La tassazione odiosa, la rendita privilegiata che provoca l'aumento dei prezzi Mentre si raddoppia lo stipendio del capo dell'INPS, decine e decine di miliardi di rendite vengono continuamente pagate come tasse sotto la guisa di interessi sul debito pubblico. La classe digerente, non contenta del signoraggio che ruba con le banche (mille miliardi l'anno), compresa la Banca d'Italia (altri 200 miliardi solo sulle banconote), pretende anche il sacrificio al Bancotauro rappresentato dal "debito pubblico", il debito, cioè, di uno stato che rifiutando di creare esso stesso la sua moneta, pretende di doverla prendere a prestito dai furbetti del banchierino, dopo aver loro concesso la licenza bancaria, invitandoli alle aste mensili dei titoli di stato Ma secondo voi il popolo, presa coscienza, come li giustizierà ? Come fece col Conte Giuseppe Prina nel 1800 ?
In questo video Gigi Moncalvo descrive la situazione dell'oro italiano nel mondo. Quanto è, dove si trova, come è ripartito... e quanto ne manca. Nella prossima puntata affronterà l'altra questione cruciale: "di chi è" l'oro degli italiani.
Sta facendo molto
discutere il servizio di Alessandro Giuli sulle origini del debito
pubblico italiano andato in onda qualche giorno fa all’interno del
nuovo programma di Rai 2, “Povera Patria”. Secondo i critici –
tra cui luminari dell’economia come Riccardo Puglisi, Mario
Seminerio e, ça va sans dire, l’immancabile Luigi Marattin -, le
colpe del servizio sarebbe sostanzialmente tre: di aver
“propagandato” sulla televisione pubblica la presunta madre di
tutte le bufale economiche: il signoraggio (ussignor!); di aver
individuato nel cosiddetto “divorzio” del 1981 tra Banca d’Italia
(BdI) e Tesoro la causa principale della successiva esplosione del
debito pubblico italiano; e di aver insinuato – seppur
indirettamente – che la soluzione al problema del debito pubblico
sarebbe di tornare ad un regime simile a quello pre-divorzio, cioè
di monetizzazione (più o meno parziale) del deficit/debito pubblico
da parte della banca centrale.
I trattati europei e l’euro, imponendo austerità e inibendo l’implementazione di politiche economiche su misura per le necessità dei singoli Paesi, hanno ottenuto il risultato opposto a quello previsto dai decisori politici e dalla dirigenza della Banca d’Italia negli anni’80 e ’90: il debito pubblico italiano è aumentato. Il debito pubblico è in Italia uno dei temi principali, se non il principale, attorno al quale ruotano il dibattito economico e le scelte politiche. Il debito pubblico, giudicato eccessivo, è stata una delle motivazioni per l’adesione all’euro e ai trattati europei, allo scopo di costringere governi e parlamenti a una maggiore disciplina di bilancio, incidendo anche oggi sulle scelte di spesa e di politica economica. La maggior parte del debito pubblico attuale si è formata tra l’inizio degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, raddoppiando dal 59,9% sul Pil del 1981 al 124,9% del 1994. Nonostante i vincoli europei alla spesa pubblica, oggi il debito risulta superiore ai livelli dei primi anni ’90, raggiungendo il 131,8% sul Pil contro il 75,7% della media Ue e il 79% della media dell’area euro, ed essendo inferiore in Europa al solo debito greco.
