Sosteneva Eduardo Galeano che“in America tutti hanno una parte di sangue indigeno, alcuni nelle vene, altri sulle mani”, tra i secondi, indubbiamente, può essere annoverato il generale Julio Argentino Roca, passato alla storia per aver portato a termine, nel Sud del paese, la missione civilizzatrice del nuovo Stato argentino. Tale missione prevedeva l’eliminazione della barbarie, del“fetore d’America”, come direbbe R. Kush, cioè dei popoli indigeni. Si è trattato della tristemente conosciuta ‘campagna del deserto’, tra il 1869 e il 1884, ovvero, la campagna militare che ha macchiato di genocidio la genesi dello Stato argentino.
Si tratta delMapuzugun, la lingua del preesistente popolo Mapuche. La Confederazione ha presentato un disegno di legge al legislatore locale. La Confederazione Mapuche della provincia argentina di Neuquén ha presentato nella Legislatura un disegno di legge per il riconoscimento del Mapuzugun (la lingua del suo popolo preesistente) come lingua ufficiale della provincia. Si basano sulle costituzioni nazionali e provinciali, sui trattati internazionali e sul fatto che la lingua rischia di scomparire. Essi affermano che il diritto di utilizzare la lingua di preferenza è un requisito di esclusione della libertà di pensiero. "Siamo molto fiduciosi che i giovani riacquisiscano il Mapuzugun e gli diano la forza necessaria per le nuove generazioni", ha detto Pety Piciñam, un'autorità della Confederazione Mapuche di Neuquén, a RT.
“Se paragono l’attuale situazione con undici anni fa, vedo un notevole cambiamento nel nostro popolo”, spiega Mónica Quezada, madre di Matías Catrileo, assassinato alla schiena nel 2008 mentre recuperava terre. La congiuntura a cui si riferisce Mónica è l’affollata e massiccia mobilitazione sociale a partire dal 14 novembre, quando fu assassinato Camilo Catrillanca, anche lui alla schiena. Il dialogo lo abbiamo avuto lo scorso lunedì 10 nel carcere di Temuco, dove abbiamo visitato tre degli otto prigionieri politici mapuche: i fratelli Benito e Pablo Trangol e il machi Celestino Córdova. Erano circondati da una mezza dozzina di donne del loro popolo, che accorrono tutte le settimane, come sorelle politiche dei prigionieri.
I Trangol furono accusati dell’incendio di una chiesa evangelica, ma furono incriminati da “testimoni senza faccia” e gli fu applicata la Legge Antiterrorismo. Fecero uno sciopero della fame per più di cento giorni, l’anno passato, per cambiare l’applicazione di una legislazione che secondo le organizzazioni dei diritti umani rappresenta violenza, razzismo e discriminazione etnica contro il popolo mapuche.
L'intervista all'ex detenuto sopravvissuto alla dittatura argentina Per cambiare il futuro, dobbiamo conoscere il passato e agire nel nostro presente. Quale futuro, quale passato e quale presente? Centinaia di migliaia di giovani sono destinati a un futuro nefasto. E’ il prodotto di una società morbosa, fomentata allo scopo di distruggere l’ avvenire di ogni giovane, della vita. Ma... perché? Possiamo rispondere rivedendo il passato, chiedendoci se stiamo facendo qualcosa per ottenere un risultato diverso da questo.
Nel decennio degli anni Settanta, l’America Latina ha vissuto diversi colpi di Stato. Uno dei sopravvissuti, Mario Villani, ex detenuto scomparso durante la dittatura argentina, ha rilasciato un'intervista al nostro movimento culturale Our Voice. Questa volta, le nostre intenzioni non sono quelle di conoscere la sua storia, che traspare dal libro, ma riflettere insieme su alcune delle sue risposte.
"Bisogna porsi dal lato degli oppressi in ogni circostanza, anche quando sbagliano, senza perdere di vista, tuttavia, che sono fatti dello stesso fango dei loro oppressori"(Emil Cioran)
Frantz Fanon era un essere straordinario. Ha vissuto la sua breve vita in quattro paesi: nella sua nativa Martinica, in Francia e in Algeria-Tunisia, dove si è impegnato nella lotta per l'indipendenza aderendo al Fronte di liberazione nazionale (FLN) come militante.La coerenza tra la sua vita e il suo lavoro è un faro che dovrebbe guidarci in questi momenti di incertezza, quando ci sono notevoli rischi che minacciano l'esistenza stessa dell'umanità.
