La Svizzera indice un referendum per togliere al governo il potere di imporre lockdown
Il referendum si terrà presumibilmente a giugno, quando alcune restrizioni potrebbero essere di nuovo revocate, anche se non è stata fissata una data precisa. BERNA, Svizzera, 18 gennaio 2021 (LifeSiteNews) – Approfittando di una disposizione unica nella loro costituzione, gli attivisti svizzeri hanno raccolto firme sufficienti per indire un referendum nazionale volto a togliere al governo i poteri di imporre misure di blocco conseguenti a una pandemia.
Il gruppo Amici della Costituzione ha raccolto 86.000 firme per richiedere una votazione a livello nazionale per decidere se abrogare la legge COVID-19 del 2020 del governo approvata a settembre, scrive Business Insider.
Referendum sul taglio dei parlamentari: ecco cosa prevede la riforma
Il 20 e 21 settembre è in programma un referendum costituzionale attraverso il quale i cittadini italiani saranno chiamati a confermare o meno la riforma sul taglio dei parlamentari approvata dal Parlamento nel 2019: di seguito, nel dettaglio, viene spiegato cosa prevede la legge, qualora dovesse entrare in vigore, e come funziona il quesito referendario. Approvata in via definitiva dal Parlamento l’8 ottobre 2019, quando la Camera con 553 voti favorevoli e 14 contrari ha dato ilvia liberaalla legge, la riforma prevede un taglio dei parlamentari dagli attuali 945 a 600. I componenti elettivi di Camera e Senato si riducono del 36,5 per cento con 230 deputati e 115 senatori in meno. I deputati, infatti, scendono dagli attuali 630 a 400, mentre i senatori calano dagli attuali 315 a 200. Qualora la riforma venisse confermata, dunque, cambierebbe il rapporto tra parlamentari eletti e abitanti con l’Italia che diventerebbe uno dei Paesi con la peggior rappresentanza in Europa.
Sono più di vent’anni che la classe politica cambia e prova a cambiare la Costituzione.[Di seguito 3 MOTIVI per il NO(tra gli altri!)]
Il centrosinistra, il centrodestra, entrambi più i cinquestelle, alla fine giungono sempre alla stessa conclusione: siccome non si vuole cambiare politica, si cambiano le regole costituzionali facendo credere che così cambierà tutto. Tanta gente speranzosa ci casca, vuoi vedere che se si riducono i parlamentari aumenteranno gli ospedali ed i posti di lavoro? E naturalmente chi si oppone, chi dice che il problema non è la Costituzione, ma una classe politica indecente che ha rinunciato ad applicarla, viene tacciato di conservatorismo, di essere attaccato ai privilegi, di non voler cambiare. Ricordate Renzi nel 2016? Parlava esattamente come i ministri cinquestelle oggi, che però sono stati più furbi di lui.
La sovranità, a seguito di centocinquant’anni di lotte, coincide con la democrazia, e la democrazia è la libertà di un popolo che possa decidere di sé. Quindi io ritengo che l’imperativo morale cui dovremmo attenerci è considerarci solidali come popolo nella ricerca della nostra sovranità, intesa come dignità sociale degli italiani in quanto tali.
Il 28 luglio 2017 entrava in vigore la famigerata Legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale. Sia il Movimento 5 stelle che la Lega, prima delle elezioni del 4 marzo, promisero che l’avrebbero cambiata a fondo. Invece… Invece, una volta saliti al governo leghisti e penta stellati, hanno fatto una clamorosa marcia indietro, sostenendo il Disegno di legge n. 770. Il 770 era cofirmato dai capigruppo Stefano Patuanelli (M5S) e Massimiliano Romeo (Lega) e dai membri della Commissione igiene e sanità al Senato Pierpaolo Sileri (M5S), Maria Domenica Castellone (M5S) e Sonia Fregolent (Lega). Il n.770, recante “Disposizioni in materia di prevenzione vaccinale“, pende a tutt'oggi in Parlamento, che dovrebbe discuterlo e votarlo. Secondo il blogger IL PEDANTE questo Ddl farebbe addirittura rimpiangere la legge Lorenzin. Contro il 770, a sostegno della Legge di iniziativa popolare “SOSPENSIONE DELL’OBBLIGO” vennero raccolte, in sole quattro settimane, più di 100mila firme, di cui 75mila regolarmente depositate, il 20 settembre 2018, alla Camera dei deputati.
