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26 febbraio 2011

Le cause dell'aumento dei prezzi e della crisi alimentare mondiale

di Egidio Bruneto e Joao Pedro Stedile
Militanti del MST e della Via Campesina
Nelle ultime settimane, sono circolati diversi articoli e commenti sulla crisi dei prezzi alimentari. La maggior parte delle analisi sono buone. Anche se alcuni sono intrappolati nella visione economicistica della domanda e dell'offerta. O di qualche problema di siccità o inondazioni in alcuni paesi, che in realtà non sono la causa dell'aumento dei prezzi alimentari.
All'interno del MST e della Via Campesina abbiamo formulato buone analisi, che rafforzeremo. Per questo stiamo condividendo con voi il nostro punto di vista come una sorta di riassunto delle cause del rincaro dei generi alimentari e della crisi alimentare che colpisce milioni di esseri umani, al di là dei miliardi di affamati che soffrono la fame ogni giorno, secondo la FAO.

14 febbraio 2011

RISCHI GLOBALI 2011, VI EDIZIONE (Sintesi)

Il mondo non è in grado di fronteggiare gravi perturbazioni. La crisi finanziaria ha indebolito la resistenza dell’economia mondiale; allo stesso modo, l’aumento della tensione geopolitica e la crescente preoccupazione sul piano sociale ha fatto si che tanto i governi quanto le società abbiano meno possibilità che mai di fare fronte alle difficoltà su scala globale. Tuttavia, come mostra questo rapporto, vi è una maggiore preoccupazione per i rischi globali, le possibilità di una rapida diffusione attraverso sistemi sempre più interconnessi e la minaccia di effetti catastrofici.

In questo contesto, Rischi Globali 2011, Sesta Edizione mostra informazioni provenienti dal World Economic Forum e analizza il quadro generale riguardante i rischi nei prossimi dieci anni (1).

Due rischi globali trasversali
Esistono due rischi due rischi di particolare importanza per il loro alto grado di influenza e di interazione. La disuguaglianza economica (2) e le carenze in materia di governance (3) si ripercuotono sull’evoluzione di molti altri rischi globali e limitano la nostra capacità di rispondere a questi rischi in modo efficace.

15 settembre 2010

SPECULARE CON LA FAME: IL MONDO DI FRONTE ALLA PROSSIMA CRISI ALIMENTARE

Negoziare la fame: gli investitori scommettono per l’aumento del prezzo delle materie prime nelle borse. La scommessa ha delle conseguenze: il mondo affronta la prossima crisi alimentare.
di Michael R. Krätke

La storia alcuni già la conoscono: un ambizioso giovane drammaturgo vuole scrivere un’opera sugli avari eroi dell'avido mondo delle finanze. Lo scrittore vuole capire cosa motiva l’eroe. Ma nessuno può spiegare che è quello che decide il corso dei mosaici della borsa. La borsa dei cereali di Chicago si mostra come qualcosa di incomprensibile, ogni motivo presentato è una “montagna di grano” attraverso la quale non si riesce a vedere neanche agli attori coinvolti. L’autore, Bertolt Brecht, si diede per vinto; e cominciò a studiare Marx. Fu allora che, nelle sue parole, comprese veramente la sua opera. Tutto questo succedeva nel 1928, anno immediatamente precedente all’inizio della Grande Depressione.

13 aprile 2010

I BIOCARBURANTI CAUSANO CARESTIA


di Klaus Faissner 

La benzina è più redditizia del cibo, e sempre più aziende si avvicinano alle piante "energetiche" per produrre "biocarburanti". Questo aumenta la povertà e il numero di campi di piante transgeniche. Il cui polline contaminerà le sementi non transgeniche. Le imprese stringono potenti alleanze e comprano intere istituzioni universitarie. E tuttavia ciò che il futuro può garantire ai nostri viaggi, non è l'agricoltura, ma un auto elettrica efficace.
"Questo non ha nulla a che fare con energie rinnovabili, ma serve a prolungare l'economia del petrolio", spiega lo statunitense Eric Holt-Gimenez, del "Food First Institute".

20 marzo 2010

MILIARDARI E MEGA-CORPORATIONS DIETRO L'IMMENSO FURTO DI TERRA IN AFRICA


Più di 20 paesi africani cedono terreni agli stranieri per l'agricoltura intensiva.

di John Vidal

Awassa, Etiopia. Usciamo dalla strada principale a Awassa, abbiamo convinto le guardie e viaggiamo per un miglio su terreno disabitato fino a quando troviamo quella che presto sarà la più grande serra dell’Etiopia. Situata sotto una scogliera della valle di Rift, la costruzione è ancora lontana dall' essere finita, ma la struttura in plastica e acciaio si estende su 20 ettari- la misura di 20 campi di calcio.
Il manager della fattoria ci mostra milioni di pomodori, peperoni e altri vegetali coltivati in file di 450 metri in condizioni controllate dal computer. Ingegneri spagnoli costruiscono la struttura in acciaio, la tecnologia olandese minimizza l'utilizzo di acqua da due pozzi e 1000 donne raccolgono e conservano 50 tonnellate di alimenti al giorno.
Entro 24 ore si trasporteranno per 320 km a Addis Abeba e avranno volato in aereo per 1.600 km ai negozi e ristoranti a Dubai, Jiddah e altri luoghi del Medio Oriente.
L’Etiopia è uno dei paesi più affamati nel mondo nel quale più di 13 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari, ma paradossalmente il governo offre almeno 3 milioni di ettari della sua terra più fertile a paesi ricchi ed a alcuni degli individui con più soldi nel mondo perché esportino alimenti alle loro popolazioni.

7 marzo 2010

LETTONIA: DALL'ILLUSIONE DELLA LIBERTA' ALL'AMARO RISVEGLIO DELLA MISERIA


di Unai Aranzadi

Mijail taglia qualche tronco, accende il fuoco e prepara il the. Il termometro che qualcuno ha lasciato accanto alla sua tenda di campagna segna meno diciassette gradi e qui, nel viale centrale di Brivibas Iela, nessuno sembra dar importanza ad uno sconosciuto accampamento innalzato con una doppia funzione, quella di infra-abitazione e di protesta sociale. Per questo muratore di 56 anni “la miseria è diventata qualcosa di abituale”.

La Lettonia è un piccolo paese del mar Baltico. Allo stesso modo di quanto succede nella vicina Lettonia e Estonia, il suo territorio è sempre stato soffocato tra l’orso russo e l’elite dell’ Europa, sistema economico nel quale entrò a far parte sei anni fa, sedotta allora dalle promesse di un neoliberismo in pieno apogeo speculatore.

