30 settembre 2015
Golpe "restauratore" in Burkina Faso
Nonostante i mezzi di comunicazione borghesi abbiano riservato poco spazio alla notizia, gravi eventi stanno sconvolgendo in questi giorni il Burkina Faso, dove mercoledì scorso si è materializzato un Colpo di Stato ad opera dei militari della Guardia Presidenziale guidati da Gilbert Diendéré, legati al dittatore Blaise Campaoré destituito dopo 27 anni in seguito alla sollevazione popolare del 30 e 31 ottobre 2014 (1) da cui si avviò un “periodo di transizione” verso le elezioni previste per il prossimo 11 ottobre.
Gli interessi imperialisti nel paese sub-sahariano e la presunta “transizione democratica”
Il Burkina Faso è situato in Africa Occidentale a nord della Costa d’Avorio. Ha una popolazione di circa 18 milioni di abitanti, ma nonostante sia uno dei principali produttori di oro a livello mondiale e possegga grandi risorse minerarie ha un Pil pro-capite pari a 1.500 dollari, il che lo rende uno fra i paesi più poveri del mondo, con un’aspettativa di vita media di circa 50 anni e un’età media della popolazione di poco inferiore a 17, oltre ad essere tra i primi paesi al mondo per mortalità infantile (2).
Consiglio di Stato il presidio NoTav non è abusivo
Viene posta la parola “fine” a una vicenda piuttosto grottesca ma che ha tutti i caratteri della connotazione politica nella lotta contro il movimento No Tav. I “presidi” No Tav sono luoghi di comunicazione, condivisione e informazione che il movimento ha messo in opera sul territorio. Le strutture sono piuttosto semplici e artigianali. Consentono di tenere alta l’attenzione sull’attività che il governo – locale e nazionale – compie senza informare i cittadini, in particolare per quanto riguarda l’Alta Velocità.
I presidi sono stati sovente oggetto di devastazioni da parte di “ignoti” sino ai casi di incendio doloso per scoraggiare, con un metodo chiaramente mafioso, il movimento No Tav che contrasta la devastazione della Valle da parte dei cantieri e dei progetti della Tav. Il movimento non ha mai ceduto di fronte a simili minacce, nemmeno si è piegato al ricatto dei rimborsi per presunti “danni” materiali richiesti dalle aziende concessionarie dell’opera. I presidi sono sempre risorti con grandi azioni di volontariato.
29 settembre 2015
Democrazia Nato in Ucraina
«Storica» visita del segretario generale della Nato Stoltenberg, il 21/22 settembre, in Ucraina, dove partecipa (per la prima volta nella storia delle relazioni bilaterali) al Consiglio di sicurezza nazionale, firma un accordo per l'apertura di un'ambasciata della Nato a Kiev, tiene due conferenze stampa col presidente Poroshenko. Un decisivo passo avanti nell'integrazione dell'Ucraina nell'Alleanza. Iniziata nel 1991 quando, appena divenuta Stato indipendente in seguito alla disgregazione dell'Urss, l'Ucraina entra nel «Consiglio di cooperazione nordatlantica» e, nel 1994, nella «Partnership per la pace».
Nel 1999, mentre la Nato demolisce con la guerra la Jugoslavia e ingloba i primi paesi dell'ex Patto di Varsavia (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria), viene aperto a Kiev l'«Ufficio di collegamento Nato» e formato un battaglione polacco-ucraino per l'operazione Nato di «peacekeeping» in Kosovo.
Nel 1999, mentre la Nato demolisce con la guerra la Jugoslavia e ingloba i primi paesi dell'ex Patto di Varsavia (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria), viene aperto a Kiev l'«Ufficio di collegamento Nato» e formato un battaglione polacco-ucraino per l'operazione Nato di «peacekeeping» in Kosovo.
24 settembre 2015
Messaggio al Signor Renzi da Yanis Varoufakis
Il primo ministro italiano M. Renzi (qui il suo discorso) si è rallegrato per essersi "liberato di me", citando la mia "rimozione" dalla scena come un segnale che gli "apostati" (ovvero coloro che dividono il proprio partito) alla fine vengono scacciati. Il suo è un inganno illusorio. Lo scorso luglio "loro" si sono liberati di qualcosa molto più importante di me. Ecco il mio messaggio al primo ministro italiano.
