31 dicembre 2016
Italia, potenza scomoda: dovevamo morire!
Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.
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30 dicembre 2016
Capaci di Tutto!
Raffaele Marra / Virginia Raggi |
Cassazione: Il profitto diventa giusta causa di licenziamento !
Noi ve lo abbiamo raccontato più volte, in un mondo infarcito di psicopatici ovunque questa è la normalità, da domani, il minor profitto ovviamente soggettivo, diventa giusta causa di licenziamento.
Le motivazioni e le analisi le lascio leggere a Voi, questa è una deflazione salariale bellezza e le riforme sono le riforme, non importa cosa prevedono, l’importante è che si continui a svalutare salari, diritti, welfare e via dicendo e la shock economy bellezza.
29 dicembre 2016
Covo BR in palazzina dello IOR: forse una delle prigioni di Aldo Moro
Gli investigatori della Commissione d'inchiesta hanno individuato uno stabile in zona Balduina, proprio vicino via Mario Fani. Pubblicata la seconda relazione: trattativa aperta grazie all’Olp di Yasser Arafat, con l’intermediazione del famoso colonnello Giovannone, ma ai primi di maggio qualcuno la fa saltare.
Occhi puntati su via Massimi, zona Balduina, proprio vicino via Mario Fani. Lì c’è una elegante palazzina, nel ’78 proprietà dello Ior, la Banca vaticana, dove gli investigatori della Commissione Moro hanno individuato un covo delle Br e dove assai probabilmente fu organizzata la prigione di Moro. E’ su quest’ultima ipotesi che si allungano le ricerche. Le novità più ‘pesanti’, da quel che si apprende, non sono state pubblicate nella II Relazione sull’attività della Commissione d’inchiesta: tutta roba che resta secretata per tutelare il lavoro istruttorio ma che è già sul tavolo della Procura di Roma.
Occhi puntati su via Massimi, zona Balduina, proprio vicino via Mario Fani. Lì c’è una elegante palazzina, nel ’78 proprietà dello Ior, la Banca vaticana, dove gli investigatori della Commissione Moro hanno individuato un covo delle Br e dove assai probabilmente fu organizzata la prigione di Moro. E’ su quest’ultima ipotesi che si allungano le ricerche. Le novità più ‘pesanti’, da quel che si apprende, non sono state pubblicate nella II Relazione sull’attività della Commissione d’inchiesta: tutta roba che resta secretata per tutelare il lavoro istruttorio ma che è già sul tavolo della Procura di Roma.
I punti di partenza delle indagini sono stati tre: una nota della Guardia di Finanza che nell’immediatezza dei fatti parlava di una sede ‘extraterritoriale’, vicina al luogo dell’agguato, come possibile punto di primo riparo; alcuni accertamenti compiuti a suo tempo dalla polizia anche in seguito alla pubblicazione di un noto articolo di Pietro Di Donato pubblicato sul numero di dicembre 1978 della rivista statunitense Penthouse, nel quale venivano forniti precisi e inediti particolari; la ricostruzione delle modalità con cui sono state abbandonate le auto usate per l’agguato: i brigatisti le hanno parcheggiate tutte lì, in via Licinio Calvo, tornando su luogo del delitto, ma non dopo pochi minuti, come vuole la loro versione, ma in varie tappe nelle successive 48 ore.
27 dicembre 2016
Perché la risoluzione dell’ONU contro gli insediamenti illegali israeliani non è sufficiente
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) ha approvato venerdì una risoluzione con 14 stati membri a favore e un astenuto (gli Stati Uniti) di condanna del sostegno del governo israeliano agli occupanti illegali israeliani che rubano terre palestinesi e vi si insediano nella West Bank palestinese.
Poiché Israele è in grave violazione di un gran numero di trattati e di strumenti della legge internazionale sul trattamento delle persone in territori occupati da parte dell’Occupante, avrebbe potuto essere sanzionato per questo comportamento vergognoso.
Si noti che Netanyahu si è candidato su una piattaforma che negava uno stato palestinese. E il governo israeliano ha annunciato migliaia di nuovi insediamenti di appartamenti in terra palestinese solo negli ultimi pochi anni. Tel Aviv è chiaramente intenta ad annettere tutto il territorio palestinese nella West Bank e a cacciare i palestinesi. L’UNSC vuole preservare la possibilità di una soluzione a due stati, ma quella via è già stata bloccata dal furto israeliano di terre su scala cosmica.
Governo USA: Ecco perché abbiamo ucciso Aldo Moro
«La decisione di far uccidere Moro non venne presa alla leggera. Ne discutemmo a lungo, perché a nessuno piace sacrificare delle vite. Ma Cossiga mantenne ferma la rotta e così arrivammo a una soluzione molto difficile, soprattutto per lui. Con la sua morte impedimmo a Berlinguer di arrivare al potere e di evitare così la destabilizzazione dell’Italia e dell’Europa».
Così parlò nel 2006 Steve Pieczenik, il consigliere di Stato USA, chiamato al fianco di Francesco Cossiga per risolvere la condizione di crisi, in un’intervista pubblicata in Francia dal giornalista Emmanuel Amara, nel libro Nous avons tué Aldo Moro. Ancora prima il 16 marzo del 2001 in una precedente dichiarazione rilasciata a Italy Daily, lo stesso Pieczenik disse che il suo compito per conto del governo di Washington era stato quello
«di stabilizzare l’Italia in modo che la Dc non cedesse. La paura degli americani era che un cedimento della Dc avrebbe portato consenso al Pci, già vicino a ottenere la maggioranza. In situazioni normali, nonostante le tante crisi di governo, l’Italia era sempre stata saldamente in mano alla Dc. Ma adesso, con Moro che dava segni di cedimento, la situazione era a rischio. Venne pertanto presa la decisione di non trattare. Politicamente non c’era altra scelta. Questo però significa che Moro sarebbe stato giustiziato.
22 dicembre 2016
Referendum all’italiana e crisi bancaria
Il sistema bancario in Italia è come un piatto di spaghetti super-cucinati e mal conditi. Non si trova nè l’inizio nè la fine di ogni spaghetto. Tutti aggrovigliati, sembrano un serpente dalle mille teste, ma tutti sono infettati dallo stesso male, i loro crediti inesigibili. La cosa grave è che, dato che l’Italia è la terza economia dell’Unione Europea, una crisi bancaria in questo paese sarebbe una minaccia mortale per l’euro e non potrà essere scopata sotto il tappeto.
Per il primo ministro Matteo Renzi, il referendum della scorsa domenica sulle riforme costituzionali avrebbe fornito un impianto più dinamico all'amministrazione pubblica per uscire dalla paralisi politica e dalla stagnazione economica. Ma i critici della riforma hanno rifiutato la maggiore centralizzazione del potere politico ed economico risultante dalla vittoria del Si.
Per il primo ministro Matteo Renzi, il referendum della scorsa domenica sulle riforme costituzionali avrebbe fornito un impianto più dinamico all'amministrazione pubblica per uscire dalla paralisi politica e dalla stagnazione economica. Ma i critici della riforma hanno rifiutato la maggiore centralizzazione del potere politico ed economico risultante dalla vittoria del Si.