È intervenuto in una delle guerre più crudeli della storia moderna.L'FLN stima che 1,5 milioni di algerini siano stati uccisi tra l'inizio della guerra nel 1954 e la proclamazione dell'indipendenza nel 1962, che rappresenta il quindici per cento di una popolazione che non ha raggiunto i 10 milioni.Gli storici francesi riducono quella cifra ad un terzo, che è ancora una percentuale sorprendente. Un numero simile di algerini è stato torturato.
“Svegliamoci, svegliamoci umanità già non c’è più tempo. Le nostre coscienze saranno scosse dal fatto di stare solo contemplando l’autodistruzione basata nella depredazione capitalista, razzista e patriarcale”. Berta Caceres
Moira Millán
Ho avuto nella mia vita la fortuna di conoscere donne molto coraggiose, guerriere, impegnate, lottatrici fino al midollo: a Barcellona, poco tempo fa, nel mezzo delle proteste indipendentiste, ho avuto l’orgoglio di condividere con la weychafe (che significa guerriera in mapuche) Moira Millan, coordinatrice del movimento Marcia delle Donne Originarie per il Buen Vivir. Lei stessa rivela che “sono nata un giorno di agosto in un inverno innevato, in un paesino chiamato El Maiten, nel nordovest della provincia di Chubut, il Lof Pillañ Mahuiza è la mia comunità mapuche”.
...ovviamente auguro Buon Natale con un'immagine che è simbolica... Il muro simbolo dell'oppressione israeliana sul popolo palestinese, rappresenta anche i tanti muri edificati dai media quando non parlano, o peggio ancora distorcono la verità sui tanti popoli oppressi come quello Mapuche, Rohingya, ecc., oppure le tantissime minoranze emarginate e dimenticate in tutto il mondo, vittime delle multinazionali, guerre, governi corrotti, capitalismo, globalizzazione... o semplicemente della nostra indifferenza...
Nel loro accelerato processo di putrefazione morale, i portavoce della destra e la stampa egemonica dell’Argentina si stracciano le vesti di fronte alla scalata violenta che sta avendo luogo in questi ultimi giorni nel quadro delle proteste per la sparizione forzata di Santiago Maldonado (giovane sparito in agosto durante la repressione di una protesta del popolo mapuche, n.d.t.).
Nella città di Buenos Aires e in El Bolson (cittadina della provincia meridionale del Chubut, n.d.t.) le manifestazioni contro questo fatto, un mese dopo, sono finite con gravi scontri tra alcuni gruppi usciti da pacifiche manifestazioni di massa – che nel caso di Buenos Aires hanno visto centinaia di migliaia di persone nella Plaza de Mayo – e le forze di sicurezza.
Rovesciato l’11 settembre 1973 con un cruento golpe militare che né il suo governo né i partiti popolari erano in condizioni di affrontare, Salvador Allende entrò nella storia, tuttavia, con il piglio di un leader vittorioso. La sua eredità politica e morale fornisce insegnamenti importanti per i rivoluzionari di oggi. In primo luogo, la sua coerenza politica ed il suo coraggio personale, che gli fecero impugnare il fucile per resistere alla Moneda insieme ad un pugno di coraggiosi. Con le sue stesse parole: pagava con la sua vita la lealtà del popolo. La sua immolazione fu un atto cosciente di ribellione per non umiliarsi davanti al tradimento e al crimine dei generali e degli ammiragli. In altre circostanze avrebbe sicuramente guidato la resistenza di un popolo armato e di unità militari costituzionaliste. L’unica cosa che non passò per la mente di Allende nel palazzo in fiamme fu di arrendersi e di negoziare le condizioni di un onorevole esilio. I suoi ultimi messaggi per radio e la sua decisione finale lo coprirono di gloria e, allo stesso tempo, seppellirono nell’infamia i golpisti, la cui vigliaccheria morale venne confermata dai loro crimini e dall’arricchimento illecito dei terribili anni che seguirono. Non fu solo il suo coraggio e la sua coerenza. Salvador Allende lasciò anche altri insegnamenti.
La gendarmeria argentina caccia con violenza una comunità indigena che occupava una ferrovia. I conflitti per la proprietà dei territori nella Patagonia argentina tornano a scrivere un’altra pagina sanguinosa nella storia. Questa settimana (la segonda di gennaio), forze della gendarmeria sono entrate due volte in una comunità mapuche nella provincia di Chubut (a 1.700 chilometri da Buenos Aires) e represso i suoi appartenenti con pestaggi e sparatorie, secondo le testimonianze dei nativi. La Provincia afferma invece che sono stati questi a sparare alla gendarmeria. Il risultato è di nove nativi feriti, dieci arrestati e cinque poliziotti infortunati.
