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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
9 novembre 2014
Il ritorno al fascismo del capitalismo contemporaneo
Non
è un caso che il titolo stesso di questo contributo colleghi il
ritorno del fascismo sulla scena politica con la crisi del capitalismo
contemporaneo. Il fascismo non è sinonimo di un regime di polizia
autoritario che rifiuta le incertezze della democrazia parlamentare
elettorale. Il fascismo è una particolare risposta politica alle sfide
con cui la gestione della società capitalistica deve confrontarsi in
circostanze specifiche.
Unità e diversità dei fascismi
I movimenti politici che possono
definirsi fascisti in senso proprio hanno occupato la scena ed
esercitato il potere in un buon numero di paesi europei, in particolare
negli anni 1930, fino al 1945 (Mussolini, Hitler, Franco, Salazar,
Pétain, Horthy, Antonescu, Ante Pavelic e altri). La diversità delle
società che ne sono state vittima - capitalisticamente più sviluppate
qui, minori e dominate là, associate a una guerra vittoriosa qui,
prodotto della sconfitta altrove - impedisce di confonderle.
Quindi vanno precisati i differenti effetti che questa diversità di
strutture e circostanze hanno prodotto sulle società interessate.
Tuttavia, al di là di questa diversità, tutti questi regimi fascisti
condividono due tratti comuni:
1. Date le circostanze, accettano di inserire la loro gestione della
politica e della società in un quadro che non metta in causa i principi
fondamentali del capitalismo, cioè la proprietà privata capitalistica,
compresa quella dei moderni monopoli. È per questo che qualifico questi
fascismi dei modi particolari di gestione del capitalismo e non delle
forme politiche che mettono in discussione la sua legittimità, anche se
nella retorica del discorso fascista il "capitalismo" o i "plutocrati"
sono oggetto di lunghe diatribe. La menzogna che nasconde la vera
natura di questi discorsi appare appena si esamina la "alternativa"
proposta da questi fascisti, sempre muta riguardo l'essenziale, la
proprietà privata capitalistica. Tuttavia, l'opzione fascista non
costituisce l'unica risposta alle sfide che la gestione politica di una
società capitalista deve affrontare. È solo in determinate circostanze
di crisi violenta e profonda che la soluzione fascista sembra essere,
per il capitale dominante, la migliore se non addirittura la sola
possibile. L'analisi deve centrare l'attenzione su tali crisi.
2. L'opzione di gestione fascista della società capitalista in questione
è ancora fondata, per definizione, sul rifiuto categorico della
"democrazia". Ai principi generali su cui sono fondate le teorie e le
pratiche delle democrazie moderne - il riconoscimento della diversità di
opinioni, il ricorso alle procedure elettorali per garantire una
maggioranza, la garanzia dei diritti delle minoranze, ecc. - i fascismi
sostituiscono sempre i valori opposti della sottomissione alle esigenze
della disciplina collettiva, all'autorità del capo supremo e dei capi
esecutivi.
Questo rovesciamento di valori è poi accompagnato da un ritorno a temi
che guardano al passato, in grado di fornire alle procedure di
sottomissione della società una legittimità apparente. A tal fine, la
proclamazione di un presunto necessario ritorno al passato
("medievale"), alla sottomissione alla religione di Stato, o a una
qualsiasi presunta specificità della propria "razza" o "nazione"
(etnica) costituiscono la panoplia del discorso ideologico propagandato
dal potere fascista coinvolto.
I fascismi storici della storia moderna europea presa in esame, che
condividono queste due caratteristiche, non sono meno diversi e
rientrano in una o l'altra delle seguenti quattro categorie: 1)
Il fascismo delle potenze capitalistiche "sviluppate" maggiori, che
aspirano a diventare potenze egemoni dominanti l'intero sistema
capitalista mondiale, o almeno regionale.