Il risultato è stato schiacciante: circa il 60 per cento dei votanti hanno rifiutato le riforme proposte. In alcune regioni dove la disoccupazione è più elevata (ad esempio nel Mezzogiorno) il rifiuto ha raggiunto il 70 per cento.
Cos’ha a che fare tutto questo con le banche italiane e l’euro?
Cos’ha a che fare tutto questo con le banche italiane e l’euro?
21 dicembre 2016
Fidel è un pianeta
Questo interventismo nel subcontinente faceva parte del destino manifesto degli Stati Uniti, così l'invasione, l'interferenza e il blocco sono all'ordine del giorno in tutto il ventesimo secolo e nell'ultima parte del ventunesimo secolo. [1] A Cuba, tuttavia, il controllo è stato più stretto, derivato, senza dubbio, dal processo di liberazione. Questo non ha impedito la formazione relativamente precoce (1923) di un movimento studentesco socialista, guidato dal l'avvocato e poeta Ruben Martinez Villena (1899-1934) e di un movimento socialista dal 1899. Dopo l'instabilità politica in seguito al governo di Gerardo Machado (1925-1933), una soluzione si trova con il binomio formato dall'avvocato Federico Laredo Brú e il militare Fulgencio Batista. Il processo è stato portato a compimento da un'Assemblea costituente eletta dal voto popolare, che ha prodotto la forma della Costituzione della Repubblica di Cuba nel 1940, una delle normative più avanzate per il suo tempo e più vicina al pensiero sociale progressista. [2]
20 dicembre 2016
Il capitalismo se ne infischia e continua nella sua vita criminale
E chiaramente a vecchie volpi, come D'Alema, non è sfuggita la solita tendenza al suicidio di questo partito che deriva, ed è una tragedia nella tragedia dall'ex Partito Comunista Italiano. Cosa ha mantenuto di quello? cosa esprime ora? cosa accadrà? Bene, io penso che di tutte queste domande, e di altre simili poco interessi. Quello che è successo, il 60% dei No al referendum con un'affluenza alta per la situazione, il 68,48%, è l'unico dato importante.
Si vede che quando le cose vanno vicino al delirio assoluto il popolo italiano, in qualche modo, reagisce. Lo aveva fatto con Berlusconi, dieci anni fa, lo ha fatto ora con Renzi. E la sconfitta alle votazioni - una testa un voto - ha disvelato il grandissimo vuoto di potere presente ora in Italia. Nei primissimi giorni dopo l'esito referendario nessuno sapeva cosa fare e cosa dire. Poi, coma aveva vaticinato Travaglio, ecco un clone che risolverà nulla, che garantirà tempo di governo buono per rimettere un po' di pezze, con alle spalle però questa chiara presa di posizione popolare.
Gentiloni è la reincarnazione di Renzi
La scelta di Gentiloni come Presidente del Consiglio rappresenta la completa prosecuzione del governo Renzi e delle sue politiche, della fedeltà del governo italiano alla UE, alla Nato e agli interessi della Confindustria e della finanza. Una vera e propria reincarnazione di Renzi nel nuovo Presidente del Consiglio, la cui figura è un evidente segnale per "rassicurare" la finanza e le istituzioni internazionali. Si cambia il presidente del consiglio per mascherare l'assoluta continuità delle politiche e degli interessi che sono alla base di esse. Il referendum costituzionale ha evidenziato la volontà dei settori popolari di questo paese di un cambio di passo, di una rottura con le politiche che oggi vengono poste in totale continuità. La risposta è un cambiamento fittizio che servirà solamente a mettere al riparo i risultati delle politiche antipopolari di questi anni.
Le opposizioni presenti in Parlamento non sono realmente alternative agli interessi del grande capitale. Rappresentano solo diversi settori di esso in contrasto tra loro per determinare le rispettive quote di profitto, ma uniti nell'attacco ai diritti dei lavoratori, ai salari, nel peggioramento delle condizioni di vita delle classi popolari.
Le opposizioni presenti in Parlamento non sono realmente alternative agli interessi del grande capitale. Rappresentano solo diversi settori di esso in contrasto tra loro per determinare le rispettive quote di profitto, ma uniti nell'attacco ai diritti dei lavoratori, ai salari, nel peggioramento delle condizioni di vita delle classi popolari.
19 dicembre 2016
Marco Travaglio sulla propaganda di regime contro la Raggi
MarcoTravaglio sulla campagna stampa del regime contro la Raggi: “UNA DELLE PAGINE PIÙ VERGOGNOSE CHE SI SIANO MAI VISTE NEL MONDO DEL GIORNALISMO NON SOLO ITALIANO”
17 dicembre 2016
Intervista a Evo Morales, presidente della Bolivia
"L'ambasciatore degli Stati Uniti va bene, basta che non cospiri"
Morales sostiene di non essere ancora pronto a lasciare la presidenza, benché rispetti la decisione del paese. Quanto alla vittoria di Trump, secondo lui è da attribuire alla rabbia contro la globalizzazione
Benché la Bolivia stia meglio senza ambasciatore degli Stati Uniti, se lo volessero potrebbero nominarne uno, ha dichiarato a La Jornada il presidente Evo Morales. Ma non chiunque, bensì un diplomatico e non un politico che si dedichi a cospirare contro la sovranità del Paese.
Gli Stati Uniti non hanno un ambasciatore in Bolivia da quando, nel settembre di 2008, il governo di Evo Morales aveva espulso Philip Goldberg, accusandolo di dividere il paese ed appoggiare l'opposizione. Come diplomatico, Goldberg aveva svolto un ruolo rilevante durante la guerra civile jugoslava.
Intervistato a bordo dell'aereo presidenziale, un Falcon 900 EX di fabbricazione francese, nel percorso tra Tarija e Cochabamba, il presidente boliviano assicura che il voto a favore di Donald Trump nelle elezioni statunitensi è stato il prodotto dello scontento indirizzato dalla destra contro la globalizzazione fallita.
Morales sostiene di non essere ancora pronto a lasciare la presidenza, benché rispetti la decisione del paese. Quanto alla vittoria di Trump, secondo lui è da attribuire alla rabbia contro la globalizzazione
Benché la Bolivia stia meglio senza ambasciatore degli Stati Uniti, se lo volessero potrebbero nominarne uno, ha dichiarato a La Jornada il presidente Evo Morales. Ma non chiunque, bensì un diplomatico e non un politico che si dedichi a cospirare contro la sovranità del Paese.
Gli Stati Uniti non hanno un ambasciatore in Bolivia da quando, nel settembre di 2008, il governo di Evo Morales aveva espulso Philip Goldberg, accusandolo di dividere il paese ed appoggiare l'opposizione. Come diplomatico, Goldberg aveva svolto un ruolo rilevante durante la guerra civile jugoslava.