Anche in Macedonia, la UE conferma la sua vocazione antidemocratica. I cittadini hanno disertato il referendum proposto per cambiare nome del Paese e accedere a NATO e UE, mandando l’affluenza ben al di sotto della soglia minima del 50%. Nonostante ciò, le autorità di queste organizzazioni sovranazionali preferiscono fare finta che il referendum sia stato un successo, e spingono per portare avanti processi di adesione che i cittadini non desiderano. La reazione del popolo macedone non tarderà a farsi sentire. Il referendum tenutosi il 30 settembre in Macedonia – che avrebbe dovuto sancire il cambiamento di nome dello Stato e metterlo su una traiettoria di ingresso (sicuro) nella NATO e (allegramente sbandierato ma molto meno sicuro) nella UE – è fallito miseramente, avendo raggiunto un’affluenza di appena il 36,91% dei votanti, ben al di sotto della quota del 50% + 1 necessaria per essere valido, ma nessuno potrebbe rendersene conto dalle reazioni dei suoi promotori occidentali e dagli impazienti beneficiari. In realtà, ci sarà bisogno di coniare un nuovo termine per descrivere adeguatamente le reazioni dei rappresentanti principali del reliquiae reliquiarum del mondo unipolare post-guerra fredda dominato dall’occidente. “Fake news” non sarebbe sufficiente. Magari “fake reality”?
E' una storia che andrà per le lunghe.Chi pensava che la crisi catalana fosse risolta con l'art. 155 e un'elezione si era sbagliato.Inoltre, il magistrato della Corte Suprema, Pablo Llarena, ritiene che la causa generale contro il movimento indipendentista sia molto complessa e ha deciso di estendere il periodo di indagine per oltre un anno.I prigionieri politici, Junqueras, Forn e i due Jordis rimarranno in ostaggio per mesi e mesi.Gli esuli dovranno rimanere tali se non vogliono essere detenuti, e la situazione politica non sarà normale finché la spada di Damocle del 155 rimarrà in vigore e minacciosa e il governo del PP e i giudici, vogliono continuare a determinare la politica in Catalogna.Ora che Puigdemont ha deciso di non essere il candidato, il governo e i giudici stanno studiando come impedire a Jordi Sánchez di esserlo, imprigionato a Soto del Real.Il professor Javier Pérez Royo ha già denunciato che questo non può che essere definito una prevaricazione contro la democrazia.
In un’intervista shock, Macron ammette che la Francia voterebbe per l’uscita dalla UE, se si tenesse un referendum
In un’intervista alla BBC commentata da Zero Hedge, Macron afferma a sorpresa che un equivalente francese della Brexit avrebbe “probabilmente” condotto allo stesso esito: l’uscita dalla UE. La dichiarazione del leader francese suona particolarmente insolita in un momento in cui gli alfieri dell’establishment cercano di rassicurare che c’è “ripresa” e che i “populisti” sono in ritirata. Ma suona insolita anche per la spiegazione esatta e puntuale del problema: l’ipotetico voto per l’uscita dalla UE sarebbe l’espressione delle classi medie e delle classi lavoratrici che si oppongono a una globalizzazione fatta contro di loro. Quando lo scorso anno Marine Le Pen perse le elezioni presidenziali francesi, ed Emmanuel Macron vinse con ciò che sembrò una valanga di voti, l’establishment tirò un sospiro di sollievo, non solo perché la celebre euroscettica populista era stata battuta, ma anche perché sembrò che il vento fosse cambiato.
Questa la dizione perfetta della XIII disposizione finale e transitoria della nostra Costituzione sino alla fine di ottobre del 2002 I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive. Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.
I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.
