Ieri, in Venezuela, le marce delle donne sono state due, e hanno messo nuovamente a tema il quadro dello scontro in atto fra due modelli di paese. Da una parte le destre, i settori agiati e parte di quelle classi medie impoverite dagli anni di neoliberismo selvaggio, poi tornate a vivere periodi di vacche grasse con la ridistribuzione petrolifera voluta dal chavismo (e il barile sopra i 100 dollari) e ora di nuovo scomode in periodo di «guerra economica». Dall'altra le femministe dei settori popolari che appoggiano il socialismo bolivariano: i collettivi – Ni una menos, Lgbtq, Comitati di rifornimento e produzione (Clap), media alternativi, studenti, «classe media socialista»… – che muovono critiche, ma difendono le conquiste sociali.
LE AGENZIE STAMPA – tutte, rigorosamente tutte – e i media mainstream hanno però annunciato entusiasticamente solo quella delle damas en blanco: che hanno sfilato vestite di bianco, per richiamare le anticastriste di Miami. Indubbiamente numerose. È così da un mese. È stato così ogni volta che «l'insopportabile ex operaio del metro» ha segnato qualche punto nella «diplomazia di pace», sostenuta dal papa, dalla Unasur e da un gruppo di ex presidenti guidati dallo spagnolo Zapatero. Impossibile essere informati da più fonti. Oltre una decina di lanci, invece, – su un profluvio dedicati a una sola campana – per lodare enfaticamente «la grinta e il coraggio delle donne venezuelane».
1. L'agenda della destra iberoamericana è fissata in Spagna dalla Fondazione per l'Analisi Economica e gli Studi Sociali patrocinata da Felipe Gonzalez e dedicata ad “integrare l'America Latina nell'Occidente”. Con “l'obiettivo comune di sconfiggere democraticamente il progetto del socialismo del XXI secolo”, è stata proposta nel 2007 l' “Agenda per la Libertà” che comprende la creazione di una Internazionale delle Destre, l'eliminazione della formazione universitaria gratuita e la proibizione delle espropriazioni. A tale scopo “l'America Latina deve cooperare in materia di sicurezza e lotta contro il terrorismo con l'Europa e il Nord America, attraverso la creazione di un'associazione strategica tra la NATO e la Colombia”. Firmano il documento Julio Borges (particolarmente attivo ai tempi del fallito colpo di Stato del 2002 e oggi presidente dell'Assemblea Nazionale del Venezuela, NdT) e Leopoldo López (anch'egli esponente dell'opposizione venezuelana, tra i caporioni delle più violente azioni eversive contro la Rivoluzione Bolivariana, attualmente incarceratoNdT).
Il governo scaturito dal golpe express non è stato riconosciuto da nessun Paese latinoamericano ed affronta un isolamento continentale che si manifesta in varie forme. Nessun governo ha difeso o risparmiato critiche agli autori dell'imboscata parlamentare che ha deposto il presidente Lugo. Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Nicaragua, Ecuador e Venezuela hanno richiamato gli ambaciatori o chiuso le rispettive sedi diplomatiche ad Assuncion. Il Mercosur ha sospeso il Paraguay dall'area comune commerciale, vietando la partecipazione al vertice di metà settimana ai golpisti, mentre il Venezuela ha interrotto le forniture petrolifere. Questo lascia capire che la proposta di rivedere gli scambi commerciali avanzata dalla presidente brasiliana Dilma Roussef avrà certamente un seguito.
Il blocco regionale sudamericano (UNASUR) è deciso a stroncare sul nascere il ritorno di pratiche antidemocratiche d'un oscuro passato. Il Mercosur, formato dal Brasile, Argentina e Uruguay -uniche frontiere terrestri del Paraguay- ha in mano le carte per mettere all'angolo i senatori golpisti.
Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Banca Mondiale, gli otto paesi che conformano l’ALBA (1) sono quelli che maggiormente sono cresciuti fra il 2009 ed il 2010: il PIL dei paesi dell’ALBA ècresciuto del 33,43%, seguto dai 5 Paesi che conformano l’area geografica dell’ AfricaMeridionale (2), cresciuti del 28,81%, dai 12 paesi dell’ UNASUR (3) al 27,07%, dai 33 paesidell’America Latina che conformano la CELAC (4) al 25,41%, dai 5 paesi dell’ ASEAN (5) al24.39%, dai 5 del BRICS (6) al 22,37% e dai 6 paesi dell'OCS (7) in crescita del 19.36%.