Il nazismo costituisce il modello di
questa categoria di fascismo. La Germania, diventata una grande potenza
industriale a partire dal 1870, concorrente delle potenze egemoni del
tempo (Gran Bretagna e in second'ordine la Francia) e di quelle che
aspirano a diventarlo (Stati Uniti), affronta le conseguenze del
fallimento del suo progetto segnato dalla sconfitta del 1918. Hitler
formula chiaramente il suo progetto: imporre all'Europa, compresa la
Russia e forse anche oltre, la dominazione egemonica della "Germania",
vale a dire del capitalismo monopolistico del paese che ha sostenuto
l'ascesa del nazismo. Egli è disposto ad un compromesso con i suoi
principali avversari: a lui l'Europa e la Russia, al Giappone la Cina,
alla Gran Bretagna il resto dell'Asia e dell'Africa, agli Stati Uniti
le Americhe. Il suo errore è stato di pensare che questo compromesso
fosse possibile: la Gran Bretagna e gli Stati Uniti non lo hanno
accettato, il Giappone invece lo ha sottoscritto.
Il fascismo giapponese appartiene alla stessa categoria. Dal 1895, il
Giappone capitalista moderno aspira a imporre il suo dominio su tutta
l'Asia orientale. Qui il cambiamento viene compiuto "dolcemente",
passando da una forma "imperiale" di gestione del nascente capitalismo
nazionale - poggiato su istituzioni dall'apparenza "liberale" (una
"Dieta" eletta), controllata interamente dall'imperatore e dalla
aristocrazia trasformata dalla modernizzazione - a una forma brutale
gestita direttamente dall'Alto comando militare. La Germania nazista
stringe l'alleanza con il Giappone imperial/fascista, mentre Gran
Bretagna e Stati Uniti (dopo Pearl Harbour, 1941) entrano in guerra con
Tokyo, come fa anche la resistenza in Cina, in cui le deficienze del
Kuo Min Tang saranno compensate dai comunisti maoisti.
2) Il fascismo delle potenze capitaliste di seconda fascia
L'Italia di Mussolini (l'inventore del
fascismo, incluso il nome) è un ottimo esempio. Il mussolinismo fu la
risposta della destra italiana (vecchia aristocrazia, nuova borghesia,
classi medie) alla crisi degli anni 1920 e alla crescente minaccia
comunista. Ma né il capitalismo italiano, né il suo strumento politico,
il fascismo di Mussolini, avevano l'ambizione di dominare l'Europa,
per non parlare del mondo. Nonostante le farneticazioni del Duce sulla
ricostruzione dell'Impero romano (!), Mussolini comprese che la
stabilità del suo sistema era basata su un'alleanza - da subalterno -
con la Gran Bretagna (padrona del Mediterraneo) o la Germania nazista.
Questa esitazione tra le due possibili alleanze continuò fino alla
vigilia della Seconda guerra mondiale.
Il fascismo di Salazar e Franco appartengono alla stessa famiglia. Essi
furono due dittatori piazzati dalla destra e dalla Chiesa cattolica in
risposta ai pericoli rappresentati dai repubblicani liberali o dai
repubblicani socialisti. Per questa ragione, i due non furono mai
ostracizzati per la loro violenza antidemocratica (con il pretesto
dell'anticomunismo) dalle maggiori potenze imperialiste. Riabilitati
dopo il 1945 da Washington (Salazar fu membro fondatore della Nato e la
Spagna acconsentì all'installazione di militari statunitensi) e dalla
Comunità europea (garante per natura dell'ordine capitalista
reazionario), dopo la Rivoluzione dei garofani (1974) e la morte di
Franco (1980), questi due sistemi si sono uniti al campo delle nuove
"democrazie" a bassa intensità della nostra epoca.
3) Il fascismo delle potenze sconfitte
Esso include la Francia di Vichy, ma
anche il Belgio di Léon Degrelle e lo pseudo governo "fiammingo"
sostenuto dai nazisti. In Francia, le classi dominanti scelgono "Hitler
piuttosto che il Fronte popolare" (vedi sul tema i libri di Annie
Lacroix-Riz). Questo tipo di fascismo, connesso con la sconfitta e la
sottomissione a una "Europa tedesca", fu costretto a ritirarsi in
disparte in seguito alla sconfitta dei nazisti. In Francia, cedette il
passo ai Consigli della Resistenza che, per una volta, univano i
comunisti agli altri soggetti resistenti (in particolare Charles de
Gaulle). La sua ulteriore evoluzione dovette attendere (con l'avvio
dell'integrazione europea e l'adesione della Francia al Piano Marshall e
alla Nato, vale a dire la sottomissione volontaria all'egemonia degli
Stati Uniti) la destra conservatrice e quella anticomunista e
socialdemocratica per rompere definitivamente con la sinistra radicale
scaturita dalla Resistenza antifascista e potenzialmente
anticapitalista.
