13 marzo 2022

La guerra in Ucraina è un "piano criminale globalista" ~ Arcivescovo Viganò

Niente è perso con la pace. Tutto può essere perso con la guerra. Che gli uomini tornino a comprendersi. Che riprendano a negoziare. Negoziando con buona volontà e nel rispetto dei diritti dell'altro, si rendano conto che un successo onorevole non è mai precluso quando ci sono negoziati sinceri e attivi. E si sentiranno grandi - con vera grandezza - se imponendo il silenzio alle voci della passione, sia collettiva che privata, e lasciando la ragione al suo proprio dominio, risparmieranno ai loro fratelli lo spargimento di sangue e la rovina della loro patria.

Fu così che il 24 agosto 1939, Pio XII si rivolse ai governanti e ai popoli nell'imminenza della guerra. Non erano parole di vuoto pacifismo, né di complice silenzio sulle molteplici violazioni della giustizia che si stavano compiendo in molti ambienti. In quel messaggio radiofonico, che alcuni ricordano ancora di aver sentito, l'appello del Romano Pontefice invocava il "rispetto dei diritti dell'altro" come prerequisito per fruttuosi negoziati di pace.

La narrazione dei media

Se guardiamo a ciò che sta accadendo in Ucraina, senza farci fuorviare dalle grossolane falsificazioni dei media mainstream, ci rendiamo conto che il rispetto dei diritti dell'altro è stato completamente ignorato; anzi, abbiamo l'impressione che l'amministrazione Biden, la NATO e l'Unione Europea vogliano deliberatamente mantenere una situazione di evidente squilibrio, proprio per rendere impossibile qualsiasi tentativo di risoluzione pacifica della crisi ucraina, provocando la Federazione Russa a scatenare un conflitto. Qui sta la gravità del problema. Questa è la trappola tesa sia alla Russia che all'Ucraina, usando entrambe per permettere all'élite globalista di portare avanti il suo piano criminale...

Non dovrebbe sorprenderci che il pluralismo e la libertà di parola, tanto decantati nei paesi che si dichiarano democratici, siano quotidianamente sconfessati dalla censura e dall'intolleranza verso le opinioni non allineate con la narrazione ufficiale. Manipolazioni di questo tipo sono diventate la norma durante la cosiddetta pandemia, a scapito di medici, scienziati e giornalisti dissenzienti, che sono stati screditati e ostracizzati per il solo fatto di aver osato mettere in dubbio l'efficacia dei sieri sperimentali. Due anni dopo, la verità sugli effetti negativi e sulla gestione sciagurata dell'emergenza sanitaria ha dato loro ragione, ma la verità viene ostinatamente ignorata perché non corrisponde a ciò che il sistema voleva e vuole ancora oggi.

Se i media mondiali hanno potuto finora mentire spudoratamente su una questione di stretta rilevanza scientifica, diffondendo menzogne e nascondendo la realtà, dovremmo chiederci perché, nella situazione attuale, dovrebbero improvvisamente riscoprire quell'onestà intellettuale e quel rispetto del codice etico ampiamente negato con Covid.

Ma se questa colossale frode è stata sostenuta e diffusa dai media, bisogna riconoscere che le istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, i governi, i magistrati, le forze dell'ordine e la stessa Gerarchia cattolica sono tutti corresponsabili del disastro - ciascuno nel proprio ambito sostenendo attivamente o non opponendosi alla narrazione - un disastro che ha colpito miliardi di persone nella loro salute, nei loro beni, nell'esercizio dei loro diritti individuali e persino nella loro stessa vita. Anche in questo caso, è difficile immaginare che coloro che si sono resi colpevoli di tali crimini a sostegno di una pandemia voluta e malignamente amplificata possano improvvisamente avere un sussulto di dignità e mostrare sollecitudine per i loro cittadini e la loro patria quando una guerra minaccia la loro sicurezza e la loro economia.

Queste, naturalmente, possono essere le riflessioni prudenti di coloro che vogliono rimanere neutrali e guardare con distacco e quasi disinteresse ciò che sta accadendo intorno a loro. Ma se approfondiamo la conoscenza dei fatti e ci documentiamo, affidandoci a fonti autorevoli e obiettive, scopriamo che i dubbi e le perplessità diventano presto inquietanti certezze.

Anche volendo limitare la nostra indagine al solo aspetto economico, comprendiamo che le agenzie di stampa, la politica e le stesse istituzioni pubbliche dipendono da un piccolo numero di gruppi finanziari appartenenti a un'oligarchia che, significativamente, è unita non solo dal denaro e dal potere, ma dall'appartenenza ideologica che ne guida l'azione e l'interferenza nella politica delle nazioni e del mondo intero. Questa oligarchia mostra i suoi tentacoli nell'ONU, nella NATO, nel Forum Economico Mondiale, nell'Unione Europea e in istituzioni "filantropiche" come la Open Society di George Soros e la Bill & Melinda Gates Foundation.

Tutte queste entità sono private e non rispondono a nessuno se non a loro stesse, e allo stesso tempo hanno il potere di influenzare i governi nazionali, anche attraverso i loro stessi rappresentanti che vengono fatti eleggere o nominati nei posti chiave. Lo ammettono loro stessi, quando vengono ricevuti con tutti gli onori dai capi di Stato e dai leader mondiali, a cominciare dal primo ministro italiano Mario Draghi, rispettato e temuto da questi leader come i veri padroni del destino del mondo. Così, coloro che detengono il potere in nome del "popolo" si trovano a calpestare la volontà del popolo e a limitarne i diritti, per essere obbedienti come cortigiani a padroni che nessuno ha eletto ma che tuttavia dettano la loro agenda politica ed economica alle nazioni.

Veniamo quindi alla crisi ucraina, che ci viene presentata come una conseguenza dell'arroganza espansionistica di Vladimir Putin nei confronti di una nazione indipendente e democratica sulla quale sta cercando di rivendicare assurdi diritti. Il "guerrafondaio Putin" starebbe massacrando la popolazione indifesa, che è coraggiosamente insorta per difendere il suolo della sua patria, i sacri confini della sua nazione e le libertà violate dei cittadini. L'Unione europea e gli Stati Uniti, "difensori della democrazia", si dicono quindi incapaci di non intervenire con la NATO per ripristinare l'autonomia dell'Ucraina, cacciare l'"invasore" e garantire la pace. Di fronte all'"arroganza del tiranno", si dice che i popoli del mondo dovrebbero fare fronte comune, imponendo sanzioni alla Federazione Russa e inviando soldati, armi e aiuti economici al "povero" presidente Zelensky, "eroe nazionale" e "difensore" del suo popolo. Come prova della "violenza" di Putin, i media diffondono immagini di bombardamenti, perquisizioni militari e distruzioni, attribuendone la responsabilità alla Russia. E c'è ancora di più: proprio per garantire una "pace duratura", l'Unione europea e la NATO stanno spalancando le braccia per accogliere l'Ucraina come membri. E per impedire la "propaganda sovietica", l'Europa sta oscurando Russia Today e Sputnik, per garantire un'informazione "libera e indipendente".

Questa è la narrazione ufficiale, alla quale tutti si conformano. Essendo in guerra, il dissenso diventa subito diserzione, e chi dissente è colpevole di tradimento e meritevole di sanzioni più o meno gravi, a cominciare dall'esecrazione pubblica e dall'ostracismo, ben sperimentato con Covid contro chi è "un-vaxxed". Ma la verità, se la si vuole conoscere, ci permette di vedere le cose in modo diverso e di giudicare i fatti per quello che sono e non per come ci vengono presentati. Questo è un vero e proprio disvelamento, come indica l'etimologia della parola greca ἀλήθεια. O forse, con uno sguardo escatologico, una rivelazione, un ἀποκάλυψις.

