Quando ci si trova di fronte ad un problema insormontabile, le uniche alternative sono quelle di arrendersi all’evidenza o tentare di cavalcarlo trasformandolo in un’opportunità.
Le multinazionali del petrolio, per nulla intenzionate a estinguersi in un futuro dove l’inquinamento e i cambiamenti climatici promettono di farla da padrone e i combustibili fossili siedono in prima fila al banco degli imputati, hanno senza dubbio realizzato come l’unica scelta fattibile fosse la seconda e occorresse attivarsi in fretta per perseguirla.
Così, accanto agli sforzi ciclopici profusi nell’intento d’influenzare l’agenda politica mondiale...affinché ogni progetto che potesse ledere i loro interessi restasse impaludato nelle sabbie mobili della burocrazia e le controversie all’interno del mondo scientifico venissero esacerbate, producendo un immobilismo che potesse giocare a loro favore, hanno pensato bene di proporsi in prima persona come improbabili attori di una “rivoluzione verde” che per forza di cose non potrà mai essere nelle loro corde.
Visualizzazione post con etichetta Shell. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Shell. Mostra tutti i post
15 settembre 2017
Il genocidio dei Rohingya
![]() |
"Aung San Suu Kyi: Vergognati" |
Aung San Suu Kyi ha svolto il suo ruolo come previsto, ottenendo l’appoggio della Destra e l’ammirazione della Sinistra. Per questo ha ottenuto il Premio Nobel per la Pace nel 1991: è entrata nel gruppo degli ‘Anziani’ ed è stata pubblicizzata da molti giornalisti e da vari governi come una figura eroica che si doveva imitare.
Una volta Hillary l’ha definita “una donna straordinaria.” Il percorso della ‘Signora’ della Birmania da pariah politica nel suo paese dove è stata per 15 anni agli arresti domiciliari, è finalmente terminato con un trionfo quando è diventata la leader della Birmania in seguito a un’elezione multipartitica nel 2015.
13 aprile 2017
Il petrolio nigeriano porta l’ENI e la Shell in tribunale
Un grande giacimento di petrolio al largo della Nigeria è al centro di uno scandalo finanziario che si svolge tra il paese africano, il Regno Unito, i Paesi Bassi e ormai anche l’Italia. È noto con la sigla Opl 245 e si trova al limite meridionale del delta del fiume Niger, in mare, tra i 1.700 e i duemila metri di profondità. Racchiude circa nove miliardi di barili di petrolio greggio, abbastanza da farne il più grande giacimento noto in Africa.
Nel 2011 l’italiana Eni e l’anglo-olandese Royal Dutch Shell hanno acquistato la concessione dell’intero blocco pagandola 1,3 miliardi di dollari. Ma quei soldi non sono andati nelle casse dello stato nigeriano, se non in minima parte. E ora quel contratto è oggetto di indagini giudiziarie in Nigeria, in Italia e nei Paesi Bassi.
La storia della licenza Opl 245 rivela qualcosa su una delle industrie più opache al mondo, quella dell’estrazione petrolifera. Protagonisti sono un ex ministro del petrolio nigeriano, accusato di aver sottratto i soldi versati dalle compagnie petrolifere; una ditta di facciata, la Malabu oil and gas, dietro a cui si nasconde lo stesso ex ministro; alcuni intermediari di varie nazionalità, affaristi, un paio di ex agenti del controspionaggio britannico.
Iscriviti a:
Post (Atom)