4) Il fascismo nelle società dipendenti dell'Europa orientale
Dobbiamo scendere di parecchi gradi
esaminando le società capitalistiche dell'Europa orientale (Polonia,
Stati baltici, Romania, Ungheria, Jugoslavia, Grecia ed Ucraina
occidentale durante l'epoca polacca). Qui si deve parlare di
capitalismo ritardato, quindi dipendente. Nel periodo tra le due
guerre, le classi dominanti reazionarie di questi paesi sostennero la
Germania nazista. Tuttavia, occorre esaminare caso per caso le loro
articolazioni politiche al progetto di Hitler.
In Polonia, la vecchia ostilità al dominio russo (della Russia zarista),
che divenne ostilità nei confronti della Unione Sovietica comunista,
assecondata dalla popolarità del papato cattolico, normalmente avrebbe
reso il paese un vassallo della Germania sui modi di Vichy. Ma Hitler
non era d'accordo: i polacchi, come i russi, gli ucraini, i serbi, erano
popoli destinati allo sterminio insieme con gli ebrei, i rom ed altri.
Non c'era quindi alcuno spazio per un fascismo polacco alleato di
Berlino.
L'Ungheria di Horthy e la Romania di Antonescu furono, per contro,
trattati come alleati subalterni della Germania nazista. Il fascismo in
entrambi i paesi era esso stesso il prodotto delle loro specifiche
crisi sociali: la paura del "comunismo", dopo l'esperienza di Béla Kun
in Ungheria; la mobilitazione nazionale sciovinista contro ungheresi e
ruteni in Romania.
In Jugoslavia, la Germania di Hitler (seguita dall'Italia di Mussolini)
sostenne una Croazia "indipendente", affidata alla gestione anti-serba
degli ustascia, con il supporto decisivo della Chiesa cattolica, mentre
i serbi erano destinati allo sterminio.
La Rivoluzione russa aveva ovviamente cambiato le cose riguardo le
prospettive di lotta della classe operaia e la risposta delle classi
possidenti reazionarie a questa lotta, non solo nel territorio
dell'Unione Sovietica pre-1939, ma anche nei territori perduti (Stati
baltici e Polonia).
A seguito del Trattato di Riga del 1921, la Polonia annesse la parte
occidentale della Bielorussia (Volinia) e l'Ucraina (Galizia
meridionale, che in precedenza era proprietà della Corona austriaca; e
Galizia settentrionale, che era stata una provincia dell'Impero
zarista).
In tutta la regione, due campi presero forma a partire dal 1917 (e anche
dal 1905 con la prima Rivoluzione russa): quello filo-socialista (che
diventò filo-bolscevico), popolare in vasti settori della classe
contadina (che aspiravano a una riforma agraria radicale in loro favore)
e degli intellettuali (ebrei in particolare); e quello anti-socialista
(e conseguentemente compiacente verso i governi anti-democratici sotto
l'influenza fascista) in tutte le classi possidenti. La reintegrazione
degli Stati baltici, della Bielorussia e dell'Ucraina occidentale
nell'Unione Sovietica nel 1939 accentuò tale contrasto.
La mappa politica dei conflitti tra "filofascisti" e "antifascisti" in
questa parte dell'Europa orientale venne offuscata dallo scontro tra
sciovinismo polacco (che persisteva nel suo progetto di "polonizzare" le
regioni annesse di Ucraina e Bielorussia attraverso insediamenti
coloniali) e le popolazioni vittime, da un lato; e, dall'altro, dal
conflitto tra "nazionalisti" ucraini, che erano sia anti-polacchi sia
anti-russi (a causa dell'anticomunismo) e il progetto di Hitler, che non
prevedeva alcuno stato ucraino come alleato subalterno, in quanto il
suo popolo era semplicemente destinato allo sterminio.
