Non
è un caso che il titolo stesso di questo contributo colleghi il
ritorno del fascismo sulla scena politica con la crisi del capitalismo
contemporaneo. Il fascismo non è sinonimo di un regime di polizia
autoritario che rifiuta le incertezze della democrazia parlamentare
elettorale. Il fascismo è una particolare risposta politica alle sfide
con cui la gestione della società capitalistica deve confrontarsi in
circostanze specifiche.
Unità e diversità dei fascismi
I movimenti politici che possono
definirsi fascisti in senso proprio hanno occupato la scena ed
esercitato il potere in un buon numero di paesi europei, in particolare
negli anni 1930, fino al 1945 (Mussolini, Hitler, Franco, Salazar,
Pétain, Horthy, Antonescu, Ante Pavelic e altri). La diversità delle
società che ne sono state vittima - capitalisticamente più sviluppate
qui, minori e dominate là, associate a una guerra vittoriosa qui,
prodotto della sconfitta altrove - impedisce di confonderle.
Quindi vanno precisati i differenti effetti che questa diversità di
strutture e circostanze hanno prodotto sulle società interessate.
Tuttavia, al di là di questa diversità, tutti questi regimi fascisti
condividono due tratti comuni:
1. Date le circostanze, accettano di inserire la loro gestione della
politica e della società in un quadro che non metta in causa i principi
fondamentali del capitalismo, cioè la proprietà privata capitalistica,
compresa quella dei moderni monopoli. È per questo che qualifico questi
fascismi dei modi particolari di gestione del capitalismo e non delle
forme politiche che mettono in discussione la sua legittimità, anche se
nella retorica del discorso fascista il "capitalismo" o i "plutocrati"
sono oggetto di lunghe diatribe. La menzogna che nasconde la vera
natura di questi discorsi appare appena si esamina la "alternativa"
proposta da questi fascisti, sempre muta riguardo l'essenziale, la
proprietà privata capitalistica. Tuttavia, l'opzione fascista non
costituisce l'unica risposta alle sfide che la gestione politica di una
società capitalista deve affrontare. È solo in determinate circostanze
di crisi violenta e profonda che la soluzione fascista sembra essere,
per il capitale dominante, la migliore se non addirittura la sola
possibile. L'analisi deve centrare l'attenzione su tali crisi.
Le comunità indigene dell’Amazzonia ecuadoriana hanno portato la
Chevron davanti al Tribunale penale internazionale accusando la
multinazionale di crimini contro l’umanità perché si rifiuta di
bonificare la devastazione provocata nella foresta.
I
rifiuti ripetuti della Chevron di bonificare ed eliminare la
contaminazione tossica della foresta amazzonica ecuadoriana
costituiscono un attacco alla popolazione civile e, come tale, questo
crimine deve essere oggetto di inchiesta da parte del Tribunale penale internazionale:
lo sostengono le comunità indigene impattate dalla devastazione e
dall’inquinamento provocato dalla società petrolifera americana. «Nel
contesto della legge sui crimini internazionali, la decisione presa dal
Ceo di Chevron, John Watson, ha deliberatamente mantenuto e alimentato
l’inquinamento ambientale che minaccia la vita delle persone della
regione orientale dell’Ecuador» afferma la requisitoria inoltrata al
Tribunale internazionale dal procuratore capo Fatou Bensouda nei giorni
scorsi in rappresentanza d circa 80 comunità per complessive decine di
migliaia di persone.