7 febbraio 2010

I FILANTROPI LICANTROPI

di Federico Franchini

Le cause dei dati allarmanti sullo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura sono molteplici. Il commissario speciale delle nazioni unite per il diritto all’alimentazione, Olivier de Schutter, mette l’accento su tre fattori: la crescente monopolizzazione delle sementi, la diminuzione della biodiversità e le speculazioni finanziarie sui mercati delle materie prime (1). Il mondo dell’economia e della finanza, parte in causa di questa situazione, tenta di salvarsi la faccia approcciando la problematica alimentare e proponendo progetti e iniziative tese a ridurre la fame nel mondo. Spesso però queste iniziative sono molto discutibili e, dietro un encomiabile obiettivo, si nasconde la volontà di fare affari. Dopo la crisi finanziaria la Terra è diventata un business sicuro e redditizio. La giustificazione umanitaria diventa a sua volta un buon metodo per coprire gli investimenti in questo settore. Un buon esempio ci viene dal Wold Economic Forum (WEF) di Davos, dove si è dato vita ad un’iniziativa intesa a sviluppare un’agenda operativa “per soddisfare la sicurezza alimentare, lo sviluppo economico e gli obiettivi di sostenibilità ambientale attraverso l’agricoltura”. Vediamo di che si tratta.

29 gennaio 2010

IL CONTRATTO CHE FIRMI OGNI GIORNO...

 

Miei cari amici,
l'11 settembre ricorre il triste anniversario di una catastrofe altamente simbolica per l'umanità.

A prescindere dalle nostre convinzioni o idee politiche, il sistema messo in moto nel nostro mondo "libero" si basa sul tacito accordo di un contratto con ciascuno di noi che a grandi linee espongo:

1. Io Accetto la competitività come base del nostro sistema, anche se mi rendo conto che questa operazione genera frustazione e rabbia alla maggior parte dei perdenti.

2. Accetto di essere umiliato o sfruttato a condizione che mi permettano di umiliare o di sfruttare un altro che occupi un posto inferiore nella piramide sociale.

3. Accetto l'esclusione sociale degli emarginati dei disadattati e dei deboli perchè considero che il peso che la società può accollarsi ha i suoi limiti.

4. Accetto di pagare le banche affinchè loro investano il mio stipendio secondo la loro convenienza e che non mi diano nessun dividendo dei loro giganteschi guadagni (guadagni che serviranno per aggredire i paesi poveri, fatto che accetto implicitamente).
Accetto anche che mi si applichi un alto tasso d'interesse per prestarmi denaro. Denaro che proviene esclusivamente da altri clienti.

5. Accetto di congelare o di buttare tonnellate di cibo così le borse non crollano, invece di offrirlo ai bisognosi e di permettere ad alcune centinaia di migliaia di persone di non morire di fame ogni anno.

6. Accetto che sia illegale mettere fine alla tua vita velocemente invece tollero che si faccia lentamente inalando o ingerendo sostanze tossiche autorizzate dai governi.

7. Accetto che si faccia la guerra per far regnare la pace. 
Accetto che in nome della pace la prima spesa degli Stati sia per la difesa. Accetto che i conflitti siano creati artificialmente perchè si disfino degli stock di armi e così permettere all'economia mondiale di continuare a crescere.

8. Accetto l'egemonia del petrolio nella nostra economia anche se è un'energia molto costosa ed inquinante e sono daccordo d'impedire qualsiasi intento di sostituzione se si svelasse che abbiamo scoperto un mezzo gratuito e illimitato di produrre energia. Accetto che sarebbe la nostra perdizione.

9. Accetto che si condanni l'assassinio di un altro umano, a meno che i governi decidano che è un nemico e mi spingano ad ucciderlo!

10. Accetto che si divida l'opinione pubblica creando partiti di destra e di sinistra che avranno come passatempo la lotta tra di loro facendomi credere che il sistema sta andando avanti inoltre accetto ogni tipo di divisione possibile purchè quelle divisioni mi permettano di focalizzare la mia rabbia sui nemici stabiliti quando si sbandierano le loro foto davanti ai miei occhi.

11. Accetto che il potere di costruire l'opinione pubblica, prima ostentato dai religiosi, sia oggi nelle mani di uomini d'affari non eletti democraticamente totalmente liberi di controllare gli Stati perchè sono convinto del buon uso che ne faranno.

12. Accetto che l'idea della felicità si riduca alla comodità; l'amore al sesso, la libertà alla soddisfazione di tutti i desideri perchè è quello che la pubblicità ripete ogni giorno, quanto più infelice sono più consumo.
Compirò il mio dovere contribuendo al buon funzionamento della nostra economia.

13. Accetto che il valore di una persona sia proporzionale al suo conto corrente che si apprezzi la sua utilità in funzione della sua produttività e non delle sue qualità, e che sia escluso dal sistema se non produce sufficientemente.

14. Accetto che siano ricompensati abbondantemente i giocatori di calcio e gli attori e molto meno gli insegnanti e i medici incaricati dell'educazione e della salute delle future generazioni.

15. Accetto di escludere dalla società gli anziani la cui esperienza potrebbe servirci ma siccome siamo la civiltà più evoluta del pianeta (e senza dubbio dell'universo) sappiamo che l'esperienza nè si condivide nè si trasmette.

16. Accetto che mi presentino notizie negative e spaventose del mondo ogni giorno, in modo da poter apprezzare fino a che punto la nostra situazione è normale e quanto sono fortunato a vivere in Occidente. So che mantenere la paura nei nostri spiriti può essere solo un beneficio per noi.

17. Accetto che gli industriali, militari e capi di Stato si riuniscano regolarmente, senza consultarci, per prendere decisioni che compromettano il futuro del pianeta della vita del pianeta...della vita e il pianeta.

18. Accetto di consumare carne bovina trattata con ormoni senza che me lo dicano esplicitamente.
Accetto che le colture di OGM si propaghino in tutto il mondo permettendo così alle multinazionali agroalimentari di brevettare esseri viventi e conservare guadagni considerevoli ed avere sotto controllo l'agricoltura mondiale.

19. Accetto che le banche internazionali prestino denaro ai paesi che vogliono armarsi e combattere, e così scegliere quelli che faranno la guerra e quelli che non la faranno. So che è meglio finanziare entrambe le parti, per essere sicuri di fare soldi e di prolungare i conflitti più a lungo possibile, al fine di rubare completamente le loro risorse se non riescono a pagare i loro debiti.

20. Accetto che le multinazionali si astengano dall'applicare i progressi sociali dell'Occidente, ai paesi poveri considerando che per loro è già una fortuna se li fanno lavorare. Preferisco che si utilizzino le leggi vigenti in questi paesi che permettono di fare lavorare i bambini in condizioni disumane e precarie.
Nel nome dei diritti umani e del cittadino, non abbiamo nessun diritto d'intrometterci.

21. Sono daccordo sul fatto che i politici possano essere di dubbia onestà e talvolta anche corrotti.Credo che questo sia normale data la forte pressione che devono affrontare. Per gli altri si deve applicare tolleranza zero.

22. Accetto che i laboratori farmaceutici e gli industriali agroalimentari vendano nei paesi poveri prodotti scaduti o utilizzino sostanze cancerogene vietate in Occidente.

23. Accetto che il resto del pianeta, cioè 4000 milioni di individui possano pensarla diversamente a condizione che non vengano a esprimere il loro credo a casa nostra, e meno ancora a cercare di spiegare la nostra Storia con le loro nozioni filosofiche primitive.

24. Accetto l'idea che esistano solo 2 possibilità in natura, cioè:
cacciare o essere cacciati, e se siamo dotati di una coscienza e di un linguaggio, certamente non è per sfuggire a questa dualità, ma per giustificare il perchè agiamo in quel modo.