L'espansione della NATO

Prima di tutto, è necessario ricordare i fatti, che non mentono e non sono suscettibili di alterazione. E i fatti, per quanto siano irritanti da ricordare a coloro che cercano di censurarli, ci dicono che dalla caduta del muro di Berlino gli Stati Uniti hanno esteso la loro sfera d'influenza politica e militare a quasi tutti gli stati satelliti dell'ex Unione Sovietica, anche recentemente, annettendo alla NATO Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria (1999); Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania (2004); Albania e Croazia (2009); Montenegro (2017); e Macedonia del Nord (2020). L'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico si sta preparando ad espandersi in Ucraina, Georgia, Bosnia ed Erzegovina e Serbia. In pratica, la Federazione Russa è sotto la minaccia militare - di armi e basi missilistiche - a pochi chilometri dai suoi confini, mentre non ha nessuna base militare in prossimità degli Stati Uniti.

Considerare la possibile espansione della NATO in Ucraina, senza pensare che susciterà le legittime proteste della Russia, è a dir poco sconcertante, soprattutto se si considera che nel 1991 la NATO si è impegnata con il Cremlino a non espandersi ulteriormente. Non solo: alla fine del 2021, Der Spiegel ha pubblicato le bozze di un trattato con gli Stati Uniti e un accordo con la NATO sulle garanzie di sicurezza (qui, qui e qui). Mosca chiedeva ai suoi partner occidentali garanzie legali che impedissero alla NATO di espandersi ulteriormente verso est aggiungendo l'Ucraina all'alleanza e anche di stabilire basi militari nei paesi post-sovietici. Le proposte contenevano anche una clausola sul non dispiegamento di armi offensive da parte della NATO vicino ai confini della Russia e sul ritiro delle forze NATO in Europa orientale alle loro posizioni del 1997.

Come possiamo vedere, la NATO non ha mantenuto i suoi impegni con la Russia, o almeno ha forzato la situazione in un momento molto delicato per gli equilibri geopolitici. Dovremmo chiederci perché gli Stati Uniti - o meglio lo stato profondo americano che ha ripreso il potere dopo i brogli elettorali che hanno portato Joe Biden alla Casa Bianca - vogliono creare tensioni con la Russia e coinvolgere i partner europei nel conflitto, con tutte le conseguenze che possiamo immaginare.

Come ha lucidamente osservato il generale Marco Bertolini, ex comandante del Comando operativo congiunto di vertice: "Gli Stati Uniti non hanno solo vinto la guerra fredda, ma hanno anche voluto umiliare [la Russia] prendendo tutto ciò che in un certo senso rientrava nella sua area di influenza. [Putin] ha sopportato i paesi baltici, la Polonia, la Romania e la Bulgaria [entrare nella NATO]. Di fronte all'Ucraina [entrata nella NATO], che avrebbe tolto ogni possibilità di accesso al Mar Nero, ha reagito" (qui). E aggiunge: "C'è un problema di stabilità del regime, si è creata una situazione con un primo ministro abbastanza improbabile [Zelensky], uno che viene dal mondo dello spettacolo". Il generale non manca di ricordare, nel caso di un attacco statunitense alla Russia, che "i Global Hawks che sorvolano l'Ucraina partono da Sigonella [Italia]; l'Italia è una base militare americana in gran parte. Il rischio c'è, è presente e reale" (qui).

Interessi derivanti dal blocco delle forniture di gas russo

Dovremmo anche chiederci se, dietro la destabilizzazione del delicato equilibrio tra l'Unione Europea e la Russia, ci siano anche interessi economici, derivanti dalla necessità dei paesi dell'UE di ottenere il gas liquido americano (per il quale servono anche i rigassificatori di cui molte nazioni sono prive, e per i quali comunque dovremo pagare molto di più) invece del gas russo (che è più ecologico).

La decisione della compagnia italiana di petrolio e gas ENI di sospendere gli investimenti nel gasdotto Blue Stream di Gazprom (dalla Russia alla Turchia) comporta anche la privazione di un'ulteriore fonte di approvvigionamento, dato che alimenta il gasdotto Trans-Atlantico (dalla Turchia all'Italia).

Non suona quindi come una coincidenza se, nell'agosto 2021, Zelensky ha dichiarato di considerare il gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania come "un'arma pericolosa, non solo per l'Ucraina ma per tutta l'Europa" (qui): bypassando l'Ucraina, priva Kiev di circa un miliardo di euro all'anno di entrate dalle tariffe di transito. "Vediamo questo progetto esclusivamente attraverso il prisma della sicurezza e lo consideriamo una pericolosa arma geopolitica del Cremlino" ha detto il presidente ucraino, d'accordo con l'amministrazione Biden. Il sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland ha detto: "Se la Russia invade l'Ucraina, Nord Stream 2 non andrà avanti". E così è successo, non senza gravi danni economici agli investimenti tedeschi.

I laboratori virologici del Pentagono in Ucraina

Sempre a proposito degli interessi americani in Ucraina, vale la pena menzionare i laboratori virologici situati in Ucraina che sono sotto il controllo del Pentagono e dove sembra che solo specialisti statunitensi con immunità diplomatica siano impiegati direttamente sotto il Ministero della Difesa americano.

Dobbiamo anche ricordare la denuncia fatta da Putin riguardo alla raccolta di dati genomici sulla popolazione, che possono essere utilizzati per armi batteriologiche con selezione genetica (qui, qui e qui). Le informazioni sull'attività dei laboratori in Ucraina sono ovviamente difficili da confermare, ma è comprensibile che la Federazione Russa abbia ritenuto, non senza ragione, che questi laboratori possano costituire un'ulteriore minaccia batteriologica per la sicurezza della popolazione. L'ambasciata degli Stati Uniti ha rimosso tutti i file relativi al programma di riduzione della minaccia biologica dal suo sito web (qui).

Scrive Maurizio Blondet: "All'EVENT 201, che ha simulato l'esplosione della pandemia un anno prima che avvenisse, ha partecipato (insieme ai soliti Bill e Melinda) l'apparentemente inoffensiva John Hopkins University con il suo benedetto Center for Health Security. L'istituzione umanitaria ha avuto per molto tempo un nome meno innocente: si chiamava Center for Civilian Biodefence Strategies e non si occupava della salute degli americani, bensì del suo contrario: la risposta agli attacchi militari di bioterrorismo. Era praticamente un'organizzazione civile-militare. Quando ha tenuto la sua prima conferenza nel febbraio 1999 a Crystal City in Arlington [Virginia], dove si trova il Pentagono, ha riunito 950 medici, personale militare, ufficiali federali e funzionari sanitari per partecipare a un esercizio di simulazione. Lo scopo della simulazione è di contrastare un immaginario attacco di vaiolo "militarizzato". È solo la prima delle esercitazioni che sbocceranno nell'Evento 201 e nell'Impostura pandemica" (qui).

Emergono anche gli esperimenti sui militari ucraini (qui) e gli interventi dell'ambasciata americana sul procuratore ucraino Lutsenko nel 2016 perché non indagasse su "un giro di fondi miliardario tra G. Soros e B. Obama" (qui).

Una minaccia indiretta alle ambizioni espansionistiche della Cina su Taiwan

L'attuale crisi ucraina comporta conseguenze secondarie, ma non meno gravi, sull'equilibrio geopolitico tra Cina e Taiwan. La Russia e l'Ucraina sono gli unici produttori di palladio e neon, indispensabili per la produzione di microchip.
"La possibile ritorsione di Mosca ha attirato più attenzione negli ultimi giorni dopo che il gruppo di ricerche di mercato Techcet ha pubblicato un rapporto che evidenzia la dipendenza di molti produttori di semiconduttori da materiali di origine russa e ucraina come neon, palladio e altri. Secondo le stime di Techcet, più del 90% delle forniture statunitensi di neon per semiconduttori provengono dall'Ucraina, mentre il 35% del palladio statunitense viene dalla Russia. [...] Secondo la US International Trade Commission, i prezzi del neon sono aumentati del 600% prima dell'annessione della penisola di Crimea da parte della Russia nel 2014, perché le aziende di chip si affidavano ad alcune aziende ucraine" (qui).  
"Se è vero che un'invasione cinese di Formosa metterebbe a rischio la filiera tecnologica globale, è anche vero che un'improvvisa carenza di materie prime dalla Russia potrebbe fermare la produzione, così da far perdere all'isola lo "scudo microchip" e indurre Pechino a tentare l'annessione di Taipei."