Di Attilio Folliero Аттилио Фолльеро , Cecilia Laya
e Tito Pulsinelli I paesi del cosiddetto blocco occidentale, che ben
rispondono alla definizione di Paesi Industrializzati Altamente
Indebitati (PIAI), sono al di sotto della crescita media
mondiale;infatti, mentre l’economia mondiale è cresciuta
complessivamente dell’8,92%, l’ Oceania (Australia e Nuova Zelanda) è
cresciuta del 7,68%; i paesi del Nord America del 5,06%; iPaesi dell’
OCSE (8) hanno fatto registrare una crescita del 4,74%; quelli del G7
(9) solamentedel 3,76%; l’Europa nel suo complesso è cresciuta
dell’1,42%. I 27 paesi che conformano l’Unione Europea (10) ed i 17
dell’ Area Euro (11) sono in decrescita, rispettivamente dello0,49% e
del 2,14%.
Ogni personaggio storico ha avuto una frase emblematica, e Lenin ha avuto la sua: “La stupidità è la cosa più difficile da combattere” E la stupidità, generalmente, salta alla vista quando qualcuno domanda ( o ri-domanda) utilizzando la logica ed il buon senso.
di Manuel Freytas
“E per quale motivo dovrebbero invadere (il Venezuela) per petrolio se Lei se lo vende già tutto agli USA?", è stata la domanda del giorno nel summit UNASUR fatta dal presidente peruviano, Alan Garcia, che ha lasciato per la prima volta Chavez a bocca aperta e senza risposta.
In quale libro di strategia militare si consiglia che per vincere una guerra bisogna vendere le risorse strategiche di sopravvivenza al nemico e diventare il suo primo socio commerciale?
Questo, esattamente, fa Chavez: Il principale fornitore di petrolio ed il principale socio commerciale degli Stati Uniti nella regione.
Secondo le cifre della Camera Venezuelana Americana del Commercio e dell’Industria, Venancham, che raggruppa aziende venezuelane e multinazionali statunitensi che operano nel Venezuela, lo scambio commerciale tra gli USA Venezuela tocca i 70.000 milioni di dollari nel 2008.
La cifra rappresenta, per la Camera, un vero record storico e mostra che le “turbolenze diplomatiche tra i due paesi non hanno colpito il commercio bilaterale”.
Per il presidente del Venancham, Edward Jardine, “questa cifra dello scambio economico nel 2008 dimostra la solidità delle relazioni commerciali che esistono tra i due paesi”.
Venancham è composta da più di 1000 aziende venezuelane e multinazionali statunitensi che danno lavoro diretto a circa 700.000 persone e la maggior parte degli esperti stima che se si verificasse una rottura commerciale tra gli Stati Uniti e Caracas, l’economia venezuelana probabilmente collasserebbe.
L’impulso principale di questa bilancia commerciale bilaterale è stato l’alto prezzo del petrolio registrato a metà del 2008. Il Venezuela vende giornalmente agli Usa più di 1,1 milioni di barili.
I dati ufficiali dimostrano che :
A) gli Stati Uniti sono il cliente principale per le esportazioni venezuelane, particolarmente quelle petrolifere,
B) Il Venezuela spedisce più di un milione di barili di greggio giornalieri al mercato statunitense, in gran parte raffinerie di sua proprietà che alimentano le stazioni di servizio Cigto, di proprietà sempre venezuelane,
C) Dagli Stati Uniti provvengono circa un terzo delle importazioni venezuelane,
D) Gli Stati Uniti rappresentano il 50% delle relazioni commerciali tra il Venezuela ed il resto del mondo”, come ha evidenziato l'ex presidente del Vanancham, Edmond Saade.
Un recente comunicato fornito da Venancham, segnala che la somma dei tre primi mesi dell’anno vigente, dimostrano che il 96% delle esportazioni sono costituite dal petrolio, essendo il 4% restante coperto da esportazioni non petrolifere.
A quanto espresso recentemente dal presidente della Camera, Edward Jardine, le aziende degli Stati Uniti che operano nel Venezuela, “promuovono al massimo la crescita del commercio e dell’industria, così come gli investimenti fatti tra le due nazioni”.
