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18 gennaio 2020
Pazza America: chi comanda chi? Intervista a Fausto Giudice
Figlio e nipote di emigrati e di profughi, Fausto Giudice, nato in Italia (1949), è cresciuto in Tunisia, dov’è tornato a vivere dopo 45 anni passati in Europa. È scrittore, traduttore, editore, cofondatore e coordinatore della rete dei traduttori per le diversità linguistiche Taxcala. E oggi Mysterion ospita l’intervista che gli abbiamo fatto.
In questa breve premessa voglio fare una piccola considerazione sui gravissimi eventi che hanno acuito la crisi in atto in Medio Oriente, che hanno ulteriormente peggiorato i già pessimi rapporti fra Iran e USA e che stanno purtroppo caratterizzando questo inizio 2020.
In questa breve premessa voglio fare una piccola considerazione sui gravissimi eventi che hanno acuito la crisi in atto in Medio Oriente, che hanno ulteriormente peggiorato i già pessimi rapporti fra Iran e USA e che stanno purtroppo caratterizzando questo inizio 2020.
1 gennaio 2020
2019: Non bisogna essere un meteorologo per capire da che parte soffia il vento e dove ci porta
Emad Hajjaj
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L'anno che finisce sarà stato un anno di nuove rivolte, portatrici di immense speranze.
Essi - ed esse, onnipresenti - non brandiscono ritratti di Lenin, Mao o Che, nessuna bandiera nera, rossa o verde, ma solo bandiere nazionali, i loro slogan sono generali e generosi, e non rivendicano alcuna ideologia particolare.
Dall'inizio dell'anno, milioni di persone sono scese in strada in Ecuador, Cile, Libano, Iraq ed Egitto, unendosi ai milioni già mobilitati ad Haiti, in Algeria, Sudan, Marocco, Hong Kong, Colombia, Brasile, Catalogna e altrove.
Le immagini sono intercambiabili, come gli slogan. Gli stessi effetti dalle stesse cause? Sì e no.
23 settembre 2019
Zaba è morto: Antirequiem per un bastardo
La notizia è trapelata giovedì 19 settembre 2019: Zine El Abidine Ben Ali è morto all'età di 83 anni.
Finalmente. Non è durato così a lungo come il suo luogotenente e successore Essebsi, ma ha retto comunque bene, nonostante i ripetuti tumori che lo avevano divorato per oltre 20 anni. In giorni come questi, il miscredente che sono spera che esista davvero, questo inferno di cui tutti i credenti ci minacciano. In assenza di giustizia umana, vorremmo vedere la giustizia divina. Zaba, un altro bastardo morto nel suo letto, tra lenzuola di seta, impunemente, quando sarebbe dovuto morire nel carcere di Mornaguia o altrove in questo mini-gulag tunisino dove languono 30.000 cittadini, un terzo dei quali per aver fumato una canna.
Se così non è stato, è perché ancora una volta grazie alla diligenza dei suoi scagnozzi che, sapientemente consigliati da un'ambasciata yankee ancora in allerta, hanno messo lui e il suo entourage su un aereo la mattina del 14 gennaio 2011. Questa era solo la ripetizione di uno scenario collaudato, già applicato nel febbraio 1986, quando, contemporaneamente, i coniugi Marcos e Duvalier lasciarono i paesi che tenevano sotto il loro controllo, rispettivamente le Filippine e Haiti.
Finalmente. Non è durato così a lungo come il suo luogotenente e successore Essebsi, ma ha retto comunque bene, nonostante i ripetuti tumori che lo avevano divorato per oltre 20 anni. In giorni come questi, il miscredente che sono spera che esista davvero, questo inferno di cui tutti i credenti ci minacciano. In assenza di giustizia umana, vorremmo vedere la giustizia divina. Zaba, un altro bastardo morto nel suo letto, tra lenzuola di seta, impunemente, quando sarebbe dovuto morire nel carcere di Mornaguia o altrove in questo mini-gulag tunisino dove languono 30.000 cittadini, un terzo dei quali per aver fumato una canna.