Intervistato a bordo dell'aereo presidenziale, un Falcon 900 EX di fabbricazione francese, nel percorso tra Tarija e Cochabamba, il presidente boliviano assicura che il voto a favore di Donald Trump nelle elezioni statunitensi è stato il prodotto dello scontento indirizzato dalla destra contro la globalizzazione fallita.
16 dicembre 2016
Disuguaglianze estreme nella distribuzione della ricchezza globale
Nella piramide della distribuzione della ricchezza, l'1% superiore possiede il 51% della ricchezza del mondo; il 10%, l'89% della ricchezza mentre il 50% inferiore possiede solo l'1%
Supponendo che non intervenga nessun cambiamento nella disuguaglianza della ricchezza globale, ci si aspetta che nei prossimi cinque anni compariranno altri 945 miliardari, portando il numero totale dei miliardari a quasi 3.000. Più di 300 dei nuovi miliardari saranno del Nord America. La Cina è proiettata ad aggiungere più miliardari di quanti non ne conti tutta l'Europa, spingendo il totale della Cina sopra 420.
Credit Suisse stima che la ricchezza totale globale è ora di $ 334trn, o circa quattro volte il PIL mondiale annuo. Dopo la fine del secolo, ci fu in un primo momento un rapido aumento della ricchezza globale, con la crescita più veloce in Cina, India e altre economie emergenti, che rappresentavano il 25% della crescita della ricchezza, sebbene possedessero solo il 12% della ricchezza mondiale nel 2000. La ricchezza mondiale è diminuita nel 2008, ma ha mostrato una ripresa lenta, a un tasso significativamente inferiore rispetto a quello pre crisi finanziaria.
14 dicembre 2016
Gentiloni, il Presidente del Consiglio che vuole cedere sovranità all’Europa!
Ora è ufficiale: Sergio Mattarella ha scelto Paolo Gentiloni per formare il nuovo governo in seguito alle dimissioni di Matteo Renzi sconfitto al referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre. Lo stallo, dunque, è superato. Mattarella ha sostenuto con enfasi, al termine delle consultazioni, che l’Italia «ha bisogno di un governo in tempi brevi», giacché vi sono «scadenze e impegni da rispettare, sul piano interno, europeo e internazionale».
E infatti si può ragionevolmente sostenere che il piano europeo è effettivamente impellente: giovedì 15 vi è il Consiglio Europeo. Entro quella data, Mattarella voleva un governo insediato e con pieni poteri. Per non arrivare impreparati all’appuntamento. Ma quali sono, in concreto, le posizioni di Gentiloni? Quale la sua visione? E come arriverà all’imperdibile appuntamento? Può forse giovarci per un chiarimento delle idee ciò che lo stesso Gentiloni scriveva in un tweet dal suo profilo il 2 agosto 2012: «Dobbiamo cedere sovranità a un’Europa unita e democratica».
13 dicembre 2016
Uno spettacolo indegno dopo l’urlo del NO
Il «nuovo» governo. Il responso referendario e il suo «valore costituente»
Lo spettacolo è francamente inguardabile, a una settimana dal voto che ha travolto Matteo Renzi e il suo governo. Intendo lo spettacolo pubblico, recitato «in alto» dall’intero establishment.
Il modo con cui nasce il governo Gentiloni, le procedure del suo incarico (con le cosiddette consultazioni parallele tra il Colle e Palazzo Chigi, cose mai viste!). E poi la sua composizione (fotocopia)
Il modo con cui nasce il governo Gentiloni, le procedure del suo incarico (con le cosiddette consultazioni parallele tra il Colle e Palazzo Chigi, cose mai viste!). E poi la sua composizione (fotocopia)
Sono un insulto al voto degli italiani, al principio di realtà, alla stessa Costituzione miracolosamente salvata il 4 dicembre: al suo articolo 1 naturalmente, e al meno noto articolo 54 (che impone, per le funzioni pubbliche «il dovere di adempierle con disciplina ed onore», cioè accettando i verdetti popolari e rispettando verità e parola data). Che a Palazzo Chigi sieda un «uomo di Renzi», che il governo Renzi succeda a se stesso nella maggior parte dei suoi membri, soprattutto che Matteo Renzi continui a detenerne la golden share mantenendo la segreteria del Partito e di lì accanendosi a inquinare la vita politica, dopo aver dichiarato che in caso di sconfitta si sarebbe ritirato da tutto, è un danno d’immagine devastante non solo per lui e il suo partito, ma per l’intero Paese.
12 dicembre 2016
1986-2016: Ricordi di una violenta repressione
Nel dicembre 1986, in Francia, i liceali presto raggiunti da studenti e insegnanti, si mobilitarono contro la "legge Devaquet" che mirava ad aumentare il prezzo dei diritti di iscrizione all'università. Il movimento crebbe in misura considerevole e la repressione non si aspettava di dover affrontare una protesta tanto legittima quanto democratica. Bilancio: un morto, Malik Oussekine, e feriti gravi, tra cui François Rigal, Patrick Berthet, Jérôme Duval [l'autore di questo scritto] e molti altri. 30 anni dopo, Maurice Duval, padre e Jérôme Duval, figlio, ricordano.
Maurice Duval padre: Che ricordo hai del giorno del 4 dicembre 1986?
Jérôme Duval, figlio: Organizzati per la mobilitazione al Liceo Maurice Ravel e anche in coordinamento con le altre scuole superiori a Parigi, siamo andati alla manifestazione nazionale per portare le nostre rivendicazioni, la prima delle quali era l'abrogazione totale del progetto di legge.
11 dicembre 2016
Giulietto Chiesa: ultima chiamata contro il commissariamento
Giulietto Chiesa parla del dopo Renzi, richiama l’attenzione sulle insidie del ricorso al fondo salva stati (volgarmente detto Esm o Esm) e lancia la sua proposta per impedire ai ladri di sovranità di portare a termine i loro piani sulla pelle dei cittadini.
http://www.byoblu.com/
9 dicembre 2016
India: Schedature biometriche di massa ed eliminazione del cash oltre le 500 rupie
La demonetarizzazione dell’India
Lo scorso 8 novembre il nuovo primo ministro indiano Narendra Modidichiarava ha messo fuori corso le banconote da 500 e 1000 Rupie, responsabili di circa l’85% del cash in circolazione in India. Sarebbe come se in Europa venissero eliminate in poche ore le banconote da 20 Euro in su, ma con l’aggravante che l’india, come noto, ha un’economia emergente estremamente vivace con un tasso di crescita stimato nel 7,7% per quest’anno, prevalentemente basato su scambi in contanti, in nero per il 25%.
Come facilmente intuibile,in quanto sperimentato in minima parte anche nel nostro paese nel 2013, il provvedimento ha gettato il paese nel caos, con scene già viste in Grecia, Venezuela e Cipro. Le nuove banconote emesse in sostituzione delle vecchie, in numero deliberatamente più limitato, non hanno ancora raggiunto le zone periferiche con il risultato di un assalto ai bancomat, ben presto rimasti privi di contante. Di certo l’economia con questo provvedimento ha segnato una perdita che per ora si attestata intorno all’ 1% del Pil.
