Ahmed Numan Abu Naim è stato rilasciato dal carcere come parte dell'accordo Israele-Hamas
Quando gli viene chiesto cosa gli piace fare nel suo tempo libero, Ahmed Numan Abu Naim fa fatica a rispondere. Non ne ha avuto molto, ultimamente.
Il 17enne palestinese è stato rilasciato dal carcere venerdì come parte di un accordo che ha visto anche ostaggi liberi del gruppo terroristico Hamas e un cessate il fuoco temporaneo dichiarato nella guerra Israele-Gaza.
I documenti mostrano che Ahmed è stato arrestato per aver lanciato pietre e un ordigno incendiario. La prima è un’accusa comune in un sistema giudiziario che i palestinesi ritengono sia rivolto contro di loro.
Sono un organizzatore della comunità palestinese nel quartiere Silwan di Gerusalemme Est. Lasciate che vi mostri cosa significa essere assediati dai coloni e sotto costante attacco da parte delle autorità israeliane.
“Sei colto”, ha detto l'interrogatore israeliano, in arabo beffardo. “Inta mathaqaf. Hai delle connessioni. Non pensare che io abbia paura delle tue conoscenze. Vai a dire loro quello che ho detto, e che ti ho minacciato. Dillo ad Al-Manar e ad Al-Jazeera”.
Il suo nome era Doron Zahavi, alias ‘Capitano George’, ed era noto per i brutali metodi di interrogatorio che aveva usato contro i prigionieri libanesi. Lo scopo di questa ‘conversazione’ a cui ero stato convocato cambiava continuamente...
L'inviato del Corriere della Sera potrà anche tingerlo di sensazioni soavi e paesaggi suggestivi, ma il Giro d'Italia che il 1 maggio partirà da Gerusalemme è già macchiato del sangue palestinese versato in questi giorni a Gaza e nei decenni in tutta la Palestina occupata da Israele.
Se la decisione di far partire la manifestazione sportiva da Israele era già apparsa inopportuna mesi fa, quando sono cominciate le prime proteste, alla luce dell'ennesima mattanza israeliana a Gaza, questo appuntamento diventa un vergognoso atto di complicità e silenzio verso l'escalation repressiva dell'occupazione coloniale contro i palestinesi.
Israele ha annunciato piani per una lista nera di qualsiasi cittadino che osa sostenere la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). I cittadini o le organizzazioni che sostengono il boicottaggio di Israele e ricevono agevolazioni fiscali o che partecipano alle offerte governative si troveranno privati dei contratti e dei finanziamenti del governo, come ha annunciato il ministro delle finanze israeliano Moshe Kahlon. Secondo il Middle East Monitor, i funzionari israeliani nel ministero degli affari strategici "si aspettano che venga compilato un elenco di cittadini e organizzazioni israeliani che supportano il BDS", oltre ad un "elenco esistente di gruppi stranieri che promuovono il BDS".
Da quando il villaggio ha iniziato le sue proteste settimanali contro l’occupazione israeliana nel 2009, gli attacchi dei coloni residenti ad Halamish sono aumentati, con centinaia di ulivi di Nabi Saleh bruciati e distrutti dai coloni. Betlemme, Cisgiordania occupata – Giovedì notte, quando i residenti di Nabi Saleh nella Cisgiordania occupata erano profondamente addormentati nelle loro case, coloni israeliani si sono aggirati furtivamente per le strade del villaggio sporcando muri con graffiti di minacce contro l’attivista adolescente incarcerata Ahed Tamimi e la sua famiglia. Alcuni dei graffiti recitano: “Morte a Ahed Tamimi”, “Non c’è posto in questo mondo per Ahed Tamimi” e un altro chiede che la famiglia Tamimi sia “cacciata dal Paese”.
Ho assistito alla prima televisiva del documentario "La Palestina Brasiliana", scritto e diretto dal regista e giornalista Omar L. di Barros Filho.Un lavoro tenero, pertinente, informativo e attuale, pieno di storie e ricordi commoventi di personaggi che si alternano con la stessa agilità e abilità, dando ritmo al film. Focalizzato sulla vita delle famiglie palestinesi residenti nello stato di Rio Grande do Sul, con radici ancora molto forti nella Palestina occupata, il documentario rivela la differenza abissale tra le vite degli immigrati della diaspora e quelle dei genitori e amici che continuano a vivere nella loro terra natale.Si afferma come un grido di libertà contro l'apartheid scioccante che colpisce il popolo palestinese, sottoposto per decenni all'indifferenza e ai pregiudizi di buona parte del mondo.