Il signor Renzi mi dipinge come un'apostata che ha abbandonato Syriza e che ora brancola nella foresta politica. A differenza di molti miei compagni, io sono rimasto fedele alla piattaforma di Syriza, che ci ha eletto il 25 gennaio come un partito unito che ha portato speranza per i greci e per i popoli europei. Speranza di che cosa? Speranza di mettere fine una volta per tutte alla spirale infinita dei prestiti di salvataggio, che condannavano la Grecia ad una depressione permanente e che preannunciavano politiche fallimentari per il resto dell'Europa.
Grecia: la nuova faccia di Tsipras. Che al popolo va bene lo stesso. Evidentemente
"Alexis Merkel" |
Resta il fatto che ci rimane difficile immaginare - o forse anche solo concepire - il singolo soggetto, il singolo cittadino greco, che non più di solo qualche mese addietro concedeva la preferenza a Tsipras e a Syriza sposando lo slogan "fuori la Troika dalla Grecia" e che oggi torna a votare lo stesso uomo e lo stesso partito che alla Troika hanno concesso ancora maggiore cittadinanza, e ancora più reale potere esecutivo, sulle macerie del disastro che conosciamo tutti.
Insomma con la nuova schiacciante vittoria di Syriza, alla terza tornata elettorale greca in soli nove mesi, vince lo stesso partito pur presentando un programma (e avendo già offerto esempi eclatanti) in direzione diametralmente opposta alla prima affermazione elettorale. Come dire: o l’elettore tipo aveva sbagliato prima, oppure adesso o, ancora, il programma con il quale si presenta un partito alle elezioni alla fine del conti è del tutto irrilevante.
20 settembre 2015
17 settembre 2015
L'insabbiamento del ruolo distruttivo del Fondo Monetario Internazionale in Grecia
Per resistere alla depressione, l'indebitamento e all'inflazione che la troika intende aggravare, bisogna tenere a mente le dinamiche che rendono il FMI non suscettibile di riforma. Il ruolo distruttivo che ha giocato in Grecia costituisce una chiara lezione per i paesi dell'Europa meridionale relativa a come essi debbano rifuggire dal FMI e dalla sua orda di ideologi. Esattamente allo stesso modo in cui i paesi del terzo mondo hanno imparato ad evitarlo nel maggio 2013, l'anno in cui la Turchia ha dato il tocco finale alla liberazione del mondo dai “consigli” del FMI.
15 settembre 2015
Quello che ci dicono i greci, e quello che possiamo dire noi a loro
Quali lezioni si possono trarre dall'esperienza greca degli ultimi otto anni?* Sottopongo alla riflessione e al dibattito qualche (ipo)tesi che questa esperienza mi suggerisce:
1. La zona euro è una gabbia di ferro. Non si democratizzano le gabbie. Si distruggono.
2. Il potere è detenuto dalle grandi banche tedesche, francesi, inglesi e olandesi.
3. Un governo nazionale da una maggioranza parlamentare non ha alcun margine di manovra, nessun potere reale. Può solo applicare le direttive di Bruxelles, Berlino e Francoforte (1).
4. La sovranità nazionale oggi non ha più nessun senso. La sovranità popolare sì, ma a certe condizioni.
14 settembre 2015
Goldman Sachs — Nato Corp.
Il curriculum di Rasmussen è prestigioso. Come primo ministro danese (2001–2009), si è adoperato per «l’allargamento della Ue e della Nato contribuendo alla pace e prosperità in Europa». Come segretario generale, ha rappresentato la Nato nel suo «picco operativo con sei operazioni in tre continenti», tra cui le guerre in Afghanistan e Libia, e, «in risposta all’aggressione russa all’Ucraina, ha rafforzato la difesa collettiva a un livello senza precedenti dalla fine della guerra fredda».
Rasmussen inoltre ha sostenuto il «Partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP)» tra Stati Uniti e Ue, base economica di «una comunità transatlantica integrata».
Competenze preziose per la Goldman Sachs, la cui strategia è allo stesso tempo finanziaria, politica e militare. Suoi dirigenti e consulenti, dopo anni di lavoro alla grande banca, sono stati messi in posti chiave nel governo Usa e in altri: tra questi Mario Draghi (governatore della Banca d’Italia, poi presidente della Banca centrale europea) e Mario Monti (nominato capo del governo dal presidente Giorgio Napolitano nel 2011).
USA: I campi di concentramento Fema per i senza fissa dimora
Ai senza fissa dimora detenuti nel campo Fema della North Carolina è stata posta la scelta se rimanere o se andarsene, ma solo a condizione che gli venga impiantato un chip. L’Rfid (Radio-frequency identification) servirebbe a monitorarli e a tenerli sotto controllo, in cambio di benefici di sopravvivenza, cibo, coperte, vestiario.