In conclusione, Chavez, in base alle cifre ufficiali, non soltanto mantiene intatta la struttura del sistema capitalista in Venezuela (commercio egemonizzato dalle corporazioni transnazionali dell’USA) ma è inoltre, il principale fornitore latinoamericano dell’unica risorsa strategica che gli Stati Uniti non possono sostituire (ne produce solo il 25% del suo fabbisogno): Il Petrolio.
La questione, logica, semplice ee evidente: Come Chavez può rappresentare un pericolo strategico per la sopravvivenza degli USA?
In questo quadro, segnato dalle statistiche ufficiali ed i numeri reali, uno “Chavez rivoluzionario ed anti statunitense“ è tanto illogico ( per il senso comune) quanto pensare che a Cuba ci sarebbe stata una rivoluzione con Fidel Castro come principale alleato di Washington in America Latina.
Nonostante questa realtà di dipendenza commerciale con l’Impero che dice di combattere, Chavez nel 2005, nel Summit delle Americhe in Argentina, si è eretto come porta bandiera contro l’ALCA ( trattato del libero commercio) che gli USA volevano imporre in America Latina.
Come si può essere nemico (a morte, come dice Chavez) degli Stati Uniti e a sua volta essere il suo principale alleato commerciale?
Questo è il punto che, da una mente logica e non alineata, non vicina a Chavez.
Chavez, storicamente, ha costruito un potere politico e di consenso elettorale ( esterno ed interno) appellandosi a due punti: La guerra antimperialista e la minaccia di un' invasione degli Stati Uniti nel Venezuela per appropriarsi delle sue risorse petrolifere.
Sicuramente, tutto l’immaginario analitico della sinistra sulla “ militarizzazione imperialista” ruota intorno a questa teoria che gli USA vogliono invadere il Venezuela per appropriarsi della sua principale risorsa strategica.
Torniamo alla domanda (ovvia) di Alan Garcia a Chavez: E per quale motivo dovrebbero invadere (il Venezuela) per il petrolio se Lei lo vende tutto agli USA?
Per trovare una risposta logica a questa domanda bisogna ricorrere alla strategia del dominio con i “nemici di paglia”.
Realtà e finzione.
Comprovato: Chavez, dopo il referendum che ha vinto nel 2004, ha stabilito un patto con il management locale e transnazionale (uno dei cui operatori principali è stato il multimilionario Gustavo Cisneros) che lo ha preservato dalla cospirazione economica per rovesciarlo come successe in aprile del 2002.
Comprovato: Lo Stato venezuelano, il suo Parlamento, le sue istituzioni, i suoi partiti politici, i suoi funzionari, il suo sistema elettorale, i suoiparlamentari non sono rivoluzionari ma capitalisti-borghesi.
Comprovato: L’entourage di funzionari e di manager che circondano Chavez non è rivoluzionario ma capitalista-borghese e fa affari privati con il petrolio venezuelano.
Comprovato: La struttuta socio-economica del Venezuela non è rivoluzionaria ma capitalista, al punto tale, che la sua società di consumo riflette una delle piramidi più marcate dalle linee contrastanti di “ricchi” e di “poveri” nella regione.
Comprovato: Le forze armate del Venezuela e la loro struttura non sono rivoluzionarie ma forze al servizio di uno Stato Capitalista. Nella loro totalità, i suoi generali (come il resto dei militari dell’America Latina, tranne Cuba) vengono formati nel Comando Sud degli Stati Uniti, e la maggior parte di essi continuano a mantenere oleate le relazioni con il Pentagono e il Dipartimento USA.
Comprovato: I servizi dell’Intelligence del Venezuela mantengono legami storici con la CIA, DEA e l’FBI ed il resto delle agenzie nordamericane provenienti dalla lotta contro il “narcoterrorismo” ed il “ crimine organizzato”.
Comprovato: il Venezuela è uno stato capitalista, con una struttura economica capitalista ed una società stratificata tra “ricchi e poveri” e ideologizzata nei parametri del consumismo capitalista che non differisce (tranne per Cuba) del resto dell’America Latina.
Comprovato: il Venezuela capitalista è un socio commerciale strategico degli USA e se rompesse i rapporti con Washington la sua struttura economica collasserebbe.
E Chavez, non è il presidente di Cuba (un paese che ha fatto una rivoluzione) ma il Presidente del Venezuela.