I Paesi Bassi sono il luogo dove l’Italia ha cambiato la propria storia
negli ultimi 25 anni, non solo legandosi al Trattato di Maastricht, con
la cessione della sovranità monetaria e legislativa, ma per poter
definitivamente abbandonare la veste di Stato sovrano era necessario
rinunciare all’esclusività delle funzioni delle forze armate sul proprio
territorio, con l’istituzione di una milizia sovranazionale. Questo
passaggio è avvenuto nel 2007 a Velsen, piccola municipalità dei Paesi
Bassi, dove è stato firmato un trattato congiuntamente a Francia,
Spagna, Paesi Bassi e Portogallo che istituisce la gendarmeria europea,
l’Eurogendfor, che andrà ad esautorare le forze dell’ordine nella
gestione dell’ordine pubblico. Uno scenario irrealistico, ma che è stato
messo nero su bianco con la legge di ratifica numero 84 del 14 maggio
2010, votata dal Parlamento con 443 voti favorevoli su 444 presenti,
solamente un astenuto. L’Eurogendfor sarà la milizia che si incaricherà
della gestione delle crisi (scioperi, manifestazioni) sul territorio italiano, e non risponderà più direttamente alle istituzioni parlamentari.
Da
Kobane circa 150.000 profughi sono scappati in Turchia. Ora, mi dicono
che Erdogan sostiene che si prende cura dei bisogni di tutti questi
150.000, ma nell'unico campo profughi gestito dal governo turco sono
presenti intorno alle 12.000 persone. Le altre, sono in altri campi o
ospiti in altre case, o in altre città. Issam è volontario nel deposito
dove si organizzano gli aiuti, e spiega che, nella città di Suruc, sono
presenti altre 40.000 persone di Kobane oltre alle 12.000 nel campo
governativo: esse si trovano in campi profughi gestiti da volontari o in
case che li ospitano. Di Silvia Todeschini Le donazioni per mantenerli vengono da tutto il
mondo, chi lavora nel deposito del materiale o al montaggio tende sono
volontari perlopiù curdi e in buona parte giovanissimi: organizzazioni
come l'ONU non si fanno vedere e non sono presenti. Nessuno è
professionista, e i volontari restano per qualche settimana. La cosa
incredibile, è che tutto questo funziona. I campi vengono montati, il
cibo viene distribuito, nel deposito vengono separati gli aiuti che
arrivano.
"Prevedo la spoliticizzazione completa dell'Italia: diventeremo un gran corpo senza
nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la
partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso... Ma
sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come."
Pier Paolo Pasolini, 5 marzo 1922 - 2 novembre 1975 Riflettiamo
(chi ne ha ancora la voglia e la forza). E' avvenuto e molti di noi non
se ne sono nemmeno accorti. E invito a riflettere soprattutto sul
riferimento alla cosiddetta, anche allora, "politica dal basso".
Pasolini la liquida - io credo giustamente - come "iniziative pratiche,
utilitaristiche, in definitiva non politiche".
“Nessuno è più schiavizzato di coloro che
falsamente credono di essere liberi”. (Wolfgang Goethe) “Il 5% della gente pensa, il 10% della gente
pensa di pensare e il restante 85% morirebbe piuttosto che pensare”.
(Thomas Edison) “L’Occidente ha conquistato il mondo
non per la superiorità delle idee, dei valori, della religione, ma solo per la
superiorità nell’applicazione della violenza organizzata. Gli occidentali
spesso dimenticano questo fatto, i non-occidentali mai” (Samuel Huntington)
Cari amici interlocutori, mi sa che
per tutto novembre non ci incontreremo. Sono partito per una nuova impresa
documentaristica sulle più gravi violazioni inflitte dai briganti del potere al
nostro paese, in termini di territorio, comunità, salute, ambiente. La guerra
all’Italia, civile e militare. E chi sta in trincea. Tra le riprese da fare da
un capo all’altro della penisola, difficilmente ci sarà tempo per interventi
sul blog. Ma seguirò con attenzione i vostri, di interventi. Hasta siempre. So
che la maggior parte dei miei interlocutori è interessata più ai miei
interventi su questioni internazionali, che non a quelli su temi domestici.