Rimando il lettore all'opera fondamentale di Olha Ostriitchouk Gli ucraini di fronte al loro passato
[1], la cui analisi rigorosa della storia contemporanea della regione
(Galizia austriaca, Ucraina polacca, Piccola Russia e Ucraina sovietica
) permette di comprendere le questioni del conflitto ancora in corso,
come anche il posto occupato dal fascismo locale.
Lo sguardo compiacente della destra occidentale verso il fascismo passato e presente
La destra parlamentare europea tra le
due guerre ha sempre avuto uno sguardo compiacente verso il fascismo e
l'ancora più ripugnante nazismo. Churchill stesso, nonostante il suo
carattere terribilmente "british", non ha mai nascosto la propria
simpatia per Mussolini. I presidenti Usa e l'establishment repubblicano
e democratico hanno scoperto con molto ritardo il pericolo
rappresentato dalla Germania hitleriana e, soprattutto, dal Giappone
imperial/fascista. Con tutto il cinismo che caratterizza la classe
dirigente statunitense, Truman ammise apertamente ciò che gli altri
pensavano in silenzio: lasciare che la guerra esaurisse i protagonisti -
Germania, Russia sovietica e gli europei sconfitti - e intervenire il
più tardi possibile per raccoglierne i frutti. Cioè non proprio
l'espressione di una posizione antifascista di principio! E senza
mostrare alcuna esitazione vennero riabilitati Salazar e Franco nel
1945. Oltretutto, la connivenza con il fascismo europeo è stata una
costante nella politica della Chiesa cattolica. Non è quindi una
forzatura della realtà descrivere Pio XII come un collaboratore di
Mussolini e Hitler.
Lo stesso antisemitismo di Hitler ha suscitato orrore solo molto tardi,
quando raggiunse il livello più alto della sua follia omicida. L'enfasi
posta sull'odio del "giudeo-bolscevismo", alimentato dai discorsi di
Hitler, era comune a molti politici. Fu solo dopo la sconfitta del
nazismo che si rese necessario condannare l'antisemitismo in linea di
principio. Il compito è stato facilitato dal fatto che gli
autoproclamati eredi del titolo di "vittime della Shoah" divennero i
sionisti di Israele, alleati dell'imperialismo occidentale contro i
palestinesi ed i popoli arabi, che ad ogni modo non erano mai stati
coinvolti negli orrori dell'antisemitismo europeo!
Ovviamente, il crollo dei nazisti e dell'Italia di Mussolini obbligò le
forze politiche di destra in Europa occidentale (a occidente della
"cortina") a distinguersi da quelli che, all'interno dei loro gruppi, si
erano resi complici e alleati del fascismo. Tuttavia i movimenti
fascisti furono solo costretti ad abbandonare la scena e a nascondersi
dietro le quinte, senza scomparire realmente.
In Germania occidentale, in nome della "riconciliazione", il governo
locale ed i suoi patroni (Stati Uniti, e secondariamente Gran Bretagna e
Francia) lasciarono al loro posto tutti o quasi gli autori di crimini
di guerra e di crimini contro l'umanità. In Francia, furono avviati
procedimenti legali contro la Resistenza per "illecite esecuzioni di
collaborazionisti" quando i vichysti riapparvero sulla scena politica
con Antoine Pinay. In Italia, il fascismo rimase in silenzio, ma sempre
presente nelle file della Democrazia cristiana e della Chiesa
cattolica. In Spagna, la "riconciliazione" imposta nel 1980 dalla
Comunità europea (che più tardi divenne l'Unione europea) ha
semplicemente vietato qualsiasi ricordo dei crimini franchisti.
Il supporto dei partiti socialisti e socialdemocratici dell'Europa
occidentale e centrale alle campagne anticomuniste sostenute dalla
destra conservatrice hanno la loro parte di responsabilità per il
successivo ritorno del fascismo sulla scena. Questi partiti della
sinistra "moderata" erano comunque stati autenticamente e risolutamente
antifascisti. Ma tutto questo venne dimenticato. Con lo spostamento di
queste partiti verso il liberalismo sociale, il loro incondizionato
appoggio all'integrazione europea, sistematicamente progettata per
garantire l'ordine capitalista reazionario, e la loro non meno
incondizionata sottomissione all'egemonia Usa (esercitata, tra gli altri
mezzi, attraverso la Nato), si è consolidato un blocco reazionario che
combina la destra classica e i socioliberali e che potrebbe includere,
se necessario, la nuova estrema destra.