25. Accetto di considerare il nostro passato come una continuazione ininterrotta di conflitti di cospirazioni politiche e di volontà egemoniche, ma so che tutto questo non esiste più, perchè siamo all'apice della nostra evoluzione, e perchè le regole che governano il nostro mondo sono la ricerca della felicità e della libertà per tutti i popoli, come ascoltiamo continuamente nei discorsi dei nostri politici.

26. Accetto senza discutere e considero come verità tutte le teorie proposte per spiegare i misteri delle nostre origini. E accetto che la natura abbia potuto dedicare milioni di anni per creare un essere umano
il cui unico passatempo è la distruzione in pochi istanti della sua stessa specie.

27. Accetto la ricerca del profitto come fine supremo dell' Umanità e l'accumulo di ricchezza come realizzazione della vita umana.

28. Accetto la distruzione dei boschi, l'estinzione dei pesci nei fiumi e nei nostri oceani.
Accetto l'aumento dell'inquinamento industriale e la dispersione di veleni chimici ed elementi radioattivi nella natura. Accetto l'uso di ogni tipo di additivo chimico nella mia alimentazione perchè sono convinto che se vengono aggiunti è perchè sono utili ed innoqui.

29. Accetto la guerra economica che agisce esclusivamente sul pianeta, anche se ritengo che ci porta verso una catastrofe senza precedenti.

30. Accetto questa situazione, e credo che non posso fare nulla per cambiarla o migliorarla.

31. Accetto di essere trattato come bestiame perchè penso di non valere di più.

32. ACCETTO DI NON FARE NESSUNA DOMANDA, DI CHIUDERE GLI OCCHI SU TUTTO QUESTO E DI NON FARE NESSUNA VERA OPPOSIZIONE PERCHE' SONO TROPPO IMPEGNATO CON LA MIA VITA E PREOCCUPAZIONI. ACCETTO ANCHE DI DIFENDERE A MORTE QUESTO CONTRATTO SE LEI ME LO CHIEDE...

33. ACCETTO QUINDI, NELLA MIA ANIMA E COSCIENZA E DEFINITIVAMENTE QUESTA TRISTE MATRICE CHE LEI PONE DI FRONTE AI MIEI OCCHI E DI ASTENERMI DAL VEDERE LA REALTA' DELLE COSE.

So che tutti voi agite per il mio bene e quello di tutti, e per questo vi ringrazio.

Pubblicato nel 2003 per commemorare il triste anniversario degli eventi dell'11 settembre...
... da un anonimo (francese)

1 dicembre 2009

IL "SOGNO AMERICANO" DI 49 MILIONI DI STATUNITENSI E' MANGIARE!

di Angel Martinez

Se lei pensa che la fame è un male alieno al
primo mondo, si sbaglia. Più di 49 milioni di statunitensi hanno sofferto una costante “insicurezza alimentare” durante l’anno scorso, 13 milioni in più rispetto al 2007, secondo quanto si denuncia in un documento del Dipartimento dell’ Agricoltura degli USA. Questa cifra indica che una ogni sei famiglie ha problemi nel trovare cibo a sufficienza nella prima economia del mondo. E, quello che è peggio, il numero di bambini nordamericani che soffrono al fame sono aumentati da 11 a 17 milioni, una quantità record da quando Washington ha cominciato ha studiare il fenomeno 14 anni fa.

Il Governo classifica le famiglie come
“food secure” o “food insecure” (“cibo sicuro” o “ cibo insicuro”, ndt) basandosi su un questionario che analizza le loro abitudini alimentari durante gli ultimi 12 mesi. Tra le altre questioni, viene chiesto loro se i genitori o i figli hanno passato, qualche volta, una giornata intera senza mangiare perché non avevano i soldi sufficienti per comprare alimenti. La quantità di risposte affermative dà un’idea della dimensione del problema, che ha già provocato una richiesta dei media statunitensi a Barack Obama perchè allarghi i programmi federali già esistenti sulla nutrizione.

Un terzo delle famiglie con problemi economici soffre quello che i
ricercatori chiamano eufemisticamente come una “molto bassa sicurezza alimentare”. Cioè, i membri delle famiglie non mangiano due volte al giorno, riducono considerevolmente le razioni o, semplicemente, non hanno denaro sufficiente per comprare cibo. Le famiglie senza risorse alimentano prima i loro figli, proteggendoli dalla fame quanto più possono. Ma, il documento denuncia che il numero di bambini esposti ad una “molto bassa sicurezza alimentare” è passato da 323.000 a 506.000 nel 2007.

A questo si aggiunge un dato preoccupante: un altro studio federale mostra che, anche prima che scoppiasse la crisi, più di due terzi delle famiglie definite come
“food insecure” ha tra i suoi membri uno o più lavoratori a tempo pieno. Questo indica che, secondo il NY Times, milioni di statunitensi erano intrappolati in lavori con stipendi spazzatura prima che la recessione riducesse ancora maggiormente le loro possibilità di alimentare i loro figli.

La classe media si impoverisce.


Nonostante Washington abbia annunciato recentemente una crescita del 3,5 del PIL nel terzo trimestre, cioè, che la peggior crisi dal 1929 è stata superata, non sono pochi gli analisti che pensano che la maggior parte degli statunitensi affronta una grande depressione.
Il drastico calo dei prezzi delle abitazioni sta impoverendo ancora di più la classe media e bassa, il cui patrimonio principale è la casa. Mentre, l’ aumento del mercato di valori sta facendo più ricchi quelli che già lo erano, perché il loro patrimonio principale sono azioni.

Dopo aver preso la presidenza, Barack Obama ha deciso di destinare 20.000 milioni di dollari al
Supplemental Nutrition Assistan Program (SNAP,ndt), cioè, il programma dei buoni pasto per famiglie bisognose. Tenendo conto che la popolazione attuale statunitense è di 304 milioni, con un tasso di povertà del 13%- che aumenta al 21,9 % nei minori di 18 anni, la più alta nel mondo sviluppato- di suddetta quantità potrebbero beneficiare 6 milioni di persone in più di quelle che già beneficiano dello SNAP. Sembrerebbe che chi governa la terra dell’abbondanza si augura un aumento spettacolare della povertà.

Fonte:
http://www.elconfidencial.com/mundo/millones-estadounidenses-padecen-hambre-20091121.html

Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da
VANESA

20 novembre 2009

FAO: IL SUMMIT DEI CONDANNATI

Pagare o fare la dieta: La FAO riconosce che la fame non è una “priorità”.

In base alla definizione di Wikipedia (in Spagnolo, ndt): “La fame è la sensazione che indica il bisogno di alimento. In condizioni di una normale alimentazione, è solita apparire dopo 4 ore dall’ultimo pasto, anche se questo tempo può essere molto variabile. La sensazione della fame è qualcosa di naturale, ma privarsi dell’alimento per molto tempo pregiudica la salute mentale e fisica. La privazione dell’alimento induce alla sonnolenza, attenua le emozioni ed impedisce di pensare con normalità. Il desiderio di mangiare diventa prioritario e si diluiscono i valori morali. La fame estrema può comportare un effetto disumanizzante che può portare al furto, all’assassinio e anche al cannibalismo. Spesso la fame è accompagnata da malattie e epidemie, che hanno origine nello stato di debolezza dei colpiti”.