Macchiaveli in America Latina.
Nonostante la realtà numerica e statistica del rapporto societario ( simbiotico) di Chavez con gli Stati Uniti, perché la sinistra continua a chiamare “ rivoluzionario” il suo governo?
Perché un segmento maggioritario della sinistra internazionale chiama “rivoluzionario e antimperialista Chavez, se nè il suo governo, nè le sue politiche, sia sotto l’aspetto politico che sociale, sono mai usciti dalla loro natura strutturale del sistema capitalista che sempre è esistito nel Venezuela?
E perché l’Impero capitalista statunitense (nonostante l’inserimento comprovato del Venezuela dentro l’ordine e la governabilità capitalista) continua a considerare Chavez come il “nemico numero uno” del suo sistema di dominio in America Latina?
Esiste un precetto strategico (di natura machiavellica) che sostiene che per evitare che sorga un nemico reale che metta in pericolo il sistema di potere vigente, è necessario inventare un “nemico di paglia”, controllabile e inoffensivo, che sarà presentato come se fosse il nemico reale, o la “minaccia principale” del sistema.
Aldilà del suo discorso “rivoluzionario”, i governi di sinistra aventi come leader Chavez non cambiano la struttura della stabilità economica, la governabilità politica e la “pace sociale” di cui le banche e le transnazionali capitaliste hanno bisogno per continuare a depredare le risorse strategiche dell’America Latina dentro il quadro della “ legalità democratica”.
I governi di sinistra, aldilà dei loro discorsi mediatici anti USA nei fori regionali, la loro sopravivenza economica e politico elettorale è legata al destino dello Stato capitalista, e sono i primi difensori della legalità e della governabilità democratica nella regione.
In questo scenario, la strategia con il “nemico di paglia” ha come scopo principale “ disattivare” i conflitti sociali e le lotte popolari ( naturalmente violente e “anti –sistema”) e dirigerli verso sentieri “pacifici” e meramente “reclamanti”, attraverso il loro inserimento nel “sistema democratico” controllato da Washington e dall’ establishment economico capitalista della regione.
La relazione “vincolante” FARC- governi di sinistra tracciata dall’Intelligence nordamericana come l’ipotesi principale di “ terrorismo” e di “destabilizzante” continentale nasconde una profonda ragione machiavellica di “dividere per dominare”, creando un falso scontro e controllando contemporaneamente i due opposti.
Chavez ed Uribe, Colombia e Venezuela + il “terrorismo” della FARC, sono appena “ bucce” ( mascherate da conflitto maggiore) di un intreccio di interessi sotterranei dell’Impero nordamericano e del capitalismo transnazionale (corporazione e banche) che controllano ai governi dell’America Latina , al di sopra delle istituzioni giuridico- statali che le consacrano come “ nazioni indipendenti”.
In questo scenario il “terrorismo” della FARC serve:
A) Affinchè il Complesso Militare Industriale e gli armamentari vendano armi agli eserciti latinoamericani che combattono il “terrorismo” sotto “protezione” del Comando Sud degli Stati Uniti.
B) Per giustificare l’azione militare imperiale intorno alle fonti strategiche di risorse naturali e di energia nel “cortile di casa” che Washington considera (e controlla) come se fosse suo.
C) Per le giustificazioni dottrinali di futuri compiti di repressione e “criminalizzazione” dei conflitti socialiche cominceranno a prendere piede nella regione con lo sviluppo del processo recessivo- inflazionario scatenato dalla crisi globale del sistema capitalista.
E a cosa serve Chavez ed i “ governi di sinistra”?
Chavez (così come lo vendono le grandi catene dell’Impero) è la figura emblematica, l’immagine rappresentativa della “sintesi” alla materializzazione tutta insieme del “pericolo dittatoriale” e “terrorista” che si cerne sull’America Latina.
Con il presidente venezuelano come l’orco “dittatore-terrorista” della regione, gli Stati Uniti compensano la mancanza del “nemico reale” che nell’epoca della guerra nelle zone d’influenza con la Russia fu rappresentato dalla Cuba di Fidel Castro, all’epoca esportatrice di rivoluzioni armate.
In Chavez si mescola mediaticamente- e psicologicamente- il terrorismo della Farc e il “nemico rosso” dell’epoca della Scuola delle Americhe e della Dottrina di Sicurezza Nazionale.