Il primo ed il secondo comma sono stati aboliti dalla legge costituzionale del 23 ottobre 2002. Il tutto fatto senza aver sollevato allora particolari dimostrazioni di protesta, neppure dell'ANPI. Ora ci ritroviamo sia i discendenti sabaudi che appaiono in troppe trasmissioni televisive, e lasciamo perdere ogni commento alle performances di Emanuele Filiberto, sia alla presenza di un re in pectore che molti anni fa ha sparato con un fucile verso una barca attraccata vicino alla sua, nel mare tra Sardegna e Corsica, uccidendo un giovane tedesco. Omicidio che il re senza trono non ha praticamente pagato dato che è stato condannato ad una pena ridicola, sei mesi, per porto abusivo d'armi.
La Catalogna è oggi il solo territorio dell’Unione Europea cui è stata negata la legge suprema a favore della quale hanno votato i suoi cittadini, il parlamento che i suoi cittadini hanno eletto, il presidente che tale parlamento ha eletto e il governo che tale presidente ha nominato nell’esercizio dei suoi poteri. Agendo in modo arbitrario, antidemocratico e, secondo me, illegale, lo stato spagnolo ha deciso di sciogliere il parlamento catalano nel mezzo del mandato elettorale, di rimuovere il presidente e il governo catalano, di intervenire nel nostro autogoverno e nelle istituzioni che i catalani sono andati costruendo nella nostra nazione per secoli. Ha attuato una brutale offensiva giudiziaria per determinare l’incarcerazione di massa e la criminalizzazione di candidati promotori di idee politiche che, solo due anni fa, hanno ottenuto livelli storicamente elevati di sostegno pubblico.
Oggi i leader di questo progetto democratico sono accusati di ribellione e rischiano una grave punizione, possibile in base al codice penale spagnolo: la stessa dei casi di terrorismo o omicidio, cioè trent’anni di carcere.
Lo sviluppo di eventi in Catalogna sta generando molte
discussioni sulla leicità, legittimità o legalità di alcuni atti, sia da parte
del governo catalano che da quello spagnolo. Si discute, ad esempio, se il
governo agisce unilateralmente o lo fa con l'approvazione di giudici o
tribunali, si discute anche se azioni giudicate illegali da parte dei
giudici raggiungono la legittimità quando sono supportate da centinaia di
migliaia di persone in strada. Tutto questo, ovviamente, è passato
attraverso i media, che sono il filtro con il quale i cittadini vedono la
realtà da molto tempo.
Questi
elementi mi fanno percepire alcune somiglianze con il Venezuela che vale la
pena analizzare, tra le altre cose, ed evidenziare i due pesi e due
misure di molti. Tuttavia, ci sono alcuni elementi diversi che
dobbiamo anche prendere in considerazione. Vediamoli.
“Il tempo della vita è breve e se viviamo è per calpestare la testa dei re.”
(Shakespeare)
Non sono cittadino di Bologna come c’è scritto sulla mia carta di identità (l’identità mente, l’identità non c’è, come può una carta certificare l’inesistente dell’identità?).
In questi anni sono cittadino di Barcellona, una città dove ho molti amici, dove insegno periodicamente, dove ho visto le mostre d’arte più interessanti degli ultimi anni e dove le librerie espongono i miei libri in bella vista (mentre alla Feltrinelli di Bologna li nascondono).
Le mie condizioni fisiche non mi permettono di essere a Barcellona domenica primo ottobre. Debbo curarmi un’asma soffocante e il mio medico sta a Bologna, per cui ho dovuto rientrare nella città dei morti che mangiano al fico.
Negli ultimi mesi mi sono chiesto cosa farei il primo ottobre, se fossi iscritto nelle liste elettorali della città di Barcellona (il mio nome figura nelle liste elettorali della città dei morti che mangiano).
Ci ho pensato e ripensato e avevo deciso che il primo ottobre mi sarei astenuto. Né sì né no. Certo non voterei per il centralismo monarchico di Rajoy e di Urdungarin. Ma tutte le bandiere mi fanno vomitare come dice Lopez Petit, quindi non mi entusiasma l’indipendentismo catalano. L’unità del popolo non fa per me.