Per il direttore generale dell’ Organizzazione per l’ Agricoltura e l’Alimentazione (FAO) delle Nazioni Unite, Jacques Diouf, l’assenza dei leader politici dei paesi ricchi al Summit Mondiale sulla Sicurezza Alimentare che sta avendo luogo a Roma, rivela che “il problema della fame non è una priorità per i paesi più ricchi”. Allo stesso modo, assicura che, “con 44.000 milioni di dollari si risolverebbe la fame nel mondo”. Questa cifra equivale al 66% della fortuna di Bill Gates, il primo milionario del pianeta. Cioè, se il buon Bill Gates rimanesse con 16.000 milioni di dollari e donasse il resto alla FAO, gli affamati del mondo mangerebbero.

Ma durante il summit, aldilà dei discorsi, nessuno, nessun paese ha messo una moneta per alleviare la carestia che devasta più di un miliardo di abitanti della Terra. Pazzia? Assurdità? Cannibalismo della propria specie? Niente di tutto questo: Pianeta retto dal sistema capitalista e mancanza di motivazione per investire nel “prodotto fame”. Investire nel mercato della povertà non produce guadagno aziendale e risulta un passivo sempre più intollerabile per i governi. La prova è evidente: Al Summit Mondiale sulla Sicurezza Alimentare i poveri e affamati del mondo (per una stretta valutazione dell’equazione “costo-beneficio” capitalista) sono stati già abbandonati al loro destino e condannati a morte senza processo. E l’Apocalisse sociale non è più una teoria cospiratrice: La ribellione degli affamati si cucina a fuoco lento ma sicuro. Il capitalismo si suicida, e non lo sa, la sua demenza criminale è più forte che la stessa realtà che produce.

In base alle informazioni delle agenzie di notizie internazionali, in una delle peggiori assemblee mondiali dedicate al “più drammatico problema dell’umanità”, sessanta capi di Stato e di Governo, più delegati di tutti i paesi, lunedì hanno fatto solo una dichiarazione politica e non hanno dato neanche un centesimo per alleviare la fame che devasta mille milioni di abitanti della Terra.
Per il direttore generale della FAO, Jacques Diouf, l’assenza dei leader politici dei paesi ricchi al Summit Mondiale sulla Sicurezza Alimentare che sta avendo luogo a Roma, rivela che “ il problema della fame non è una priorità per i paesi più ricchi”.

Ad eccezione del primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, la riunione si è caratterizzata per l’assenza degli altri membri del G-8, cioè, delle economie imperiali più potenti del mondo, fatto che è stato sottolineato dal direttore generale della FAO, Jacques Diouf, così come dai principali responsabili della società civile e delle organizzazioni non governative che hanno partecipato all’evento.

“Dà la sensazione che il problema della fame nel mondo non è una priorità” , ha affermato Diouf durante dichiarazione a Radio Nazionale di Spagna, raccolte da Europa Press, in relazione all’assenza di capi di Governo dei paesi del G- 8. “Ci sono dichiarazioni, compromessi, indicazioni ma a queste non segue l’azione”, si è lamentato.
Secondo la FAO, ogni sei secondi nel mondo muore di fame un bambino e ogni giorno 17.000 bambini perdono la vita per non avere nulla da mangiare.
Il direttore della FAO, Jacques Diouf, ha contato sei secondi in una pubblicità e aggiunse; “ Un bambino nel mondo è morto per la fame”. Nel giorno dell’assemblea mondiale contro il flagello, 17 mila persone sono morte di fame, ha aggiunto.

Il documento firmato dai 193 paesi, membri della FAO dice: “Ci allarma che persone che soffrono la fame e la povertà adesso siano più di 1.000 milioni. Questa situazione costituisce una cicatrice inaccettabile”.
E anche se i partecipanti al Summit hanno manifestato il bisogno di raggiungere entro il 2015 gli scopi del primo Obiettivo dello Sviluppo del Millenio di ridurre il numero di persone affamate della metà, la dichiarazione non parla dei fondi con i quali si riuscirebbe ad ottenere questo.
Il direttore della FAO si è lamentato del fatto che non si è parlato di una quantità concreta di denaro neanche di una data per questi obiettivi. “Se si fissa uno scopo è necessario quantificarlo e dire quando si deve realizzare”, ha spiegato Diouf durante le dichiarazioni stampa.

Durante il summit, il funzionario ha affermato che si necessita di 44 milioni di dollari per sradicare la fame nel mondo.
In realtà, “si tratta di una quantità piccola se si compara con i 365.000 milioni di dollari di sovvenzioni ai produttori agricoli nei paesi dell’ OCDE nel 2007”, ha chiarito e insistendo sul bisogno di produrre alimenti nei posti dove risiedono i poveri e gli affamati, ha spiegato.

Pagare o fare la dieta.

Per l' ONU, nel mondo ci sono più di un miliardo di persone che soffrono la fame, la cifra più alta della storia ed in tutto il pianeta ci sono 3 miliardi di denutriti, che rappresentano quasi la metà della popolazione mondiale, di 6.500 milioni. Ma nella realtà, la produzione di alimenti è fuori dall’orbita di controllo statale dei governi.
Le risorse essenziali per la sopravvivenza sono sottoposte alla logica del guadagno capitalista di un pugno di corporazioni transnazionali (con capacità informatica, finanziaria e tecnologica) che le controllano a livello globale e con la protezione militare-nucleare degli USA e delle superpotenze.
In questo scenario, la produzione e la commercializzazione degli alimenti non è sotto la logica del “bene sociale”, bensì la più cruda logica del guadagno capitalista.

Secondo la stessa FAO, dieci corporazioni transnazionali controllano annualmente l’ 80% del commercio mondiale degli alimenti basici, e un numero simile di mega aziende controllano il mercato internazionale del petrolio, del cui impulso speculativo si nutre il processo dell’aumento dei prezzi degli alimenti, causa della fame, che si estende in tutto il pianeta.
Tra i primi squali transnazionali dell’alimentazione, si trovano l’azienda svizzera della Nestlè SA, la francese Groupe Danone SA, e la Monsanto Co, leader mondiali della commercializzazione degli alimenti e che, oltre a controllare la commercializzazione e le fonti di produzione, possiedono tutti i diritti su scala globale su semi e prodotti agricoli.

Spogliati dalla loro condizione di “bene sociale” per la sopravvivenza, quelle risorse si convertono in merce capitalista con un valore fissato dalla speculazione del mercato, ed i prezzi non solo vengono stabiliti dalla richiesta del consumo massivo ma basicamente dalla richiesta speculativa dei mercati finanziari e agro-energetici.
Ed i governi, nel non avere un potere di negoziare sulle loro risorse agro energetiche diventano burattini delle corporazioni che li controllano e che si appropriano del guadagno prodotto dal lavoro sociale di questi paesi.
Quindi, non c’è una “crisi alimentare” (come sostengono la FAO, la ONU, la Banca Mondiale e le organizzazioni del capitalismo come il G-8) ma un aumento della fame mondiale a causa della speculazione finanziaria e la ricerca di guadagno capitalista con il prezzo del petrolio e degli alimenti.