Se così non è stato, è perché ancora una volta grazie alla diligenza dei suoi scagnozzi che, sapientemente consigliati da un'ambasciata yankee ancora in allerta, hanno messo lui e il suo entourage su un aereo la mattina del 14 gennaio 2011. Questa era solo la ripetizione di uno scenario collaudato, già applicato nel febbraio 1986, quando, contemporaneamente, i coniugi Marcos e Duvalier lasciarono i paesi che tenevano sotto il loro controllo, rispettivamente le Filippine e Haiti.
17 settembre 2019
Tunisia: Ciò che "il popolo vuole"
Tlaxcala
La sorpresa causata dai risultati del primo turno delle elezioni presidenziali tunisine del 15 settembre è stata tutt'altro che divina. I modernisti dei bei quartieri non hanno avuto alcun problema a denunciare Saïed come "salafita", gli islamisti non hanno avuto alcun problema a far credere di sostenere Saïed (cosa che l'interessato ha fermamente negato), avendo scelto lo sceicco Mourou come candidato ufficiale con le sole istruzioni di perdere, questo primo turno è pieno di lezioni:
2 settembre 2019
Da Dutroux e Outreau* a Epstein: flashback sulla pedocriminalità, arma suprema di biopotere
Un’intervista di Fausto Giudice a Frédéric Lavachery
Se esiste una cospirazione sul caso di Jeffrey Epstein, sarebbe proprio quella dell’ appiattimento: tutti i grandi media e gli/le opinion maker del mondo democratico hanno presentato a questo proposito un encefalogramma totalmente piatto. Così come il caso Weinstein aveva smosso cielo e terra, il caso Epstein non smuove proprio niente. Ci si è accontentati di riportare dei fatti supposti, addotti, o stabiliti, e soprattutto di minimizzarne la portata.
Nel mondo francofono il primato del nascondere la testa sotto la sabbia e del rifiuto di indagare va senza dubbio a Arnaud Leparmentier, corrispondente del Monde a New York, il cui dialogo on line coi lettori è una ricchissima antologia di perle mediamenzognere e di riduzioni ad minimum (leggi qui).
Com’è possibile che il caso Epstein non abbia mobilitato l”infanteria e la cavalleria del giornalismo investigativo, ad eccezione del Miami Herald? Perché quest’assenza di appelli, di hashtags, di #metoo ? L’ipotesi più verosimile si trova sicuramente nelle figure delle vittime e dei carnefici: da una parte delle ragazzine anonime, dall’altra degli uomini potenti come “clienti”. L’implicazione dei servizi segreti – CIA e Mossad innanzitutto – è senza dubbio l’altro fattore di raffreddamento degli ardori.
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In memoria di tutti i bambini vittime della pedofilia |
Nel mondo francofono il primato del nascondere la testa sotto la sabbia e del rifiuto di indagare va senza dubbio a Arnaud Leparmentier, corrispondente del Monde a New York, il cui dialogo on line coi lettori è una ricchissima antologia di perle mediamenzognere e di riduzioni ad minimum (leggi qui).
Com’è possibile che il caso Epstein non abbia mobilitato l”infanteria e la cavalleria del giornalismo investigativo, ad eccezione del Miami Herald? Perché quest’assenza di appelli, di hashtags, di #metoo ? L’ipotesi più verosimile si trova sicuramente nelle figure delle vittime e dei carnefici: da una parte delle ragazzine anonime, dall’altra degli uomini potenti come “clienti”. L’implicazione dei servizi segreti – CIA e Mossad innanzitutto – è senza dubbio l’altro fattore di raffreddamento degli ardori.
