Se il coraggioso discorso di accettazione dell'Oscar di Jonathan Glazer ti ha messo a disagio, quella era l'intenzione.
È una tradizione degli Oscar: un discorso politico serio squarcia la bolla del glamour e dell’autocompiacimento. Ne derivano reazioni contraddittorie. Alcuni sostengono che il discorso sia un esempio di artisti che fanno del loro meglio per cambiare la cultura, altri che sia un'usurpazione egoistica di quella che avrebbe potuto essere una serata celebrativa. Poi tutti vanno avanti.
Eppure ho il sospetto che l'impatto del discorso di Jonathan Glazer agli Oscar di domenica scorsa sarà molto più duraturo, e che il suo significato e la sua importanza saranno analizzati per molti anni a venire.
Glazer ha ricevuto il premio come miglior film internazionale per The Zone of Interest, basato sulla vita reale di Rudolf Höss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz, che segue l'idilliaca vita domestica di Höss con la moglie e i figli, ambientata in una maestosa casa con giardino. appena fuori dal campo di concentramento.
Oscurando e falsificando la lezione dell'Olocausto perpetuiamo il male che lo aveva caratterizzato.
Il piano generale del lebensraum di Israele per Gaza, copiato dallo spopolamento dei ghetti ebraici da parte dei nazisti, è chiaro. Distruggere le infrastrutture, le strutture mediche e i servizi igienici, compreso l’accesso all’acqua potabile. Bloccare l’invio di cibo e carburante. Scatenare una violenza indiscriminata per uccidere e ferire centinaia di persone al giorno. Lasciare che la fame – le Nazioni Unite stimano che più di mezzo milione di persone stia già morendo di fame – e le epidemie di malattie infettive, insieme ai massacri quotidiani e allo sfollamento dei palestinesi dalle loro case, trasformino Gaza in un obitorio. I palestinesi saranno costretti a scegliere tra la morte sotto le bombe, le malattie, lo stare all’addiaccio, la fame e l’allontanamento dalla loro terra.
Forward è un sito web di orientamento ebraico. Nell'ambito di una serie dedicata ai monumenti ai collaborazionisti nazisti nel mondo, si sono fermati in Ucraina. È giusto dire che sono stati serviti. Questo articolo è stato pubblicato nel gennaio 2021, più di un anno prima dell'operazione militare speciale russa. Un viaggio nell'Ucraina neonazista... Meglio avvertirvi subito: è scioccante!
Negli anni successivi alla rivolta di Maïdan, che ha portato un nuovo governo in Ucraina nel 2014, sono stati eretti molti monumenti ai collaborazionisti nazisti e ai perpetratori dell'Olocausto, a volte anche uno nuovo ogni settimana.
Lunedì Donna Rachel Edmunds, insieme a numerosi firmatari tra cui la scrittrice del TCW Karen Harradine, ha lanciato la Dichiarazione di Isaia 62 come avvertimento al mondo da parte di ebrei preoccupati per il fatto che gli eventi che hanno portato all'Olocausto si stanno ripetendo nel nostro tempo sotto la veste di politiche Covid. Donna spiega qui perché si è sentita obbligata a farlo.
Nel gennaio di quest'anno, una giovane donna è andata all'opera. "Volevo solo godermi Tchaikovsky", avrebbe commentato su Telegram quella sera. Non è stato così. La donna, nota solo come M, ha un'esenzione medica dalla maschera ed è arrivata con il volto scoperto. Poco dopo, è stata violentemente attaccata dai suoi compagni d'opera.
Nel 1948, oltre 700.000 palestinesi furono ripuliti etnicamente dal nuovo stato ebraico. Questo catastrofico crimine razziale si chiama Nakba.
Israele sembra essere sconvolto da una nuova legge polacca che fissa un termine di 30 anni per gli ebrei per recuperare le proprietà sequestrate. La legislazione deve ancora essere approvata dal Senato polacco, ma i funzionari israeliani la chiamano già "legge dell'Olocausto". Insistono che è "immorale" e "una vergogna".
La settimana scorsa, il ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid ha insistito che il progetto di legge "è una vergogna che non cancellerà gli orrori o la memoria dell'Olocausto".
Non vedo quale parte della legislazione interferisce con la memoria e gli orrori dell'Olocausto.