Il conflitto di interessi dei Biden in Ucraina

Un'altra questione che si tende a non analizzare in profondità è quella relativa a Burisma, una società di petrolio e gas che opera sul mercato ucraino dal 2002. Ricordiamo che "durante la presidenza americana di Barack Obama (dal 2009 al 2017) il suo braccio destro con una "delega" per gestire la politica internazionale era Joe Biden, ed è da allora che la "protezione" offerta dal leader democratico statunitense è stata data ai nazionalisti ucraini, una linea che ha creato il disaccordo inconciliabile tra Kiev e Mosca. [...] È stato Joe Biden in quegli anni a portare avanti la politica di avvicinamento dell'Ucraina alla NATO. Voleva togliere il potere politico ed economico alla Russia. [...] Negli ultimi anni, il nome di Joe Biden è stato anche associato a uno scandalo sull'Ucraina che aveva scosso anche la sua candidatura. [...] Era l'aprile 2014 quando la Burisma Holdings, la più grande compagnia energetica in Ucraina (attiva sia nel gas che nel petrolio), assunse Hunter Biden come consulente [...] con uno stipendio di 50.000 dollari al mese. Tutto trasparente, se non fosse che durante quei mesi Joe Biden ha continuato la politica americana volta a far rientrare in possesso dell'Ucraina quelle zone del Donbass che ora sono diventate repubbliche riconosciute dalla Russia. La zona di Donetsk è ritenuta ricca di giacimenti di gas inesplorati che sono stati presi di mira dalla Burisma Holdings. Una politica internazionale intrecciata a quella economica che ha fatto storcere il naso ai media americani in quegli anni" (qui).

I democratici hanno sostenuto che Trump aveva creato uno scandalo mediatico per danneggiare la campagna di Biden, ma le sue accuse si sono rivelate vere. Lo stesso Joe Biden, durante un incontro al Rockefeller Council for Foreign Relations, ha ammesso di essere intervenuto sull'allora presidente Petro Poroshenko e sul primo ministro Arsenij Yatseniuk per impedire le indagini su suo figlio Hunter da parte del procuratore generale Viktor Shokin. Biden aveva minacciato "di trattenere una garanzia di prestito di un miliardo di dollari negli Stati Uniti durante un viaggio a Kiev nel dicembre 2015", riporta il New York Post. "Se [il procuratore generale Shokin] non viene licenziato, non avrete i soldi" (qui). E il procuratore è stato effettivamente licenziato, salvando Hunter da ulteriori scandali, dopo quelli che lo coinvolgono.

L'ingerenza di Biden nella politica di Kiev, in cambio di favori ai birmani e agli oligarchi corrotti, conferma l'interesse dell'attuale presidente USA a proteggere la sua famiglia e la sua immagine, alimentando il disordine in Ucraina e persino una guerra. Come può una persona che usa il suo ruolo per curare i propri interessi e coprire i crimini dei membri della sua famiglia governare onestamente e senza essere soggetto a ricatti?

La questione nucleare ucraina

Infine, c'è la questione delle armi nucleari ucraine. Il 19 febbraio 2022, in una conferenza a Monaco, Zelensky ha annunciato l'intenzione di porre fine al Memorandum di Budapest (1994), che vieta all'Ucraina di sviluppare, proliferare e utilizzare armi atomiche. Tra le altre clausole del Memorandum, c'è anche quella che obbliga Russia, Stati Uniti e Regno Unito a non usare pressioni economiche sull'Ucraina per influenzarne la politica: le pressioni del FMI e degli Stati Uniti per concedere aiuti economici in cambio di riforme coerenti con il Grande Reset rappresentano un'ulteriore violazione dell'accordo.

L'ambasciatore ucraino a Berlino, Andriy Melnyk, ha sostenuto alla radio Deutschlandfunk nel 2021 che l'Ucraina ha bisogno di riacquistare lo status nucleare se il paese non riesce a entrare nella NATO. Le centrali nucleari dell'Ucraina sono gestite, ricostruite e mantenute dall'impresa statale NAEK Energoatom, che tra il 2018 e il 2021 ha completamente chiuso i suoi rapporti con le aziende russe. I suoi principali partner sono aziende riconducibili al governo degli Stati Uniti. È facile capire come la Federazione Russa consideri la possibilità che l'Ucraina acquisisca armi nucleari come una minaccia ed esiga l'adesione di Kiev al patto di non proliferazione.

La rivoluzione colorata in Ucraina e l'indipendenza della Crimea, Donetsk e Lugansk

Un altro fatto. Nel 2013, dopo che il governo del Presidente Viktor Janukovyč aveva deciso di sospendere l’accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione Europea e di stringere più strette relazioni economiche con la Russia, iniziarono una serie di manifestazioni di protesta note come Euromaidan, che durarono diversi mesi e che culminarono nella rivoluzione che rovesciò Janukovyč e portò all’insediamento di un nuovo governo. Un’operazione sponsorizzata da George Soros, come ha candidamente dichiarato egli stesso alla CNN: «Ho una fondazione in Ucraina da prima che diventasse indipendente dalla Russia; questa fondazione è sempre stata in attività e ha giocato un ruolo determinante negli eventi di oggi» (quiqui e qui). Questo cambio di governo provocò la reazione dei sostenitori di Janukovyč e di una parte della popolazione ucraina contraria alla svolta filo-occidentale, che non era stata voluta dalla popolazione ma ottenuta con una rivoluzione colorata, di cui si erano avute le prove generali negli anni precedenti in Georgia, in Moldavia e in Bielorussia.

In seguito agli scontri del 2 Maggio 2014, in cui erano intervenute anche frange paramilitari nazionaliste (tra cui quelle del Pravyj Sektor), si ebbe anche la strage di Odessa. Di questi eventi terribili parlò, con scandalo, anche la stampa occidentale; Amnesty International (qui) e l’ONU denunciarono questi crimini documentandone l’efferatezza. Ma nessun tribunale internazionale avviò alcun procedimento contro i responsabili, come invece si vorrebbe fare oggi contro i presunti crimini dell’esercito russo.

Tra i tanti accordi non rispettati è da segnalare anche il Protocollo di Minsk, firmato il 5 settembre 2014 dal Gruppo di Contatto Trilaterale sull’Ucraina, composto dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Donetsk e Repubblica Popolare di Lugansk. Tra i punti dell’accordo vi era anche la rimozione dei gruppi illegali armati, delle attrezzature militari, così come dei combattenti e mercenari dal territorio dell’Ucraina sotto la supervisione dell’OSCE e disarmo di tutti i gruppi illegali. Contrariamente a quanto pattuito, i gruppi paramilitari neonazisti non sono solo riconosciuti ufficialmente dal governo, ma ai loro membri vengono addirittura affidati incarichi ufficiali.

Sempre nel 2014 la Crimea, il Donetsk e il Lugansk dichiararono la propria indipendenza dall’Ucraina – in nome dell’autodeterminazione dei popoli riconosciuta dalla comunità internazionale – e si dichiararono annessi alla Federazione Russa. Il governo ucraino si rifiuta tuttora di riconoscere l’indipendenza di queste regioni, sancita con referendum popolare, e lascia libere le milizie neonaziste e le stesse forze militari regolari di infierire sulla popolazione, dal momento che considera queste entità come organizzazioni terroristiche. È pur vero che i due referendum del 2 novembre rappresentano una forzatura del Protocollo di Minsk, che prevedeva solo una decentralizzazione del potere e una forma di statuto speciale per le regioni del Donetsk e del Lugansk.