Sabato, la Spagna si è trovata sull’orlo di una crisi di sovranità, dopo che la “regione ribelle” della Catalogna ha rifiutato di dare maggior controllo al governo centrale, sfidando le autorità di Madrid che stanno tentando di sopprimere il referendum sull’indipendenza dell’1 ottobre.
La polizia catalana, tuttavia, non è d’accordo e, come riferisce Bloomberg , il sindacato SAP – che è quello maggiore tra i 17.000 poliziotti catalani, noti come Mossos d’Esquadra – ha detto che rifiuteràl’ordine, come suggerito dai politici separatisti.
Avviso importante per i lettori. Nell'articolo pubblicato su Blasting News, è stato inserito un link ad un'articolo che parla (senza nessuna fonte!) di "chavisti armati che seminano il terrore in Venezuela". Tengo molto a precisare che non ho inserito io quel link e che ieri (19 lug) ho chiesto ben due volte che fosse rimosso, oppure che fosse cancellato il mio articolo dal sito, fino a questo momento nessuno mi ha risposto e nulla è cambiato. Alba Canelli
Nessun esodo 'biblico' verso le urne, ma qualche miracolo sì: moltiplicazione dei voti, elettori di 10 anni e adulti che si recano alle urne 17 volte. Il#referendumindetto dall'opposizione, tenutosi domenica 16 luglio, si è concluso nel caos più totale. Tra i tanti dubbi, l'unica certezza è che per il MUD (Mesa de la Unidad Democratica) la matematica è un'opinione, e che qualsiasi controllo e nuovo conteggio dei voti è impossibile.
Dopo il rimbalzo di cifre e dichiarazioni incongruenti, i dubbi sul plebiscito sono venuti persino ai simpatizzanti e sostenitori dell'opposizione a Nicolas Maduro: perché bruciare pubblicamente i registri dei votanti? Cos'ha da nascondere l'opposizione borghese venezuelana?Può sembrare incredibile e senza senso, ma è proprio quello che è successo: dopo il referendum sono stati bruciati i registri dove erano segnati tutti i partecipanti al voto ed ora, dopo varie incongruenze, non è più possibile effettuare alcun controllo. Leggi tutto...
"Il PD è il nostro interlocutore privilegiato "-"Non ci interessa allearci al PD"-"Dobbiamo ricostruire un centro sinistra solido e molteplice "-"Mai più con il PD".
Insomma positivamente o negativamente il PD sembra essere stato, sino ad ora, il riferimento di tutta la sinistra in Italia. Tanta fatica, tanti distinguo, tante sollecitazioni, paletti tattici, anatemi, tutto per un Partito che non esiste più. Certo i voti, anche tanti, ne ha ancora, ma che sia un Partito è tutto da dimostrare. Un collante ideologico, di pensiero comune, di riferimento culturale e politico, di orizzonte teorico, non l'ha più. Renzi è riuscito a svuotare questo contenitore di uomini e donne in politica dal di dentro. Ha lasciato sulla scena solo la parte esterna, una carcassa assolutamente vuota di contenuti, così come il suo capo deve essere.
E perciò vincere o perdere alle elezioni amministrative, o di altro tipo - vedi il recente referendum costituzionale - resta un gioco al massacro casuale: un buon nome, un apparentamento riuscito qua si e là no; un caso di corruzione in campo avverso determina il successo nel proprio il contrario.
Da circa un mese,
ed esattamente dal 6 aprile in alcune zone del Venezuela sono in corso
manifestazioni di protesta portate avanti dalla coalizione di partiti che si
oppongono al Governo di Nicolas Maduro.
Tali manifestazioni spesso sono sfociate in
violenti disordini che hanno provocato alla data odierna (3 maggio 2017) 33 morti,
centinaia di feriti, qualche migliaio di persone fermate ed arrestate, danni
ingenti per milioni e milioni di dollari.
Tranne rari casi, tali manifestazioni sono sempre
state concentrate nelle zone dei quartieri bene di Caracas e qualche altra
città del Venezuela. Fin da quando Hugo Chávez è salito al Governo nel 1999,
hanno protestato contro di lui sempre e solo le classi più ricche, la classe
alta e settori delle classi medie.
