Gli studi di Hollywood sono "intrisi del sangue di bambini innocenti" secondo Mel Gibson che afferma che il consumo di "sangue di bambini è così popolare a Hollywood che fondamentalmente funziona come una valuta a sé stante".
Le élite di Hollywood (che sono per lo più ebree per loro stessa ammissione) sono un "nemico dell'umanità che agisce continuamente in contrasto con i nostri migliori interessi" e "infrange ogni tabù dato da Dio noto all'uomo, inclusa la santità dei bambini", ha detto Mel Gibson a Londra, dove sta promuovendo il suo ruolo in Daddy's Home 2, il suo ruolo sullo schermo più importante da anni.
“È un segreto di Pulcinella a Hollywood. Queste persone hanno i propri insegnamenti religiosi e spirituali e le proprie strutture sociali e morali. Hanno i loro testi sacri - sono malati, credimi - e non potrebbero essere più in contrasto con ciò che l'America rappresenta".
Un documentario "esplosivo" sulle accuse di abuso sessuale contro il regista Woody Allen è pronto a debuttare su HBO tra poche settimane.
Allen v. Farrow, una nuova serie di documentari in quattro parti che esamina le accuse di Dylan Farrow che il suo padre adottivo Woody Allen ha abusato sessualmente di lei, debutterà su HBO il 21 febbraio, ha rivelato venerdì The Hollywood Reporter. La serie è stata diretta da Kirby Dick e Amy Ziering, il duo dietro On the Record, un documentario del 2020 sulle accuse di cattiva condotta sessuale contro Russell Simmons.
Questa serie di documentari Allen è stata girata in segreto, e il Reporter la descrive come "esplosiva", riportando anche che include "un nuovo lavoro investigativo messo insieme attraverso filmati intimi, documenti del tribunale, prove della polizia, video rivelatori e nastri audio mai sentiti prima", così come interviste con Mia Farrow, Dylan Farrow e Ronan Farrow tra gli altri.
Ramallah, capitale provvisoria della Palestina, sono le due di notte tra domenica e lunedì. Voci alterate e concitate discussioni mi svegliano. Strano. Per 12 notti ho dormito in questo albergo di uno dei quartieri più eleganti e non ho mai sentito nessun rumore durante la notte. Pochi ospiti e nessuno è mai arrivato ubriaco o parlando a voce alta. Mi siedo sul letto, davanti alla porta, con le spalle alla finestra. Il frastuono aumenta, si sente rumore di oggetti che si rompono e di urla. Penso: sono loro! Lo conferma una botta forte e la porta si spalanca: quattro soldati dell'esercito israeliano entrano urlando nella mia stanza e mi puntano contro mitra e fucili. Alzo le mani, chiudo gli occhi e resto immobile per dei secondi interminabili. Urla, parole in una lingua incomprensibile per me e una pistola puntata sul petto. Penso: mi uccideranno! Ma non sento nessuno sparo.
Apro gli occhi e comincio a parlare a voce alta: Brasile (con un accento americano), Brasile! Brasile! Le urla si fermano, ma le armi restano ancora puntate. Vedo la scena. Davanti a me, due soldati con una maschera, armati fino ai denti. Ai piedi del letto, un altro soldato; dietro, il quarto soldato sempre con una maschera e la pistola che mi punzecchia sulla schiena. Dalla porta aperta posso vedere, in questo corridoio del quarto piano, una dozzina di soldati e cani e bastoni che sfondano le porte e uomini che vengono trascinati fuori dalla loro camera.
Quarant’anni fa si consumava il delitto cardine dell’Italia repubblicana: il rapimento del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, e la sua esecuzione da parte delle Brigate Rosse. Con la morte di Moro fu definitivamente stroncato il disegno di portare il PCI al governo, il “compromesso storico” che Moro aveva meticolosamente intessuto e che nel marzo del 1978 era sul punto di concretizzarsi. L’ipotesi di un governo DC-PCI era da scongiurare ad ogni costo, non soltanto perché avrebbe messo in forse la permanenza dell’Italia della NATO ma anche, e forse sopratutto, perché avrebbe rafforzato il suo ruolo nel quadrante mediterraneo, ponendo su basi più solide la politica estera di Moro. Contro questa eventualità si scagliò, nel corso degli anni ‘70, il mondo culturale liberal e anglofilo: con “Todo Modo”, uscito nelle sale in vista delle elezioni del 1976, si inscenò persino l’esecuzione del presidente della DC.