8 dicembre 2016
Vittoria a Standing Rock: gli oppositori al Dakota Access Pipeline festeggiano
La tribù Sioux, sostenuta da una moltitudine di attivisti ha combattuto per mesi per fermare la costruzione del oleodotto.
Accampamento Oceti Sankowin, Nord Dakota - La tribù Sioux di Standing Rock e i suoi sostenitori hanno festeggiato domenica (4 dic) una vittoria storica dopo che le autorità federali hanno deciso di fermare la costruzione del Dakota Access Pipeline oggetto di controversie.
Il capo spirituale dei Sioux, Arvol Looking Horse |
Il Corpo di ingegneri dei militari degli Stati Uniti ha annunciato di aver rifiutato la servitù finale richiesta per il progetto di 3,8 miliardi di dollari che passa sotto Lake Oaheau in Nord Dakota. L'esercito ha detto che è ora di esplorare percorsi alternativi in attesa di uno studio sull'impatto ambientale.
Il oleodotto, lungo 1886 km, dalla formazione di Bakken nel nord-ovest del Nord Dakota, vicino al confine canadese e corre a sud-est fino al sud dell'Illinois.
I Sioux di Standing Rock, che sono stati uniti in un movimento di protesta che è durata per mesi con attivisti ambientali, dei diritti umani e della giustizia sociale, si sono opposti all'oleodotto per timore di contaminazione dell'acqua, distruzione ambientale e danni ai siti ancestrali.
7 dicembre 2016
Usa, vittoria dei Sioux: stop all'oleodotto in Nord Dakota
Vittoria per i Sioux. Il genio militare americano ha bocciato l'attuale percorso previsto per l'oleodotto in Nord Dakota, contro cui da mesi i nativi americani si stanno battendo. Proprio in seguito alle proteste il progetto era stato fermato dall'amministrazione Obama per permettere allo Us Army Corps of Engineers di esprimersi. I nativi hanno sempre sostenuto che l'oleodotto è un enorme rischio per l'ambiente e per le falde acquifere dei loro territori.
Cliccare sull'immagine per vedere la galleria fotografica
5 dicembre 2016
Bello Ciao
Vince il NO e la sinistra alza la bandiera
Secondo Berlusconi adesso Renzi sarebbe pronto per l’Isola dei famosi. La realtà è sfuggita al premier e il reality è la sua fallace dimensione. Lo dice questo voto, un terremoto politico e non solo per il significato che assume nel contesto italiano. E’, dopo lo splendido voto austriaco, un forte segnale per tutta l’Europa che da Vienna e da Roma riceve un messaggio di fiducia nelle istituzioni e nelle Costituzioni parlamentari.
La vittoria piena e travolgente del NO è frutto di una grande partecipazione popolare, di un’affluenza che travalica il confine della consultazione referendaria per assumere i connotati di un’elezione politica. Sfiorare il 70% di affluenza avvicina la prova elettorale di ieri alle elezioni del 2013 (si recò al seggio il 75% degli elettori), e dà la misura dell’opposizione alla riforma certamente, ma anche al governo e alla leadership che lo guida. Renzi ne ha preso atto ieri notte annunciando le dimissioni.
Secondo Berlusconi adesso Renzi sarebbe pronto per l’Isola dei famosi. La realtà è sfuggita al premier e il reality è la sua fallace dimensione. Lo dice questo voto, un terremoto politico e non solo per il significato che assume nel contesto italiano. E’, dopo lo splendido voto austriaco, un forte segnale per tutta l’Europa che da Vienna e da Roma riceve un messaggio di fiducia nelle istituzioni e nelle Costituzioni parlamentari.
La vittoria piena e travolgente del NO è frutto di una grande partecipazione popolare, di un’affluenza che travalica il confine della consultazione referendaria per assumere i connotati di un’elezione politica. Sfiorare il 70% di affluenza avvicina la prova elettorale di ieri alle elezioni del 2013 (si recò al seggio il 75% degli elettori), e dà la misura dell’opposizione alla riforma certamente, ma anche al governo e alla leadership che lo guida. Renzi ne ha preso atto ieri notte annunciando le dimissioni.
Referendum: L'Italia s'è desta e dice NO al Colpo di Stato
Ha vinto la Costituzione. Ha perso il plebiscito.
Ha vinto il popolo. Ha perso il populismo cinico.
Ha vinto la sovranità del popolo. Ha perso il dogma per cui non ci sarebbe alternativa.
Ha vinto la voglia di continuare a contare. Di continuare a votare. Ha perso chi voleva prendersi una delega in bianco.
Ha vinto la partecipazione, il bisogno di una buona politica. Ha perso la retorica dell’antipolitica brandita dal governo.
Ha vinto un’idea di comunità. Ha perso il narcisismo del capo.
Ha vinto la mobilitazione dal basso, senza mezzi e senza padrini. Ha perso chi ha messo le mani sull’informazione, chi ha abusato delle istituzioni senza alcun ritegno.
Ha vinto il popolo. Ha perso il populismo cinico.
Ha vinto la sovranità del popolo. Ha perso il dogma per cui non ci sarebbe alternativa.
Ha vinto la voglia di continuare a contare. Di continuare a votare. Ha perso chi voleva prendersi una delega in bianco.
Ha vinto la partecipazione, il bisogno di una buona politica. Ha perso la retorica dell’antipolitica brandita dal governo.
Ha vinto un’idea di comunità. Ha perso il narcisismo del capo.
Ha vinto la mobilitazione dal basso, senza mezzi e senza padrini. Ha perso chi ha messo le mani sull’informazione, chi ha abusato delle istituzioni senza alcun ritegno.
2 dicembre 2016
Il Fidel che ho conosciuto
Fino alla vigilia della sua morte a 90 anni, continuava a mobilitarsi in difesa dell'ecologia e dell'ambiente, e contro la globalizzazione neoliberista, in trincea, e in prima linea.
Fidel è morto, ma è immortale. Pochi uomini conobbero la gloria di entrare da vivi nella leggenda e nella storia. Fidel è uno di questi. Apparteneva a quella generazione di insorti mitici - Nelson Mandela, Patrice Lumumba, Amilcar Cabral, Che Guevara, Camilo Torres, Turcios Lima, Ahmed Ben Barka - che, perseguendo un ideale di giustizia, si lanciarono negli anni '50 con l'ambizione e la speranza di cambiare un mondo di disuguaglianze e discriminazioni, segnato dall'inizio della guerra fredda tra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti.
In quell’epoca, in più della metà del pianeta, in Vietnam, in Algeria, in Guinea-Bissau, i popoli oppressi si ribellavano. L’umanità era in gran parte ancora sottomessa l’infamia della colonizzazione. Quasi tutta l’Africa e buona parte dell’Asia erano ancora dominate, asservite ai vecchi imperi occidentali. Mentre le nazioni dell’America Latina, in teoria indipendenti da un secolo e mezzo, erano sfruttate da minoranze privilegiate, oggetto di discriminazione sociale ed etnica, e spesso sottoposte a dittature sanguinarie protette da Washington.