Come ha recentemente evidenziato il prof. Franco Cardini, «il 15 febbraio 2022 la Russia ha consegnato agli USA un progetto di trattato per cessare questa situazione e difendere le popolazioni russofone. Carta straccia. Questa guerra è iniziata nel 2014» (qui e qui). E fu una guerra nelle intenzioni di chi volle combattere la minoranza russa del Donbass: «Noi avremo un lavoro, le pensioni e loro no. Avremo i bonus per i bambini, e loro no. I nostri figli avranno scuole ed asili, i loro figli staranno negli scantinati. Così vinceremo questa guerra», disse il Presidente Petro Poroshenko nel 2015 (qui). Non sfuggirà l’assonanza con le discriminazioni nei confronti dei cosiddetti “no-vax”, privati del lavoro, della retribuzione, della scuola. Otto anni di bombardamenti in Donetsk e Lugansk, con centinaia di migliaia di vittime, 150 bambini morti, gravissimi casi di torture, stupri, sequestri e discriminazioni (qui).

Il 18 febbraio 2022 i Presidenti di Donetsk, Denis Pušilin, e Lugansk, Leonid Pasechnik, ordinavano l’evacuazione della popolazione civile verso la Federazione Russa a causa degli scontri in corso tra la Milizia Popolare del Donbass e le Forze Armate Ucraine. Il 21 febbraio la Duma di Stato (Camera bassa del Parlamento russo) ha ratificato all’unanimità i trattati di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca introdotti dal Presidente Putin con le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Contestualmente, il Presidente russo ordinava l’invio di truppe della Federazione Russa per riportare la pace nella regione del Donbass.

Ci si può chiedere per quale motivo, in una situazione di palese violazione dei diritti umani da parte di forze militari e apparati paramilitari neonazisti (che inalberano bandiere con la svastica e mostrano l’effigie di Aldolf Hitler) nei confronti della popolazione di lingua russa di repubbliche indipendenti, la comunità internazionale debba considerare condannabile l’intervento della Federazione Russa, ed anzi far ricadere su Putin la colpa delle violenze. Dov’è il tanto decantato diritto all’autodeterminazione dei popoli, che era valso il 24 agosto del 1991 per la proclamazione dell’indipendenza dell’Ucraina, riconosciuta dalla comunità internazionale? E per quale motivo ci si scandalizza oggi di un intervento russo in Ucraina, quando la NATO ne ha condotti in Jugoslavia (1991), in Kosovo (1999), in Afganistan (2001), in Iraq (2003), in Libia e in Siria (2011), senza che nessuno abbia sollevato alcuna obiezione? Senza dimenticare che negli ultimi dieci anni Israele ha più volte colpito obiettivi militari in Siria, Iran e Libano per scongiurare la creazione di un fronte armato ostile sul suo confine settentrionale e nessuna Nazione ha proposto di comminare sanzioni a Tel Aviv.

Suscita sgomento vedere con quale ipocrisia l’Unione Europea e gli Stati Uniti – Bruxelles e Washington – diano il proprio incondizionato appoggio al Presidente Zelenskyj, il cui governo da ormai otto anni continua impunemente a perseguitare gli Ucraini di lingua russa (qui), per i quali è addirittura vietato parlare nel loro idioma, in una nazione che conta numerose etnie, di cui quella russa rappresenta il 17,2%. Ed è scandaloso che si taccia sull’uso dei civili come scudi umani da parte dell’esercito ucraino, che colloca le postazioni antiaeree all’interno dei centri abitati, degli ospedali, delle scuole e degli asili proprio perché dalla loro distruzione si possano causare morti tra la popolazione.

I media mainstream si guardano bene dal mostrare le immagini dei soldati russi che aiutano i civili a raggiungere postazioni sicure (qui e qui) o che organizzano corridoi umanitari, sui quali sparano le milizie ucraine (qui e qui). Così come vengono taciuti i regolamenti di conti, gli eccidi, le violenze e i furti da parte di frange della popolazione civile, alla quale Zelenskyj ha fornito armi: i video che si possono vedere in rete danno un’idea del clima di guerra civile alimentato ad arte dal Governo ucraino. A ciò si aggiungano i galeotti fatti liberare per essere arruolati nell’Esercito e i volontari della legione straniera: una massa di esaltati senza regole e senza formazione che contribuirà a peggiorare la situazione rendendola ingestibile.

Il presidente Volodymyr Oleksandrovyč Zelenskyj

Come è stato fatto rilevare da più parti, la candidatura e l’elezione del Presidente ucraino Zelenskyj risponde a quel cliché recente, inaugurato negli ultimi anni, di attore comico o personaggio dello spettacolo prestato alla politica. Non si creda che l’essere sprovvisto di un idoneo cursus honorum sia ritenuto d’ostacolo all’ascesa ai vertici delle istituzioni, al contrario: quanto più una persona è apparentemente estranea al mondo dei partiti, tanto più c’è da presumere che il suo successo venga determinato da chi detiene il potere. Le performance en travesti di Zelenskyj sono perfettamente coerenti con l’ideologia LGBTQ che viene considerata dai suoi sponsor europei come indispensabile requisito dell’agenda di “riforme” che ogni Paese deve far proprio, assieme alla parità di genere, all’aborto e alla green economy. Non stupisce che Zelenskyj, membro del WEF (qui), abbia potuto beneficiare dell’appoggio di Schwab e dei suoi alleati per arrivare al potere e realizzare il Great Reset anche in Ucraina.

La serie televisiva in 57 puntate che Zelenskyj ha prodotto e di cui è stato protagonista, dimostra una pianificazione mediatica della sua candidatura a Presidente dell’Ucraina e della sua campagna elettorale. Nella fiction Il servitore del popolo egli recitava la parte di un professore di liceo che diventa inaspettatamente Presidente della Repubblica e si batteva contro la corruzione della politica. Non è un caso se la serie, assolutamente mediocre, ha comunque vinto il WorldFest Remi Award (USA, 2016), sia arrivata tra i primi quattro finalisti nella categoria dei film comici al Seoul International Drama Awards (Corea del Sud) e sia stata insignita del premio Intermedia Globe Silver nella categoria Serie TV di intrattenimento al World Media Film Festival di Amburgo.

L’eco mediatica ottenuta da Zelenskyj con la serie televisiva gli ha portato oltre 10 milioni di followers su Instagram e ha creato la premessa per la costituzione dell’omonimo partito Servitore del popolo di cui è membro anche Ivan Bakanov, Direttore Generale e azionista (assieme allo stesso Zelenskyj e all’oligarca Kolomoisky) della Kvartal 95 Studio, proprietaria della rete televisiva TV 1+1. L’immagine di Zelenskyj è un prodotto artificiale, una finzione mediatica, un’operazione di manipolazione del consenso che però è riuscita a creare il personaggio politico nell’immaginario collettivo ucraino che nella realtà, e non nella fiction, ha conquistato il potere.

«Proprio a un mese dalle elezioni del 2019 che lo videro vincitore, Zelenskyj avrebbe ceduto la società [Kvartal 95 Studio] a un amico, trovando comunque il modo di far arrivare alla sua famiglia i proventi degli affari ai cui ufficialmente aveva rinunciato. Quell’amico era Serhiy Shefir, che è stato poi nominato Consigliere alla Presidenza. […] La cessione delle quote è avvenuta a beneficio della Maltex Multicapital Corp., società detenuta da Shefir e registrata alle Isole Vergini Britanniche» (qui).

L’attuale Presidente ucraino ha promosso la propria campagna elettorale con uno spot a dir poco inquietante (qui) in cui, imbracciando due mitragliatrici, sparava sui membri del Parlamento, additati come corrotti o asserviti alla Russia. La lotta alla corruzione sbandierata dal Presidente ucraino nei panni di “servitore del popolo” non corrisponde tuttavia al quadro che emerge di lui dai cosiddetti Pandora papers, in cui compaiono 40 milioni di dollari versatigli alla vigilia delle elezioni dal miliardario ebreo Kolomoisky su conti offshore (quiqui e qui). In patria molti lo accusano di aver tolto potere agli oligarchi filo-russi non per darlo al popolo ucraino, ma per rinforzare il proprio gruppo di interesse e contemporaneamente togliendo di mezzo i suoi avversari politici: «Ha liquidato i ministri della vecchia guardia, primo fra tutti il potente Ministro degli Interni Avakov. Ha pensionato di brutto il presidente della Corte Costituzionale che frenava le sue leggi. Ha chiuso sette canali televisivi di opposizione. Ha messo agli arresti, accusandolo di tradimento, Viktor Medvedcuk, filorusso ma soprattutto leader di Piattaforma di opposizione-Per la vita, il secondo partito del Parlamento ucraino dopo il suo Servo del Popolo. Sta processando, sempre per tradimento, l’ex Presidente Poroshenko, che di tutto era sospettabile tranne che di intendersela con i Russi o con i loro amici. Il sindaco di Kiev, il popolare ex campione del mondo di pugilato Vitaly Klitchko, è già finito nel mirino di alcune perquisizioni. Insomma, Zelensky sembra voler fare piazza pulita di chiunque non sia allineato alla sua politica» (qui).