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13 ottobre 2018
Brasile, come un racconto Gramsciano
Nella mia prima giovinezza, mezzo secolo fa, un caso come quello di Bolsonaro sarebbe stato risolto rapidamente e bene: un commando di guerriglia urbana avrebbe immediatamente giustiziato con una raffica di mitragliatrice, lui e le sue guardie del corpo al momento giusto prima del primo turno delle elezioni. Ma siamo nel ventunesimo secolo, e la sinistra rivoluzionaria o ciò che ne prende il posto ha rinunciato da molto tempo all'"orribile violenza", scegliendo il percorso elettorale, democratico, pacifico e tutto ciò che i implica. A rischio di vedere i suoi leader abbattuti uno dopo l'altro e incassare i colpi piangendo e chiedendo giustizia. Jair Messias Bolsonaro, il capitano sicario di negri, froci, donne e petraglie*, nel frattempo è sfuggito alla morte per essere stato pugnalato da uno "squilibrato" la cui storia ci dirà forse che è stato pagato dalla sua vittima per eseguire questa magnifica operazione mediatica che ha posto il candidato alterofobico in una posizione vincente.
24 maggio 2018
"Ridi Pagliaccio": La nascita di un mostro a due teste, SalviMaio
La politica italiana è un cesto di granchi, un intreccio di vipere, che offre in ogni momento scene degne di Plauto, Goldoni e Dario Fo insieme. Ci vorrebbe un Brecht per fare meglio. Per chi segue lo spettacolo - vicino o lontano - il dilemma è costantemente: bisogna ridere o piangere?
In ogni caso, questa politica ha appena dato alla luce un mostro con due teste e presto tre, un vitello a cinque zampe, che i media hanno immediatamente battezzato SalviMaio: Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno appena reso pubblico il loro contratto di matrimonio per governare il paese. Lunedì, devono recarsi al Quirinale per presentare il loro progetto di governo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Se lo approverà, i due uomini dovrebbero governare il paese considerato il più ingovernabile dell'Unione europea per i prossimi cinque anni (è ancora necessario che trovino il personaggio su cui convergere per svolgere il ruolo di primo ministro). Se dice niet, torneremo al punto di partenza, cioè alle urna.
In ogni caso, questa politica ha appena dato alla luce un mostro con due teste e presto tre, un vitello a cinque zampe, che i media hanno immediatamente battezzato SalviMaio: Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno appena reso pubblico il loro contratto di matrimonio per governare il paese. Lunedì, devono recarsi al Quirinale per presentare il loro progetto di governo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Se lo approverà, i due uomini dovrebbero governare il paese considerato il più ingovernabile dell'Unione europea per i prossimi cinque anni (è ancora necessario che trovino il personaggio su cui convergere per svolgere il ruolo di primo ministro). Se dice niet, torneremo al punto di partenza, cioè alle urna.
14 maggio 2018
70 anni di Nakba 25567 giorni di sumud
In questo 14 maggio 2018, i palestinesi commemorano il 70° anniversario della loro Nakba, la catastrofe che è stata per loro la proclamazione dello Stato di Israele.
Nel corso dei 25567 giorni da quella sinistra data, le quattro successive generazioni di palestinesi hanno dato prova di una costanza, una determinazione, in una parola, di un soumoud - una resilienza che costringe al rispetto. Alcuni per rimanere sulla loro terra, altri per tornare, e tutti con la stessa normale, naturale esigenza di vedere rispettato il loro diritto alla vita e alla terra. Un diritto universale e universalmente rispettato, tranne che per loro, e alcuni altri popoli, anche traditi dalla cosiddetta comunità internazionale (Sahrawi e Kashmiri).
I ventenni palestinesi che oggi sfidano l'occupante che li ha rinchiusi a Gaza sono i figli di coloro che hanno fatto la prima Intifada del 1987, i nipoti di coloro che hanno vissuto l'annessione del 1967, nipoti di coloro che furono cacciati dai loro villaggi nel 1947-1948.
Nel corso dei 25567 giorni da quella sinistra data, le quattro successive generazioni di palestinesi hanno dato prova di una costanza, una determinazione, in una parola, di un soumoud - una resilienza che costringe al rispetto. Alcuni per rimanere sulla loro terra, altri per tornare, e tutti con la stessa normale, naturale esigenza di vedere rispettato il loro diritto alla vita e alla terra. Un diritto universale e universalmente rispettato, tranne che per loro, e alcuni altri popoli, anche traditi dalla cosiddetta comunità internazionale (Sahrawi e Kashmiri).