Eppure, come dicono i francesi, tout se
tien e conviene comporre la presbiopia con la miopia, nel qual caso lo
strumento migliore sono le lenti bifocali. Per esempio cosa c’entra lo Stato
islamico (IS, ISIS, ISIL, che dir si voglia) con la kermesse di
Svendola-Landini-Civati ai Santi Apostoli (di cui già nel precedente post), o
con “Sinistra-Lavoro”, di cui sul “manifesto” (dove sennò) è apparsa, splattata
su tutta l’ultima pagina, la notizia della nascita? Il primo si vede col
cannocchiale, per gli altri due ci vuole il microscopio, ma qualcosa in comune
ce l’hanno. Sono tutti False Flag, che lo sappiano o no, che lo
vogliano o no.
L’idea circola ai più alti livelli. E in Svizzera si raccolgono le firme per un referendum.
Interdire le banche private, impedire
loro di creare moneta dal nulla. Sembra un’idea folle, oltre che poco
comprensibile ai più. E però circola sempre di più, non dalle parti del
M5S, dell’Ukip, o di qualche altro partito populista (che pure
sarebbero d’accordo). Ma ai più alti livelli: Financial Times, Banca
d’Inghilterra, Fondo Monetario, economisti vari. Sulla scia di proposte
che risalgono agli anni ’30. Presi dai problemi italiani, dalle
elezioni europee, dagli scandali nostrani, ci si è fatto poco caso ( qui l’unica eccezione, a parte un blog).
Forse si temeva di confondere le idee, di togliere enfasi alle riforme
di cui l’Italia ha comunque bisogno, di tirare la volata ai partiti
“sovversivi” che queste idee sostengono.
Perché di un’idea davvero sovversiva si
tratta. Idea non nuova, in realtà. Da tempo in varie forme fa
proseliti fra economisti americani ed europei, preoccupati di una
prossima crisi sistemica, più devastante della precedente. La vera
sovversione sta nel fatto che a sponsorizzarla sia stato, qualche
settimana fa, il più autorevole quotidiano economico del mondo, il Financial Times, da sempre pilastro della cultura economica neoliberale. In un commento firmato dall’illustre Martin Wolf .
Titolo: “ Spogliare le banche private del potere di creare denaro”.
Dedicato alla memoria di Pier Paolo Pasolini dell'indimenticabile Signor G. (Giorgio Gaber) e di quanti hanno sacrificato e sacrificano la propria vita per la Verità e la Giustizia in coscienzioso silenzio
Egregio, Reverendissimo et Eminentissimo Presidente, a noi spiace – come Lei ben sa – dall'alto della sua Santità che i soliti fastidiosi giudici l'abbiano importunata per le consuete inutili e capziose domande ribollenti il sacro fuoco del giustizialismo, ma noi che siamo men che mediocri cittadini e, forse, uno poco uomini, Le chiediamo un ulteriore supplemento di attenzione per le nostre ultime parole.
E' stato 46 anni fa, quando nel Sud, come ora, cominciava la primavera...
Paulo Freire fu esiliato in Cile, dove è arrivò dopo il colpo di
stato militare che avrebbe portato, in Brasile, ad una delle più lunghe
dittature latinoamericane. Era un giorno come tanti altri a Santiago. Paulo Freire aveva invitato i suoi amici Jacques Chonchol e Maria Edy per conversare e condividere il suo piatto preferito: la "galinha cabidela", una specialità di origine portoghese e molto popolare nel nord-est brasiliano, che la sua compagna Elza preparava magistralmente.
Freire aveva conosciuto Chonchol al suo arrivo in Cile e lui gli aveva
offerto un posto di lavoro presso l'Istituto di Sviluppo Agricolo
(INDAP), di cui era vice presidente. Freire svilupperà lì parte della sua esperienza di educazione popolare nei settori rurali.
Divennero grandi amici.
Quella sera, nel salutarsi, Freire disse di voler offrire loro un
ricordo in segno di gratitudine per gli anni di lavoro insieme: il
manoscritto di un libro scritto in perfetto corsivo, quasi senza
cancellature e diviso in quattro capitoli. Nella dedica ai suoi cari Jacques e Maria Edy, scrisse: "Vorrei che riceveste questo manoscritto di un libro che forse non serve, ma che incarna la profonda convinzione che ho negli uomini".