La controversia nasce dall’uso che fa la Provincia del noto treno La Trochita, oggi destinato al solo sfruttamento turistico, la cui linea attraversa terreni che da anni si disputano nei tribunali la comunità e l’uomo d’affari italiano Luciano Benetton, che possiede più di 800.000 ettari in Patagonia. I primi segnali di allarme sono arrivati lo scorso fine settimana, quando la comunità Resistenza Cushamen informò attraverso i social network dell’attività incessante di forze e mezzi di polizia che si muovevano nella zona situata tra la strada nazionale 40 e la provinciale 258, una strada di collegamento tra i villaggi di Esquel e Maitén dove passa anche la linea ferroviaria secondaria del treno La Trochita.
Spett. On. José Antonio Kast*, ho letto alcune puerilità sul popolo Mapuche esposte da German Becker, Diego Paulsen y Carlos Larraín**, che dicevano, "qui si sta incoraggiando l'impunità", riferendosi a Machi Linconao.Un chiaro esempio di due pesi e due misure, dal momento che suo figlio ha investito una persona che è morta, si è dato alla fuga ed è scappato impunito... Tuttavia, la sua miopia, deputato Jose Antonio Kast, ha superato ogni immaginazione. I vostri commenti sono infondati, anche se Lei non è colpevole della propria ignoranza, visto che è stato cresciuto in un ambiente razzista, classista e arrivista, che lo ha formato fuori dalla realtà del suo paese, e siccome il mezzo crea biotipo, è una sorta di vittima di un settore del Cile molto diverso dal mondo dei Mapuche."Tutto ciò che si ignora, si disprezza", diceva Antonio Machado, quindi, è un dovere superare l'ignoranza sul popolo Mapuche, non gli ignoranti. Nella sua lettera aperta, ha detto: "Sono andato, diverse volte, a l'Araucania e ho visto in prima persona la distruzione dello Stato di Diritto e la paura che infondono giorno dopo giorno i terroristi".
Per sua conoscenza, in Cile non c'è il terrorismo, c'è stato dall'11 Settembre 1973 fino al 1990, allora, si distrusse lo Stato di Diritto e la gente non poteva vivere tranquilla per paura di essere uccisa.E' l'eredità politica della dittatura ed è, a quanto pare, quella alla quale appartiene, almeno così dimostrano le sue affermazioni.
I popoli, le nazioni e le tribù che compongono il Congresso Nazionale Indigeno inviano un saluto fraterno e solidale alla Machi Francisca Lincolao Huircapan, del popolo Mapuche in Cile, imprigionata dal 30 marzo 2016. Sappiamo che lo sciopero della fame nella resistenza portato avanti dalla compagna Machi Francisca mira a chiedere la giustizia negata dal malgoverno cileno, che la tiene in carcere per il suo reato: la difesa delle risorse naturali, dei luoghi sacri e dei diritti culturali del suo popolo, sperando che il suo stato di salute, si deteriori fino al punto di compromette la vita della compagna, la cui salute è molto delicata.
Denunciamo che mentre il governo cileno reprime la Machi Francisca, protegge sfacciatamente capitalisti transnazionali e cacicchi come il latifondista Alejandro Taldriz, il suo disboscamento illegale e la corruzione di stato che lo protegge.
Ramtukan (Intervista) Resistenza linguistica Mapuche nella voce di una leader: intervista a Elisa Loncon Antileo Mapuce zomo weycafe igkanielu mapuzugun
Elisa Loncon Antileo (nella foto) è una donna mapuche,
linguista, membro della Rete per i diritti educativi e linguistici dei
popoli indigeni in Cile, difende e parla il Mapuzugun oltre al
castigliano e l'inglese. E' anche un'accademica presso l'Università di
Santiago. Tuwvn: Origini
Quando
divenne consapevole della necessità di esercitare una resistenza
linguistica e della sua importanza per la sopravvivenza della lingua e
del popolo Mapuche?
ELA: Sono nata in una famiglia in cui si
parlavano entrambe le lingue. Da quando sono nata sono cresciuta
sentendo due lingue, spagnolo e mapuzugun, questo mi ha resa
consapevole del problema. Anni dopo ho studiato inglese, ma ero già
consapevole della questione. Studiando pedagogia inglese, feci un
riciclaggio di alcune strategie didattiche per l'insegnamento
dell'inglese nell'insegnare il Mapuzugun.
Sapevo di parlare una lingua poco apprezzata socialmente, associata
alla discriminazione subita da bambina per essere Mapuche, ma era una
lingua che aveva un valore nella mia famiglia. Presi coscienza fin da
piccola, del fatto che la mia cultura era importante e allo stesso
tempo mi resi conto che era discriminata. Ci è stato insegnato fin da
piccoli che è stato un errore chiamarci indiani, che chi arrivò qui
pensava di essere in India. Appresi che non eravamo indiani, ma Mapuche.