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4 maggio 2012
BOLIVIA: Morales si riprende la rete elettrica. Dalla Spagna
Dopo l'Argentina, ora anche la Bolivia si riprende ciò che era suo e
che i governi corrotti e subalterni avevano regalato alla Spagna.
Morales ha decretato la nazionalizzazione della rete elettrica finora
gestita da un'impresa di Madrid. Altro duro colpo per la Spagna stretta tra i diktat dell'Unione
Europea e le rivendicazioni di sovranità economica dei paesi
saccheggiati dalle multinazionali di Madrid negli anni scorsi, prima che
i movimenti popolari e progressisti rimettessero in discussione la
subalternità dell'America Latina agli ex colonizzatori.
Dopo la
nazionalizzazione decisa dal governo argentino di Cristina Kirchner
dell'YPF, ora tocca ad un'azienda spagnola operante in Bolivia.
Il presidente boliviano Evo Morales ha promulgato infatti ieri un
decreto urgente attraverso il quale nazionalizza il pacchetto di azioni
della Rete Elettrica Internazionale (filiale della Rete Elettrica di
Spagna) nell'impresa Transportadora de Electricidad (Tde). Lo stato
boliviano ripubblicizza quindi il 99.9% delle azioni finora in mano alla multinazionale energetica spagnola.
«Il decreto ha come obiettivo la nazionalizzazione a favore della
Empresa Nacional de Electrificacion (Ende, impresa pubblica boliviana)
del pacchetto azionario della società Rete elettrica internazionale
(filiale internazionale di una compagnia spagnola) nell'Impresa
Transportadora de Electricidad», ha detto Morales leggendo il Decreto
supremo numero 1214.
A giustificazione del gesto il fatto che la
società (e il suo predecessore Union Fenosa) hanno investito negli
ultimi 16 anni "appena 81 milioni di dollari, una media di cinque
milioni l'anno". Nel decreto che Morales ha letto ieri pubblicamente il
Governo di La Paz si impegna a contrattare una impresa indipendente per
fissare il valore dell'esproprio entro 180 giorni.
Intanto, per evitare brutte sorprese, il presidente ha dato disposizione
affinchè l'esercito vigili sugli stabilimenti della compagnia, che si
trovano a Cochabamba, nel centro del Paese andino. Ieri un drappello di
militari si è già presentato negli uffici dell'impresa.
Non è la
prima volta che il governo di sinistra boliviano, nato sulla spinta
delle lotte popolari e indigene contro la svendita dell'acqua e del gas
alle multinazionali straniere, nazionalizza compagnie controllate da
paesi occidentali. Nel 2008 Morales aveva nazionalizzato tre compagnie
petrolifere (Compania Logistica de Hidrocarburos, Chaco, Andina),
un rete di trasporto di idrocarburi (Transredes) e la compagnia
telefonica Entel, filiale di Telecom Italia. Nel 2009 toccò invece alla
compagnia aerea Air BP e nel 2010 fu il turno di 4 imprese elettriche.
Il
decreto è stato presentato durante una cerimonia pubblica in occasione
del Primo maggio come un «giusto riconoscimento ai lavoratori boliviani
«in lotta per recuperare il controllo sulle proprie risorse nazionali e
servizi di base». Il capo di stato ha evidenziato che sulla base della
Costituzione e del Piano nazionale di sviluppo, «la politica del governo
punta a recuperare il controllo, l'amministrazione e la direzione delle
imprese strategiche». Empresa Transportadora de Electricidad era
infatti stata privatizzata nel 1997. «Questa azienda prima era nostra -
ha giustamente osservato Morales - e quello che era nostro ora lo stiamo
nazionalizzando». L'impresa possiede 2.772 chilometri di linee di
trasmissione e controlla il 74% della rete nazionale elettrica.
Un altro inatteso e forte smacco per le multinazionali iberiche e in
particolare per il governo di destra di Mariano Rajoy, che da quando è
in carica sta utilizzando toni nazionalisti e populisti verso i partner e
i competitori internazionali per nascondere la macelleria sociale che
sta operando all'interno del paese.
Da parte sua, così come aveva
fatto la Repsol dopo la nazionalizzazione della controllata argentina,
Red Electrica minimizza gli effetti della decisione di Evo Morales,
dichiarando che le sue attività in Bolivia pesano solo per l'1,5% del
totale delle sue entrate e facendo sapere di non aspettarsi alcun
impatto rilevante. Eppure il suo titolo alla borsa di Madrid cede
stamattina il 2,86% del suo valore.