“La riforma? Un pasticcio pazzesco e illeggibile”
Paolo Prodi |
Ecco le ragioni del No del professor Paolo Prodi, tra i massimi storici italiani dell’età moderna, docente emerito all’Università di Bologna, già rettore dell’ateneo di Trento, tra i fondatori dell’Istituto storico italo- germanico della città trentina e dell’associazione di cultura e politica “Il Mulino”, fratello dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi.
Vogliamo ringraziare il professor Prodi che, pur non essendo in piena forma, ci ha generosamente concesso questa intervista.
Professor Prodi cosa pensa della riforma costituzionale sottoposta a referendum?
È un pasticcio pazzesco ed è anche illeggibile. Se pure vogliamo chiamare “riforma” il testo che va a referendum. Possiamo farlo, certo, ben coscienti però che nella storia dell’umanità tante riforme sono andate indietro e non avanti. E questo è proprio uno di quei casi.
Perché ritiene rappresenti una sorta di arretramento nella storia della Repubblica?
1 dicembre 2016
29 novembre 2016
Perchè brucia Israele ?
Il paesaggio rurale di Israele è saturo di alberi di pino. Questi alberi sono una novità per la regione. Quegli alberi di pino vennero introdotti nel paesaggio palestinese nei primi anni ‘30 dal Fondo Nazionale Ebraico (KKL/JNF) nel tentativo di “rivendicare quella terra”. Nel 1935, il JNF aveva piantato 1,7 milioni di alberi su una superficie totale di 1.750 acri. In oltre cinquanta anni, il JNF ha piantato oltre 260 milioni di alberi in massima parte su terre palestinesi confiscate. Ha fatto tutto in un disperato tentativo di nascondere le rovine dei villaggi palestinesi etnicamente ripuliti e cancellarne la storia.
Nel corso degli anni il JNF ha attuato un rozzo tentativo di eliminare la civiltà palestinese e il suo passato, ma ha anche cercato di rendere la Palestina simile all’Europa.
Ultimo discorso di Fidel Castro: "Il popolo cubano vincerà"
Discorso del leader della Rivoluzione cubana, Fidel Castro, alla chiusura del 7° Congresso del Partito Comunista di Cuba
E’ uno sforzo sovrumano dirigere qualsiasi popolo in tempi di crisi. Senza di questi i cambiamenti sarebbero impossibili. In una riunione come questa, a cui partecipano più di mille rappresentanti scelti dal popolo rivoluzionario stesso, che ha delegato ad essi la propria autorità, ciò significa per tutti l’onore più grande ricevuto nella vita, e a questo si aggiunge il privilegio di essere rivoluzionario, che è frutto della propria coscienza.
Fidel Castro Ruz |
Perché sono diventato socialista, più chiaramente perché mi sono trasformato in comunista? Questa parola, che esprime il concetto più distorto e calunniato della storia da parte di coloro che hanno avuto il privilegio di sfruttare i poveri, spogliati da quando furono privati di tutti i beni materiali che forniscono il lavoro, il talento e l’energia umana…. Da quando l’uomo vive in questo dilemma, nel corso del tempo senza limite … so che voi non avete bisogno di questa spiegazione, ma forse alcuni giovani sì.
Parlo semplicemente perché si capisca meglio che non sono ignorante, estremista o cieco, e che non ho acquisito la mia ideologia per conto mio, studiando economia.
25 novembre 2016
23 novembre 2016
Aziz Krichen: “Gramsci avrebbe molto da dire, non solo ai tunisini, ma al mondo intero”
Il sociologo ed economista tunisino Aziz Krichen, autore del libro La Promesse du Printemps (La promessa della primavera), un bilancio della prima fase dell'era post-Ben Ali, che traccia delle piste per un'ulteriore democratizzazione, e del brillante articolo L'affaire de Jemna : question paysanne et révolution démocratique en Tunisie, ha risposto alle seguenti domande della nostra redazione. La traduzione italiana dell’articolo di Jemna la trovate qui
Milena Rampoldi: Che cosa avrebbe da dire Gramsci ai tunisini del XXI secolo?
Milena Rampoldi: Che cosa avrebbe da dire Gramsci ai tunisini del XXI secolo?
Aziz Krichen: Gramsci non avrebbe molto da dire, non solo ai tunisini, ma al mondo intero.
Personalmente a Gramsci devo gran parte della mia formazione intellettuale. (Molto tempo fa, in collaborazione con altri autori, ho peraltro contribuito al libro “Gramsci et le monde arabe” (Gramsci e il mondo arabo). Gramsci in Tunisia è poco noto anche nell'intellighenzia. La mancanza di una traduzione araba delle sue opere non spiega tutto. Le sue analisi delle élite e della questione agraria sono utilissime.
19 novembre 2016
18 novembre 2016
Contro il debito come modalità di dominio, audit cittadino
I paesi sempre si sono indebitati, ma oggi il debito pubblico è un mezzo di dominio per controllare l'economia e la finanza. Già negli anni novanta è stato utilizzato il debito per obbligare l'America Latina ad attuare le politiche neoliberiste, oggi l'uso illecito del debito minaccia i paesi in Europa e peggiora lo stato sociale. La minoranza usa il debito e il controllo del deficit come trappole con la complicità dei governi, della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del FMI.
Xavier Caño Tamayo
I paesi prendono in prestito dalle banche, perché le entrate dello Stato sono insufficienti. Questo perché a partire dagli anni ottanta del ventesimo secolo, grandi fortune, grandi aziende e multinazionali pagano sempre meno tasse, mentre banche e fondi di investimento speculano con le obbligazioni di debito pubblico e impongono un'austerità distruttiva.
Per opporsi a questo nuovo autoritarismo, una ventina di associazioni, movimenti laici e cattolico-progressisti italiani crearono pochi giorni fa a Roma, il Comitato per l'Abolizione del Debito Illegittimo Italia (CADTM). Comitato che si somma ai trentasei CADTM che ci sono nel mondo. Ricordiamo che, nel diritto internazionale, il debito illegittimo è quello che un governo ha contratto e utilizzato a prescindere dalla cittadinanza o contro di essa. E non è stato pagato.
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A chi e a cosa serve il Si al referendum?
Consentitemi di essere tranchant, e quindi di perdere per strada le necessarie sfumature. Non esiste una ragione obiettiva per sostenere la riforma della Costituzione. Non raggiunge nemmeno gli obiettivi che essa stessa si propone (ammesso che siano obiettivi realment utili, cosa che nego). Non velocizza il processo legislativo, perché crea una congerie di procedure diverse, con grossi rischi di ricorsi e incertezze, non consente di risparmiare, perché il risparmio è una micro-goccia nell’oceano del bilancio pubblico, non razionalizza il rapporto Stato-Regioni, perché di fatto elimina il secondo elemento della dialettica, in nome di un neo-centralismo assolutamente inadeguato a gestire la complessità territoriale e sociale del Paese.