Successivamente, la riabilitazione del fascismo in Europa orientale è
stata condotta a passo svelto a partire dal 1990. Tutti i movimenti
fascisti dei paesi interessati erano stati fedeli alleati e
collaboratori a vari gradi dell'hitlerismo. Con l'approssimarsi della
sconfitta, molti dei loro capi vennero dispiegati ad ovest e poterono
quindi "arrendersi" alle forze armate statunitensi. Nessuno di loro fu
consegnato alle autorità sovietiche, jugoslave o degli altri governi
delle nuove democrazie popolari per rendere conto dei propri crimini (in
violazione degli accordi tra gli Alleati). Tutti trovarono rifugio
negli Stati Uniti e in Canada e tutti furono coccolati dalle autorità
per il loro feroce anticomunismo!
Ne Gli ucraini di fronte al loro passato, Olha Ostriitchouk
mette a disposizione tutto il necessario per stabilire senza ombra di
dubbio la collusione tra gli obiettivi della politica Usa (e, dietro di
essi, dell'Europa) e quelli dei fascisti locali dell'Europa orientale
(in questo caso, dell'Ucraina). Ad esempio, il "professore" Dmytro
Dontsov, fino alla sua morte (nel 1975), ha pubblicato tutte le sue
opere in Canada, che non soltanto sono violentemente anticomuniste
(abituale è l'utilizzo del termine "giudeo-bolscevismo"), ma anche
fondamentalmente anti-democratiche. I governi dei cosiddetti Stati
democratici dell'Occidente hanno supportato, finanziato e organizzato la
"rivoluzione arancione" (vale a dire, la controrivoluzione fascista)
in Ucraina. E tutto questo continua... Precedentemente, in Jugoslavia,
il Canada spianò la strada agli ustascia croati.
Il modo con cui i media "moderati" (che non possono ammettere
apertamente di supportare dei fascisti dichiarati) nascondono il loro
appoggio a questi fascisti è semplice: sostituiscono l'aggettivo
fascista con "nazionalista". Il professor Dontsovs non è più un
fascista, ma un "nazionalista" ucraino, proprio come Marine Le Pen, che
non è più fascista, ma nazionalista! (come ha scritto Le Monde, ad esempio).
Ora, questi autentici fascisti sono veramente "nazionalisti",
semplicemente perché si descrivono così? C'è da dubitarne. I
nazionalisti oggi meritano di essere qualificati in questo modo solo se
mettono in discussione il potere delle forze effettivamente dominanti
nel mondo contemporaneo, vale a dire, quello dei monopoli degli Stati
Uniti e dell'Europa. Ma questi cosiddetti "nazionalisti" sono amici di
Washington, Bruxelles e della Nato. Il loro "nazionalismo" si riduce a
odio sciovinistico nei confronti dei popoli vicini, in gran parte
innocenti, che non sono mai stati responsabili delle loro disgrazie: per
gli ucraini sono i russi (e non lo zar); per i croati sono i serbi;
per la nuova estrema destra in Francia, Austria, Svizzera, Grecia e
altrove, sono gli "immigrati".
Il pericolo rappresentato dalla collusione tra le maggiori forze
politiche negli Stati Uniti (repubblicani e democratici) e in Europa (la
destra parlamentare e i socioliberali) da un lato e i fascisti
d'Oriente, dall'altro, non va sottovalutato. Hilary Clinton si è eretta a
portavoce di questa collusione spingendo all'estremo l'isteria
bellica. Ancora più di Bush, se possibile, invoca la guerra preventiva a
oltranza (e non solo la riedizione della Guerra fredda) contro la
Russia – con un più aperto interventismo in Ucraina, Georgia e Moldova,
tra gli altri – contro la Cina e contro i popoli in rivolta in Asia,
Africa e America Latina. Purtroppo, questa fuga in avanti degli Stati
Uniti, in risposta al loro declino, potrebbe trovare un sostegno
sufficiente da permettere a Hillary Clinton di essere "la prima donna
presidente degli Stati Uniti!" Non dimentichiamo cosa c'è dietro questa
falsa femminista.