Come dicono i precetti basici di qualsiasi libro di strategia politica: bisogna inventare un nemico falso, malleabile e controllabile, che oscuri e resti protagonismo al nemico reale che possa presentarsi.
L’ immagine di “terrorista” e destabilizzatore che Washington ed il Dipartimento di Stato associano a Chavez è orientata a neutralizzare l’apparizione di veri nemici.
Cioè i leader popolari che fanno ancora scioperi generali, bloccano strade, occupano aziendee mettono in rischio la “governabilità” e gli “affari” delle banche e transnazionali capitaliste in America Latina.
Riassumendo, con Chavez, Morales e Correa, non c’è alcuna possibilità di crescita della sinistra rivoluzionaria nelle strade, invece c’è crescita della sinistra elettorale e governativa. Una sinistra di addobbi istituzionali, disciplinata, assimilata ed integrata al sistema.
Una sinistra dello Stato capitalista, con apparati sindacali, movimenti e partiti di sinistra che compiono la loro funzione di “opposizione” nel quadro del sistema “democratico” e dei parametri stabiliti per preservare la “governabilità” , la “pace sociale” e la “stabilità” precisamente ciò di cui ha bisogno il sistema per la sua “crescita economica” senza distruzione sociale della ricchezza.
Il falso litigio Uribe-Chavez, con la Farc come detonante, sintetizza in due punti la strategia con il “nemico di paglia” per dominare e controllare da “sinistra” e da “destra”, secondo il vecchio precetto machiavellico aggiornato da Washington e dai suoi strumenti di potere.
Sia Chavez (in grado minore) che Uribe ( in modo totalizzante) hanno le loro linee di comando e di intelligence militare infiltrate dalla CIA e dal Comando Sud degli Stati Uniti, gli esecutori della strategia di controllo militare di Washington nella regione.
In pratica, se Chavez volesse ordinare una guerra contro la Colombia che non figurasse nei piani degli Stati Uniti, sarebbe eliminato o fatto cadere da un golpe interno, e questo indica chiaramente che se esplodesse finalmente un conflitto militare regionale è perché Washington lo sta usando per i suoi piani.
In questo scenario, gli analisti superficiali e giornalisti del sistema (stipendiati dalle aziende e dai consorzi mediatici) possono solo vedere la buccia senza il contenuto. La falsa guerra Chavez-Uribe ha il suo limite nella “governabilità economica” imposta da Washington come strategia di dominio nella regione.
La falsa guerra della “sinistra” e della “destra” (con le Farc nel mezzo) resta smontata di fronte ad una realtà: Sul piano politico, i governi di sinistra (tanto come quelli di destra) si reggono in base a due principi basici:
1) Difesa ristretta del “sistema democratico” come cornice di regolamentazione politica e sociale stabilita dal sistema capitalista a livello regionale,
2) I programmi di lotta contro il “ terrorismo”, il “narcotraffico” ed il “crimine organizzato”, stabilito come ipotesi di conflitto regionale dal Dipartimento di Stato ed il Pentagono.
E se Chavez, Correa e Morales (nella realtà concreta e statistica) fanno lo stesso che Uribe, in cosa si differiscono da Alan Garcia Calderòn?
Nel discorso, solo nel discorso. Machiavelli (USA) ha separato la realtà del discorso e ha fatto centro con la ricercata formula : I nemici di paglia.
La colonizzazione mentale, la manipolazione informativa, lo sdoppiamento della realtà, la comprensione atomizzata dei processi politici e sociali e la programmazione della maggioranza con la “democrazia” made in USA descerebrante, hanno fatto il resto.
Ha vinto Machiavelli, e si è resa realtà l’aforisma di Lenin: “La stupidità è la cosa più difficile da combattere”.