I ventenni palestinesi che oggi sfidano l'occupante che li ha rinchiusi a Gaza sono i figli di coloro che hanno fatto la prima Intifada del 1987, i nipoti di coloro che hanno vissuto l'annessione del 1967, nipoti di coloro che furono cacciati dai loro villaggi nel 1947-1948.
24 marzo 2018
22 Marzo: 50 anni dopo
Nel 1968, la RER* non esisteva ancora, Nanterre, era lontana da tutto, proprio accanto alla più grande baraccopoli d'Europa, baluardo della resistenza algerina durante la guerra di indipendenza. Personalmente, ho scoperto questa università nel pomeriggio di giovedì 25 aprile 1968, quando siamo andati a dare una mano ai compagni per dare il benvenuto come era dovuto a Pierre Juquin, deputato e responsabile dei rapporti con gli intellettuali al comitato centrale del Partito comunista francese.
Era venuto per fare una presentazione sulla crisi dell'università e le soluzioni suggerite dai comunisti, un fronte che raggruppava maoisti e anarchici gli impediva di prendere la parola.
25 febbraio 2018
Sei Otto: memorie di un anno in rivoluzione (2) 21 febbraio 1968: il FNL vincerà!
Marines usamericani durante l'offensiva a Hue. Foto John Olson |
Questa offensiva, che durerà tre mesi, divenne un classico oggetto di studio di tutte le scuole di guerra, allo stesso modo della battaglia di Dien Bien Phu, durante la prima guerra d'Indocina. Questa offensiva era stata ampiamente preparata dai vertici politico-militari vietnamiti del Nord e del Sud ed era stata oggetto di accesi dibattiti tra le due linee che si scontravano ad Hanoi:
21 febbraio 2018
Sei Otto: memorie di un anno in rivoluzione (1)21 ottobre - 20 dicembre 1967: Viva la vittoriosa guerra del popolo!
No, 50 anni dopo, non rimpiango nulla. Non ho rubato, ucciso, violentato o mentito. E penso di non aver mai tradito, né le nostre idee e sogni, né i miei compagni. Tutti quelli della mia età non possono dire altrettanto. Ma prima di tutto, poniamo alcuni punti sulle i.
I sessantottini, quelli che erano davvero attivi quell'anno, erano solo una piccola parte della generazione del baby boom, nati tra il 1945 e il 1950.
In Francia eravamo al massimo una decina di migliaia di militanti di gruppi politici rivoluzionari, in Italia e in Germania non molto di più, negli Stati Uniti molti di più. In Brasile, Tunisia, Senegal, Messico, Grecia, Cecoslovacchia o Irlanda, i nostri compagni erano poche centinaia all'inizio dei movimenti. Ma ovunque, abbiamo visto lo stesso fenomeno: centinaia di migliaia di persone si sono unite all'ultrasinistra una volta che i movimenti sono stati lanciati. La maggior parte di queste persone erano giovani studenti e liceali, con la presenza di una forte minoranza di "giacche nere", "teppisti" e altra gentaglia. Erano giovani lavoratori, apprendisti, figli dei poveri e di pendolari.
8 dicembre 2017
Trump a Gerusalemme: bomba a neutroni o petardo bagnato?
Di Fausto Giudice Фаусто Джудиче فاوستو جيوديشي
Lo sbruffone che occupa la Casa Bianca colpisce ancora: ha appena annunciato che riconoscerà Gerusalemme come capitale di Israele. Le reazioni non si sono fatte attendere, da Ramallah a Gaza, da Amman a Jendouba (Tunisia). Come per magia, gli “Arabi” si sono risvegliati. Gli Arabi, da un secolo non smettono di svegliarsi, per poi riaddormentarsi, nell’attesa della prossima occasione per risvegliarsi. Immaginate: la Lega araba forse terrà una “riunione straordinaria” sabato o domenica. Staremo a vedere.