Non c'è dubbio che il pericolo fascista può sembrare non ancora in grado
di minacciare l'ordine "democratico" negli Stati Uniti e nell'Europa
ad ovest della vecchia "cortina". La collusione tra la destra
parlamentare e i socioliberali rende inutile per il capitale dominante
fare ricorso ai servigi dell'estrema destra che segue a ruota i
movimenti fascisti storici. Ma allora cosa dobbiamo dedurre dai
successi elettorali dell'estrema destra negli ultimi dieci anni? Gli
europei sono chiaramente anche vittime della diffusione generalizzata
del capitalismo monopolistico [2]. Possiamo quindi capire perché, di
fronte alla collusione tra la destra e la sinistra cosiddetta
socialista, si rifugino nell'astensione elettorale o nel voto per
l'estrema destra. La responsabilità della sinistra potenzialmente
radicale è, in tale contesto, maggiore, in quanto se avesse l'audacia
di proporre un reale superamento del capitalismo contemporaneo, ne
guadagnerebbe in credibilità perduta. Una sinistra radicale coraggiosa è
necessaria per dare quella coerenza di cui i frammentati movimenti di
protesta attuali e le lotte difensive sono manchevoli. Il "movimento"
potrebbe quindi invertire i rapporti di forza sociali a favore delle
classi lavoratrici e consentire avanzamenti progressivi. I successi
conseguiti dai movimenti popolari in Sud America lo testimoniano.
Nelle attuali circostanze, i successi elettorali dell'estrema destra
derivano dal capitalismo contemporaneo stesso. Tali successi consentono
ai media di biasimare e mettere nello stesso calderone, i "populisti
dell'estrema destra e quelli dell'estrema sinistra" dimenticando che i
primi sono filo-capitalisti (come il termine estrema destra dimostra)
e quindi dei potenziali alleati, mentre i secondi sono gli unici
oppositori potenzialmente pericolosi del sistema di potere del capitale.
Si osservano, mutatis mutandis, circostanze simili negli Stati
Uniti, sebbene qui l'estrema destra non si sia mai definita fascista.
Il maccartismo di ieri, proprio come i fanatici e guerrafondai del Tea
Party di oggi (Hilary Clinton, per esempio) difendono apertamente le
"libertà" - intese esclusivamente come quelle dei proprietari e dei
dirigenti del capitale monopolistico - contro "il governo", sospettato
di cedere alle richieste delle vittime del sistema.
Un'ultima osservazione finale sui movimenti fascisti. Essi sembrano
incapaci di sapere quando fermarsi nelle loro richieste. Il culto del
leader e l'obbedienza cieca, la acritica ed estrema valorizzazione delle
costruzioni mitologiche pseudo-etniche o pseudo-religiose che
trasmettono fanatismo, il reclutamento di milizie per azioni violente
fanno del fascismo una forza difficile da controllare. Gli errori, anche
al di là degli eccessi irrazionali nei termini degli interessi sociali
al cui servizio si pongono i fascisti, sono inevitabili. Hitler, che
era un autentico malato di mente, fu comunque in grado di costringere i
grandi capitalisti che lo avevano messo al potere a seguirlo nella sua
follia, conquistando anche l'ampio sostegno di un intero popolo. Anche
se è solo un caso estremo e Mussolini, Franco, Salazar, Pétain non
erano malati di mente, un grande numero di loro collaboratori e seguaci
non ha esitato a perpetrare azioni criminali.
