati pubblicati aggiornamenti e cancellati articoli, ma solo dopo che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invitato a un'ulteriore escalation del conflitto. Mentre il giornalista dell'Associated Press (AP), che aveva dato la notizia dopo aver ricevuto informazioni false dall'intelligence statunitense, è stato licenziato, un evento abbastanza notevole da fare notizia a livello internazionale, decine di importanti testate hanno continuato a ripetere acriticamente le affermazioni iniziali dell'AP, secondo cui il missile era russo.
È chiaro che i ritratti insinceri degli eventi attuali da parte dei media sono comuni. Ma l'attuale situazione, in cui i media mainstream diffondono senza sosta la disinformazione, mentre coloro che dicono la verità vengono rimproverati, non è un caso. Piuttosto, molti giornalisti mainstream e fact-checkers hanno il loro lavoro perché le loro parole servono allo Stato e allo spettacolo.
Un ambiente mediatico così tossico, ovviamente, si auto-rinforza: ogni "fact checker" o "esperto" che si allontana dal proprio lavoro per promuovere lo spettacolo sa di rischiare le stesse calunnie che ora diffonde. Nel mondo di oggi, inoltre, tutti sono inconsciamente consapevoli di questa realtà, perché anche loro potrebbero essere "cancellati" online o nella vita reale con poche possibilità di difesa. Considerando la lista di uccisioni del governo ucraino nei confronti di giornalisti come Eva Bartlett e di personalità di spicco come il musicista Roger Waters, si potrebbe dire che l'"uccisione" di Debord ha assunto una forma letterale, anche se ovviamente i verificatori trovano tali affermazioni fuorvianti.
Conclusione
Al momento in cui scriviamo, la relativa capacità delle narrazioni spettacolari dei media di influenzare o confondere in altro modo l'opinione pubblica, come dimostrano gli eventi attuali e recenti, tra cui la guerra in Siria, il conflitto in Ucraina e la crisi del coronavirus, è senza precedenti.
Tuttavia, molti sono sempre più in grado di capire che spesso è in atto una sorta di inganno o di depistaggio. In particolare, il pubblico sta imparando a capire la natura ingannevole degli "esperti" che adornano i loro schermi, come dimostra il flop e la successiva chiusura di CNN+, un servizio di streaming da 100 milioni di dollari che ha ricevuto solo circa 10.000 abbonamenti. La fiducia nei media sta raggiungendo i minimi storici negli Stati Uniti e a livello internazionale: un sondaggio Gallup del 2022 ha rivelato che solo il 16% degli adulti statunitensi ha "molta" o "abbastanza" fiducia nella qualità dell'informazione dei giornali e l'11% nell'informazione televisiva.
Il meme "The current thing" che è emerso e si è diffuso nell'ultimo anno, inoltre, esprime la sensazione collettiva che molti eventi di cronaca, o il loro impatto, siano in qualche modo fabbricati o sensazionalizzati in modi che non sono organici.
Molte persone si sono rese conto che c'è qualcosa di molto strano e innaturale nel fatto che le grandi aziende camminino tutte insieme per spingere l'"ultima novità".
La vita reale non funziona così.
Ci deve essere un qualche tipo di leva per creare questa situazione innaturale.
- Ron Paul (@RonPaul) 27 agosto 2022
Questa consapevolezza collettiva, anche se non esplicitata, che i media disponibili per il consumo sono in qualche modo sbagliati o fuorvianti, coincide con l'affermazione di Debord nei Commenti secondo cui le persone capiscono inconsciamente che, mentre lo spettacolo continua a stravolgere le relazioni sociali, qualcosa di fondamentale è cambiato nella vita stessa.
Come scrive Debord nei Commenti:
"La vaga sensazione che ci sia stata una rapida invasione che ha costretto la gente a condurre la propria vita in modo completamente diverso è ormai diffusa; ma questo viene vissuto piuttosto come un qualche inspiegabile cambiamento nel clima, o in qualche altro equilibrio naturale, un cambiamento di fronte al quale l'ignoranza sa solo di non avere nulla da dire".
Il dominio totale dello spettacolo sulle nostre vite è un'impresa sorprendente e scioccante che costringe chi riconosce il fenomeno a fare i conti con le "non-vite" che viviamo. Così, mentre "l'ignoranza sa... di non avere nulla da dire", per superare e smantellare lo spettacolo è necessario trovare qualcosa da dire: come scrive Debord, occorre "mettere in moto una forza pratica".
Questa "forza pratica" ha bisogno di un dialogo significativo che l'insinuarsi dello spettacolo nelle nostre vite ha in gran parte eliminato, se non del tutto cancellato, attraverso fenomeni come le odierne manie di fact-checking e di antidisinformazione. E questo dialogo e questa comunicazione non possono essere avviati da individui atomizzati o da folle solitarie suscettibili all'influenza dello spettacolo, ma da persone che condividono una comunità e un legame significativo con quella che Debord descrive come "storia universale", "dove il dialogo si arma per rendere vittoriose le proprie condizioni".
Per dirla con Debord, "possiamo capire veramente questa società solo negandola". Se gli "esperti" perderanno influenza, sarà perché il pubblico li ha rifiutati del tutto e potrà affermare che il loro ruolo sociale è quello di ingannare per conto dei potenti.
Riferimenti
Debord, Guy. La società dello spettacolo. Traduzione di Ken Knabb. Berkeley, California: Bureau of Public Secrets, 2014. https://files.libcom.org/files/The Society of the Spectacle Annotated Edition.pdf.
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