C'è una riflessione sulla distanza incommensurabile tra guerra e pace, dominio e libertà, odio ed empatia, tra essere e morire, infine sull'eterno conflitto tra violenza e natura nella condizione umana.
Non passa giorno senza che un preminente politico o intellettuale israeliano faccia una dichiarazione oltraggiosa contro i Palestinesi. Molte di queste dichiarazioni tendono ad attirare scarsa attenzione o a suscitare sdegno giustamente meritato.
Proprio di recente, il Ministro dell’Agricoltura di Israele, Uri Ariel, ha chiesto ancora morte e ferite contro i Palestinesi di Gaza.
“Che cosa è questa arma speciale che abbiamo e che quando spariamo vediamo colonne di fuoco e fumo, ma nessuno si fa del male? E’ ora che ci sia anche ferite e morte,” ha detto.
L’invito di Ariel a uccidere più Palestinesi è seguito a ruota di altre affermazioni ripugnanti riguardanti una ragazza di 16 anni, Ahed Tamini che è stata arrestata in una violenta incursione dell’esercito israeliano a casa sua nel villaggio di Nabi Saleh, in Cisgiordania.
Israele rischia una possibile inchiesta da parte della Corte Penale Internazionale per crimini di guerra per il suo attacco del 2014 contro Gaza che uccise più 2.100 palestinesi, tra cui 500 bambini. Per saperne di più parliamo con Norman Finkelstein, autore del nuovo libro ‘Gaza: An Inquest into its Martyrdom’ [Gaza: un’indagine sul suo martirio]. E’ autore di molti altri libri, tra cui “L’industria dell’Olocausto: lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei” e ‘Knowing Too Much: Why the American Jewish Romance with Israel Is Coming to an End’ [Sapere troppo: perché l’innamoramento degli ebrei statunitensi nei confronti di Israele sta arrivando alla fine].
Prima di cominciare a parlare più estesamente di Gaza volevo chiederti velocemente quali hai pensato siano state le motivazioni del presidente Trump nel riconoscere Gerusalemme come la capitale, dicendo che avrebbe trasferito l’ambasciata statunitense da Tel Aviv, la massica reazione presso le Nazioni Unite dopo il suo annuncio di tale riconoscimento, il prevalente voto contro gli Stati Uniti e gli Stati Uniti che hanno minacciato chi votava contro di loro.
Bisognerà analizzare le conseguenze e mettere in guardia dai pericoli, ma nessuno può essere sorpreso da ciò che è successo. Era una questione di tempo. Sia l'assassinio dell'ambasciatore russo ad Ankara che il bombardamento di Berlino si iscrivono in una logica imparabile, prodotto di un'accumulazione storica precedente, che ha avuto inizio cinque anni fa. Che la rivista Esprit ha chiamato il "nuovo disordine mondiale" e Pablo Bustinduy*, in modo più eloquente, "geopolitica del disastro". DiSantiago Alba Rico Σαντιάγκο Άλμπα Ρίκο سانتياغو البا ريكو Cuartopoder Per capire questo quadro disastroso che produce nuove catastrofi, in un rimbalzo continuo tra pareti chiuse, dobbiamo affrontare questo contesto dalla denuncia di un'illusione molto pericolosa che sembra prevalere tra la sinistra, proprio quando la sinistra è in declino in tutto il mondo. Noti militanti antimperialisti in America Latina, per esempio, interpretano l'uccisione dell'ambasciatore russo in Turchia come una "risposta" per il ruolo crescente della Russia e della Cina nel mondo, che descrive questo ruolo in un tono positivo, come "il peggior incubo per gli Stati Uniti". Questa interpretazione incorre, a mio parere, in un doppio accecamento. Il primo è quello di considerare che l'uomo armato turco, sparando al diplomatico ha difeso in un modo o nell'altro gli interessi degli Stati Uniti, se non era diretto o controllato direttamente da Washington. Il secondo, più grave, è quello di considerare che un "incubo per gli Stati Uniti" è necessariamente una liberazione per l'umanità; che qualsiasi evento o alleanza o cambiamento strategico che mette in difficoltà gli Stati Uniti, corrisponde automaticamente ad un'erosione del capitalismo e rafforzamento della democrazia, della giustizia sociale e dei diritti umani in tutto il mondo.
