Ricordate il famoso ritornello dei debunkers, rispetto a tutte le grandi cospirazioni della storia? “Se davvero ci fossa stata una cospirazione così grande – dicono sempre tutti in coro – prima o poi qualcuno, magari in punto di morte, avrebbe parlato”.
Di solto questa argomentazione riesce a convincere le menti più deboli, che si accontentano di questo pseudo-ragionamento per tranquillizzarsi e per riconfermare che “il mondo è un posto pulito e meraviglioso, dove non esistono i complotti.” E dormirono tutti felici e contenti.
Il problema (per i debunkers) nasce quando qualcuno, magari appunto prima di morire, decide finalmente di liberarsi di quel fardello di verità che si era portato dentro per così tanti anni. E’ il caso di Paul Landis, oggi 88enne, che all’epoca dei fatti era un agente dei servizi segreti incaricato di proteggere la First Lady, Jaqueline Kennedy.
In un mondo in cui la censura si veste di fact-checking, la recente assegnazione di sovvenzioni da parte del Global Fact Check Fund fa riflettere. Il fondo, che è uno sforzo congiunto dell'International Fact-Checking Network (IFCN) con sede presso il Poynter Institute e del colosso tecnologico Google, insieme alla sua filiale YouTube, è stato pubblicizzato come un guardiano della verità. Con 875.000 dollari di sovvenzioni suddivise tra 35 organizzazioni di 45 Paesi, l'obiettivo è di dotarle di siti web moderni, personale e formazione per identificare la disinformazione. Tuttavia, l'iniziativa presenta una serie di sfumature problematiche.
Un giorno il Sacro Occidente si sveglierà, folgorato dalla luminosa evidenza di chi sia il colpevole di tutti i suoi mali: Enrico Mentana. Il nostro eroe tiene da anni un sito internet apposta per smascherare bufale e fake news; ed esattamente un anno fa ad esservi demolita era la versione circolata a proposito di un’intervista rilasciata dal finanziere George Soros all’emittente CNN. Mentana e soci si preoccupavano di smentire la voce secondo cui Soros avrebbe ammesso di essere lui l’organizzatore del colpo di Stato di piazza Maidan in Ucraina del 2014. A piazza Maidan infatti non c’era Soros ma il senatore John McCain, mentre il governo del dopo-golpe fu selezionato da Victoria Nuland.
La preoccupazione di Mentana però è ugualmente sproporzionata e mal diretta.
L'amministratore delegato di Moderna Stéphane Bancel ha detto ai suoi dipendenti, prima che venisse dichiarata, che nel 2020 si sarebbe verificata una pandemia. Allo stesso tempo, ha detto al personale che Moderna avrebbe dovuto produrre un miliardo di dosi di vaccino "l'anno prossimo". Ha anche confermato che l'amministratore delegato di GAVI era a conoscenza della sua conversazione pre-pandemia con il personale di Moderna.
La conversazione ha avuto luogo prima che il mondo sapesse della "pandemia" di covid.
Perché siamo bombardati da verifiche dei fatti e sforzi di "anti-disinformazione" nelle nostre timeline? Quando si leggono le notizie, inoltre, spesso si scopre che gli "esperti" sono le fonti comuni dietro qualsiasi affermazione fatta dai professionisti dei media, per quanto stravaganti o scollegate dalla realtà possano essere. Attraverso il concetto e l'esplorazione dello spettacolo, una forza totalizzante e negatrice sulle nostre vite che si traduce in non-vita, la famosa Società dello spettacolo (1967) del filosofo francese Guy Debord e il suo opuscolo successivo, Commenti sulla società dello spettacolo (1988), forniscono spunti per questi e altri fenomeni interconnessi.
Quando si parla di "fact-check" e di "esperti", Debord è chiaro: in una società soggiogata dall'economia, dove "tutto ciò che una volta era vissuto direttamente è svanito nella rappresentazione", questi professionisti non esistono per fornirci la verità, ma per servire lo Stato e i media attraverso menzogne e distorsioni che appaiono come vere. Se gli "esperti" perderanno influenza, sarà perché il pubblico ha imparato e può articolare che il loro lavoro consiste nel mentire sistematicamente.
C'è una guerra civile in corso in Ucraina non solo in queste ultime settimane, ma in questi ultimi otto anni?
Nella storia della civiltà, la politica è stata il più delle volte una questione riducibile alla domanda "da che parte stai?
Certo, non è facile discernere ciò che più si avvicina alla verità nella nebbia del "presente". Si dice che il senno di poi è 20/20, anche se questo non è del tutto vero, perché l'interpretazione della storia è solo un altro campo di battaglia, anche se in movimento molto più lento.
In un mondo di crescente divisione, dove ci viene detto che c'è solo bianco o nero, il meglio che noi semplici "civili" possiamo sperare è di non essere colpiti dal fuoco incrociato. Tuttavia, questo sta diventando sempre più difficile da fare.