Il 21 aprile 2019 è eletto Presidente dell’Ucraina con il 73,22% dei voti e il 20 maggio presta giuramento; il 22 maggio 2019 nomina Ivan Bakanov, Direttore Generale della Kvartal 95, primo vicecapo dei Servizi di Sicurezza dell’Ucraina e Capo della Direzione principale per la lotta contro la corruzione e il crimine organizzato della Direzione centrale del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina. Assieme a Bakanov, è da menzionare Mykhailo Fedorov, Vicepresidente e Ministro della Trasformazione Digitale, membro del World Economic Forum (qui). Lo stesso Zelenskyj ha ammesso di avere come proprio ispiratore il Primo Ministro del Canada Justin Trudeau (qui e qui).

I rapporti di Zelenskyj con il FMI e il WEF

Come ha dimostrato il tragico precedente della Grecia, le sovranità nazionali e la volontà popolare espressa dai Parlamenti sono de facto cancellate dalle decisioni dell’alta finanza internazionale, la quale interferisce nelle politiche dei governi con ricatti e vere e proprie estorsioni di natura economica. Il caso dell’Ucraina, che è uno dei Paesi più poveri dell’Europa, non fa eccezione.

Poco dopo l’elezione di Zelenskyj, il Fondo Monetario Internazionale minacciò di non concedere il prestito di 5 miliardi se non si fosse adeguato alle sue richieste. Nel corso di una conversazione telefonica con l’Amministratore Delegato del FMI Kristalina Georgieva, il Presidente ucraino venne redarguito per aver sostituito Yakiv Smolii con un uomo di sua fiducia, Kyrylo Shevchenko, meno incline ad assecondare i diktat del Fondo Monetario. Scrive Anders Åslund su Atlantic Council: «I problemi che circondano il governo Zelenskyj stanno crescendo in modo allarmante. Innanzitutto, dal marzo 2020, il Presidente ha condotto un’inversione non solo delle riforme perseguite sotto di lui, ma anche quelle iniziate dal suo predecessore Petro Poroshenko. In secondo luogo, il suo governo non ha presentato proposte plausibili per risolvere le preoccupazioni del FMI sugli impegni inadempiuti dell’Ucraina. In terzo luogo, il Presidente sembra non avere più una maggioranza parlamentare al potere e sembra disinteressato a formare una maggioranza riformista» (qui).

È evidente che gli interventi del FMI sono finalizzati ad ottenere dal governo ucraino l’impegno ad allinearsi alle politiche economiche, fiscali e sociali dettate dall’agenda globalista, ad iniziare dalla “indipendenza” della Banca Centrale Ucraina dal governo: un eufemismo con il quale il FMI chiede al governo di Kiev di rinunciare al legittimo controllo sulla propria Banca Centrale, che costituisce una delle modalità in cui si esercita la sovranità nazionale, assieme all’emissione della moneta e alla gestione del debito pubblico. D’altra parte, solo quattro mesi prima Kristalina Georgieva aveva lanciato il Great Reset assieme a Klaus Schwab, al principe Carlo e al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.

Quel che non era stato possibile realizzare con i governi precedenti, è stato portato a compimento sotto la Presidenza di Zelenskyj, entrato nelle grazie del WEF (qui) assieme al nuovo Governatore della BCU Kyrylo Shevchenko. Il quale, per dar prova di sudditanza, meno di un anno dopo ha scritto un articolo per il WEF intitolato Le banche centrali sono la chiave per gli obiettivi climatici dei paesi e l’Ucraina sta mostrando la strada (qui). Ecco quindi realizzata, sotto ricatto, l’Agenda 2030.

Vi sono anche altre compagnie ucraine che hanno legami con il WEF: la State Savings Bank of Ukraine (una delle più grandi istituzioni finanziarie in Ucraina), il DTEK Group (un importante investitore privato nel settore energetico ucraino) e la Ukr Land Farming (leader agricolo nella coltivazione). Banche, energia e cibo sono settori perfettamente in linea con il Great Reset e la Quarta Rivoluzione Industriale teorizzata da Klaus Schwab.

Il 4 febbraio dell’anno scorso, il Presidente ucraino ha fatto chiudere sette emittenti televisive, tra cui ZIKNewsone e 112 Ukraine, colpevoli di non appoggiare il suo governo. Così scrive Anna Del Freo: «Una dura condanna a questo atto liberticida è arrivata, tra gli altri, anche dalla Federazione europea dei giornalisti e dalla Federazione internazionale dei giornalisti, che hanno chiesto l’immediata revoca del veto. Le tre emittenti non potranno più trasmettere per cinque anni: impiegano circa 1500 persone, il cui posto di lavoro è oggi a rischio.

 Non esiste alcun vero motivo perché le tre reti debbano essere chiuse, salvo l’arbitrio del vertice politico Ucraino, che le accusa di minacciare la sicurezza dell’informazione e di essere sotto “la maligna influenza russa”. Una forte reazione giunge anche dalla NUJU, il sindacato dei giornalisti ucraini, che parla di pesantissimo attacco alla libertà di parola, visto che si vengono a privare centinaia di giornalisti della possibilità di esprimersi e centinaia di migliaia di cittadini del diritto ad essere informati». Come si vede, ciò di cui si accusa Putin è compiuto da Zelenskyj e, più recentemente, dall’Unione Europea con la complicità delle piattaforme social. E prosegue: «“Oscurare le emittenti televisive è una delle forme più estreme di restrizione della libertà di Stampa”, ha detto il segretario generale della EFJ, Ricardo Gutierrez. “Gli Stati hanno l’obbligo di garantire un effettivo pluralismo dell’informazione. È chiaro che il veto presidenziale non è per nulla in linea con gli standard internazionali sulla libertà di espressione”» (qui).

Sarebbe interessante sapere quali siano state le dichiarazioni della Federazione europea dei giornalisti e dalla Federazione internazionale dei giornalisti dopo l’oscuramento di Russia Today e Sputnik in Europa.

I movimenti neonazisti ed estremisti in Ucraina

Un Paese che invoca dalla comunità internazionale aiuti umanitari per difendere la popolazione dall’aggressione russa dovrebbe, nell’immaginario collettivo, distinguersi per rispetto dei principi democratici e per una legislazione che proibisca attività e propaganda a ideologie estremiste.

In Ucraina agiscono indisturbati, e spesso con l’appoggio ufficiale delle istituzioni pubbliche, movimenti di matrice neonazista impegnati in azioni militari e paramilitari. Tra questi vi sono: l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) di Stepan Bandera, di matrice nazista, antisemita e razzista già attiva in Cecenia e che fa parte del Right Sector, un’associazione di movimenti di estrema destra costituitasi in occasione del colpo di stato dell’Euromaidan del 2013/2014; l’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA); l’UNA/UNSO, ala paramilitare del partito ucraino di estrema destra Ukraine National Assemble; la Fratellanza di Korchinsky, che ha offerto protezione a Kiev ai membri dell’ISIS (qui); Visione Misantropica (MD), una rete neonazista diffusa in 19 Paesi, che incita pubblicamente al terrorismo, all’estremismo e all’odio contro cristiani, musulmani, ebrei, comunisti, omosessuali, americani e persone di colore (qui).