Lo sbruffone che occupa la Casa Bianca colpisce ancora: ha appena annunciato che riconoscerà Gerusalemme come capitale di Israele. Le reazioni non si sono fatte attendere, da Ramallah a Gaza, da Amman a Jendouba (Tunisia). Come per magia, gli “Arabi” si sono risvegliati. Gli Arabi, da un secolo non smettono di svegliarsi, per poi riaddormentarsi, nell’attesa della prossima occasione per risvegliarsi. Immaginate: la Lega araba forse terrà una “riunione straordinaria” sabato o domenica. Staremo a vedere.
22 giugno 2017
Welcome to Macronia: come fare una maggioranza con il 20% degli elettori, un terzo della popolazione di un paese
La Francia ha 67 milioni di abitanti. 47 milioni sono registrati nelle liste elettorali. 57,4% di loro si sono astenuti o hanno votato scheda bianca nel secondo turno delle elezioni legislative del 18 giugno. Il parlamento eletto rappresenta 20 milioni di cittadini, vale a dire meno di un terzo della popolazione totale.
Ma quei cittadini che esso dovrebbe rappresentare lo sono in un modo del tutto ingiusto. Con il sistema di voto personalizzato inventato dal Grande Charles, il Piccolo Manu dispone di una maggioranza funzionale con solo 9 milioni di voti, ossia meno del 20% degli elettori. E questa maggioranza è tutt'altro che funzionale. In effetti, l'effetto "corsa alla mangiatoia" che ha giocato a suo favore, portandogli candidati di tutti i tipi, che hanno tradito i loro partiti originari, sia a destra che a sinistra, non è un fattore molto sicuro di coesione.
16 gennaio 2017
Tunisia: 6 anni dopo una quasi-rivoluzione, un interregno che non finisce mai
6 anni non sono nulla quando si hanno 90 anni. Ma quando se ne hanno tra i 20 e i 30, è molto. Sei anni fa, il popolo tunisino ha visto sfuggire un dittatore di basso rilievo che l'ambasciata degli Stati Uniti ha fatto evacuare per un esilio dorato, all'ombra delle torri di perforazione saudite. Quella che i media europei si sono affrettati a battezzare stupidamente "Rivoluzione dei gelsomini" (espressione che mai sarebbe venuta in mente ai tunisini) rapidamente ha emanato odore di putrefazione. I politicanti hanno abilmente ripreso le redini e hanno architettato una via d'uscita nel più puro spirito del Gattopardo: "Cambieremo tutto affinché nulla cambi".
Il risultato è schiacciante: la Tunisia è governata da una coalizione di furfanti che come maiali hanno condiviso le briciole di torta stantia lasciando cadere molto poco nelle mani della gente comune. I carnefici e le loro vittime di ieri hanno realizzato un compromesso storico, distribuendosi cariche e prebende. Le speranze che si erano risvegliate nei giorni di dicembre 2010-gennaio 2011 - "Pane, libertà, dignità nazionale" - si sono dimostrate folli. Si sono insediate la delusione, la depressione, e la disperazione. Ogni giorno un tunisino si suicida. Altre migliaia hanno preso la via del glorioso suicidio, tra la Libia e la Siria. I più ragionevoli e meglio attrezzati organizzano un'emigrazione legale per studio o per "affari", quelli astuti vanno alla mangiatoia dei sussidi: ci sono così tante persone ricche che vogliono il meglio per noi! Fondazioni tedesche, svedesi, svizzere, statunitensi, giapponesi, del Qatar, austriache, e così via: oggi, almeno 50.000 tunisini/e ricevono uno stipendio da una fondazione, ONG o OMG (un'organizzazione molto governativa) straniera. Per qualche milione di euro, "esse" sono venute a pacificare gran parte dell'ala giovanile che aveva fatto - o seguito su facebook - questa famosa quasi-rivoluzione. Il potere è dove ci sono le casseforti e non nei ministeri o per strada.