Il controllo delle fonti, della produzione, della commercializzazione internazionale e dell’insieme delle risorse finanziarie emergenti dalle corporazioni transnazionali, fanno diventare impotenti i governi dipendenti (senza alcun potere su quelle risorse) per risolvere i problemi della fame che colpisce la loro popolazione.
E per più appelli che le istituzioni “assistenzialistiche” del capitalismo come l' ONU e la FAO (che seguono la carità religiosa) facciano, le corporazioni transnazionali stabiliscono la loro dinamica produttiva a partire dalla relazione costo- beneficio. Questo è, e seguendo la logica essenziale che guida lo sviluppo storico del capitalismo, producono solo rispettando la legge del guadagno, la legge del beneficio privato e non la logica del beneficio sociale.

D’altra parte, i fondi che l' ONU, Banca Mondiale e altre organizzazioni del capitalismo transnazionale destinano, sono elemosine in comparazione ai guadagni multimilionari degli squali del petrolio e dell’alimentazione e la crescita delle fortune personali dei suoi manager e azionisti.
In questo quadro, il risultato del Summit dell’Alimentazione a Roma, non poteva essere diverso.
Pagare o fare dieta: la ricetta del sistema capitalista per la massa mondiale della popolazione che avanza e che resta fuori dal mercato del consumo. Incredibile, ma vero.

Fonte: http://www.iarnoticias.com/2009/secciones/contrainformacion/0082_el_hambre_no_es_prioridad_17nov09.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

18 novembre 2009

FERMATE LA «MONSANTIZZAZIONE» DEL CIBO, DEI SEMI E DEGLI ANIMALI!

“I regolamenti sui brevetti dell' UE, USA e molti altri paesi, così come anche i cosiddetti Accordi Trips dell' OMC devono essere rivisti con urgenza per mettere freno alla monopolizzazione e al controllo aziendale delle risorse genetiche del mondo. Questa revisione dovrebbe condurre ad una regolamentazione che garantisca il diritto alla alimentazione ed al divieto di brevetti su piante e animali da fattoria”.
Allerta globale della coalizione “No ai brevetti sui Semi!”.

Negli ultimi anni, le organizzazioni di agricoltori del mondo intero, gli allevatori e coltivatori, le istituzioni dell' ONU, così come le organizzazioni per lo sviluppo e ambientali hanno espresso molte volte la loro preoccupazione di fronte alla crescente monopolizzazione dei semi e degli animali delle aziende agricole attraverso i brevetti. La perdita della loro indipendenza ed l’aumento del debito degli agricoltori, la diminuzione della diversità vegetale e animale e le sempre maggiori restrizioni alle attività della coltivazione, l'allevamento e la ricerca sono alcune delle conseguenze più preoccupanti di questa tendenza. Ma nonostante queste esperienze allarmanti ancora non esistono misure legali per fermare questa tendenza. Al contrario, un recente studio sulle sollecitazioni presentate alla World Intellectual Property Organization (WIPO), mostra che le grandi aziende internazionali di semi cercano ancora di imporre le loro rivendicazioni di monopolio senza preoccuparsi delle conseguenze per la sicurezza alimentare globale ed il sostentamento degli agricoltori di tutto il mondo. Questo risulta ovvio analizzando le recenti sollecitazioni sui brevetti, presentatedalle tre più grandi multinazionali di semi: la Monsanto (USA), Dupont (USA) e Sygenta (Svizzera).

I sottoscritti firmatari, singoli, organizzazioni ed istituzioni lanciano un appello ai governi e agli uffici brevetti per frenare questo sviluppo preoccupante e perché siano riviste le regole sui brevetti esistenti. Le regolamentazioni sui brevetti dell' UE, gli USA e molti altri paesi così come gli accordi chiamati Trips dell' OMC devono essere rivisti con urgenza per frenare la monopolizzazione e il controllo aziendale delle risorse genetiche mondiali. Questa revisione dovrebbe condurre ad una regolamentazione che garantisca il diritto all' alimentazione e il divieto di brevetti sulle piante e animali delle fattorie.

I seguenti esempi mostrano alcune sollecitazioni di brevetti portati all’estremo.

Molte delle rivendicazioni presentate in queste sollecitazioni possono solo essere descritte come assurde. Questi brevetti mostrano fin dove si è arrivati con le norme sui brevetti esistenti che sono completamente carenti. In solo quattro anni, tra il 2005 ed il 2009, la Monsanto ha presentato quasi 150 sollecitazioni per i brevetti su coltivazioni di piante alla WIPO. Queste sollecitazioni mostrano la crescente tendenza ad esigere diritti di proprietà esclusivi non soltanto sulle piante o animali geneticamente modificati, ma anche sulle biodiversità esistenti ed sui metodi di coltivazione e dell’allevamento tradizionale. Mentre negli anni precedenti al 2005 furono presentati soltanto pochi brevetti di questo tipo, più del 30% delle sollecitazioni di brevetti della Monsanto presentate tra il 2005 ed il 2009 includono i metodi di coltivazione convenzionali. Questa tendenza si può osservare tra le altre grandi aziende delle sementi. Durante lo stesso periodo, Dupont, ha presentato intorno alle 170 sollecitazioni di brevetti su coltivazioni, il 25% di essi implicano metodi di coltivazioni tradizionali. Syngenta ha presentato circa 60 sollecitazioni, il 50 % di esse centrati sulle coltivazioni tradizionali. Tra le grandi aziende di semi, la Monsanto è l’unica che presenta anche brevetti su animali da fattoria. Dal 2005, circa 20 brevetti su metodi di allevamento sono stati presentati dall’azienda statunitense.

Esempi:
  • Sollecitazione di brevetti della Monsanto WO200821413, “il brevetto che monsantorizza il mais e la soia”, rivendica metodi che ampiamente si utilizzano nella coltivazione e l’allevamento tradizionale. In più di 1000 pagine e attraverso 175 rivendicazioni, la Monsanto rivendica varie sequenze di geni e di variazioni genetiche, specialmente per la soia ed il mais. La Monsanto va così lontano che esige esplicitamente che tutte le piante di mais e soia che contengono quegli elementi genetici. Inoltre estende la lista a tutte le utilizzazioni in alimenti, raccolti e biomassa. Con la presentazione di sollecitazioni regionali specifiche, la Monsanto mostra un interesse particolare nel richiedere questo brevetto in Europa, Argentina e Canada.
  • Nella richiesta del brevetto WO 2009011847 , “il brevetto che monsantorizza la carne ed il latte”, la Monsanto rivendica ampiamente i metodi dell’allevamento del bestiame, animali così come anche del latte, il formaggio, il burro e la carne.
  • Altre aziende hanno anche presentato in modo aggressivo delle richieste sulle risorse genetiche, necessarie per la produzione di alimenti e raccolti. Un esempio è la richiesta del brevetto WO 2008087208 , “il brevetto Syngenta sulla semina del mais”, che si concentra sulle condizioni genetiche del mais per la produzione del grano. La Syngenta rivendica le piante ed anche la loro coltivazione.
  • Vari brevetti simili sono stati già concessi, come il brevetto sulla coltivazione di soia, come la WO 98/45448 , “il brevetto Dumont sul tofu” dato in Australia, Europa e USA che include la salsa di soia, il tofu, il latte di soia ed un preparato per biberon di questa soia. Questo brevetto (o brevetti della stessa famiglia) sono stati presentati anche per il Brasile, Canada, Cina, Giappone, Norvegia e Nuova Zelanda.
Questa classe di brevetti sono la colonna vertebrale di una strategia per prendere il controllo globale della produzione alimentare a tutti i livelli. Questi brevetti non eliminano la ricerca e l’innovazione. Il loro obiettivo è bloccare l’accesso alle risorse genetiche e alla tecnologia e creare una nuova dipendenza per gli agricoltori, allevatori e coltivatori. La resistenza, tuttavia, è in aumento. Nel 2007, le organizzazioni degli agricoltori e le ONG di tutto il mondo ha creato la piattaforma globale "No ai brevetti sulle sementi". Nel 2008, centinaia di lettere furono spedite all’ Ufficio Europo dei Brevetti (EPO) nel “caso del brevetto sui broccoli”, EP 1069819, che costituiva un precedente. Nel 2009, migliaia di agricoltori e cittadini, ONG e anche autorità governative hanno presentato una opposizione al “brevetto europeo sull’allevamento dei maiali”, EP 1651777, un brevetto richiesto dalla Monsanto nel 2004.