La notizia si è diffusa, per diverse ragioni: intanto il monitoraggio, e di fatto la limitazione delle libertà personali di uomini e donne che sono detenuti senza aver commesso reati, ma solo perché homeless, senza fissa dimora, e senza occupazione. Ma ha riportato alla ribalta di nuovo anche la gestione della disoccupazione negli Usa. Campi Fema. A chi ricorda il romanzo di John Steibeck Furore e il film che ne venne tratto non sarà difficile farsene un’idea.
13 settembre 2015
Rifugiati: chi semina vento, raccoglie uragani
C’è chi in Italia assiste e chi partecipa alla marcia delle donne e degli uomini scalzi; sia che si scenda in piazza, sia che si assista a quanto accade guardando la televisione, non ci si può non accorgere che la culla dorata in cui pensavamo di essere al sicuro semplicemente non esiste.
Si pensava che nella nostra culla dorata fossimo al sicuro, che le tragedie non ci riguardassero, che la disperazione fosse lontana, distante, che appartenesse ai soliti sfigati del pianeta. Nelle nostre belle casette, sulle nostre automobili, nelle nostre città luccicanti, sulle spiagge dove facciamo il bagno, niente potesse disturbarci, venirci a fare presente qualcosa di scomodo che non vogliamo vedere. Si riteneva che i nostri governi con i loro fantocci, potessero pensare a tutto, evitarci problemi, preservarci da ogni effetto indesiderato. E invece eccola qui piombarci in casa la disperazione, la sofferenza, la morte che da bravi occidentali figli del sistema della crescita e devastazione, abbiamo esportato in tutto il mondo. Eccola venire a bussare alla porta e se non rispondiamo, questa massa di persone, la porta la sfonda, inizia bibliche marce di centinaia di chilometri travolgendo confini, muri, fili spinati. Persone che ci appaiono in tutta la loro visibilità, la loro scomodità all’ora di pranzo e cena, nei momenti meno consoni per la nostra ligia tranquillità familiare costruita sull’indifferenza, il tornaconto e un razzismo strisciante.
10 settembre 2015
New Orleans: dieci anni dopo "Katrina" segregazione sociale e razziale
Quando 29 Agosto 2005, l'uragano Katrina ha colpito la costa del Golfo del Messico, Larry Bradshaw e Lorrie Beth Slonsky, collaboratori del sito SocialistWorker.org, sono stati bloccati a New Orleans. Stavano partecipando da diversi giorni ad una conferenza di lavoratori per i servizi medici di emergenza (EMS), e non sono potuti andar via. Hanno trascorso gran parte della settimana seguente intrappolati dalle inondazioni e dal cordone della legge marziale, schierato intorno alla città.
Superstiti di Katrina si fanno strada tra gli edifici allagati
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Quando finalmente furono in grado di raccontare la loro storia su quello che era successo nel sito SocialistWorker.org, le informazioni si sono diffuse in tutto il mondo, contribuendo a svelare ciò che era realmente accaduto a New Orleans durante Katrina. Erano presenti, soprattutto quando centinaia di persone hanno cercato di attraversare un ponte sul fiume Mississippi prima di essere arrestate dalla polizia armata sparando munizioni sopra le loro teste. In questa intervista di Elizabeth Schulte, Lorrie Beth e Larry, alla luce dell'esperienza acquisita, dieci anni fa, parlano di ciò che è cambiato - e ciò che non è chiaramente cambiato - a New Orleans.
9 settembre 2015
“MUOS, sentenza assurda”: Intervista di Antonio Mazzeo
“La sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) sul Muos di Niscemi può essere definita come un’ulteriore picconata ai più sacrosanti principi costituzionali e un gravissimo attacco al diritto alla salute di migliaia e migliaia di siciliani”.
Sono indignati gli attivisti No Muos dopo che il Cga ha annullato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, il quale lo scorso 13 febbraio aveva giudicato illegittime le autorizzazioni rilasciate dalla Regione siciliana in merito all’installazione del Muos di Niscemi.
Va ricordato che la struttura è stata costruita dagli Stati Uniti (63 milioni di dollari la spesa sostenuta finora) per completare la quarta stazione di terra che dovrebbe essere preposta – attraverso un sistema satellitare – alle comunicazioni delle forze militari nella trasmissione e nell’acquisizione dei dati emessi dai droni addetti alla sicurezza. Le altre stazioni – dotate di tre parabole del diametro superiore a 18 metri – sono ubicate in Virginia, alle Hawaii e in Australia. A Niscemi, dal 1991, sono operative 41 antenne della Marina militare americana per le comunicazioni navali. Il problema – secondo gli oppositori che si sono avvalsi di esperti molto autorevoli – è che le tre parabole, una volta entrate in funzione, saranno in grado di emettere delle onde elettromagnetiche talmente potenti che potrebbero causare malformazioni infantili e malattie come tumori, leucemie ed altro in quasi tutto il territorio siciliano.