La carta Costituzionale russa, come quella di molti altri paesi, non prevede l'estradizione dei propri cittadini. Questo per
moltissimi anni è stato un punto di scontro fra l'occidente e la Russia,
in particolare con la gran Bretagna. Famoso il caso Litvinenko, ex agente KGB in asilo politico in Inghilterra e avvelenato, almeno secondo i servizi segreti inglesi, da Andrei Lugovoi nel 2006. Per anni Londra chiese l'estradizione di Lugovoi, cittadino russo, e per anni ricevette un secco no da Mosca. Appena tre anni prima del caso Litvinenko, la Russia chiese l'estradizione del tycoon Berezovsky e del separatista ceceno Zakayev, in quel caso fu l'Inghilterra a rispedire al mittente le richieste nonostante entrambi non fossero cittadini inglesi e accusati di gravi crimini, tra cui terrorismo. Ecco l'opinione di Putin, in un video risalente al 2006/2007:
Zbigniew Brzezinski…
chi è costui? Chi è questo personaggio, il cui nome e cognome sono un
impronunciabile ingorgo di consonanti? Eminenza grigia ai tempi del
Presidente “democratico” Jimmy Carter, Brzezinski è uno dei più
diabolici e sfacciati globalizzatori che appestano il pianeta. Qui di seguito riportiamo alcuni estratti dal libro di Zbigniew Brzezinski intitolato "Tra due età, il ruolo dell'America nell'era tecnotronica" (Between two ages: America's rôle in the technotronic era).
"Allo stesso tempo, la capacità di affermare il controllo sociale e
politico sulla volontà individuale sarà intensificato. Presto sarà
possibile stabilire il dominio quasi continuo su ogni cittadino e tenere
aggiornati i files che contengono anche i dettagli più personali sulla
salute e sul comportamento di ogni persona, oltre alle informazioni più
usuali".
"Questi files saranno oggetto di tracciatura istantanea per opera delle
autorità. Il potere è in mano a coloro che controllano le informazioni.
Le nostre attuali istituzioni saranno sostituite da organi preposti alla
gestione delle crisi, il cui compito sarà quello di individuare, in
anticipo, probabili questioni sociali e di sviluppare programmi per
affrontarle".
C'era una volta un
omino che non era un omino qualsiasi, ma che, nel suo remoto passato, era stato
un grande anchorman della televisione, un indiscusso e celebrato pioniere del
tubo catodico. Tuttavia ne era passata di acqua sotto i ponti negli ultimi due
decenni. La vita del nostro coscienzioso omino era radicalmente mutata e non
solo a causa di una vita familiare ormai disastrosa e nessuno sbocco positivo.
Anche la televisione aveva subito trasformazioni profonde e traumatiche: i
grandi network stavano per essere acquisiti e incorporati - finanziariamente e
organizzativamente – da potenti e mastodontiche corporation intenzionate a
investire massicciamente nell'industria assai remunerativa dell'informazione,
dei mass media e dell'intrattenimento. In questo nuovo e spietato mondo non
contava veramente più il talento e il duro lavoro, ma la spietata legge dei
grandi numeri, del successo misurato con i parametri degli indici d'ascolto. E
poi i fidati amministratori delegati delle corporations non fanno mai sconti
per nessuno e, per incrementare efficienza e profitti, non si fanno alcuno
scrupolo di tagliare drasticamente spese e personale anche a costo di privarsi
dell'esperienza dei più validi collaboratori. Quale posto poteva ancora
occupare il nostro omino in un mondo del genere ? Non rimanevano che i ricordi
rievocati con i vecchi amici e in compagnia di una buona bottiglia.
Un
sondaggio internazionale ha rilevato che gli USA si collocano di gran
lunga in testa alla classifica come “l’attuale più grande minaccia per
la pace nel mondo”, parecchio avanti al secondo posto del Pakistan e
senza nessun altro tanto vicino.