L’avversione
della classe media ai governi di Chávez e Maduro
Queste classi non hanno mai accettato la politica
di Hugo Chávez prima e di Nicolas Maduro poi, incentrata sulla redistribuzione in
maniera più equa delle ricchezze dello stato; non hanno mai accettato che il
Governo "sperperasse" - a loro dire - ingenti risorse per le classi
più povere, da sempre emarginate ed abbandonate a vivere nella più totale
miseria.
"L'Europa sta commettendo crimini di guerra" contro la Turchia, Germania e Olanda hanno "attitudini fasciste", "proprie dei nazisti". Si potrebbe, con parecchi distinguo, essere d'accordo, non fosse che questi giudizi vengono da Recep Erdogan, il presidente turco dichiaratamente ammiratore di Hitler, e dai suoi ministri, non proprio brillanti campioni di democrazia e di libertà.
Cosa sta succedendo a quello che è stato lo strumento principe della guerra di aggressione alla Siria, con il sostegno ormai riconosciuto persino dai nord-americani dato dal governo turco all'ISIS, con i suoi campi di addestramento per i terroristi che entravano comodamente in Siria attraverso la lunga frontiera che i due stati condividono (frontiera oggi ermeticamente chiusa per i profughi, grazie all'accordo Unione Europea-Turchia sui rifugiati)? Facciamo un passo indietro. Nel giugno 2015, alle elezioni generali, il Partito Democratico dei Popoli (HDP), che riunisce il movimento kurdo di liberazione e settori della sinistra turca e delle minoranze etniche del paese, guadagna inaspettatamente ben 80 seggi in parlamento, una vittoria definita "storica" dai kurdi. Erdogan non accetta la sconfitta e indice un referendum, da tenersi nell'aprile di quest'anno, con cui chiede gli vengano ampliati i poteri presidenziali...
La guerra monetaria e finanziaria che stiamo inconsapevolmente combattendo, è impossibile da vincere se non ci liberiamo della “gabbia monetaria” che ci siamo costruiti e che riduce la nostra libertà di azione.
Il forte e chiaro NO al referendario costituzionale del 4 dicembre, ha per il momento scongiurato il rischio di peggiorare la nostra situazione, con nuove progressiva cessione di sovranità da parte dello Stato italiano a vantaggio di entità sovranazionali.
Lo scopo della riforma costituzionale voluta dal Governo Renzi era infatti, per loro stessa ammissione, un passaggio necessario per adeguare l’impianto costituzionale alla nuova “governance economica europea”. In pratica, rendere la Costituzione sempre più permeabile alle norme e disposizioni comunitarie, cedendo ovviamente sempre maggiori quote di sovranità nazionale.
In pratica avrebbe rinforzato la sbarre della gabbia.
Fallito dunque il tentativo di operare un cambiamento normativo dall’interno, attraverso la riforma costituzionale, è cominciato un vero e proprio attacco all’Italia,
Il sistema bancario in Italia è come un piatto di spaghetti super-cucinati e mal conditi. Non si trova nè l’inizio nè la fine di ogni spaghetto. Tutti aggrovigliati, sembrano un serpente dalle mille teste, ma tutti sono infettati dallo stesso male, i loro crediti inesigibili. La cosa grave è che, dato che l’Italia è la terza economia dell’Unione Europea, una crisi bancaria in questo paese sarebbe una minaccia mortale per l’euro e non potrà essere scopata sotto il tappeto. Per il primo ministro Matteo Renzi, il referendum della scorsa domenica sulle riforme costituzionali avrebbe fornito un impianto più dinamico all'amministrazione pubblica per uscire dalla paralisi politica e dalla stagnazione economica. Ma i critici della riforma hanno rifiutato la maggiore centralizzazione del potere politico ed economico risultante dalla vittoria del Si.
Il risultato è stato schiacciante: circa il 60 per cento dei votanti hanno rifiutato le riforme proposte. In alcune regioni dove la disoccupazione è più elevata (ad esempio nel Mezzogiorno) il rifiuto ha raggiunto il 70 per cento. Cos’ha a che fare tutto questo con le banche italiane e l’euro?