Va ricordato che il governo ha dato appoggio esplicito a queste organizzazioni estremiste sia inviando la guardia presidenziale ai funerali di loro esponenti, sia sostenendo il Battaglione Azov, un’organizzazione paramilitare che è ufficialmente parte dell’Esercito Ucraino con il nuovo nome di Reggimento di Operazioni Speciali Azov e inquadrato nella Guardia Nazionale. Il Reggimento Azov è finanziato dall’oligarca ucraino ebreo Igor Kolomoisky, già governatore di Dnepropetrovsk e ritenuto anche il finanziatore delle milizie nazionalistiche di Pravyj Sektor, considerate le responsabili della strage di Odessa. Parliamo dello stesso Kolomoisky citato nei Pandora Papers come sponsor del Presidente Zelenskyj. Il battaglione ha rapporti con diverse organizzazioni di estrema destra in Europa e negli Stati Uniti.

Amnesty International, dopo un incontro avvenuto l’8 settembre 2014 tra il Segretario Generale Salil Shetty e il Primo Ministro Arsenij Jacenjuk, ha chiesto al Governo ucraino di porre fine agli abusi e ai crimini di guerra commessi dai battaglioni di volontari che operano unitamente alle forze armate di Kiev. Il Governo ucraino ha aperto un’inchiesta ufficiale al riguardo, dichiarando che non risultano indagati ufficiali o soldati del Battaglione Azov.

Nel marzo 2015, il Ministro dell’Interno ucraino Arsen Avakov ha annunciato che il battaglione Azov sarebbe stata una delle prime unità ad essere addestrata dalle truppe dell’Esercito americano, come parte della loro missione di addestramento Operation Fearless Guard. L’addestramento degli Stati Uniti è stato interrotto il 12 giugno 2015, quando la Camera dei Rappresentanti ha approvato un emendamento che vieta tutti gli aiuti (comprese le armi e l’addestramento) al battaglione a causa del suo passato neonazista. L’emendamento è stato poi revocato su pressione della CIA (qui e qui) e i militari di Azov sono stati addestrati negli Stati uniti (qui e qui): «Alleniamo questi ragazzi ormai da otto anni. Sono davvero dei bravi combattenti. Ecco dove il programma dell’Agenzia potrebbe avere un serio impatto».

Nel 2016 un rapporto dell’OSCE ritiene il Battaglione Azov responsabile dell’uccisione in massa di prigionieri, di occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e dell’uso sistematico di tecniche di tortura fisica e psicologica. Proprio pochi giorni fa il vicecomandante del Battaglione, Vadim Troyan, è stato nominato Capo della Polizia della regione di Oblast dal Ministro dell’Interno Arsen Avakov.

Questi sono gli “eroi” che combattono assieme all’Esercito Ucraino contro i soldati russi. E questi eroi del Battaglione Azov, invece di proteggere i loro figli, osano fare di loro carne da macello, arruolando bambini e bambine (qui e qui), in violazione del Protocollo Opzionale alla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (qui), concernente il coinvolgimento dei minori nei conflitti armati: uno strumento giuridico ad hoc che stabilisce che nessun minore di 18 anni possa essere reclutato forzatamente o utilizzato direttamente nelle ostilità, né dalle forze armate di uno Stato né da gruppi armati.

Anche a costoro, inevitabilmente, sono destinate le armi letali fornite dall’UE, compresa l’Italia di Draghi, con l’appoggio dei partiti politici “antifascisti”.

La guerra ucraina nei piani del NWO

La censura contro le emittenti russe è chiaramente volta a impedire che la narrazione ufficiale sia smentita dai fatti. Ma mentre i media occidentali mostrano immagini del videogioco War Thunder (qui), fotogrammi di Star Wars (qui), esplosioni in Cina (qui), video di parate militari (qui), riprese dell’Afganistan (qui), della metropolitana di Roma (qui) o immagini di forni crematori mobili (qui) facendoli passare per scene reali e recenti della guerra in Ucraina, la realtà viene ignorata perché si è già deciso di provocare un conflitto come arma di distrazione di massa che legittimi nuove restrizioni delle libertà nelle Nazioni occidentali, secondo i piani del Great Reset del World Economic Forum e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

È evidente che il popolo ucraino, al di là delle questioni che la diplomazia potrà risolvere, è vittima dello stesso colpo di stato globale ad opera di poteri sovranazionali che hanno a cuore non la pace tra le Nazioni, ma l’instaurazione della tirannide del Nuovo Ordine Mondiale. Solo alcuni giorni fa, la parlamentare ucraina Kira Rudik ha dichiarato a Fox News, imbracciando un kalashnikov: «Sappiamo che non combattiamo solo per l’Ucraina, ma anche per il Nuovo Ordine Mondiale».

Le violazioni dei diritti umani in Ucraina e i crimini delle milizie neonaziste più volte denunciati da Putin non hanno potuto trovare una soluzione politica perché sono stati pianificati e fomentati dall’élite globalista, con la collaborazione dell’Unione Europea, della NATO e del deep state americano, in chiave anti-russa e per rendere inevitabile una guerra dalla quale ottenere, principalmente in Europa, l’adozione forzata di razionamenti energetici (qui), limitazioni agli spostamenti, sostituzione della cartamoneta con moneta elettronica (qui e qui) e adozione dell’ID digitale (qui e qui): non stiamo parlando di progetti teorici, ma di decisioni che stanno per essere prese concretamente a livello europeo e nei singoli Stati.

Il rispetto della Legge e delle norme

L’intervento in Ucraina da parte della NATO, degli USA e dell’Unione Europea non pare trovare alcuna legittimazione. L’Ucraina non è membro della NATO, e come tale non dovrebbe beneficiare dell’aiuto di un ente che ha come scopo la difesa degli Stati che vi fanno parte. Lo stesso dicasi dell’Unione Europea, che ha ricevuto solo pochi giorni fa la richiesta di Zelenskyj di entrarne a far parte. Nel frattempo l’Ucraina ha ricevuto dagli Stati Uniti 2,5 miliardi di dollari dal 2014 e altri 400 milioni nel solo 2021 (qui), più altri fondi per un totale di 4,6 miliardi di dollari (qui). Dal canto suo Putin ha concesso 15 miliardi di dollari di prestiti all’Ucraina, per salvarla dalla bancarotta. L’Unione Europea ha invece inviato 17 miliardi finanziamenti, ai quali si aggiungono quelli dei singoli Stati. Di questi aiuti la popolazione ha beneficiato in minima parte.

Inoltre, intervenendo a nome dell’Unione Europea sulla guerra in Ucraina, Ursula von der Leyen viola gli articoli 9, 11 e 12 del Trattato di Lisbona. La competenza dell’Unione in questo settore è quella del Consiglio europeo e dell’Alto Rappresentante, in nessun caso quella del Presidente della Commissione. A che titolo la Presidente von der Leyen agisce come se fosse a capo dell’Unione Europea, usurpando un ruolo che non le compete? Per quale motivo nessuno interviene, specialmente dinanzi al pericolo al quale si espongono i cittadini europei dinanzi ad una possibile ritorsione russa?

Inoltre, in molti casi le Costituzioni degli Stati che oggi inviano aiuti e armi all’Ucraina non prevedono la possibilità di entrare in un conflitto. Ad esempio, l’art. 11 della Costituzione Italiana sancisce: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». L’invio di armamenti e soldati ad una nazione che non fa parte né della NATO né dell’Unione Europea costituisce di fatto una dichiarazione di guerra alla nazione con essa belligerante (la Russia, in questo caso) e richiederebbe quindi la previa deliberazione dello stato di guerra, come previsto dall’art. 78 della Costituzione: «Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari». Non risulta che ad oggi le Camere siano state chiamate ad esprimersi in tal senso, né che il Presidente della Repubblica sia intervenuto per esigere il rispetto del dettato costituzionale. Il Premier Draghi, nominato dalla cabala globalista per la distruzione dell’Italia e il suo definitivo asservimento ai poteri sovranazionali, è uno dei tanti Capi di governo che considera la volontà dei cittadini come un fastidioso intralcio all’esecuzione dell’agenda del WEF. Dopo due anni di violazioni sistematiche dei diritti fondamentali e della Costituzione, risulta difficile credere che vorrà anteporre gli interessi della Nazione a quelli dei suoi mandanti: al contrario, quanto più disastrosi saranno gli effetti delle sanzioni assunte dal suo governo, tanto più costui potrà ritenersi apprezzato da loro. Il colpo di stato perpetrato con l’emergenza psicopandemica prosegue oggi con nuove decisioni sciagurate, ratificate da un Parlamento senza nerbo.