7 settembre 2015
L'Impero: vacua sostanza e sostanza della rappresentazione
Massacro in Corea, Pablo Picasso |
Noi
siamo sognatori, utopisti e intimamente poeti...
Noi
vorremmo attraversare l'oceano ed arrivare presto alla meta e
desideriamo ardentemente che ogni uomo veda riconosciuti i suoi
diritti e la sua dignità senza essere calpestato, vilipeso e
violentato oppure ingannato e sbeffeggiato...
Noi
aneliamo alla pace universale e a una vita che possa essere definita
tale, in armonia con la natura che ci circonda e in simbiosi con
l'energia che affiora dai pori della terra...
Noi
abbiamo sognato, ma hanno colonizzato il sogno e hanno preteso il
copyright del nostro immaginario e le distopie descritte dai classici
romanzi di fanatascienza si sono inverate forse oltre ogni più fosca
previsione...
Tempi
difficili si prevedono per la White House: la popolarità del
Presidente – il democratico Bill Clinton – sta calando
incessantemente a causa di uno scandaletto sessuale e - si sa – il
popolo americano è fin troppo rigido e puritano per accettarlo. Per
quanto si possa bombardare massicciamente il Panama o l'Iraq –
accampando pretesti inficiati da falsità e manipolazione – un
Presidente rischia veramente l'impeachment se poi mente per "futili
motivi". Sono anche questi i momenti in cui l'Agenzia si muove
con la massima libertà e discrezionalità purchè al malcapitato si
restituiscano l'onore e il consenso e cosa c'è, appunto, di meglio
di una guerra combattuta in nome della libertà e contro l'ennesimo
tiranno, il Saddam Hussein d'occasione ? Non una guerra vera con il
suo corollario di morte e macerie, bensì virtuale e costruita a
tavolino, ma sufficiente a "distrarre" il pubblico
americano e a recuperare il consenso perduto, con gli indici di
gradimento...
5 settembre 2015
I rifugiati dovrebbero chiedere asilo nelle sinagoghe
Il 1° settembre la Germania ha criticato la Gran Bretagna per l'attuale crisi migratoria. Infatti la Germania, entro la fine di quest’anno, prevede di accogliere ben 800.000 richiedenti d’asilo. Anche la Gran Bretagna si sta preparando al disastro crescente dei profughi: chiude le proprie porte. Devo ammettere che l'appello tedesco pare sensato. Dopo tutto sono stati Tony Blair e il suo governo laburista ad iniziare la guerra criminale che ha portato a questa crisi umanitaria globale. Ma Blair non era da solo. Infatti non era altro che un Shabbos Goy*.
Quando Blair ha coinvolto la Gran Bretagna nella guerra contro l’Iraq, il suo principale finanziatore era il ricco Lord cash point Levy degli Amici laburisti di Israele. Gli autori della Jewish Chronicle David Aaronovitch e Nick Cohen erano i primi a difendere queste guerre intervenzioniste immorali nei media britannici e altrove.
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3 settembre 2015
Acqua “privata” in Africa: la lotta della Nigeria contro la Banca Mondiale
Il nuovo colonialismo in Africa non sta solo derubando il continente delle terre, si sta anche impadronendo delle risorse primarie, tra cui l’acqua. I fondi della Banca Mondiale sono legati a doppio filo alle privatizzazioni e molti governi ormai, corrotti o con il cappio al collo, condannano le popolazioni a una nuova schiavitù.
Non bastavano il Mali, il Sud Africa (6 Corporation hanno contratti), il Ghana (dove dopo la privatizzazione il costo dell’acqua è aumentato del 95% e un terzo della popolazione non ha accesso ad acqua pulita), la Namibia. Ora la Banca Mondiale preme sulla Nigeria per permettere a una partnership pubblico-privata di mantenere e ampliare la gestione dell’erogazione dell’acqua aumentandone i costi. Ma la popolazione si sta opponendo con tutte le sue forze. La capitale Lagos, che conta 21 milioni di abitanti, è il “boccone” che le Corporations si sono servite in tavola e bramano il resto della preda.