Le persone, organizzazioni ed istituzioni che hanno firmato chiedono ai politici e agli uffici dei brevetti di tutto il mondo di assicurare che i brevetti come quelli menzionati sopra non possano essere concessi. Si necessita di un cambiamento radicale sia da parte della legislazione sui brevetti sia sulle piante e animali da fattorie. Non dovrebbe essere permesso che le aziende di continuare ad usare male e monopolizzare i semi, piante e animali da fattoria attraverso le leggi sui brevetti. In caso contrario, questi brevetti diventeranno un pericolo maggiore per la sicurezza alimentare e per la sovranità alimentare regionale.

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Questa allerta sarà consegnata ai governi e agli uffici dei brevetti il 26 marzo del 2010- tre anni dopo l’inizio ufficiale della coalizione globale “No ai Brevetti sui Semi”.

Fino ad ora le associazioni contadine seguenti hanno già sostenuto l’iniziativa ( in ordine alfabetico):
ABL Germania
BDM Germania
BKS India
COAG Spagna
Coldiretti Italia
Equivita Italia
FAA Argentina
FETRAF-Sul Brasile
GRAIN International
ICPPC Polonia
UNAG Nicaragua

Coalizione No ai Brevetti sui Semi

Fonte: http://www.biodiversidadla.org/content/view/full/52882

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di Vanesa

8 novembre 2009

LA FAME COLPISCE ANCHE CHI HA LA PANCIA PIENA


di Paul Virgo

Chiedete agli esperti dell’alimentazione se la lotta contro la fame è nell'interesse di chi ha la pancia piena nei paesi ricchi, e vi risponderanno di sì. Ma chiedetegli se è il caso di informarli in merito, e probabilmente vi risponderanno “forse no”.


Ci sono tanti motivi per cui anche chi non versa in situazioni di insicurezza alimentare la dovrebbe considerare un problema, perfino al netto di considerazioni morali sulla giustizia sociale.
Il motivo più evidente è che, generando disperazione, la fame diviene fonte di conflitti e una minaccia per la sicurezza di ognuno.

"Si fa leva sul terrorismo e sulla sicurezza nazionale: laddove si vive nella miseria e nella fame, il terreno è fertile per reclutare terroristi", ha osservato David Dawe, economista senior alla sede romana dell’agenzia ONU per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO).

"Il tema è forte".
Anche Josette Sheeran, capo del Programma Alimentare Mondiale (PAM/WFP), un’altra agenzia ONU con sede a Roma, ritiene che lo stomaco vuoto sia foriero di guai. "Un mondo affamato è un mondo pericoloso" aveva dichiarato la Sheeran alcuni mesi fa alla stampa. "Senza cibo, rimangono solo tre possibilità: rivolta, emigrazione o morte. Nessuna delle tre è accettabile".

Anche se si tratta di “argomentazioni forti” che dovrebbero indurre le nazioni potenti a darsi da fare, le loro implicazioni innervosiscono alcune ONG che si occupano di lotta alla fame. Alcune arrivano addirittura a rifiutarle.
"Non me la bevo questa storia, che se non facciamo ciò che è giusto quelli vengono qui da noi e ci rovinano la vita", ci ha detto John Hilary, direttore esecutivo del gruppo londinese anti-povertà War on Want. "È una posizione troppo vicina a quella dell’estrema destra e del British National Party".

Per Oxfam International, la prospettiva autoreferenziale ha sì un fondamento, ma teme si presti alle manipolazioni di alcuni gruppi dei paesi industrializzati per frenare l’immigrazione e le importazioni dai paesi in via di sviluppo.
"È pur vero che debellare la fame è negli interessi del mondo industrializzato, ma il messaggio mi sembra un po’ controverso", ha dichiarato Teresa Cavero, capo dipartimento di ricerca della sede spagnola di Oxfam.

"Alla luce della crisi economica e della tentazione di serrare le maglie del protezionismo, potrebbe risultare una lama a doppio taglio. Per esempio, si potrebbe dire che stimolando la crescita nei paesi in via di sviluppo la gente avrà più opportunità di lavoro nel proprio paese e quindi la migrazione sarà minore. In parte è vero, ma non significa che l’immigrazione in sé sia negativa".
È anche vero che nonostante decenni di tentativi di responsabilizzare il mondo industrializzato sulla necessità di sradicare la fame in quanto obiettivo di giustizia sociale, i risultati non sono eclatanti.

Potremmo addirittura affermare che il mondo industrializzato riterrà necessario impegnarsi nella lotta alla fame solo quando questo tema avrà scalato l’agenda politica internazionale. Un’impennata che potrebbe verificarsi solo se l’insicurezza alimentare diventasse per gli elettori dei paesi più ricchi un problema che è nel loro interesse risolvere.
"Preferisco la parte del messaggio legata alla giustizia, ma è vero che il mondo industrializzato ha tutto l’interesse a debellare la fame, pertanto qualsiasi motivazione riesca a smuovere i paesi industrializzati, va bene", ha detto Cavero.

"Per prima cosa, i governi e gli abitanti dei paesi industrializzati devono conoscere la portata del problema. Oggi sempre più persone soffrono la fame; le stime diffuse dal WFP parlano di
oltre un miliardo di persone che soffre la fame nel mondo. Sono cifre vergognose". Se da un lato è la paura a far saltare sulla sedia i ben pasciuti, Dawe individua il secondo motivo nel denaro: "Da un punto di vista economico, se i paesi poveri superano la fame e la povertà, divengono un enorme bacino di potenziale domanda di prodotti del primo mondo".