Facebook e Twitter hanno annunciato che bandiranno la negazione dell'Olocausto sulle loro piattaforme. In un libro di prossima pubblicazione intitolato Cancel Culture, Academic Freedom, and Me, Norman Finkelstein (foto) sostiene che la negazione dell'Olocausto dovrebbe essere insegnata all'università, preferibilmente da un negatore dell'Olocausto. Sono considerazioni di alto livello agli antipodi dell'attuale isteria islamofobica e pornografica, che pretende di fare del Paese della legge Gayssot, l'ultima della classe, un modello di libertà di espressione. Ecco un estratto del suo manoscritto.
Sarebbe una presa in giro della verità e della libertà accademica (si sostiene) se un'università desse una piattaforma ai negazionisti dell'Olocausto. Ma, per cominciare, non è chiaro cosa neghino i negazionisti dell'Olocausto. L'Olocausto nazista denota lo sterminio della comunità ebraica europea o di tutte le categorie di persone sistematicamente messe a morte o condannate a morte?
Se riguarda solo gli ebrei, perché questo trattamento esclusivo?
Sono passati 75 anni dalla liberazione da parte dell'esercito sovietico del campo di concentramento nazista di Auschwitz, dove più di un milione e centomila esseri umani furono assassinati sistematicamente - nelle camere a gas, per fame e malattie, con fucilazioni e torture. Nel celebrare questa data, il PCP ricorda il ruolo decisivo e indimenticabile dell'URSS, del popolo sovietico e della sua Armata Rossa, nella sconfitta di Hitler e del nazi-fascismo, l'espressione storica più violenta e terroristica del capitalismo. Gli epici sacrifici del popolo sovietico nella Seconda Guerra Mondiale - con i suoi oltre 20 milioni di morti -, che portarono alla liberazione dei popoli e dei lavoratori dalla barbarie nazifascista, non saranno mai dimenticati.
È molto importante ricordare il passato; non meno importante è essere consapevoli del presente senza chiudere gli occhi. Le decine di capi di stato arrivati ieri in Israele possono ricordare il passato, ma hanno una visione appannata del presente. Nel loro silenzio, nel loro disprezzo della realtà, mentre si allineano incondizionatamente a fianco di Israele, non solo tradiscono il loro ruolo ma tradiscono anche la memoria del passato in nome del quale sono venuti qui. Essere ospiti di Israele senza menzionare i suoi crimini; commemorare l’Olocausto ignorando la sua lezione; visitare Gerusalemme senza recarsi nel ghetto di Gaza nel Giorno della Memoria – a stento si può immaginare un’ipocrisia più grande.
È una buona cosa che re, presidenti e altri notabili arrivino qui a onorare questo giorno di rimembranze. È deplorevole che essi ignorino quello che le vittime dell’Olocausto stanno infliggendo a un’altra nazione.
Lo stato di Israele non ha pozzi di petrolio. Non ha miniere d’oro. Che cosa possiede? E’ il proprietario del ricordo dell’Olocausto.
Che vale molto. Chiunque voglia purificarsi da quella infamia ha bisogno di un certificato rilasciato dallo stato di Israele. Un documento del genere è assai costoso. Più grave è la colpa del richiedente, più alto è il prezzo del rilascio.
Che cosa ci ricorda?
Per molti secoli la Chiesa Cattolica aveva venduto “indulgenze”. Si trattava di documenti rilasciati dal papa o dai cardinali, che garantivano al ricevente la dispensa da doveri religiosi o permettevano atti [formalmente] proibiti dalla Chiesa.
Felicia Langer ha combattuto, prima in Israele, poi in Germania, per l'applicazione del diritto internazionale da cui Israele si è escluso.
Non l'ho mai incontrata, l'ho chiamata solo due o tre volte al suo luogo di esilio, ma ricordo bene cosa fosse per me e per gran parte della mia generazione nella nostra gioventù sottoposta al lavaggio del cervello: un simbolo di odio per Israele, un nemico pubblico, una traditrice insultata e respinta.È così che ci è stato insegnato a considerare lei e alcuni altri primi dissidenti, e non ci siamo interrogati e non ci siamo preoccupati del perché.
Oggi, a 87 anni, è morta in esilio;la sua immagine brilla nei miei occhi attraverso la distanza del tempo e dello spazio.Felicia Langer, che è morta giovedì in Germania, era un'eroina, una pioniera e una donna di coscienza.Lei e alcuni dei suoi alleati non hanno mai ottenuto il riconoscimento che meritavano: e certamente non lo avranno mai.
Nessuno statista istraeliano intende scusarsi per la Nabka, nè per la pulizia etnica, nè per l’esilio. Ma Abbas non aveva altra scelta che scusarsi per la sua osservazione circa l’Olocausto.