Sulla scia degli attentati terroristici perpetrati da sedicenti agenti di Al
Qaeda che hanno ucciso 12 persone, tra cui otto giornalisti della
rivista satirica francese Charlie Hebdo, l'elite e i media mainstream
occidentali, che esprimono la loro compassione e l'indignazione, non fanno altro che evidenziare la loro compiacenza nei confronti del
terrorismo di stato occidentale e israeliano. DiJulie Lévesque Mondialisation
Prima di esplorare più da vicino la questione, va osservato che gli
attentati di Parigi mostrano segni che indicano la possibilità di un
attacco di False Flag (falsa bandiera), ad esempio, la carta d'identità lasciata
in macchina da un terrorista. Questa ipotesi, però, non è oggetto di analisi e viene esclusa a priori, completamente ignorata dai media tradizionali.
Inoltre, uno dei presunti terroristi, Kouachi Cherif, ha detto ai media
francesi che era stato finanziato dall'ex leader di Al Qaeda, Anwar
Al-Awlaki, un religioso cittadino statunitense, che ha cenato al Pentagono pochi mesi dopo l'11
settembre.
Secondo il tenente colonnello Anthony Shaffer, cittadino degli Stati
Uniti, al-Awlaki "ha lavorato come triplo agente ed è stato una risorsa dell' FBI
prima dell'11 settembre" (Kurt Nimmo, FBI ammette che l'ospite al Pentagono Al-Awlaki ha lavorato per loro, Infowars 2 AGOSTO 2012).
Appello alla solidarietà con i prigionieri palestinesi in sciopero della fame
Khader Adnan ringrazia tutte le persone che lo hanno appoggiato durante il suo sciopero della fame e lancia un appello alla solidarietà con i prigionieri in sciopero della fame.
Nel nome di Allah, Il Compassionevole, Il Clemente,
Allah sia lodato, che pace e benedizione abbracci i messaggeri di Allah.
Care persone libere di questo mondo, Cari oppressi e privi di diritti di tutto il mondo.Cari amici di
tutti, che stanno al mio fianco insieme al credo nella libertá e la
dignitá per il mio popoloe per i nostri prigionieri che languono nelle
prigioni dell'occupazione. Care donne e uomini liberi, giovani e
vecchi, gente comune ed elite intellettuali di qualsiasi luogo -Vi
parlo oggi con uno sfogo di speranza e dolore per ogni palestinese che
soffre sotto l'occupazione della sua terra,per ognuno di noi che é
stato ucciso, ferito o imprigionato dallo stato del terrore,che priva
le nostre vite di tutto ció che c'é di bello, anche il sorriso dei
nostri bambini e delle nostre famiglie.Sto parlando a voi in questa
prima lettera che segue la mia scarcerazione -pregando che non sia
l'ultima - dopo che Allah mi ha concesso la libertá, l'orgoglio e
dignitá.Ero un detenuto amministrativo nella cella dell'occupazione per
quattro mesi, dei quali 66 passati in sciopero della fame.
La scadenza pare avvicinarsi. Secondo le autorità militari israeliane, il progetto pronto da anni per trasferire 20 comunità di beduini palestinesi, 2300 persone in tutto, in modo da consentire di ampliare l’insediamento di Ma’ale Adumim nella Cisgiordania occupata, dovrebbe iniziare a breve. La maggior parte degli sgomberati, che appartengono quasi interamente alla comunità beduina jahalin, doveva, almeno secondo i piani iniziali delle autorità israeliane, essere ricollocata in un’area a 300 metri di distanza dalla discarica comunale di Gerusalemme… Un impegno a voce dell’ultimo minuto ha scongiurato, per il momento, questa ipotesi: le autorità militari israeliane dicono che individueranno una nuova area.