Cavero è d’accordo: "Alla Oxfam sappiamo bene che peso può avere il commercio sullo sviluppo economico, se condotto secondo regole eque - che al momento non ci sono - e con mercati forti e trasparenti. Una crescita sana comporterebbe un miglioramento generale del welfare, con benefici sia per il sud che per il nord del mondo.
"Il nord ha tutto l’interesse a eliminare la fame nel sud del mondo, poiché essa incide sull’economia globale.

Un sud non più ridotto alla fame può attivarsi per il proprio sviluppo. Ma per superare la povertà, prima bisogna sconfiggere la fame; solo allora si può prendere parte all’economia globale. La fame è un peso morto troppo oneroso per consentire il welfare".
Secondo Cavero, evidenziare la connessione tra la sicurezza alimentare e la minaccia del cambiamento climatico è un ulteriore incentivo per smuovere i paesi industrializzati. Infatti, se i paesi in via di sviluppo cercheranno di eliminare la povertà e la fame seguendo il modello di sfruttamento intensivo delle risorse diffuso nel nord, si avrà un ulteriore innalzamento delle temperature in tutto il pianeta.

"Il modo per raggiungere un accordo e avviare l’intervento sui cambiamenti climatici passa prima attraverso l’accertamento che i paesi poveri, quelli dove povertà e fame si concentrano soprattutto tra comunità agricole indigenti, gestiscono la sicurezza alimentare in maniera sostenibile. Così - ha continuato Cavero - potremo poi implementare politiche atte ad evitare una catastrofe planetaria”.
"Questo obiettivo è raggiungibile attraverso un modello di agricoltura sostenibile.

Abbiamo ancora la possibilità di ribilanciare il tutto globalmente e raggiungere una situazione tre volte vincente: una vittoria sul piano della sicurezza alimentare, una nei cambiamenti climatici e una nella sostenibilità sociale, economica e ambientale".
Dawe ritiene che il mondo industrializzato trarrebbe beneficio dal contributo alla scienza e alla cultura dato dalle persone affrancate dall’insicurezza alimentare. "Viviamo in un mondo interdipendente. La conoscenza oggi si crea grazie al contributo e alle visioni di tutti”, dice.

"Quante più persone intelligenti si dedicano alla soluzione di un problema, che sia l’AIDS piuttosto che il surriscaldamento del pianeta o altro, tanto più è probabile farcela. Lo stesso vale per la cultura, l’arte, la musica ed altri ambiti”.
"La fame e l’insicurezza alimentare stanno impedendo alle persone di sviluppare le proprie potenzialità e contribuire al potenziale dell’umanità tutta. Non siamo ricchi quanto potremmo esserlo. Non intendo in senso economico". War on Want rimane del parere che la battaglia si dovrebbe giocare sul terreno della giustizia sociale, non dell’interesse personale.

"Lo scandalo sta nel fatto che
molte persone che producono alimenti in zone rurali non possono permettersi di comprare ciò che producono. Questo meccanismo basta a condannare il modello di cui abbiamo consentito la diffusione", commenta Hilary.

"Dobbiamo dotarci di un modello agricolo di sfruttamento meno intensivo: vaste zone dei paesi in via di sviluppo vengono usate per il pascolo o la coltivazione di soia per il bestiame o i biocombustibili, necessari al mondo ricco per mangiare più carne e guidare auto ecologiche, mentre la priorità dovrebbe essere garantire il cibo a tutti.
"Sono convinto che la questione morale sia molto forte e che la fame ponga una immensa sfida al nostro concetto di progresso. Se fossimo consapevoli che le nostre vite privilegiate si reggono sullo sfruttamento, il grosso sarebbe fatto. La questione è sia morale che politica".

© IPS (FINE/2009)

3 novembre 2009

L'ORA DELLA SOVRANITA' ALIMENTARE

di Izaskun Sanchez Aroca

Recuperare il seme locale è molto più che un atto ambientale. E’ un gesto politico che vincola il Nord con il Sud. Si tratta di un gesto politico che collega il nord con il sud e sfida il modello neoliberista di monopolio che ha invaso la nostra alimentazione.

Guardiamo l’etichetta: mele cilene, asparagi peruviani, gamberetti dall’Ecuador, pomodori marocchini, zucche senegalesi...chilometraggio alimentare della terra da cima a fondo per raggiungere i nostri piatti. L’idea di frutta e verdura di stagione o di prodotti locali fanno parte della lista di concetti obsoleti, come ne fanno parte molte varietà orticole. Di fatto, per la FAO, il 75% delle varietà genetiche delle coltivazioni agricole sono scomparse nell’ultimo secolo. E tutto grazie ad una logica neoliberale di mercato che è entrata in pieno nel settore dell’alimentazione. Una logica di monopoli, di mono-coltivazioni che si traduce in prezzi più bassi per i consumatori dei paesi del Nord, alimenti di pessima qualità, grandi benefici per gli intermediari e le multinazionali del settore, e fame e miseria per i paesi impoveriti dove, causalmente, risiedono la maggior parte dei produttori e dei produttori di generi alimentari. Una logica che condanna il movimento contadino alla scomparsa e alla povertà. In effetti, gli ultimi dati della FAO affermano che sono 1.020 milioni le persone mal nutrite. Una cifra che peggiora con la crisi alimentare del 2008, frutto della speculazione, degli agro combustibili, e della congiuntura economica globale. Ciò che è ironico è che il 70 % delle persone che soffrono la fame sono o erano produttori di alimenti.

Il discorso ufficiale parla con allarmismo della mancanza di cibo e del bisogno di una nuova rivoluzione verde nei continenti come l’Africa (questo significa: più semi geneticamente modificati e agro-tossici) per aumentare la produttività. Una rivoluzione che favorirebbe le grandi corporazioni del settore, come la Monsanto, che aumenterebbe considerevolmente le sue entrate e che pregiudicherebbe direttamente i contadini, rendendoli più dipendenti con l’acquisto dei semi modificati ogni anno (i semi OGM si devono acquistare ogni anno, questa è una delle condizioni imposte dalle aziende come la Monsanto, NDT), inquinando la loro terra e la loro acqua e rovinando le coltivazioni tradizionali. Qualcosa che già succede in molti paesi come il Brasile o il Paraguay. Così, mentre nel 2008, il numero di famelici aumentava a 100 milioni, la Monsanto annunciava che durante l’ultimo trimestre di quell’anno i suoi guadagni si erano duplicati grazie alla vendita di pesticidi (glisofato), specialmente in America Latina, e all’aumento dei prezzi dei semi tra il 15 e il 20 %. Semi transgenici destinati alle mono-coltivazioni di soia che sarà esportata perché l’Europa alimenti il suo bestiame. Secondo i dati del Ministerio de Medio Ambiente Rural y Marino (Ministero delle Aree Rurali e Marine, NDT), solo allo stato spagnolo arrivano ogni anno circa 6 milioni di tonnellate di soia transgenica per far mangiare i polli, mucche e maiali. Una soia che nel suo luogo d’origine lascia deforestazione- circa tre milioni di ettari, che equivale alla grandezza della Galizia - inquinamento e migliaia di sfollati e profughi. Di fronte a questa situazione la risposta del movimento contadino non si sta facendo aspettare.