17 novembre 2016
Il TPP è morto? Il Congresso assicura che non sarà approvato sotto la presidenza Trump
Repubblicani e democratici possono concordare almeno su una cosa: l’elezione di Donald Trump rappresenta il colpo di grazia definitivo al Partenariato transpacifico (TPP).
Il controverso accordo commerciale era già tenuto in vita artificialmente durante i mesi che hanno portato alle elezioni di novembre, con un’opposizione crescente da entrambi gli schieramenti politici e sempre più forte fra i repubblicani nel momento in cui la campagna elettorale di Trump ha acquisito slancio.
Dal Washington Post:
“Questo trattato non ha avuto un grande seguito fra i democratici del Congresso fin dall’inizio. Solo 28 dei 188 democratici alla Camera e 13 dei 44 al Senato lo hanno sostenuto concedendo a Obama l’autorità di negoziare e concludere un accordo lo scorso anno. E la crescita di Trump ha decimato il sostegno al libero mercato fra i repubblicani. Un ex rappresentante del commercio statunitense, il senatore Rob Portman dell’Ohio, durante la sua campagna per la rielezione di quest’anno ha affermato che si sarebbe opposto al TPP.”
16 novembre 2016
Disintegrazione dell’€uropa o processo costituente?
Crisi, governo dell’emergenza e prospettive di nuova invenzione democratica
Il testo che qui proponiamo in versione italiana nasce da una comune ricerca, intrapresa nel corso della prima metà del 2016 intorno alle “crisi multiple” del processo d’integrazione europea. È in corso di pubblicazione in tedesco nel volume curato da Mario Candeias e Alex Demirović, Europe – What’s Left? Die Europäische Union zwischen Zerfall, Autoritarismus, und demokratische Erneuerung, Münster, Westfälisches Dampfboot, 2017. Integrato con alcune considerazioni successive all’esito del referendum sulla Brexit, l’articolo è stato scritto ovviamente prima dei risultati delle elezioni presidenziali americane. Ancora non è dato sapere quale impatto possa avere Trump alla Casa Bianca sulle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico, all’interno del più generale sommovimento che su scala planetaria la sua vittoria andrà a produrre. Nondimeno riteniamo che già alcune delle tesi contenute in questo contributo – dal ruolo dell’Europa nel contesto capitalistico globale alla reale natura dei “sovranismi” di cui lo stesso Trump è certamente espressione, fino alla necessità di articolare molteplici e convergenti livelli d’iniziativa, sociale e politica, alternativa – possano contribuire al dibattito in corso. E a un suo ulteriore avanzamento, a partire dai nodi politici che il testo, e prima ancora la realtà contemporanea, lasciano irrisolti e aperti alla discussione collettiva.
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15 novembre 2016
Trump è per il neo-liberalismo quel che la caduta del Muro fu per il socialismo reale
La vittoria travolgente di Donald Trump nelle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti, ancora più straordinaria data l'ostilità attiva della stragrande maggioranza dell'establishment finanziario, economico, culturale, mediatico, inclusi i maggiorenti del Partito Repubblicano, chiude la lunga fase storica iniziata a cavallo degli anni '80 al di là e al di qua dell'Atlantico.
Dopo la Brexit del 23 giugno scorso, una "Brexit plus, plus" è arrivata l'8 Novembre. Sono scosse politiche di magnitudo massima, successive a una sequenza di scosse minori: le elezioni regionali in Francia, le presidenziali in Austria, le amministrative in Italia, il crollo del consenso alle grandi-coalizioni nelle elezioni regionali in Germania, per ricordare soltanto le più recenti. Il messaggio di fondo è chiaro: l'insostenibilità economica, sociale e democratica del capitalismo neo-liberista, della globalizzazione dei capitali e di merci e servizi giocata sulla svalutazione del lavoro.
Dopo la Brexit del 23 giugno scorso, una "Brexit plus, plus" è arrivata l'8 Novembre. Sono scosse politiche di magnitudo massima, successive a una sequenza di scosse minori: le elezioni regionali in Francia, le presidenziali in Austria, le amministrative in Italia, il crollo del consenso alle grandi-coalizioni nelle elezioni regionali in Germania, per ricordare soltanto le più recenti. Il messaggio di fondo è chiaro: l'insostenibilità economica, sociale e democratica del capitalismo neo-liberista, della globalizzazione dei capitali e di merci e servizi giocata sulla svalutazione del lavoro.
14 novembre 2016
L'Affermazione della sovranità popolare di fronte all’offensiva del capitale
Intervista a Samir Amin
Le analisi che vertono sulla crisi che scuote – in modo strutturale – l’attuale sistema capitalistico si rivelano essere di una sterilità miserevole. Bugie mediatiche, politiche economiche antipopolari, ondate di privatizzazioni, guerre economiche e “umanitarie”, flussi migratori. Il cocktail è esplosivo, la disinformazione totale. Le classi dominanti si fregano le mani di fronte ad una situazione che permette loro di conservare ed affermare il proprio predominio. Proviamo a capirci qualcosa. Perché la crisi? Qual è la sua natura? Quali sono attualmente e quali dovrebbero essere le risposte dei popoli, delle organizzazioni e dei movimenti preoccupati per un mondo di pace e di giustizia sociale? Intervista con Samir Amin, economista egiziano e pensatore delle relazioni di dominazione neocoloniale, presidente del Forum mondiale delle alternative.
Raffaele Morgantini: da molti decenni i vostri scritti e analisi ci consegnano elementi per decifrare il sistema capitalistico, le relazioni di dominazione Nord – Sud e le risposte dei movimenti di resistenza dei paesi del Sud. Oggi, siamo entrati in una nuova fase della crisi sistemica capitalistica. Qual è la natura di questa nuova crisi?
Le analisi che vertono sulla crisi che scuote – in modo strutturale – l’attuale sistema capitalistico si rivelano essere di una sterilità miserevole. Bugie mediatiche, politiche economiche antipopolari, ondate di privatizzazioni, guerre economiche e “umanitarie”, flussi migratori. Il cocktail è esplosivo, la disinformazione totale. Le classi dominanti si fregano le mani di fronte ad una situazione che permette loro di conservare ed affermare il proprio predominio. Proviamo a capirci qualcosa. Perché la crisi? Qual è la sua natura? Quali sono attualmente e quali dovrebbero essere le risposte dei popoli, delle organizzazioni e dei movimenti preoccupati per un mondo di pace e di giustizia sociale? Intervista con Samir Amin, economista egiziano e pensatore delle relazioni di dominazione neocoloniale, presidente del Forum mondiale delle alternative.
Raffaele Morgantini: da molti decenni i vostri scritti e analisi ci consegnano elementi per decifrare il sistema capitalistico, le relazioni di dominazione Nord – Sud e le risposte dei movimenti di resistenza dei paesi del Sud. Oggi, siamo entrati in una nuova fase della crisi sistemica capitalistica. Qual è la natura di questa nuova crisi?
L'Apartheid dell'occupazione israeliana in Palestina: Un dato di fatto!