2 settembre 2015
31 organizzazioni internazionali condannano un ondata di demolizioni di case palestinesi da parte degli Israeliani
Ondata di demolizioni in Cisgiordania. La scorsa settimana, l’esercito israeliano ha distrutto almeno 63 case e strutture finanziate con fondi internazionali, lasciando 132 persone, di cui 82 bambini, senza tetto. La notizia e la condanna arriva da organizzazioni umanitarie, che hanno reso noto questo bilancio.
È questo il bilancio dell’ultima ondata di demolizioni del governo israeliano, la peggiore degli ultimi tre anni, che la scorsa settimana ha investito dieci comunità palestinesi dell’Area C della Cisgiordania. Tra gli edifici demoliti, anche 12 strutture finanziate e costruite per necessità umanitarie, tra cui un pannello solare, una latrina portatile, alcuni recinti per animali e delle tende finanziate dall’Unione Europea. La denuncia arriva da 31 organizzazioni umanitarie internazionali che, alla luce dei dati forniti dall’agenzia Ocha delle Nazioni Unite, chiedono ai leader mondiali di adottare misure urgenti per fermare le demolizioni in corso e dichiarare il governo di Israele responsabile per la distruzione indiscriminata di proprietà palestinesi e dei progetti finanziati da aiuti internazionali nel territorio occupato della Cisgiordania.
È questo il bilancio dell’ultima ondata di demolizioni del governo israeliano, la peggiore degli ultimi tre anni, che la scorsa settimana ha investito dieci comunità palestinesi dell’Area C della Cisgiordania. Tra gli edifici demoliti, anche 12 strutture finanziate e costruite per necessità umanitarie, tra cui un pannello solare, una latrina portatile, alcuni recinti per animali e delle tende finanziate dall’Unione Europea. La denuncia arriva da 31 organizzazioni umanitarie internazionali che, alla luce dei dati forniti dall’agenzia Ocha delle Nazioni Unite, chiedono ai leader mondiali di adottare misure urgenti per fermare le demolizioni in corso e dichiarare il governo di Israele responsabile per la distruzione indiscriminata di proprietà palestinesi e dei progetti finanziati da aiuti internazionali nel territorio occupato della Cisgiordania.
1 settembre 2015
L’avvenire prospettatoci da Google
La società californiana, egemonica e tentacolare, è un’impresa dal potere quasi sovrano. Ma dietro il predatore economico si cela anche un progetto di una società ultra-individualista, basata sulla meritocrazia e la scienza per governare l’umanità di domani.
Eric Schmidt, presidente e direttore generale di Google, non si presenta come un dirigente d’impresa. Non parla di affari, ma di una rivoluzione e di una visione del mondo. Nella conclusione del suo penultimo libro intitolato The New Digital Age si legge: “La nostra ambizione consiste nel creare il miglior mondo possibile”. E Google non si accontenta di parafrasare Aldous Huxley. Infatti trova anche i mezzi del suo potere. Innanzitutto con una base economica incredibile. Un tesoro di guerra di quasi 60 miliardi di dollari, ben piazzato nel caldo clima delle isole Bermuda e delle risorse abissali, generate dal monopolio quasi perfetto nel settore della pubblicità su internet grazie a Adword ed Adsense. Ma questo settore non è che una piccola parte della sua attività. L’impresa è spinta perpetuamente da una logica di creazione e di conquista, perseguendo lo scopo di espandere di continuo. Allora Google crea e distrugge a colpi d’innovazione tecnologica. Nel corso di questi ultimi anni ha investito somme ingenti nei settori della sanità, della robotica, dell’intelligenza artificiale, della cultura e persino nel settore automobilistico …
Eric Schmidt, presidente e direttore generale di Google, non si presenta come un dirigente d’impresa. Non parla di affari, ma di una rivoluzione e di una visione del mondo. Nella conclusione del suo penultimo libro intitolato The New Digital Age si legge: “La nostra ambizione consiste nel creare il miglior mondo possibile”. E Google non si accontenta di parafrasare Aldous Huxley. Infatti trova anche i mezzi del suo potere. Innanzitutto con una base economica incredibile. Un tesoro di guerra di quasi 60 miliardi di dollari, ben piazzato nel caldo clima delle isole Bermuda e delle risorse abissali, generate dal monopolio quasi perfetto nel settore della pubblicità su internet grazie a Adword ed Adsense. Ma questo settore non è che una piccola parte della sua attività. L’impresa è spinta perpetuamente da una logica di creazione e di conquista, perseguendo lo scopo di espandere di continuo. Allora Google crea e distrugge a colpi d’innovazione tecnologica. Nel corso di questi ultimi anni ha investito somme ingenti nei settori della sanità, della robotica, dell’intelligenza artificiale, della cultura e persino nel settore automobilistico …
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