Il fascismo nel Sud contemporaneo
L'integrazione dell'America Latina nel
capitalismo globalizzato nel XIX secolo si basava sullo sfruttamento
dei contadini ridotti allo status di "peones" e la loro sottomissione
alle crudeli pratiche dei grandi proprietari terrieri. Il sistema di
Porfiro Diaz in Messico ne è un buon esempio. L'approfondimento
dell'integrazione nel XX secolo ha prodotto la "modernizzazione della
povertà". L'esodo rurale accelerato, più pronunciato e giunto prima in
America Latina, rispetto ad Asia e Africa, ha portato a nuove forme di
povertà nelle favelas urbane contemporanee, le quali sono andate a
sostituire le vecchie forme di povertà contadina. Contemporaneamente,
le forme di controllo politico sulle masse sono state "modernizzate"
con l'istituzione di dittature, l'abolizione della democrazia
elettorale, il divieto dei partiti politici e dei sindacati e il
conferimento ai servizi segreti "moderni" di tutti i diritti di
arrestare e torturare attraverso le loro tecniche di intelligence.
Chiaramente, queste forme di gestione politica sono analoghe a quelle
del fascismo nei paesi a capitalismo dipendente in Europa orientale. Le
dittature latinoamericane del XX secolo si sono poste al servizio del
blocco reazionario locale (grandi latifondisti, borghesia compradora e
talvolta le classi medie beneficiarie di questo tipo di
lumpen-sviluppo), ma soprattutto hanno servito il capitale straniero
dominante, in questo caso degli Stati Uniti, che per tale ragione ha
sostenuto queste dittature fino alla loro caduta per via della recente
esplosione dei movimenti popolari. La forza di questi movimenti e le
conquiste sociali e democratiche che hanno imposto escludono, almeno
nel breve termine, il ritorno delle dittature para-fasciste. Ma il
futuro è incerto: il conflitto tra il movimento delle classi
lavoratrici e il capitalismo locale e mondiale è appena iniziato. Come
per tutti i tipi di fascismo, le dittature dell'America Latina non
evitano errori, alcuni dei quali sono stati fatali. Penso, per esempio,
a Jorge Rafael Videla, che è sceso in guerra per le isole Malvine per
capitalizzare il sentimento nazionale argentino a proprio vantaggio.
A partire dagli anni 1980, il lumpen-sviluppo caratteristico della
diffusione generalizzata del capitalismo monopolistico ha sostituito i
sistemi nazionali populisti dell'epoca di Bandung (1955-1980), in Asia e
Africa [3]. Questo lumpen-sviluppo ha anche prodotto forme simili sia
alla modernizzazione della povertà che a quella della violenza
repressiva. Gli eccessi dei sistemi post-nasseristi e post-baathisti nel
mondo arabo forniscono dei buoni esempi di ciò. Non dobbiamo mettere
insieme i regimi populisti nazionali dell'epoca di Bandung e quelli dei
loro successori, che sono saltati sul carro del neoliberalismo
globalizzato, perché entrambi "non democratici". I regimi di Bandung,
nonostante le loro pratiche politiche autocratiche, hanno goduto di
qualche legittimazione popolare sia per i loro risultati effettivi, di
cui hanno beneficiato la maggioranza dei lavoratori, che per le loro
posizioni antimperialiste. Le dittature che seguirono persero questa
legittimità non appena accettata la sottomissione al modello
neoliberista globalizzato e il lumpen-sviluppo che lo accompagna.
L'autorità popolare e nazionale, anche se non democratica, ha ceduto il
passo alla violenza della polizia in quanto tale, al servizio del
progetto neoliberale, antipopolare e antinazionale.
Le rivolte popolari recenti, a partire dal 2011, hanno messo in
discussione le dittature. Ma le dittature sono solo state messe in
discussione. Un'alternativa troverà i mezzi per giungere alla stabilità
solo in caso riesca a conciliare i tre obiettivi attorno a cui le
rivolte sono state mobilitate: la prosecuzione della democratizzazione
della società e della politica; le conquiste sociali progressiste e
l'affermazione della sovranità nazionale.
Ma siamo ancora lontani. Questo è il motivo per cui ci sono più
alternative possibili nel breve termine visibile. Ci può essere un
possibile ritorno al modello nazionale popolare dell'epoca Bandung,
magari con un pizzico di democrazia, oppure una cristallizzazione più
pronunciata di un fronte democratico, popolare e nazionale, o ancora un
tuffo in una illusione rivolta al passato che, in questo contesto,
assume la forma di una "islamizzazione" della politica e della società.