Chiamare apartheid l’occupazione israeliana della Palestina non è pigrizia o provocazione, è basarsi sui fatti
Oltre ad essere approvata dai sudafricani che hanno combattuto contro l’apartheid, la definizione della situazione in Palestina/Israele è conforme alla sua definizione ai sensi del diritto internazionale. Questa settimana ho partecipato ad eventi organizzati per la “Settimana dell’apartheid israeliana”,che ogni anno “mira a promuovere consapevolezza sul continuo progetto israeliano di insediamento colonialista e sulle politiche di segregazione dei palestinesi”.
Per qualcuno, parlare di “apartheid israeliana” potrebbe sembrare solo uno fra gli slogan in voga tra gli attivisti. Altri vedono questo termine come inefficace, pigro, incendiario o addirittura antisemita.
Ma in realtà cosa si intende quando parliamo di apartheid israeliana?
Oltre ad essere approvata dai sudafricani che hanno combattuto contro l’apartheid, la definizione della situazione in Palestina/Israele è conforme alla sua definizione ai sensi del diritto internazionale. Questa settimana ho partecipato ad eventi organizzati per la “Settimana dell’apartheid israeliana”,che ogni anno “mira a promuovere consapevolezza sul continuo progetto israeliano di insediamento colonialista e sulle politiche di segregazione dei palestinesi”.
Per qualcuno, parlare di “apartheid israeliana” potrebbe sembrare solo uno fra gli slogan in voga tra gli attivisti. Altri vedono questo termine come inefficace, pigro, incendiario o addirittura antisemita.
Ma in realtà cosa si intende quando parliamo di apartheid israeliana?
12 novembre 2016
I manipolatori in crisi d'identità
Non possiamo negare di avere accolto la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane con la giusta dose di soddisfazione, commista ad una ventata di buonumore di quello che ormai latitava da parecchio tempo. Non tanto perché acritici estimatori del miliardario statunitense o ingenui sostenitori del fatto che il risultato elettorale avrebbe rivoluzionato le sorti del mondo, bensí in quanto forti del convincimento che il trionfo di Trump abbia di fatto scongiurato l'ascesa al potere, nella nazione più "pericolosa" a livello mondiale, di un mostro psicopatico e sanguinario quale Hillary Clinton e di tutta l'élite mondialista e globalizzatrice che l'aveva scelta come portabandiera.....
Al di là delle considerazioni politiche concernenti i bianchi, la classe media, i laureati e non laureati, l'America profonda e quella superficiale, di cui in tutta sincerità ci importa davvero poco, il dato di fatto che emerge dal risultato di queste elezioni é di un'importanza tale da travalicare perfino l'identità del nuovo timoniere degli Stati Uniti e riguarda i manipolatori della realtà e dell'immaginario collettivo ed i risultati del loro sporco lavoro.
11 novembre 2016
Elezioni USA: Scegli il tuo demonio
Qualcuno che se ne intendeva parecchio - il generale Dwight Eisenhower, 34° presidente USA, nel suo discorso d’addio alla scadenza del mandato nel 1961 – definiva il vero potere dietro le istituzioni nord-americane come “il complesso militare-industriale”. Qualcun altro lo chiama “il governo invisibile”, chiunque sieda sulla poltrona dello Studio Ovale.
Ma da chi è fatto questo “governo invisibile”? Paul Craig Roberts, economista, sottosegretario al Tesoro sotto l’amministrazione Reagan (curioso che quando cessano di avere un ruolo ufficiale, e anche ufficioso, persone come lui si vogliano togliere dei sassolini dalle scarpe…) ne fa un breve elenco:
10 consigli al 45° presidente degli Stati Uniti
Sono le 7:45 in tempo universale, di mercoledì 9 novembre 2016, Donald Trump è stato appena eletto 45° presidente degli Stati Uniti da più di 270 grandi elettori. "pieno di umiltà," il suo assistente Mike Pence ha ringraziato Donald, Dio, sua moglie, le sue figlie, e il "popolo americano". Trump porterà l'America al suo antico "splendore".
Facendo un'entrata hollywoodiana con sottofondo epico nell'hotel Hilton di New York, il 45° presidente ha reso omaggio alla perdente Hillary (che può dire Venni, vidi, vinse). Poi ha detto che sarà il presidente di "tutti gli americani". Egli ha poi chiesto agli elettori e ai cittadini "i loro consigli e il loro aiuto."
"Lo Stato sarà al servizio del popolo americano". Si è presentato come "Mr. risorse umane", "rinnoveremo i nostri quartieri, ricostruiremo le nostre infrastrutture e daremo posti di lavoro a milioni di americani, ci prenderemo cura dei nostri veterani", "utilizzando il talento di ciascuno di di noi". "Raddoppieremo il nostro tasso di crescita" per fare della nostra economia la prima nel mondo. "Avremo ottime relazioni con altri paesi". Saremo "grandi e audaci" cooperare con tutti i paesi, "preservando gli interessi americani".
9 novembre 2016
Ha vinto Trump. In arrivo un nuovo 11 settembre?
Come già abbiamo scritto per le precedenti elezioni americane, una cosa è il significato sociale del risultato elettorale, un'altra è il significato politico del medesimo. In altre parole, l'elezione di un determinato presidente ci indica sempre la "temperatura mentale" della popolazione americana, indipendentemente da quelle che saranno poi (o che non saranno) le conseguenze politiche di quell'elezione.
Quando vinse Barack Obama scrivemmo che il segnale primario di quell'elezione era che l'America fosse finalmente pronta ad eleggere un nero alla Casa Bianca. Un grande passo evolutivo, nella breve storia di questa nazione, indipendentemente da ciò che poi il nuovo presidente sarebbe o non sarebbe riuscito a fare.
La vittoria odierna di Trump può essere letta con gli stessi parametri: ci dice sostanzialmente che l'America di oggi si ribella ad un sistema politico ormai palesemente marcio, indipendentemente da quello che poi farà o non farà Donald Trump dall'ufficio ovale della Casa Bianca.
Mujica: «Gli americani che votano Trump? È la stanchezza della classe media»
«Ci sono nordamericani che voteranno per Trump», ha avvertito Pepe Mujica circa un mese fa: «È la stanchezza della classe media statunitense». Ci ha visto lungo l’ex presidente dell’Uruguay, che ha
confermato timori e analisi anche durante una recente intervista a Left(sabato prossimo in edicola il resoconto dell’incontro). Ha ricordato il caso dei lavoratori metallurgici negli Stati Uniti, che continuano a guadagnare «quanto guadagnavano i loro nonni». Poi alla vigilia del voto, dall’Italia ha aggiunto: «Non mi preoccupa tanto se vincerà Trump perché passerà, tutti i presidenti passano. Mi preoccupa di più la gente che lo voterà, che rimarrà. È una classe media che, vivendo nell’incertezza, attribuisce le colpe ora ai cinesi, ora ai messicani. In realtà sta esprimendo una patologia».
confermato timori e analisi anche durante una recente intervista a Left(sabato prossimo in edicola il resoconto dell’incontro). Ha ricordato il caso dei lavoratori metallurgici negli Stati Uniti, che continuano a guadagnare «quanto guadagnavano i loro nonni». Poi alla vigilia del voto, dall’Italia ha aggiunto: «Non mi preoccupa tanto se vincerà Trump perché passerà, tutti i presidenti passano. Mi preoccupa di più la gente che lo voterà, che rimarrà. È una classe media che, vivendo nell’incertezza, attribuisce le colpe ora ai cinesi, ora ai messicani. In realtà sta esprimendo una patologia».