In un rapporto diffuso oggi, Amnesty International ha ricordato a Israele che trasferimenti di popolazione, eseguiti senza consultare le comunità interessate e anzi contro la volontà di queste ultime, costituiscono una violazione delle norme internazionali. Se portato avanti, il piano di sgombero dei beduini per far posto alle nuove costruzioni di Ma’ale Adumim, darà il colpo di grazia a un gruppo di persone tra le più povere della Cisgiordania occupata.
Pubblico l'ultima mail (12/10/2011) di Silvia Todeschini, che come sapete si è unita allo sciopero della fame in atto a Gaza in solidarietà dei prigionieri nelle carceri, che vivono in condizioni dicumane.
"Questo ve lo mando come urgente, perchè sono successe cose che bisogna raccontare in fretta. Tre persone, tra chi fa lo sciopero della fame qui a Gaza in solidarietà con i prigionieri, in questo momento si trovano in ospedale".
Silvia Todeschini
Appena sono arrivata alla tenda questa mattina, c'era Majed el Ajar che dormiva (già vi ho parlato di lui, è quello che, felicissimo per avere il supporto di suo padre, gli ha baciato la mano e portata alla fronte in segno di rispetto). Strano dormisse di mattina, do solito è sempre molto attivo! Ho pensato che potesse stare male, ma non mi sono preoccupata perchè era comunque circondato da tante persone che si prendevano cura di lui. Sono entrata nell'atrio della croce rossa, luogo più protetto dove ci sono più donne, ed ho visto alcuni compagni che portavano al riparo Nidal Abujazer. Già vi ho raccontato di lui, suo fratello è in carcere e lui si prende cura della nipote la cui madre è morta, ricordate?
Il racconto dell’ingresso della carovana “Restiamo Umani” ieri nella Striscia di Gaza, la terra alla quale Vittorio Arrigoni aveva dedicato il suo impegno politico.
Il sole del Cairo deve ancora finire di sorgere, quando il convoglio restiamo umani comincia a prepararsi per la partenza verso Gaza. E’ un viaggio denso di attesa e carico di speranza: c’è la consapevolezza di quanto sia importante attraversare il valico di Rafah in seguito alle rivolte che hanno abbattuto il regime di Mubarak; e c’è la volontà di ricordare Vittorio Arrigoni nella terra stessa per cui ha dato la vita. Il convoglio porterà tra la popolazione palestinese un messaggio da rivolgere a tutto il mondo: la Palestina non è sola, i sogni di Vik sono anche i nostri, la solidarietà verso chi lotta contro oppressione e sfruttamento non conosce frontiere.
L'8, il 9 ed il 10 di maggio sono stati 3 giorni di raccolta del grano per alcuni contadini di Khuza'a, villaggio vicino al confine con israele nel sud della striscia di Gaza. Per tre giorni essi si sono recati nei campi, partendo molto presto la mattina e raccogliendo i frutti della loro terra. Per 3 giorni dalle torrette automatizzate le forze di occupazione israeliane hanno sparato e per tre giorni i contadini hanno continuato a raccogliere il grano, senza permettere a chi sparava dalle torrette a controllo remoto di impedire loro di recarsi alla propria terra.
L'area dove i contadini, insieme con 3 attivisti internazionali dell'ISM e 5 attivisti palestinesi si sono recati si trovava a circa 450 metri dal confine. Prima della seconda intifada qui venivano coltivati angurie e meloni, c'erano alberi da frutto ed olivi. “venivamo qui a fare barbecue, festeggiare e rilassarci... le jeep israeliane passavano in lontananza ma non ci disturbavano, ci lasciavano in pace.” racconta Akhmad. Oggi gli alberi sono stati sradicati, le piante distrutte. L'unica cosa che si riesce a coltivare, perché non richiede attenzioni continue, è il grano. Però anche il grano necessita di diverse ore di lavoro per essere raccolto, ed i cecchini si divertono a terrorizzare i contadini in queste ore.
Ringraziamo Silvia Todeschini per la segnalazione di seguito pubblicata.