Visione della gestione del potere di Bankitalia al Governo
La segreteria del Ministro non può avere rapporti con la struttura stabile del Ministero, ha la funzione di tenere i rapporti tra il Ministro e la politica del territorio. Il Gabinetto del Ministro è l’unico deputato ad avere rapporti con il segretario Generale del Ministero o con i capi Dipartimento per comunicare gli indirizzi del Ministro o del Sottosegretario. La contabilità finanziaria è regolata per legge con i capitoli di spesa. I capitoli di spesa sono assegnati e gestiti dai Direttori funzionari pubblici (burocrati) non scelti dalla politica ma vincitori di concorsi e protetti dalle associazioni sindacali, il Ministro può solo chiedere al Capo di Gabinetto di spostare un direttore ad altra direzione motivando la richiesta e il dirigente può fare ricorso alla Corte dei Conti (se è un Ministro capace riesce a fare lo spostamento anche dopo un anno)
Sfumato lo scenario di una conflagrazione “politica” dell’Unione Europea sull’onda di una vittoria elettorale di Marine Le Pen, tornano alla ribalta le forze centrifughe di natura economica: l’Italia si trova adesso in prima linea. Gli allarmanti dati su debito pubblico, disoccupazione, crescita e sofferenze bancarie, suggeriscono che la situazione, complice la prossima instabilità politica, possa precipitare anche prima del rialzo dei tassi da parte della BCE: è quasi certo che, come nel bollente autunno del 2011, Mario Draghi ed Angela Merkel, spalleggiati dal neo-presidente francese Emmanuel Macron, tenteranno di commissariare l’Italia, spingendola verso un “salvataggio” del FMI/ESM. Rimane da capire se la nostra classe dirigente, incalzata da una società sempre più insofferente, cederà al ricatto.
Un nuovo 2011 alle porte
Le presidenziali francesi rappresentavano la principale, e forse unica, occasione del 2017 per una conflagrazione “politica” dell’Unione Europea: se il Front National, sospinto dalla disoccupazione record e dalle montanti tensioni sociali, avesse conquistato l’Eliseo, l’intera architettura europea sarebbe crollata nel volgere di pochi mesi, travolta dall’esplosione del motore franco-tedesco.
«La moneta unica è irrevocabile. La questione dell’uscita non è contemplata dal Trattato» Il 24 gennaio scorso davamo conto della notizia lanciata da Reuter, ovvero di questa affermazione di Mario Draghi : «Se un paese dovesse lasciare l’Eurosistema, i crediti o le passività della sua banca centrale nazionale verso la BCE dovrebbero essere risolti in toto». Notizia rilevantissima poiché, pur minacciando rappresaglia e sfracelli, [1] Draghi, per la prima volta, si lasciò scappare il concetto che dall'eurozona, com'è ovvio, si possa uscire. "Altolà! Ho detto una cazzata!". Questo il senso della rettifica compiuta da Draghi il 5 febbraio davanti al comitato Affari economici e monetari del Parlamento europeo. Ecco le parole testuali: "La mia risposta era una risposta a una domanda tecnica basata su assunzioni non previste dal trattato. L’euro è irrevocabile". Rimosso il lapsus Draghi ha quindi ribadito ciò che affermò il 7 maggio 2015: «L' Euro è irreversibile. L’uscita non è prevista dai trattati».
Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germaniae Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altrebanchecentrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di Berlino. LaGermaniasi gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di togliere ilpoteresovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa“tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.
La notizia è di qualche giorno fa, ma va ricordata in quanto apre una breccia in quella apparentemente inscalfibile facciata reputazionale di Bankitalia. Dai giornali difatti si apprende che la sentenza sullo stato di insolvenza di Carichieti: "ha stabilito che in atti non ci sono elementi che consentano di affermare l’esistenza di uno stato di insolvenza al momento dell’avvio della risoluzione, mentre l’insolvenza vi era al momento in cui è stato emanato il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa." Ed anche:
"Sempre a proposito della insolvenza i giudici avrebbero scritto che si basa su perdite scaturite da rettifiche di valore netto dei crediti di cui non è stata data alcune giustificazione. "
Che cosa vuol dire? Vuol dire che finalmente un tribunale ha messo in dubbio l'operato degli ultimi amministratori della banca tra cui i commissari di Bankitalia che hanno svalutato in modo eccessivo i famosi crediti deteriorati andando a intaccare in modo irreversibile il patrimonio, arrivando quindi al dissesto.