Immaginate che la Pravda riporti in un editoriale uno studio del KGB
che esamini le più grandi operazioni terroriste dirette dal Cremlino nel
mondo, nel tentativo di determinare i fattori che hanno portato al loro
successo o al loro fallimento, concludendo infine che, sfortunatamente,
gli esiti positivi siano stati rari, tanto che è in atto un certo
ripensamento della linea politica. Supponete che l’articolo continui
citando una dichiarazione di Putin secondo cui avrebbe chiesto al KGB di
eseguire tali indagini per scoprire casi di operazioni di
“finanziamento e rifornimento di armi a un’insurrezione in un paese che
avrebbero avuto successo, ma che il KGB non avrebbe trovato un granchè”.
Perciò, lui avrebbe una certa riluttanza a proseguire l’impegno in
questo tipo di operazioni.
Se, cosa quasi inimmaginabile, un simile articolo dovesse apparire, si
solleverebbero in cielo grida di sdegno e di indignazione, mentre la
Russia verrebbe amaramente condannata – o peggio –, non solo per il
terribile archivio terrorista apertamente reso noto, ma anche per la
reazione tra la dirigenza e la classe politica: nessun problema, tranne
che per il buon funzionamento del terrorismo di stato russo e la
possibilità di migliorarne la pratica.
Ormai si lamentano anche quelli che durante le tornate elettorali si mettono in fila disciplinati aspettando di votare il loro uomo della “salvezza”.
Il governo Renzi, si sa, non lo ha votato nessuno, eppure moltissime persone ci credevano. Adesso le proteste si moltiplicano, e le parole di Renzi sul “cambiamento necessario” sembrano provenienti da un disco rotto. Leggendo le notizie del giorno, che rendono note le frasi e i comportamenti del governo, si ha l’impressione di avere di fronte due interlocutori che parlano lingue diverse: da un lato Renzi e i suoi discorsi pieni di buoni propositi, mossi dall’apparente intento di migliorare le sorti del nostro Paese, e dall’altra gli italiani. Gli italiani però, al contrario di Renzi, non hanno alcun palco privilegiato, e i loro guai non vengono raccontati nemmeno dai talk show vecchio formato, quelli che mostravano le piazze, per intenderci. I lavoratori precari, i disoccupati, i pensionati al minimo e gli imprenditori collassati, si possono trovare oggi, nel caso singolo, soltanto nei salotti pomeridiani in cui prevale la lamentela, e nei quali persino gravissimi problemi dovuti alla cattiva politica vengono trasformati in lacrime e generiche richieste di aiuto, come se non vi fossero precisi responsabili. Intanto prosegue lo stillicidio dei suicidi per motivi economici.
In America Latina l'hanno già applicato al Messico e ad altri
paesi, con effetti catastrofici per i popoli
interessati...
Il TTIP, Partneriato Transatlantico per il Commercio e gli
Investimenti, è il trattato che vuole trasformare l’Europa
e gli Usa in un paradiso delle multinazionali, sopprimendo le norme in difesa
dei diritti dei lavoratori, gli standard ambientali, mercificando i beni comuni
e privatizzando i servizi pubblici locali. Tutto ciò si svolge nella più totale segretezza e opacità, in
negoziati segreti tra Usa e UE a Bruxelles, tentando di mettere una
pietra tombale anche sulla democrazia. Le salvaguardie conquistate in secoli di
lotte per i diritti democratici, quelli dei lavoratori, la giustizia,
l'ambiente, la scuola pubblica, la sanità, saranno demolite a favore degli
interessi delle multinazionali. Perderemo quel poco che ci resta di
sovranità.
Noi europei degli anni 2000 forse non riusciremo mai a comprendere veramente quello che sta succedendo in America Latina.
Evo Morales è stato il primo presidente indio
nel paese sudamericano più devastato dal colonialismo spagnolo. Ha
nazionalizzato tutti gli idrocarburi del suolo boliviano. Ha difeso i
coltivatori di coca, la hoja sagrada, dai paesi cocainomani che
per frenare i propri vizi vorrebbero distruggere le tradizioni altrui.