Costituisce peraltro una violazione dell’art. 288 del Codice Penale italiano il consentire che cittadini italiani – e addirittura esponenti della maggioranza di Governo e leader politici – rispondano all’appello dell’Ambasciata Ucraina per l’arruolamento nella legione straniera: «Chiunque nel territorio dello Stato e senza approvazione del governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da 4 a 15 anni». Nessun magistrato, almeno per il momento, è intervenuto d’ufficio per punire i responsabili di questo reato.

Un’altra violazione è rappresentata dall’attività di trasferimento dall’Ucraina all’Italia (e presumibilmente anche in altre Nazioni) dei bambini ottenuti da maternità surrogata, commissionati da coppie italiane in violazione della Legge 40/2004, senza alcuna sanzione per i colpevoli e i complici di questo reato.

Va ricordato anche che le esternazioni di membri del Governo o di esponenti della politica nei confronti della Federazione Russa e del suo Presidente, assieme alle sanzioni adottate, ai ripetuti casi di arbitrarie discriminazioni di cittadini, aziende, artisti e squadre sportive per il solo fatto di essere russi non costituiscono solo una provocazione che andrebbe evitata per consentire una serena e pacifica composizione della crisi ucraina, ma mettono in gravissimo pericolo la sicurezza dei cittadini italiani (e di quelli delle altre Nazioni che adottano analoghi comportamenti). Non si comprende il motivo di tanta sconsiderata temerità, se non nell’ottica di una deliberata volontà di scatenare reazioni nella controparte.

Il conflitto russo-ucraino rappresenta una pericolosissima trappola tesa ai danni dell’Ucraina, della Russia e degli Stati europei.

L’Ucraina è ultima vittima di consumati carnefici

La crisi russo-ucraina non è scoppiata improvvisamente un mese fa, ma è stata preparata e alimentata da lungo tempo, certamente ad iniziare dal golpe bianco del 2014 voluto dal deep state americano in chiave anti-russa. Lo dimostra, tra gli altri fatti incontestabili, l’addestramento del Battaglione Azov da parte della CIA, «per uccidere i Russi» (qui), con la forzatura da parte dell’Agenzia della revoca dell’emendamento del Congresso del 2015. Anche gli interventi di Joe e Hunter Biden vanno nella medesima direzione. Vi è quindi l’evidenza di una premeditazione a lungo termine, coerente con la inarrestabile espansione della NATO verso est. La rivoluzione colorata di Euromaidan e l’instaurazione di un governo filo-atlantista composto da homines novi addestrati dall’élite del WEF e di Soros, doveva creare le premesse della subalternità dell’Ucraina al blocco atlantista, sottraendola all’influenza della Federazione Russa. A tale scopo, l’azione eversiva delle ong del filantropo ungherese supportate dalla propaganda mediatica ha taciuto i crimini delle organizzazioni paramilitari neonaziste, finanziate dagli stessi sponsor di Zelenskyj.

Ma se il lavaggio del cervello operato dal mainstream nei Paesi occidentali è riuscito a veicolare una narrazione completamente falsata della realtà, altrettanto non può dirsi in Ucraina, dove la popolazione conosce tanto la corruzione della classe politica al potere quanto la sua lontananza dai veri problemi della Nazione. Noi crediamo che gli “oligarchi” siano solo in Russia, mentre essi sono presenti soprattutto nella galassia degli Stati dell’ex-Unione Sovietica, dove possono accumulare ricchezze e potere semplicemente mettendosi a disposizione di “filantropi” e multinazionali straniere. Poco importa se i loro conti offshore sono la causa principale della povertà dei cittadini, dell’arretratezza del sistema sanitario, dello strapotere della burocrazia, della quasi totale assenza di servizi pubblici, del controllo straniero di aziende strategiche, della perdita progressiva della sovranità e dell’identità nazionale: l’importante è “fare soldi”, essere immortalati con personaggi politici, banchieri, venditori di armi e affamatori del popolo. Per poi venire in Versilia o sulla Costiera Amalfitana ad ostentare yacht e platinum card al cameriere di Odessa o alla donna delle pulizie di Kiev che mandano ai parenti la paga guadagnata in nero. Questi miliardari ucraini in kippah sono coloro che stanno svendendo l’Ucraina all’occidente corrotto e corruttore, barattando il proprio benessere con l’asservimento dei loro connazionali agli usurai che si stanno impadronendo del mondo, ovunque con gli stessi sistemi spietati e immorali. Ieri tagliavano gli stipendi ai lavoratori di Atene e Tessalonica, oggi hanno semplicemente allargato i loro orizzonti all’Europa intera, in cui la popolazione guarda ancora incredula all’instaurarsi di una dittatura prima sanitaria e poi ambientale.

D’altra parte, come avrebbero fatto costoro, senza il pretesto di una guerra, a giustificare il vertiginoso aumento del prezzo del gas e dei carburanti, forzando il processo di una transizione “ecologica” imposta dall’alto per l’impoverimento controllato delle masse? Come avrebbero potuto far digerire ai popoli del mondo occidentale l’instaurazione della tirannide del Nuovo Ordine Mondiale, quando la farsa pandemica stava sfaldandosi portando alla luce il crimine contro l’umanità compiuto da BigPharma?

E mentre l’UE e i Capi di governo danno la colpa alla Russia del disastro incombente, le élites occidentali dimostrano di voler distruggere anche l’agricoltura, per applicare su scala globale gli orrori dell’Holodomor (qui). D’altra parte, in molti stati (compresa l’Italia) si va teorizzando la privatizzazione dei corsi d’acqua – che è un bene pubblico inalienabile – a vantaggio delle multinazionali e con scopi di controllo e limitazione delle attività agricole. Non diversamente si era comportato il governo filoatlantista di Kiev: da otto anni la Crimea era stata privata dell’acqua del Dnepr, per impedire l’irrigazione dei campi e affamare la popolazione. Si comprendono oggi, alla luce delle sanzioni comminate alla Russia e della fortissima riduzione degli approvvigionamenti di grano, gli enormi investimenti di Bill Gates nell’agricoltura (qui), seguendo le stesse spietate logiche di profitto già sperimentate con la campagna vaccinale.

Gli Ucraini, a qualsiasi etnia essi appartengano, sono gli ultimi, inconsapevoli ostaggi dello stesso regime totalitario sovranazionale che ha messo in ginocchio l’economia delle Nazioni con l’impostura della Covid, dopo aver teorizzato pubblicamente la necessità di decimare la popolazione mondiale e di trasformare i superstiti in malati cronici compromettendo irreparabilmente il loro sistema immunitario.

Ci pensino bene, gli Ucraini, ad invocare l’intervento della NATO o della UE, sempre ammesso che siano davvero loro a farlo e non piuttosto i loro corrotti governanti aiutati da mercenari razzisti e da gruppi di neonazisti al soldo dei gerarchi. Perché mentre viene loro promessa la libertà dall’invasore – con il quale condividono la comune eredità culturale e religiosa per esser stati parte della Grande Russia – in realtà si sta cinicamente preparando la loro definitiva cancellazione, il loro asservimento al Grande Reset che tutto prevede fuorché la tutela della loro identità, della loro sovranità, dei loro confini.

Guardino gli Ucraini a quel che è avvenuto ai Paesi dell’Unione Europea: il miraggio di prosperità e sicurezza è demolito dalla contemplazione delle macerie lasciate dall’euro e dalle lobby di Bruxelles. Nazioni invase da immigrati clandestini che alimentano la criminalità e la prostituzione; distrutte nel loro tessuto sociale dalle ideologie politically correct; portate scientemente al fallimento per sconsiderate politiche economiche e fiscali; condotte verso la miseria con la cancellazione delle tutele del lavoro e della previdenza sociale; private di un futuro con la distruzione della famiglia e la corruzione morale e intellettuale delle nuove generazioni.