Mentre i rappresentanti della Commissione Europea si dicono
'preoccupati' per la decisione del governo boliviano, i sindacati del
settore energetico di La Paz applaudono. Il segretario Della
Confederación Sindical Unica de Trabajadores de Luz y Fuerza,
Telecomunicación, Agua y Gas de Bolivia, Rubén Dario, ha definito
storica la decisione. "I miei ringraziamenti al fratello Presidente per
questa azione" ha detto Dario, mentre il segretario del Sindacato dei
Lavoratori della TDE, Edwin Vargas, ha espresso il totale appoggio dei
dipendenti della compagnia alla nazionalizzazione.
Queste sono le belle notizie che fanno ancora sperare. Fin che ci saranno un Morales, un Chávez, appoggiati dal loro popolo, le multinazionali dei bankestein potranno solo stare alla larga. A meno che provino con una delle loro rivoluzioni colorate, destinate a fallire. Que viva Bolivia.
Annulla e sostituisce il precedente post, sempre che interessi a qualcuno. Qui sotto riporto un commento preso in rete da fonte informata sul tema:
Se con Morales intendi il presidente boliviano che ha espropriato la gestione della rete elettrica del suo paese alla spagnola REE (l’equivalente della nostra Terna) lo stesso Morales poche ore dopo ha inaugurato un impianto della Repsol, che fornirà gas boliviano…all’Argentina. Non posso che ribadire quello che ho scritto riguardo alla faccenda YPF (ben più grossa): è tutto un gioco delle parti, di cui la signora CFK, che a suo tempo applaudì la vendita della Ypf alla Repsol, è una delle più spudorate giocatrici. La cosa funziona così: nei momenti di crisi economica i governanti latinoamericani privatizzano e intascano grandi tangenti, quando si trovano nei guai con l’opinione pubblica o quando la torta sta finendo e vogliono il poco rimasto tutto per sé, usano l’arma della rinazionalizzazione patriottica.
Credo che non significa proprio niente per due motivi. In primo luogo, non si può pretendere miracoli allo schioccare delle dita, evidentemente non ci sono ancora le condizioni per farlo. In secondo luogo potrebbero non esserci nemmeno i motivi... Non è che nazionalizzare deve essere la regola assoluta ed indiscutibile, il problema delle multinazionali straniere è quello dello sfruttamento delle risorse di un paese senza alcun controllo in modo che la ricchezza e il guadagno va tutto all'estero, mentre al paese rimane qualche briciola. Se i governi mettono seri limiti a questo impostando regole chiare che le multinazionali devono rispettare, possono anche rimanere, e infatti Morales ha detto (...e io non ho motivo per dubitarne al momento) che la Repsol, sta rispettando tutte le regole imposte dal governo.
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Queste sono le belle notizie che fanno ancora sperare. Fin che ci saranno un Morales, un Chávez, appoggiati dal loro popolo, le multinazionali dei bankestein potranno solo stare alla larga. A meno che provino con una delle loro rivoluzioni colorate, destinate a fallire. Que viva Bolivia.
RispondiEliminaAnnulla e sostituisce il precedente post, sempre che interessi a qualcuno.
RispondiEliminaQui sotto riporto un commento preso in rete da fonte informata sul tema:
Se con Morales intendi il presidente boliviano che ha espropriato la gestione della rete elettrica del suo paese alla spagnola REE (l’equivalente della nostra Terna) lo stesso Morales poche ore dopo ha inaugurato un impianto della Repsol, che fornirà gas boliviano…all’Argentina.
Non posso che ribadire quello che ho scritto riguardo alla faccenda YPF (ben più grossa): è tutto un gioco delle parti, di cui la signora CFK, che a suo tempo applaudì la vendita della Ypf alla Repsol, è una delle più spudorate giocatrici.
La cosa funziona così: nei momenti di crisi economica i governanti latinoamericani privatizzano e intascano grandi tangenti, quando si trovano nei guai con l’opinione pubblica o quando la torta sta finendo e vogliono il poco rimasto tutto per sé, usano l’arma della rinazionalizzazione patriottica.
Credo che non significa proprio niente per due motivi.
EliminaIn primo luogo, non si può pretendere miracoli allo schioccare delle dita, evidentemente non ci sono ancora le condizioni per farlo.
In secondo luogo potrebbero non esserci nemmeno i motivi...
Non è che nazionalizzare deve essere la regola assoluta ed indiscutibile, il problema delle multinazionali straniere è quello dello sfruttamento delle risorse di un paese senza alcun controllo in modo che la ricchezza e il guadagno va tutto all'estero, mentre al paese rimane qualche briciola.
Se i governi mettono seri limiti a questo impostando regole chiare che le multinazionali devono rispettare, possono anche rimanere, e infatti Morales ha detto (...e io non ho motivo per dubitarne al momento) che la Repsol, sta rispettando tutte le regole imposte dal governo.
http://en.mercopress.com/2012/04/18/bolivia-s-morales-takes-distance-from-ypf-argentina-conflict-and-praises-repsol