Ha dato voce ai popoli indigeni, 62% della popolazione boliviana,
riconoscendo nella nuova Costituzione Plurinazionale il loro diritto
all’autonomia di governo e alla proprietà dei territori. Ha
rappresentato, insieme ai presidenti dei paesi dell’Alba e del Mercosur,
una spina nel fianco del neocolonialismo statunitense, fino a subire
nel 2013 il dirottamento e la perquisizione dell’aereo presidenziale
mentre volava, di ritorno da Mosca, nei cieli d’Europa (s.r.l.).
Evo Morales, capo del partito
‘Movimiento al Socialismo’, ieri ha vinto per la terza volta le elezioni
in Bolivia con più del 60% dei voti.
Sarà solo un tragico caso, ma l’esplosione dell’epidemia di Ebola
coincide con una serie di ricerche militari. Ricerche in atto negli Usa, in Canada e in Russia,
dirette a potenziare il virus per studiare il modo migliore per
combatterlo. Dettagli tecnici? Top secret. Ma, nei laboratori, Ebola è
stato quasi certamente reso trasmissibile per via aerea e più resistente
alle cure, in modo da mettere a punto i farmaci più idonei a
contrastarne gli effetti.
E il terribile sospetto, scrive Marco
Mostallino su “Lettera 43”, è che la sua recente, devastante diffusione sia in qualche modo dovuta a una falla nei sistemi di sicurezza
di quei laboratori ad alto rischio. Un terribile sospetto: il virus,
negli ultimi mesi, ha infettato in Africa occidentale circa 8.000
persone, provocando il decesso di oltre 3.800 pazienti, con un tasso di
mortalità che supera il 46% dei malati. «Il sospetto che siamo alle
prese con un super-Ebola, creato dai ricercatori e molto più potente
dell’originale, è suffragato dal confronto con il totale di circa 2.500
persone uccise dal virus fino all’anno scorso dal 1976, anno della sua
scoperta». Ci sono tre precedenti: nel 1976 in Inghilterra e nel 2004
negli Usa (con due ricercatori contagiati e poi guariti) e, sempre nel 2004, in Russia, quando uno scienziato perse la vita dopo essere stato infettato.
Qualcuno sta “coltivando” il cielo. Lo dimostrano le anomalie
climatiche e i residui che piovono a terra. Ne è convinto l’ingegner
Paolo Broggia: ormai, dice, la realtà supera largamente qualsiasi
ipotesi fantascientifica. Inoltre, i “coltivatori” dell’aria lasciano
tracce quotidiane: «Se osservassimo i nostri cieli più attentamente,
vedremmo attività aeronautiche non ufficiali, cioè non legate a transiti
di aerei di linea, che rilasciano delle sostanze visibili che si
disperdono dopo qualche minuto, a volte dopo ore. Probabilmente si
tratta di droni, che quotidianamente “spazzolano” il cielo come una
griglia “a scacchi”: ormai non c’è zona dell’Italia (e dell’Europa)
che non sia irrorata». Droni, dunque, perché solo velivoli senza pilota
potrebbero reggere al millimetro «la estrema ripetitività delle rotte,
stressanti e pericolose per esseri umani in carne e ossa: infatti, nel
ripassare nelle precedenti scie, in cabina entrerebbe l’aria proveniente
dall’esterno, inquinata dello stesso materiale rilasciato dallo
scarico». Che cosa spruzzano? «Qualunque cosa, a giudicare dalle analisi
dell’acqua piovana». Sembra proprio che dal cielo stia venendo giù di tutto, scrive Broggia su “Megachip”: nell’aria si registra infatti la presenza di «metalli pesanti, polimeri,
batteri, sostanze non classificate». Attenzione: ci sono anche «i fili
che cadono dal cielo, imitazioni quasi perfette delle ragnatele, ma di
lunghezze spropositate».