Quelle che erano state Nazioni prospere e indipendenti, diverse nelle loro specificità etniche, linguistiche, culturali e religiose sono state trasformate in una massa informe di persone senza ideali, senza speranze, senza fede, senza nemmeno la forza di reagire agli abusi e ai crimini di chi li governa. Una massa di clienti delle multinazionali, di schiavi del sistema di controllo capillare imposto con la farsa pandemica, anche dinanzi all’evidenza della frode. Una massa di persone senza identità, marchiate con il QR-code come gli animali di un allevamento intensivo, come i prodotti di un enorme centro commerciale. Se questo è stato il risultato della rinuncia alla propria sovranità per tutti – tutti, nessuno escluso! – gli Stati che si sono affidati alla colossale truffa dell’Unione Europea, perché l’Ucraina dovrebbe fare eccezione?

È questo che volevano, che speravano, che desideravano i vostri padri, quando ricevettero con Vladimiro il Grande il Battesimo sulle rive del Dnepr?

Se vi è un aspetto positivo che ciascuno di noi può riconoscere in questa crisi, è l’aver mostrato l’orrore della tirannide globalista, il suo cinismo spietato, la sua capacità di distruggere e annientare tutto ciò che tocca. Non sono gli Ucraini che dovrebbero entrare nell’Unione Europea o nella NATO, ma gli altri Stati che dovrebbero finalmente avere un sussulto di orgoglio e di coraggio e uscirne, scrollando da sé questo giogo detestabile e ritrovando la propria indipendenza, la propria sovranità, la propria identità, la propria fede. La propria anima.

Che sia chiaro: il Nuovo Ordine non è un destino ineluttabile, e può essere sovvertito e denunciato se solo i popoli si rendono conto di essere stati ingannati e truffati da un’oligarchia di criminali ben identificabili, per i quali un giorno varranno quelle sanzioni e quei blocchi dei fondi che oggi essi applicano impunemente a chiunque non pieghi il ginocchio dinanzi a loro.

Un appello alla Terza Roma

Anche per la Russia questo conflitto è una trappola. Lo è perché esso realizzerebbe il sogno del deep state americano di estrometterla definitivamente dal contesto europeo nei suoi rapporti commerciali e culturali, spingendola tra le braccia della Cina, forse con la speranza che la dittatura di Pechino possa persuadere i Russi ad accettare il sistema di credito sociale e altri aspetti del Great Reset che finora ha saputo evitare almeno in parte.

È una trappola non perché la Russia abbia torto nel voler “denazificare” l’Ucraina dai suoi gruppi estremisti e garantire protezione e tutela agli Ucraini di lingua russa, ma perché sono proprio queste ragioni – teoricamente sostenibili – ad esser state create apposta per provocarla e indurla ad invadere l’Ucraina, in modo da suscitare la reazione della NATO preparata da tempo dal deep state e dall’élite globalista. Il casus belli è stato pianificato deliberatamente dai veri responsabili del conflitto, sapendo che avrebbe ottenuto esattamente quella risposta da parte di Putin. E sta a Putin, indipendentemente dal fatto di avere ragione, non cadere nella trappola e anzi ribaltare il banco, offrendo all’Ucraina delle condizioni di pace onorevoli senza proseguire nel conflitto. Anzi, quanto più Putin ritiene di essere nel giusto, tanto più egli dimostrerà la grandezza della sua Nazione e l’amore per il suo popolo col non cedere alle provocazioni.

Mi sia permesso ripetere le parole del profeta Isaia: Dissolve colligationes impietatis, solve fasciculos deprimentes, dimitte eos qui confracti sunt liberos, et omne onus dirumpe; frange esurienti panem tuum, et egenos vagosque induc in domum tuam; cum videris nudum, operi eum, et carnem tuam ne despexeris. Tunc erumpet quasi mane lumen tuum; et sanitas tua citius orietur, et anteibit faciem tuam justitia tua, et gloria Domini colliget te. Sciogli le catene inique, togli i legami del giogo, rimanda liberi gli oppressi e spezza ogni giogo; dividi il pane con l’affamato, accogli in casa tua i miseri e i senza tetto; se vedi uno nudo, vestilo, e non nasconderti a colui che è carne della tua carne. Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. (Is 58, 6-8).

La crisi mondiale con cui si prepara la dissoluzione della società tradizionale ha coinvolto anche la Chiesa Cattolica, la cui Gerarchia è ostaggio di apostati cortigiani del potere. Vi fu un tempo in cui i Pontefici e i Prelati affrontavano i Re senza rispetti umani, perché sapevano di parlare con la voce di Gesù Cristo, Re dei re. La Roma dei Cesari e dei Papi è deserta e muta, come è muta da secoli la Seconda Roma di Costantinopoli. Forse la Provvidenza ha stabilito che sia Mosca, la Terza Roma, ad assumersi oggi dinanzi al mondo il ruolo di κατέχον (2Tess 2, 6-7), di ostacolo escatologico all’Anticristo. Se gli errori del Comunismo sono stati diffusi dall’Unione Sovietica, giungendo ad imporsi finanche dentro la Chiesa, la Russia e l’Ucraina possono avere oggi un ruolo epocale nella restaurazione della Civiltà Cristiana, contribuendo a portare al mondo un periodo di pace dal quale anche la Chiesa risorgerà purificata e rinnovata nei suoi Ministri.

Gli Stati Uniti d’America e gli Stati europei non devono emarginare la Russia, ma anzi stringere con essa un’alleanza non solo per il ripristino degli scambi commerciali per la prosperità di tutti, ma in vista della ricostruzione di una Civiltà Cristiana, che sola potrà salvare il mondo dal mostro globalista tecnosanitario e transumano.

Considerazioni finali

Suscita grande preoccupazione che i destini dei popoli siano nelle mani di un’élite che non risponde a nessuno delle proprie decisioni, che non riconosce alcuno sopra di sé e che per perseguire i propri interessi non esita a mettere a repentaglio la sicurezza, l’economia e la stessa vita di miliardi di persone, con la complicità dei politici al loro servizio e dei media mainstream. Le falsificazioni dei fatti, le grottesche adulterazioni della realtà e la partigianeria con cui sono diffuse le notizie si affiancano alla censura delle voci dissenzienti e giungono a forme di persecuzione etnica nei confronti dei cittadini russi, discriminati proprio nei Paesi che si dicono democratici e rispettosi dei diritti fondamentali.

Auspico che il mio appello alla costituzione di un’Alleanza Antiglobalista che unisca i popoli nell’opposizione alla tirannide del Nuovo Ordine Mondiale possa essere raccolto da quanti hanno a cuore il bene comune, la pace tra le Nazioni, la concordia tra i popoli, la libertà dei cittadini e il futuro delle nuove generazioni. E prima ancora, che le mie parole – assieme a quelle di tante persone intellettualmente oneste – contribuiscano a portare alla luce le complicità e la corruzione di chi si avvale della menzogna e della frode per giustificare i propri crimini, anche in questi momenti di grande apprensione per la guerra in Ucraina.

«Ci ascoltino i forti, per non diventar deboli nella ingiustizia. Ci ascoltino i potenti, se vogliono che la loro potenza sia non distruzione, ma sostegno per i popoli e tutela a tranquillità nell’ordine e nel lavoro» (Pio XII, Radiomessaggio ai governanti e ai popoli nell’imminente pericolo della guerra, 24 Agosto 1939).

Possa la Santa Quaresima indurre tutti i Cristiani ad invocare alla Maestà divina il perdono per i peccati di quanti calpestano la Sua santa Legge: la penitenza e il digiuno muovano a misericordia il Signore Iddio, mentre ripetiamo le parole del profeta Gioele: Parce, Domine: parce populo tuo; et ne des hæreditatem tuam in opprobrium, ut dominentur eis nationes. Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al vituperio, alla derisione delle genti (Gl 2, 17)

Carlo Maria Viganò, Arcivescovo,
già nunzio apostolico negli Stati Uniti d'America
6 marzo 2022

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