Il discorso annuale del premier sullo stato del paese del 20 febbraio arriva in un momento di profonda crisi economica, sociale e istituzionale. Il sistema politico spagnolo è a un passo dall’implosione.
 
Anche se non esiste alcun legame tra loro, i diversi ricatti che pesano sui politici e le istituzioni minacciano di provocare una paralisi del sistema politico e un’implosione delle istituzioni, che potrebbe portare alla fine del modello democratico attuale.
Dal re in giù, ormai è difficile incontrare una personalità dello stato che non sia coinvolta in qualche tipo di ricatto. Non c’è partito politico di peso esente da questo rischio.
Diego Torres continua a manovrare la macchina del ricatto contro il suo ex socio e genero del re Iñaki Urdangarin, e nel frattempo ha coinvolto l’infanta Cristina e ha attaccato sempre più duramente la Casa reale. Nella sua ultima apparizione, Torres ha parlato addirittura di interventi diretti di Juan Carlos, di un’amica intima del monarca e persino del principe Felipe.

Nelle fila del governo le cose non vanno meglio. Mariano Rajoy, nelle doppia veste di presidente del Pp e primo ministro, non ha ancora fornito spiegazioni adeguate sul perché Luís Bárcenas abbia continuato a lavorare per il partito per più di due anni dopo essersi dimesso da senatore ed essere stato coinvolto nella vicenda Gürtel [caso di corruzione che ha coinvolto alti funzionari del Partito popolare e imprenditori favoriti nella concessione di appalti pubblici]. Nessuno sa spiegare come mai sia stato concesso un simile privilegio a un uomo che ha portato 22 milioni di euro in Svizzera ed è stato il responsabile delle finanze del partito per più di vent’anni.

Come in un romanzo a puntate del XIX secolo, ogni giorno gli spagnoli vanno in edicola o navigano su internet per conoscere l’evoluzione delle malefatte che hanno trasformato la Spagna in un’immensa cloaca inondata dalla corruzione. L’argomento domina le conversazioni nei supermercati, nei bar e nelle fabbriche, ed è penetrato così a fondo che l’indignazione monta incontrollata.
In Catalogna la stabilità politica è minacciata dalla [notizia che le agenzie investigative spiavano] (3410291) gli affari e la vita privata dei vertici politici. È evidente che lo scopo della sorveglianza, di cui ancora si cercano i responsabili, fosse proprio il ricatto. Alcuni dei politici più coinvolti nel processo indipendentista potrebbero essere accusati formalmente di corruzione nelle prossime settimane.

La fogna in cui si è trasformato lo stato spagnolo conta più astri di una costellazione. L’indignazione, intanto, aumenta di giorno in giorno e ribolle sui social network. I movimenti civici degli indignados cominciano a ottenere le prime vittorie sul parlamento e sulle decisioni dei partiti al potere.
Se questa storia andrà avanti, se [l’infanta Cristina sarà chiamata a deporre] nei processi per corruzione contro il duca di Palma e se gli alti funzionari del Pp (incluso il presidente del governo) saranno convocati da un giudice, la stabilità dell’esecutivo potrebbe andare definitivamente in pezzi.

Nel frattempo la serie inarrestabile di ricatti non suscita alcuna reazione. Bárcenas manipola le sue agende e i suoi documenti con destrezza, ed è riuscito a evitare che Rajoy avviasse alcuna azione giudiziaria contro di lui o si azzardasse nemmeno a pronunciare il suo nome.
Accettare il ricatto non fa che mantenere o aggravare una debolezza. Se le richieste dell’estorsore sono eccessive, è meglio farla finita subito.

La stanchezza del re

A questo panorama desolante bisogna aggiungere la crisi sistemica della Confederazione delle industrie spagnole (Ceoe). L’ex presidente [Gerardo Díaz Ferrán] è in galera per gravi atti di corruzione. Il suo successore [Joan Rossell] si comporta come un piromane, mettendo in dubbio i dati ufficiali dello stato sulla disoccupazione e insultando centinaia di migliaia di lavoratori del settore pubblico. Il vicepresidente [Arturo Fernández] dovrà dimettersi con l’avanzare del processo in cui è accusato di reati contro la previdenza sociale e il fisco per aver pagato in nero i suoi dipendenti.

A proposito di malattie, i continui acciacchi del re di Spagna, la sua età avanzata e gli obblighi imprescindibili della sua agenda sono un ulteriore elemento di difficoltà per una istituzione ereditaria che non è abbastanza solida da impedire una successione complessa e delicata.
Le cariche sono ormai piazzate nella struttura dello stato. Se esploderanno dall’interno, sarà molto difficile tenere in piedi i pilastri portanti. Ma il rischio di destabilizzazione non può e non deve impedire che si conosca la verità. Questa volta i cittadini non sono disposti a perdonare o a dimenticare.

Traduzione di Andrea Sparacino