Terremoti e altro: un grande piano nazionale di messa in sicurezza e manutenzione
Mentre l'Italia è devastata da nuove scosse di terremoto, Moscovici, Commissario europeo per gli affari economici, e il ministro Padoan discutono se e in che misura le spese per il terremoto di agosto in Italia centrale possano essere defalcate dal computo del deficit di bilancio. Il punto imprescindibile, per Bruxelles, è, come sempre, rientrare nei limiti di bilancio. Francamente, ciò è ormai intollerabile. È ora di dire basta con il tira e molla tra governo Renzi e Commissione europea per una manciata di milioni per le spese per il terremoto, mentre si prevedono nella legge di bilancio super e iperammortamenti fiscali che andranno a beneficio soltanto delle grandi imprese.
Più che di permessi della Commissione europea a includere nella legge di bilancio cifre non esorbitanti, c'è bisogno di un grande piano di ricostruzione nazionale, che metta in campo risorse adeguate (miliardi e non poche centinaia di milioni) per la messa in sicurezza del territorio italiano da terremoti e alluvioni e per la manutenzione della infrastruttura stradale e ferroviaria. Proprio pochi giorni fa a Lecco è crollato un cavalcavia stradale e, mentre le autostrade, costruite con i soldi pubblici e ora a gestione privata, aumentano le tariffe, le autostrade ancora pubbliche subiscono crolli, come quello che ha interessato l'anno scorso un tratto dell'autostrada Palermo-Catania.
Più che di permessi della Commissione europea a includere nella legge di bilancio cifre non esorbitanti, c'è bisogno di un grande piano di ricostruzione nazionale, che metta in campo risorse adeguate (miliardi e non poche centinaia di milioni) per la messa in sicurezza del territorio italiano da terremoti e alluvioni e per la manutenzione della infrastruttura stradale e ferroviaria. Proprio pochi giorni fa a Lecco è crollato un cavalcavia stradale e, mentre le autostrade, costruite con i soldi pubblici e ora a gestione privata, aumentano le tariffe, le autostrade ancora pubbliche subiscono crolli, come quello che ha interessato l'anno scorso un tratto dell'autostrada Palermo-Catania.
8 novembre 2016
Cosa sta accadendo in Venezuela?
2. Il suo principale obiettivo da quando si è insediata in parlamento è stato quello di rovesciare il Presidente Nicolas Maduro.
3. Per raggiungere tale obiettivo, la destra ha impiegato QUATTRO mesi di dibattito su quale dovrebbe essere il modo di disinsediare il Presidente, considerando alla fine le seguenti opzioni:
- Esigere le sue dimissioni.
- Accusarlo formalmente mediante la Procura.
- Dichiararne il suo stato di incapacità mentale.
- Annullare le elezioni asserendo che il presidente è di nazionalità colombiana.
- Modifica o riforma della Costituzione per accorciarne il periodo di mandato.
- Formare un'assemblea costituente.
- Esercitare pressioni sociali nelle piazze.
- Indire un referendum revocatorio (1)
4. Solo alla fine di aprile, ha deciso di attivare la procedura per l'indizione del referendum revocatorio della carica.
Attivando il meccanismo in aprile anziché in gennaio, quando era già compiuta la metà del periodo costituzionale di carica del Presidente, la destra non avrà il tempo per indire il referendum revocatorio entro il 2016, a causa dei termini stabiliti nella normativa che regola la sua attivazione e convocazione che prevedono una procedura della durata di almeno 260 giorni.
6 novembre 2016
La “mediocrazia” ci ha travolti, così i mediocri hanno preso il potere
Una «rivoluzione anestetizzante» si è compiuta silenziosamente sotto i nostri occhi ma noi non ce ne siamo quasi accorti: la “mediocrazia” ci ha travolti. I mediocri sono entrati nella stanza dei bottoni e ci spingono a essere come loro, un po’ come gli alieni del film di Don Siegel “L’invasione degli ultracorpi”. Ricordate?
“Mediocrazia” è il titolo dell’ultimo libro del filosofo canadese Alain Deneault, docente di scienze politiche all’università di Montreal. Il lavoro (“La Mediocratie”, Lux Editeur) non è stato ancora tradotto in italiano ma meriterebbe di esserlo se non altro per il dibattito che ha saputo suscitare in Canada e in Francia.
Deneault ha il pregio di dire le cose chiaramente: «Non c’è stata nessuna presa della Bastiglia – scrive all’inizio del libro -, niente di comparabile all’incendio del Reichstag e l’incrociatore Aurora non ha ancora sparato nessun colpo di cannone. Tuttavia, l’assalto è stato già lanciato ed è stato coronato dal successo: i mediocri hanno preso il potere». Già, a ben vedere di esempi sotto i nostri occhi ne abbiamo ogni giorno. Ma perché i mediocri hanno preso il potere? Come ci sono riusciti? Insomma, come siamo arrivati a questo punto?
Quella che Deneault chiama la «rivoluzione anestetizzante» è l’atteggiamento che ci conduce a posizionarci sempre al centro, anzi all’«estremo centro» dice il filosofo canadese. Mai disturbare e soprattutto mai far nulla che possa mettere in discussione l’ordine economico e sociale. Tutto deve essere standardizzato. La “media” è diventata la norma, la “mediocrità” è stata eletta a modello.
“Mediocrazia” è il titolo dell’ultimo libro del filosofo canadese Alain Deneault, docente di scienze politiche all’università di Montreal. Il lavoro (“La Mediocratie”, Lux Editeur) non è stato ancora tradotto in italiano ma meriterebbe di esserlo se non altro per il dibattito che ha saputo suscitare in Canada e in Francia.
Deneault ha il pregio di dire le cose chiaramente: «Non c’è stata nessuna presa della Bastiglia – scrive all’inizio del libro -, niente di comparabile all’incendio del Reichstag e l’incrociatore Aurora non ha ancora sparato nessun colpo di cannone. Tuttavia, l’assalto è stato già lanciato ed è stato coronato dal successo: i mediocri hanno preso il potere». Già, a ben vedere di esempi sotto i nostri occhi ne abbiamo ogni giorno. Ma perché i mediocri hanno preso il potere? Come ci sono riusciti? Insomma, come siamo arrivati a questo punto?
Quella che Deneault chiama la «rivoluzione anestetizzante» è l’atteggiamento che ci conduce a posizionarci sempre al centro, anzi all’«estremo centro» dice il filosofo canadese. Mai disturbare e soprattutto mai far nulla che possa mettere in discussione l’ordine economico e sociale. Tutto deve essere standardizzato. La “media” è diventata la norma, la “mediocrità” è stata eletta a modello.
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