Il risultato è schiacciante: la Tunisia è governata da una coalizione di furfanti che come maiali hanno condiviso le briciole di torta stantia lasciando cadere molto poco nelle mani della gente comune. I carnefici e le loro vittime di ieri hanno realizzato un compromesso storico, distribuendosi cariche e prebende. Le speranze che si erano risvegliate nei giorni di dicembre 2010-gennaio 2011 - "Pane, libertà, dignità nazionale" - si sono dimostrate folli. Si sono insediate la delusione, la depressione, e la disperazione. Ogni giorno un tunisino si suicida. Altre migliaia hanno preso la via del glorioso suicidio, tra la Libia e la Siria. I più ragionevoli e meglio attrezzati organizzano un'emigrazione legale per studio o per "affari", quelli astuti vanno alla mangiatoia dei sussidi: ci sono così tante persone ricche che vogliono il meglio per noi! Fondazioni tedesche, svedesi, svizzere, statunitensi, giapponesi, del Qatar, austriache, e così via: oggi, almeno 50.000 tunisini/e ricevono uno stipendio da una fondazione, ONG o OMG (un'organizzazione molto governativa) straniera. Per qualche milione di euro, "esse" sono venute a pacificare gran parte dell'ala giovanile che aveva fatto - o seguito su facebook - questa famosa quasi-rivoluzione. Il potere è dove ci sono le casseforti e non nei ministeri o per strada.
11 novembre 2016
10 consigli al 45° presidente degli Stati Uniti
Sono le 7:45 in tempo universale, di mercoledì 9 novembre 2016, Donald Trump è stato appena eletto 45° presidente degli Stati Uniti da più di 270 grandi elettori. "pieno di umiltà," il suo assistente Mike Pence ha ringraziato Donald, Dio, sua moglie, le sue figlie, e il "popolo americano". Trump porterà l'America al suo antico "splendore".
Facendo un'entrata hollywoodiana con sottofondo epico nell'hotel Hilton di New York, il 45° presidente ha reso omaggio alla perdente Hillary (che può dire Venni, vidi, vinse). Poi ha detto che sarà il presidente di "tutti gli americani". Egli ha poi chiesto agli elettori e ai cittadini "i loro consigli e il loro aiuto."
"Lo Stato sarà al servizio del popolo americano". Si è presentato come "Mr. risorse umane", "rinnoveremo i nostri quartieri, ricostruiremo le nostre infrastrutture e daremo posti di lavoro a milioni di americani, ci prenderemo cura dei nostri veterani", "utilizzando il talento di ciascuno di di noi". "Raddoppieremo il nostro tasso di crescita" per fare della nostra economia la prima nel mondo. "Avremo ottime relazioni con altri paesi". Saremo "grandi e audaci" cooperare con tutti i paesi, "preservando gli interessi americani".
20 luglio 2016
USA : da Dallas a Baton Rouge, giovani neri aprono un fronte di guerra interno, provocando il panico tra i ben pensanti
Tre parole anglo-yankee vengono in mente per definire i recenti "incidenti" che hanno commosso l' US-America dell'alto e che hanno suscitato una virtuosa "condanna unanime" di tutte le star della blackitudine - le esecuzioni di poliziotti da parte di giovani neri, prima a Dallas e poi a Baton Rouge -: backlash, back-fire e/o blowback. Ritorno di fiamma, effetto di ritorno, effetto bumerang. Come possiamo sorprenderci nel vedere che dei giovani, ai quali è stata insegnata l'arte di uccidere dei nemici lontani, rivolgono le loro armi contro i "blu" - contro gli assassini impuniti di neri?
Di Fausto Giudice Фаусто Джудиче فاوستو جيوديشي
Tlaxcala
Sia a Dallas che a Boton Rouge, in entrambi i casi, gli autori - che non saranno mai processati perché adeguatamente "giustiziati"- di questi atti di rappresaglia contro una polizia negricida, erano dei veterani di guerra. Il tiratore di Dallas era un veterano dell'Afghanistan, il veterano di Baton Rouge dell'Iraq. Veterani di guerra, vale a dire gente che aveva imparato a uccidere veloce, molto e bene. Quello che fa di solito un buon cecchino. Proviamo per un momento a metterci al posto loro.