È difficile immaginare uno scenario più assurdo di questo: il leader palestinese costretto a scusarsi col popolo ebraico. Praticamente è come se il derubato si scusasse col ladro.
D’altra parte, però, gli occupanti sono così sensibili – ed i loro sentimenti, solo i loro, devono essere presi in considerazione. Un paese che non ha mai smesso di occupare, distruggere ed uccidere – senza peraltro mai scusarsi – chiede alle sue vittime di scusarsi per una semplice frase del loro leader. Il resto è noto: “scuse non accettate”. Cosa pensavate che sarebbe successo? Che le avrebbero “accettate”?
Lo storico israeliano Shlomo Sand scrive a Emmanuel Macron in seguito al discorso, tenuto in presenza di Benjamin Netanyahu, per la commemorazione del Rastrellamento del Velodromo d'Inverno
Cominciando a leggere il suo discorso sulla commemorazione della retata del vel’di Hiv, ho provato gratitudine verso di lei. In effetti, alla luce di una lunga tradizione di leader politici, di destra come di sinistra che, al passato e al presente, si sono defilati riguardo la partecipazione e la responsabilità della Francia nella deportazione nei campi della morte delle persone di origine ebraica, lei ha preso una posizione chiara e priva di ambiguità: “Sì, la Francia è responsabile della deportazione; sì, c’è stato antisemitismo in Francia, prima e dopo la seconda guerra mondiale. Sì, dobbiamo continuare a combattere tutte le forme di razzismo.” Ho visto queste posizioni come in continuità con la sua coraggiosa dichiarazione fatta in Algeria, secondo cui il colonialismo costituisce un crimine contro l’umanità. Per essere del tutto sincero, sono stato piuttosto infastidito dal fatto che lei abbia invitato Benjamin Netanyahu, che è indubbiamente da classificare nella categoria degli oppressori e non può quindi essere presente per rappresentare le vittime di ieri.
Tutti i rifugiati hanno un sogno in comune: ritornare nelle loro case di origine, e questo sogno è sancito da una risoluzione ONU, la 194, una delle circa 70 che Israele continua impunemente a violare.
Riconoscere l'olocausto degli ebrei, mentre si nega la nakba, è il peggior vilipendio che il mondo ebraico possa commettere contro quelle vittime che, ogni anno, commemora in tutto il mondo. L'olocausto degli ebrei, unico riconosciuto dell'epoca moderna, ha fornito agli stessi un'arma micidiale di cui servirsi contro il popolo palestinese.
È in nome di quelle vittime che gli ebrei di oggi, possono diventare carnefici, invocando una protezione loro mancata durante l'epoca nazista.
È in nome di quelle vittime, di cui essi stessi insultano la memoria, che possono occupare la Palestina, con apartheid e leggi razziste, senza che la "comunità internazionale" condanni fermamente ed in modo inequivocabile i loro reati e crimini di guerra.
In un mondo in cui reiterare più volte attraverso i media, serve come prova inconfutabile, alcune parole sono parole macedonia, significanti intercambiabili il cui utilizzo codificato in anticipo si presta ad ogni tipo di manipolazione. Slittamenti perpetui del senso che autorizzano il passaggio insidioso da un termine all'altro, senza che nulla si opponga alla maligna inversione per cui il carnefice diventa la vittima, e la vittima il carnefice, e l'antisionismo diventa antisemitismo, come affermato da Manuel Valls, il primo capo di governo francese ad aver pronunciato un tale insulto. Nel momento in cui alcune persone relazionano "l'intifada dei coltelli" con l'odio ancestrale per gli ebrei, vale la pena chiedersi perché questa assimilazione classica e fraudolenta svolge comunque una funzione essenziale nel discorso dominante.
Da settant'anni, è come se il rimorso invisibile per l'Olocausto garantisse all'impresa sionista un'impunità assoluta. Con la creazione dello stato ebraico, l'Europa si libererà miracolosamente dai suoi demoni secolari. Ha dato a se stessa uno sbocco ai sensi di colpa che segretamente rodeva le sue infamie antisemite. Portando sulle sue spalle la responsabilità per il massacro degli ebrei, essa cerca di sbarazzarsi a tutti i costi di questo fardello. Il culmine del progetto sionista ha offerto ad essa questa possibilità. Applaudendo la creazione dello Stato ebraico, l'Europa si ripulisce dai suoi peccati. Allo stesso tempo, ha offerto l'opportunità al sionismo di completare la conquista della Palestina.