Quando è stato rilasciato dalla prigione nel 2014, Sekou Odinga si è sentito come se fosse appena sbarcato in un paese sconosciuto.Dopo aver trascorso 33 anni dietro le sbarre, l'ex leader del partito delle Black Panthers (Pantere Nere) ha dovuto confrontarsi con un paese che non ha riconosciuto, una strana tecnologia e nipoti che non aveva mai abbracciato.
Sebbene abbia festeggiato con la sua famiglia e i suoi sostenitori il fatto di essere ancora una volta un uomo libero, Odinga, 73 anni, ha continuato a pensare a tutti quei difensori dei diritti umani che non erano stati così fortunati: "Hai sempre la sensazione di non voler lasciare nessuno indietro".
I suoi sostenitori si sono incontrati lo scorso fine settimana davanti ai cinema di New York per fornire informazioni ai partecipanti alla premiere del film campione d'incassi Black Panther , sulle autentiche Black Panthers che difendevano le libertà dei neri negli anni Sessanta e Settanta.Alcuni di loro oggi in prigione hanno combattuto per decenni per ottenere la loro scarcerazione.
Ho assistito alla prima televisiva del documentario "La Palestina Brasiliana", scritto e diretto dal regista e giornalista Omar L. di Barros Filho.Un lavoro tenero, pertinente, informativo e attuale, pieno di storie e ricordi commoventi di personaggi che si alternano con la stessa agilità e abilità, dando ritmo al film. Focalizzato sulla vita delle famiglie palestinesi residenti nello stato di Rio Grande do Sul, con radici ancora molto forti nella Palestina occupata, il documentario rivela la differenza abissale tra le vite degli immigrati della diaspora e quelle dei genitori e amici che continuano a vivere nella loro terra natale.Si afferma come un grido di libertà contro l'apartheid scioccante che colpisce il popolo palestinese, sottoposto per decenni all'indifferenza e ai pregiudizi di buona parte del mondo.
C'è una riflessione sulla distanza incommensurabile tra guerra e pace, dominio e libertà, odio ed empatia, tra essere e morire, infine sull'eterno conflitto tra violenza e natura nella condizione umana.
Algeria: il film Vote off censurato agli Incontri di Cinema di Bejaia
Comunicato stampa
Annullata la proiezione del film “VOTE OFF”
L’associazione Project’heurts, organizzatrice dei Rencontres Cinématographiques di Bejaia, annuncia con ramarrico che il film “Vote Off”, realizzato da Fayçal Hammoum e prodotto da ThalaFilms, inizialmente previsto per giovedì 8 settembre 2016 alle ore 17 non ha ottenuto il visto culturale per essere proiettato. Divieto ai sensi della legge nr. 11-03 del 17 febbraio 2011 riguardante la cinematografia, decreto 13-276. L’associazione Project’heurts si vede costretta ad annullare la proiezione del film.
L’associazione Project’Heurts, attaccata in modo del tutto particolare ai valori della democrazia e della libertà di espressione e di creazione, ha deciso di aprire un dibattito sulla legge cinematografica, sulla libertà d’espressione in Algeria giovedì ore 17, che sarebbe dovuta essere l’ora della proiezione del film “Vote Off”, in presenza del realizzatore e del produttore del film.
Glauber Rocha presentò questa tesi durante la V Rassegna del Cinema Latinoamericano, Genova , 21-30 gennaio 1965. Il testo, scritto nell'aereo fra Los Angeles e Milano, espone le basi estetiche e politiche del Cinema Novo brasiliano e critica il paternalismo europeo nei confronti del Terzo Mondo. "Eztetica della fame" (rispettando la grafia originale dell'autore) diventò un manifesto del Cinema Novo. Fu pubblicato nel n° 3 della Revista Civilização Brasileira, Río de Janeiro, luglio 1965.
Lasciando da parte l'introduzione informativa che precede generalmente ogni dibattito sull'America Latina, intendo definire i rapporti tra la nostra cultura e la cultura civilizzata in termini meno riduttivi di quelli usati dagli osservatori europei nelle loro analisi.
Mentre l'America Latina si rammarica della sua miseria in generale, l'osservatore straniero coltiva il sapore di questa miseria, non come un sintomo tragico, ma soltanto come un dato formale del suo campo di indagini. In tal modo, né il latino-americano comunica la sua vera miseria all'uomo civilizzato, né l'uomo civilizzato comprende veramente la miseria del latino-americano.