Guardata in una prospettiva strategica e realista, il summit dell' UNASUR in Argentina, può considerarsi (senza dubbio) una farsa politica: I 12 paesi che si sono riuniti con una posizione critica verso la “militarizzazione USA” della Colombia, sono membri attivi del dispositivo di controllo militare statunitense della regione attraverso Il loro inserimento organico nella guerra contro “il narcoterrorismo”, spinto e coordinato dal Comando Sud degli Stati Uniti.
diManuel Freytas
Riassumendo, i paesi dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) che denunciano la presenza militare degli Stati Uniti in Colombia come un fuoco di “ conflitto regionale”, hanno i loro eserciti, poliziotti e servizi dell’Intelligence integrati ( a livello operativo e strategico) all’ipotesi della “guerra controterrorista” con la quale gli Stati Uniti giustificano la loro azione militare nella regione. La strategia USA del controllo economico, politico e sociale dell’America Latina, si complementa con la struttura operativa di controllo militare nel quale si inseriscono – come dei satelliti- i governi, le forze armate e la polizia di tutta la regione che opera sotto l’azione coordinata dei piani degli Stati Uniti per l’America Latina. Tutti gli eserciti e la polizia locale, senza eccezioni (tranne Cuba), si allineano attualmente alle tre grandi ipotesi di conflitto disegnati dal Comando Sud per tutta la regione: La Guerra contro il Terrorismo, guerra contro le “droghe” e guerra contro il “crimine organizzato”. Per quanto riguarda l’aspetto politico, i governi dell’UNASUR (sia di sinistra che di destra) si reggono su due principi dottrinali basici stabiliti dal Dipartimento di Stato USA nella regione: 1) difesa serrata del “sistema democratico” come quadro di regolamentazione politica e sociale a livello regionale 2) Programmi di lotta contro il “terrorismo”, il “narcotraffico” e il “crimine organizzato”, attraverso convegni di cooperazione sottoscritti con Washington.
C’è un esempio più recente: martedì scorso, il Governo dell’Ecuador ( presidiato dall’antimperialista Rafael Correa) e gli Stati Uniti hanno sottoscritto a Quito, vari accordi di cooperazione per la lotta contro il narcotraffico, il crimine organizzato ed il delitto transnazionale, come ha informato la stessa cancelleria dell’Ecuador. Incredibilmente (e rilevando un doppio discorso politico) questi strumenti di cooperazione si sottoscrivono in un momento nel quale gli USA mettono a punto la creazione definitiva ( richiesta con esigenza dal governo di Correa) di una base militare di vigilanza antinarcotici (FOL, la sua sigla in inglese) che si manteneva da 10 anni nella città di Manta. Le nuove ipotesi di un conflitto regionale e le coordinate di controllo- militare- strategico si tracciano a partire della strategia globale della “guerra contro il terrorismo”, che sostituisce nella logica dottrinaria imperiale la “guerra al comunismo” degli anni 70 e dell’era di Reagan in LatinoAmerica.
Con questi presupposti, il Comando Sud attraverso la sua Strategia di Sicurezza e Cooperazione (Theater Security Cooperation Strategy) ha integrato (eccetto Cuba) tutti i governi e forze armate della regione nel suo disegno strategico continentale orientato a preservare la “sicurezza” e la “governamentabilità democratica” della regione. In questo modo ed a partire dell’amministrazione Bush , si è prodotto il nuovo inserimento operativo livellato delle forza armate, la polizia ed i servizi dell’Intelligence regionali nella strategia di “guerra contro il terrorismo”, combattere il “narcotraffico” ed il “crimine organizzato” in base ai piani operativi e ipotesi di conflitto elaborati dal Comando Sud (Pentagono) e la CIA ( intelligence estera degli USA), strumentati attraverso convegni militari ed economici dei governi con Washington. Sulla base di questa nuova ipotesi di conflitto regionale, tutti gli eserciti e polizia regionale partecipano ( in modo non uguale o combinati) a esercizi militari periodici con le forze del Comando Sud, ed i suoi ufficiali, sia a livello intermedio come dello stato maggiore, vengono allenati da esperti militari e dall’Intelligence USA. Anche se non partecipano di nessun esercizio militare congiunto con il Comando del Sud, le forze armate, polizia ed i servizi di Intelligence del Venezuela si integrano al quadro operativo della guerra contro il “narcoterrorismo” e il “crimine organizzato”, stabiliti come l' unica ipotesi di “nemico regionale”, a partire dalla sua elaborazione strategica della DEA, CIA, FBI e Comando Sud degli USA.