Di Fausto Giudice Фаусто Джудиче فاوستو جيوديشي
Tlaxcala
Sia a Dallas che a Boton Rouge, in entrambi i casi, gli autori - che non saranno mai processati perché adeguatamente "giustiziati"- di questi atti di rappresaglia contro una polizia negricida, erano dei veterani di guerra. Il tiratore di Dallas era un veterano dell'Afghanistan, il veterano di Baton Rouge dell'Iraq. Veterani di guerra, vale a dire gente che aveva imparato a uccidere veloce, molto e bene. Quello che fa di solito un buon cecchino. Proviamo per un momento a metterci al posto loro.
30 giugno 2016
Brexit e dopo... bye bye U€, benvenuti Popoli!
Ora che gli elettori britannici hanno detto addio a Bruxelles, lo scenario logico dovrebbe essere:
Non solo agli Scozzesi, ma agli Irlandesi del nord, ai Gallesi, ai Cornovagliesi e agli Inglesi propriamente detti. Alla fine, la "Gran Bretagna" dovrebbe scomparire a favore di una confederazione in cui gli elettori dovrebbero scegliere di aderire o meno. La Scozia indipendente, l'Irlanda del Nord indipendente, seguita da Galles, Cornovaglia e Inghilterra, con Londra, dovrebbe scegliere tra diversi scenari: far parte di una confederazione di paesi "Britannici", dell'UE, o di entrambi. L'Irlanda del Nord dovrebbe scegliere tra l'indipendenza pura e semplice, l'unificazione con la Repubblica d'Irlanda, un nuovo Commonwealth e/o l'Unione europea.1- Un nuovo referendum dovrebbe essere organizzato per chiedere agli elettori se vogliono rimanere nel Regno "unito".
22 gennaio 2016
Tlaxcala: “Le lingue devono essere ponti e non muri”
Un’intervista con Fausto Giudice, uno dei coordinatori di Tlaxcala, la rete internazionale di traduttori per la diversità linguistica, realizzata dal sito anglofono russo Fact International.
Tlaxcala è una rete di traduttori volontari che pubblicano il loro lavoro sul proprio sito. È stata fondata 10 anni fa da attivisti su internet per organizzare e razionalizzare il lavoro di traduzione. Molto spesso il traduttore è isolato e lavora da solo. Allo stesso tempo anche la migliore traduzione deve essere sempre riletta da un madrelingua. Ecco il motivo per cui abbiamo fondato una rete che offre la possibilità di cooperazione tra traduttori. All’inizio eravamo solo in tre, dopo in 5, 10 e ora in 120, ovviamente con livelli di coinvolgimento diversi. Pubblichiamo testi in 15 lingue. In quasi dieci anni abbiamo pubblicato circa 30.000 articoli e documenti (testi, immagini, video e audio).
Molto presto, quando abbiamo iniziato a parlare del progetto, ci siamo accordati sulla necessità di creare una base chiara del nostro lavoro. Abbiamo dunque redatto un Manifesto, in cui spieghiamo la nostra filosofia comune e i nostri principi di base. Prima di entrare a far parte della rete, chiediamo ad ogni traduttore di leggere il nostro manifesto e di comunicarci se lo condivide.
Potrebbe esporre alle nostre lettrici e ai nostri lettori l’attività del Suo sito, il motivo della sua fondazione e il significato del suo nome?
Molto presto, quando abbiamo iniziato a parlare del progetto, ci siamo accordati sulla necessità di creare una base chiara del nostro lavoro. Abbiamo dunque redatto un Manifesto, in cui spieghiamo la nostra filosofia comune e i nostri principi di base. Prima di entrare a far parte della rete, chiediamo ad ogni traduttore di leggere il nostro manifesto e di comunicarci se lo condivide.
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