Nel conflitto, molto confuso, fra queste tre possibili risposte alla
sfida, le potenze occidentali (Stati Uniti e suoi alleati subalterni
europei) hanno fatto la loro scelta: hanno dato sostegno preferenziale
ai Fratelli musulmani e/o altre organizzazioni "salafite" dell'islam
politico. La ragione è semplice ed evidente: queste forze politiche
reazionarie accettano di esercitare il loro potere all'interno del
neoliberismo globalizzato (abbandonando così ogni prospettiva di
giustizia sociale e indipendenza nazionale). Questo è l'unico obiettivo
perseguito dalle potenze imperialiste.
Di conseguenza, il programma dell'islam politico appartiene al tipo di
fascismo trovato nelle società dipendenti. Infatti, condivide con tutte
le forme di fascismo due caratteristiche fondamentali: 1) l'assenza di
una messa in discussione degli aspetti essenziali dell'ordine
capitalistico (e in questo contesto ciò equivale a non contestare il
modello di lumpen-sviluppo collegato alla diffusione del capitalismo
neoliberale globalizzato); 2) la scelta di forme anti-democratiche, da
stato di polizia, di gestione politica (come ad esempio il divieto di
partiti e organizzazioni e l'islamizzazione forzata della morale).
L'opzione anti-democratica delle potenze imperialiste (che smentisce la
retorica pro-democratica del diluvio propagandistico a cui siamo
sottoposti), accetta quindi i possibili "eccessi" dei regimi islamici in
questione. Come altri tipi di fascismo e per le stesse ragioni, questi
eccessi sono iscritti nei "geni" del loro modo di pensare:
sottomissione indiscussa al leader, fanatica valorizzazione
dell'adesione alla religione di Stato e la formazione di forze d'urto
utilizzate per imporre la sottomissione. In realtà, e questo si può già
vedere, il programma "islamista" fa progressi soltanto in un contesto
di guerra civile (fra sunniti e sciiti, tra gli altri) e provoca niente
altro che caos permanente. Questo tipo di potere islamico è, quindi,
la garanzia che le società in questione resteranno assolutamente
incapaci di affermarsi sulla scena mondiale. E' chiaro che gli Stati
Uniti in declino hanno rinunciato a ottenere qualcosa di meglio (un
governo locale stabile e sottomesso) in favore di questa "seconda
scelta".
Sviluppi analoghi e scelte simili possono trovarsi al di fuori del mondo
arabo-musulmano, come ad esempio nell'India induista. Il Bharatiya
Janata Party (BJP), che ha appena vinto le elezioni in India, è un
partito religioso indù reazionario che accetta l'inclusione del suo
governo nel neoliberismo globalizzato. E' il garante che l'India, sotto
il suo governo, si ritirerà dal progetto di essere una potenza
emergente. Descriverlo come fascista, poi, non è davvero forzare troppo
la realtà.
In conclusione, il fascismo è tornato in Occidente, Oriente e nel Sud e
questo ritorno è naturalmente connesso alla diffusione della crisi
sistemica del capitalismo monopolistico generalizzato, finanziarizzato e
globalizzato. Il ricorso effettivo o anche potenziale ai servigi del
movimento fascista da parte dei centri dominanti di questo sistema in
difficoltà richiede la massima vigilanza da parte nostra. Questa crisi è
destinata a peggiorare e, di conseguenza, la minaccia di ricorrere a
soluzioni fasciste diventerà un pericolo concreto. Il sostegno di
Hillary Clinton ai guerrafondai di Washington non fa ben sperare per il
futuro immediato.
Note
1. Olha Ostriitchouk, Les Ukrainiens face à leur passé [Gli ucraini di fronte al loro passato] (Bruxelles: PIE Lang, 2013).
2. Per un ulteriore approfondimento, vedere Samir Amin, The Implosion of Contemporary Capitalism [L'implosione del capitalismo contemporaneo] (New York: Monthly Review Press, 2013).
3. Per la diffusione generalizzata di capitalismo monopolistico, ibid.
Avvertenze da leggere prima di intervenire sul blog Voci Dalla Strada
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