Il 20 di aprile salperà dal porto di Gasa “Oliva”, una barca con equipaggio internazionale per il monitoraggio dei diritti umani. L'equipaggio del Civil Peace Service, che attualmente è composto da cittadini provenienti da Spagna, Stati Uniti, Italia e Belgio, accompagnerà i pescatori di Gaza in acque palestinesi. Verranno monitorate e documentate le violazione dei diritti umani; i materiali video e i dati saranno raccolti e diffusi.
Vittorio Arrigoni, l'attivista dei diritti umani assassinato, era impegnato nella realizzazione di questo progetto e al termine della conferenza stampa verrà ricordato con una piccola cerimonia. Poichè Vik è stato coinvolto nella scelta del nome della barca e ha espresso il desiderio che non fosse il nome di un individuo, la barca salperà col nome Oliva, da lui appoggiato, ma la missione proseguirà nel suo spirito.
Nel bel mezzo dell’era postmoderna o (post) postmoderna e postundici settembre ancora non riusciamo ad attribuire alle cose il loro nome corretto, perché nell’epoca in cui la barbarie ha indossato abiti eleganti e civili non ci siamo accorti che la guerra non è mai esistita o, per meglio dire, non esiste oggi. Fino ad un tempo non molto lontano gli eserciti si affrontavano in campo aperto, magari con grande spreco di sangue, ma rispettando delle regole non scritte, quasi dettate da una sorta di etica cavalleresca. Naturalmente le vittime civili non sono mai mancate anche in passato, ma la brutalità verso gli innocenti non costituiva, tutto sommato, almeno fino a due secoli fa, il tratto distintivo di una guerra.
Progressivamente e forse soprattutto per il degrado culturale delle masse e per il pragmatico cinismo di capi di stato e governanti, la guerra è mutata in puro e semplice terrorismo, omicidio di massa e barbarie generalizzata.
Le cosiddette “guerre” odierne non contemplano più l’aspro e violento confronto fra divisioni corazzate, ma spesso si impongono all’attenzione come sanguinarie e fratricide guerre civili con il coinvolgimento di potenze e forze esterne per basse ragioni di bottega o finalità geopolitiche e strategico militari.
L’ho conosciuto e l’ho abbracciato, dopo aver visto i suoi filmati di Gaza una sera a Ferrara. In quelle immagini, lui e altri ragazzi dell’International Solidarity Movement ponevano i loro corpi come scudo a protezione di contadini palestinesi alla fame che tentavano di raccogliere cicoria, mentre i militari israeliani sparavano ad altezza d’uomo su quei poveracci per impedirgli persino di sfamarsi. In quelle immagini Vik Arrigoni era un eroe, e questo io so di lui.
Le notizie sono che Vik è morto per mano di assassini islamici. E di certo ci sarà il fuoco incrociato delle insinuazioni e delle accuse, dei complottismi… “è stato il Mossad… il ragazzo era coinvolto in questo e quello… sporchi giochi dietro la sua fine…” Può essere, tutto può essere, ma la realtà è che milioni di persone non andranno oltre i titoli sui giornali di oggi, e soprattutto oltre il titolo del loro giornale interno, ed esso recita: “Quel poveraccio lottava per loro e loro l’hanno ammazzato come un cane. Sono dei barbari sti islamici, altro che… In Israele non sarebbe mai successo”. Dalla prospettiva del bar, del negozio, dell’autobus, dell’ufficio e dell’ipermercato c’è - e ci sarà - solo questo.
VITTORIO ARRIGONI UCCISO PRIMA DI UN BLITZ DI HAMAS
GAZA - Il corpo senza vita di Vittorio Arrigoni, il volontario italiano rapito da una cellula a Gaza, è stato trovato in una casa abbandonata nella striscia di Gaza. Lo riporta l'agenzia Reuters. Arrigoni era stato sequestrato giovedì mattina a Gaza city da un gruppo salafita ultra-estremista ispirato alle parole d'ordine di Al Qaeda. I sequestratori avevano poi diramato un video del volontario italiano, in cui minacciavano di ucciderlo entro le 17 di oggi ora locale (le 16 in Italia) se non fossero stati rilasciati detenuti integralisti e il capo del gruppo, arrestato il mese scorso da Hamas. Le fonti della sicurezza di Hamas hanno aggiunto che due uomini sono stati arrestati e che un numero imprecisato di altri sono ricercati.