Caro Mark Zuckerberg, Siamo Fiona Godlee e Kamran Abbasi, redattori di The BMJ, una delle più antiche e influenti riviste di medicina generale del mondo. Stiamo scrivendo per sollevare serie preoccupazioni circa il "fact checking" intrapreso da fornitori terzi per conto di Facebook/Meta.
Nel mese di settembre, un ex dipendente di Ventavia, una società di ricerca a contratto che aiuta a svolgere la principale sperimentazione del vaccino Pfizer covid-19, ha iniziato a fornire al BMJ decine di documenti aziendali interni, foto, registrazioni audio ed e-mail. Questi materiali hanno rivelato una serie di cattive pratiche di ricerca clinica che si verificano a Ventavia e che potrebbero avere un impatto sull'integrità dei dati e sulla sicurezza del paziente. Abbiamo anche scoperto che, nonostante abbia ricevuto un reclamo diretto su questi problemi oltre un anno fa, la FDA non ha ispezionato i siti di sperimentazione di Ventavia.
"La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza" Video-appello collettivo contro la censura della rete e a favore della libertà di espressione. Voci Dalla Strada approva e si unisce a questo messaggio.
Secondo Tom Luongo, l’approvazione della Direttiva sul diritto d’autore (con il solito metodo-Juncker) è l’estremo e futile tentativo di un’oligarchia di eurocrati di controllare l’informazione attraverso la cooptazione delle maggiori piattaforme digitali. In particolare la link-tax e il filtro di upload, oltre ad essere normative liberticide, finiranno per essere del tutto inadeguate allo scopo di bloccare le informazioni non allineate al mainstream. La nuova, pervasiva, Direttiva UE sul diritto di autore è stata approvata dal Parlamento europeo, garantendo che il modo in cui usiamo internet cambierà in futuro. E non in meglio.
Le parti controverse sono l’articolo 11 e 13: la “link tax” e il “filtro di upload”. Per avere un’idea di quanto siano terribili queste nuove regole, potete guardare un po’ ovunque su internet, soprattutto quest’articolo di Gizmodo (che spero non mi addebiti la link tax per aver messo questo link!).
I fatti hanno la testa dura. Presto o tardi arrivano a smentire la propaganda a reti unificate dei media mainstream, contro il Venezuela e il suo presidente Nicolas Maduro, che propalano fake news a tutto spiano per screditare il massimo dirigente della Rivoluzione Bolivariana.
Maduro è un dittatore. Il popolo lo odia. Non solo i venezuelani, anche i latinoamericani provano rabbia verso il presidente venezuelano. Questo è quanto il martellamento mediatico cerca di far entrare nella testa dell’opinione pubblica.
Però succede che avvengono dei fatti capaci di cancellare le narrazioni tossiche dei media dominanti. Come a Città del Messico in occasione dell’insediamento al potere del presidente messicano Andres Lopez Obrador. Qui Maduro viene infatti acclamato dai messicani accorsi per accompagnare nel giorno del suo insediamento l’esponente della sinistra messicana che si propone di risollevare un paese devastato dal neoliberismo.
Roma, 3 agosto 2018 - "il Pd vuole una commissione d’inchiesta sulle fake news? Bene. Anzi benissimo, ma partiamo da tutte quelle informazioni false che hanno permesso, avallato e giustificato le tante guerre neo-coloniali degli ultimi anni". Lo dichiara il presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, Vito Petrocelli, commentando la proposta annunciata ieri da Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd. "Mi viene da sorridere a pensare che a chiedere quest'inchiesta siano gli stessi partiti che hanno preso per vere le bufale storiche come le armi di distruzione di massa in Iraq o il viagra che Gheddafi avrebbe dato alle sue truppe per violentare le bambine.
Parliamo di "reti" ma ci riferiamo ai social network. Capisco che è passato molto tempo che non né parliamo, le analizziamo o le mettiamo al centro del dibattito.
Vorrei dire che per la maggior parte degli utenti sono già considerati assiomi e quindi ci sono pochissimi che si dedicano a discutere la loro esistenza, il loro funzionamento, il controllo dell'accesso a Internet, l'accesso a Internet come diritti umani universali. Siamo utenti passivi, consumatori di prodotti sviluppati per controllarci, venderci e manipolarci. Parliamo di reti e mi fermo per un momento a chiarire qualcosa che è indubbiamente ovvio per la maggior parte di coloro che leggono questa nota: reti e social network (popolarmente chiamate "reti") sono cose diverse. Come rete o reti comprendiamo tutte le infrastrutture fisiche, cavi in fibra sottomarina, fibre ottiche, cavi in rame, emissioni radio come GSM, 3G, 4G (LTE) o 5G. Vale a dire: l'infrastruttura fisica che rende possibile il funzionamento delle reti locali (LAN) o delle reti aziendali e della rete di reti, Internet.