In altre parole, nessun esercito nè polizia dei paesi che integrano l’UNASUR contano con una ipotesi autonoma di conflitto contro un “nemico proprio” ma si mobilizzano in modo addottrinato e operativamente nel quadro della guerra controterrorista che gli Stati Uniti utilizzano come argomento per le sue strategie di controllo geopolitico e militare della regione. La strategia del controllo militare con la “guerra antiterrorista” agisce come il sostegno chiave della dominazione economica, politica e sociale degli Stati Uniti in America Latina. In questo scenario, qualsiasi ricerca obiettiva (e realista) sul processo di sviluppo dell’attività militare e degli apparati di sicurezza dell’America Latina lancia invariabilmente la seguente conferma: Gli eserciti, polizia e i servizi dell’Intelligence dei paesi regionali (tranne Cuba e parzialmente il Venezuela) mantengono ( in diversi gradi di sviluppo) relazioni di cooperazione militare, allenamento, provvigione di armi e di tecnologia con il Comando Sud degli USA. D’accordo con i propri dossier del Comando Sud, ufficiali latinoamericani (sia militari che di sicurezza e intelligence) eseguono corsi di “specializzazione” in più di 100 istituzioni militari e dell’Intelligence degli Stati Uniti. Praticamente, tutti gli ufficiali dello stato maggiore che oggi comandano gli eserciti e la polizia regionale ( tranne Cuba) hanno ricevuto una formazione militare e di indottrinamento negli Stati Uniti, come parte dei convegni stabiliti tra Washington ed i paesi che fanno parte della guerra contro il “narcoterrorismo”. L’obiettivo principale di questi corsi specializzati è orientato a “dis-nazionalizzare” ideologicamente i militari dai paesi del continente, e di formarli sotto presupposti operativi e dottrinari funzionali ai piani USA di controllo militare strategico dell’ America Latina.
Perché si capisca: Tranne Cuba, le forze armate e la polizia dell’America Latina non hanno una dottrina, una strategia e un' ipotesi di conflitto proprio (come Stato Nazionale), i suoi comandi si sottopongono alle strategie operative “controterroriste” disegnate dal Comando Sud ed i suoi ufficiali si allineano in dottrine e addestramenti in funzione ai piani di controllo militare degli Stati Uniti. Cioè, nessuna forza armata regionale- meno Cuba- mantiene una posizione indipendente nè ha un' ipotesi di conflitto alternativa al decalogo militare e dottrinario di Washington in America Latina. Presa da un altro angolo, le forze armate continentali (allo stesso modo che i governi regionali) sono strutture militari, allenate, armate e controllate dalla macchina militare dell’Impero statunitense. Funzionalmente, sono satelliti operativi del Comando Sud. Nel quadro di questi convegni di “cooperazione militare” (nella lotta contro il narcoterrorismo ed il crimine organizzato), il Comando Sud, la Cia, FBI e la DEA e altre agenzie USA, mantengono delegazioni nelle forze armate, polizia e servizi dell’Intelligence di tutti i paesi- tranne Cuba e parzialmente Venezuela. Di questi programmi d’inserimento nella strategia militare degli Stati Uniti, non sono esenti- paradossalmente- gli stessi paesi dell’UNASUR che oggi (sia da sx che da dx, criticano e rifiutano in un atteggiamento farsesco l’installazione di nuove basi militari USA in Colombia. In termini di realtà concreta e verificabile, risulta assurdo, privo di senso, che un summit di governi allineati funzionalmente alla strategia militare USA nella regione, si riunisca per criticare e mettere in allerta sul “pericolo militarista” che comporta la presenza dell’esercito statunitense in Colombia.
La stampa e gli analisti del sistema, che coprono sistematicamente la struttura militare di dominio imperiale nella regione, presentano drammaticamente il summit come la ricerca di risoluzione di un conflitto tra la Colombia ed il Venezuela in base ai convegni militari Bogotà-USA Che i paesi dell’UNASUR, tra i quali si distacca il Cile ( alleato militare e privilegiato degli USA), il Brasile (socio regionale strategico degli Stati Uniti), l’Argentina (con la sua FFAA –forze armate- e polizia assimilate completamente al Comando Sud), si riuniscano per discutere del “pericolo militare”degli Stati Uniti nella regione, è un’assurdità che non resiste a nessun analisi. Si tratta soltanto di una messa in scena, di uno show mediatico per intrattenere a incauti ed ignoranti (incluso giornalisti e analisti) che non conoscono come funziona la strategia e macchinario totalizzatore di dominio imperiale in America Latina.