Dopo esseri distinta per la clamorosa bufala dei 300 morti di morbillo in Inghilterra, la ministra Lorenzin è tornata alla carica sull'argomento vaccini, totalmente incurante della verità. In un suo recente video di propaganda elettorale infatti, la Lorenzin ha citato un articolo del New York Times dicendo: "Il New York Times fa il confronto fra il caso della California, in cui è strata introdotta l'obbligatorietà vaccinale, e il caso dell'Oregon, dove invece ai genitori è lasciata la totale libera scelta, in cui la copertura dell'immunità di gregge è scesa dal 95 al 30%". Detto così, sembra che la copertura vaccinale in Oregon sia improvvisamente crollata al 30% per colpa della libertà di scelta.
Nel tentativo di affrontare le fake news prima delle elezioni di quest’anno, il governo italiano ha creato un portale online in cui le persone possono segnalare bufale.
Il portale, annunciato giovedì dal Ministro dell’Interno Marco Minniti, invita gli utenti a fornire il loro indirizzo email, un link alla disinformazione che stanno segnalando e qualsiasi social network su cui abbiano trovato la notizia. Quindi le segnalazioni vengono trasferite alla Polizia Postale, un’unità della polizia di stato che indaga sul crimine informatico, che le controllerà e – se le leggi sono state infrante – procederà per via legale. Nei casi in cui nessuna legge fosse infranta, il servizio si avvarrà comunque di fonti ufficiali per negare le informazioni false o fuorvianti.
Matteuccio nostro lo ha impostato come slogan della nuova Leopolda. «Termineremo la giornata lottando contro le fake news. Il New York Times ha pubblicato un pezzo su quello che sta avvenendo in Italia: sono state oscurate pagine con sette milioni di like che spargono veleno e falsità contro di noi».
In realtà un’accozzaglia elettoralmente utile di siti e profili che avrebbero sparso notizie e immagini false sul Pd. L’articolo, naturalmente non è solo farina del sacco del NYT, ma è stato suggerito da un fantomatico «Rapporto», redatto indovinate da chi? Ma da Andrea Stroppa, fondatore di Ghost Data e consigliere di Renzi per la Cybersicurezza.
«Non è un caso, è un metodo. Con un pretesto, le “fake news”, e uno scopo finale: mettere a tacere le voci davvero libere». Marcello Foa avverte: stanno ingabbiando la libertà sul web. Negli Usa, dopo la vittoria di Trump, è partita una massiccia campagna «ispirata dagli ambienti legati al partito democratico con l’entusiastico consenso di quello repubblicano», consapevoli che la prima, grande e inaspettata sconfitta dell’establishment «non sarebbe avvenuta senza la spinta decisiva dell’informazione non mainstream». A seguire, un coro: la Germania in primis, ma anche la Gran Bretagna del post-Brexit e, ovviamente, l’Italia del post-referendum. «Sia chiaro: il problema delle “fake news” esiste, soprattutto quando a diffonderle sono società o singoli a fini di lucro», o quando le false notizie vengono usate dagli “haters”, gli odiatori, «ovviamente senza mai esporsi in prima persona». E’ un fatto: «Bisogna avere il coraggio di mettere la faccia», l’anonimato non è democrazia. Ma le proposte finora avanzate, tutte su iniziativa del Pd, tendono invece a delegare il giudizio a organismi extragiudiziali, talvolta anche extraterritoriali, con «l’intenzione di colpire arbitrariamente le parole e dunque, facilmente, anche le idee».
Sono giorni difficili in cui essere un giornalista serio. Fai il resoconto di una storia oggi, con i tuoi fatti graziosamente messi in fila, e probabilmente te la ritroverai etichettata come “notizia falsa” da qualunque persona alla quale tu abbia incornato le proprie bufale – e anche dagli amici che non condividono la tua prospettiva politica. Per buona misura, diranno che ti sei basato su “fatti alternativi”. Gli storici dicono che il termine “fake news” risale all’epoca della “stampa scandalistica” del tardo 19° secolo, ma il termine è decollato nel 2016, poco più di un anno fa, durante la corsa presidenziale di Donald Trump. Il termine è stato usato per descrivere cose differenti, dai media “privi di fatti” pro-Trump a storie sensazionalistiche e in gran parte false, il cui unico obiettivo era catturare attenzione e soldi. Durante la stagione delle primarie, lo stesso Trump ha iniziato a etichettare tutte le storie dei media mainstream su di lui come “notizie false”. Anche se l’idea che ci potrebbero essere diverse verità risale almeno all’amministrazione del presidente George W. Bush, quando il consigliere Karl Rove affermò che l’amministrazione “crea la propria” realtà, ha guadagnato terreno quando il consigliere di Trump Kellyanne Conway, beccata a inventarsi cose in un’intervista televisiva, ha affermato di affidarsi a “fatti alternativi”.