Sta affrontando gli Stati, gli organismi internazionali e le multinazionali, lottando per la sua sovranità alimentare. Questo è definito come il diritto dei popoli a decidere le loro politiche alimentari, produttive e distributive degli alimenti, in modo che si garantisca l’accesso ad un cibo sano, sostenibile e adeguato. Gli alimenti, quindi, restano fuori dall’esigenza dei mercati e delle multinazionali, fuori dalla speculazione. La Via Contadina, una coalizione di 148 organizzazioni creata nel 1992, è la maggior rappresentante a livello internazionale di questa lotta. Un momento centrale per questo movimento è stato il Foro Mondiale sulla Sovranità Alimentaria celebrato a Mali, nel 2007. Lì, più di 500 rappresentanti hanno presentato la dichiarazione di Nyéléni, dove reclamavano il diritto all’acqua, ai semi, alla gestione della terra.

Diritti negati

Diritti che fino ad oggi non sono garantiti in nessun paese. Neanche nello stato spagnolo, in cui il movimento contadino si trova ad affrontare, secondo Isabel Alvarez, del sindacato agrario EHNE, il problema dell’accesso alla terra, “si dà priorità alle infrastrutture e la speculazione prima che all' alimentazione locale”. L’altro grande problema, afferma Alvarez, è la “privatizzazione di tutte le nostre fonti di vita, come l’acqua o i semi”. Ma le alternative si stanno articolando, ed attraverso diversi sindacati agrari e organismi di lavoro, si sta reclamando la sovranità alimentare. Un esempio molto chiaro sono le mobilizzazioni contro le coltivazioni del mais transgenico in Spagna. Il sistema agroalimentare mondiale non è a vantaggio dei consumatori che in modo indiretto ingeriscono transgenici senza saperlo (attraverso la carne e l’allevamento industriale) e vedono scarseggiare la qualità dei loro alimenti (meno sapore, più chimici, meno varietà). Per Isabel Alvarez il loro ruolo è anche importante nella lotta per la sovranità alimentare. Di fatto, un’altra linea su cui si sta lavorando è “l’alleanza con i consumatori ed i produttori, se le persone prendono coscienza e sono capaci di vedere cosa c’è dietro un piatto di cibo, possono costituire una grande forza. Modificando le nostre abitudini di consumo giorno dopo giorno, la situazione può cambiare”.

“Dumping” nel Sud

Pratica attraverso la quale i paesi ricchi invadono, grazie alle sovvenzioni che ricevono, i mercati locali di altri paesi e affondano la loro produzione nazionale. Nel 2004, in Ghana, un chilo di pollo locale costava quasi il doppio di quello proveniente dall' UE.

La cura per l'ambiente

Lo studio più recente dell’ organizzazione internazionale Grain Cuidar, dimostra dai dati sul suolo, come l’agricoltura familiare e contadina possano contribuire ed essere un buon strumento, per combattere il cambiamento climatico, non essendo così inquinante.

Sicurezza alimentare

La sicurezza alimentare difende il diritto delle persone ad avere accesso al cibo necessario ogni giorno. Non dice nulla circa la precedenza o la forma di produzione dell’alimento e le conseguenze che questo può avere.

Fonte: http://www.diagonalperiodico.net/La-hora-de-la-sob-erania.html

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di Vanesa

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22 settembre 2009

FAME: IL DILEMMA DEL SISTEMA CON IL "SURPLUS DI POPOLAZIONE"



di Manuel Freytas

Per l’Onu con “meno dell’ 1% dei fondi economici utilizzati dai governi capitalisti centrali per salvare il sistema finanziario globale (banche e aziende che hanno scatenato la crisi economica), si potrebbe risolvere la calamità e la sofferenza di 1 milirdo di persone (quasi la metà della popolazione mondiale) che sono vittime della famein tutto il mondo. E perché non lo fanno? Per un motivo di fondo: I poveri, i senzatetto, il “surplus di popolazione” non sono un “prodotto che produce guadagno” al sistema capitalista.

In mezzo all’euforia scatenata da quello che gli analisti del sistema chiamano “l’inizio della fine della crisi recessiva internazionale", l' ONU ha avvertito mercoledì che la fame nel mondo è aumentata in modo significativo stabilendo un record negli ultimi due anni.

In un primo capitolo, nel 2008, e a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio, ci fu un escalation a livello mondiale dei prezzi alimentari che ha accelerato il processo di carestia che regolarmente subiscono le popolazioni più vulnerabili, in Asia, Africa e America Latina.

In un secondo capitolo, con lo sviluppo della crisi recessiva globale, questo processo si è intensificato gettando le persone più diseredate alla marginalità e alla carenza di alimenti per sopravvivere anche solo in modo precario.

Per l' Onu, nel mondo ci sono più di 1.000 milioni di persone che soffrono la fame, la cifra più alta nella storia e in tutto il pianeta ci sono 3.000 milioni di malnutriti, che rappresentano quasi la metà della popolazione mondiale di 6.500 milioni.

I dati sono stati rilasciati quasi simultaneamente dal direttore del World Food Program (WFP), Josette Sheeran, a Londra, e il relatore speciale dell'ONU sul diritto all'alimentazione, Olivier de Schutter, in un forum in Messico.

La direttrice del WFP ha stimato la cifra degli affamati, cioè delle persone che non hanno accesso alle esigenze basiche dell’alimentazione, in 1.020 milioni, ed ha avvertito che il flusso di aiuto umanitario è al suo minimo storico.

Per Sheeran: “Quest’anno ci sono più persone affamate che mai” ed ha sottolineato che “molti si svegliano e non hanno un piatto di cibo”.

"Il problema con la crisi alimentare e la crisi finanziaria è che ha permeato tranquillamente in tutto il mondo, colpendo selettivamente i miliardi che sono alla base del mondo (in termini di povertà), che sono i più vulnerabili", ha detto Sheeran a Reuteurs in una intervista.

Secondo il funzionario responsabile per l'agenzia umanitaria dell' ONU, questa situazione è una “ricetta per il disastro” e sembra essere “critica per la pace, la sicurezza e la stabilità in molti luoghi nel mondo.

Inoltre, Sheeran ha avvisato che il WFP affronta “un grave deficit finanziario”, perché quest' anno ha ricevuto solo 2.600 milioni di dollari su un totale di 6.700 milioni di dollari che sono necessari per dare da mangiare a 108 milioni di persone in 74 paesi. In concreto, questa mancanza di fondi si traduce in un ritaglio del programma che si sviluppa in diversi paesi.

Bisogna chiarire, come esempio più chiaro, che i 6.700 milioni di dollari del programma per “combattere la fame mondiale” equivalgono solo ad un 10% della fortuna personale di Bill Gates, l’uomo che è in testa alla lista di milionari a livello globale.

La direttrice del WFP ha osservato che con "meno dell'1%" di iniezioni finanziarie che i governi hanno fatto per salvare il sistema finanziario globale si potrebbe risolvere il flagello di milioni di persone che sono vittime della carestia.

La fabbrica della fame

All'interno del mercato e della società capitalistica dei consumatori, la logica di produzione non è misurata in base alla soddisfazione dei bisogni fondamentali della società (cibo, alloggio, salute, istruzione, ecc). Ma per l'ottimizzazione dei parametri del profitto privato.

La produzione dei beni e dei servizi (essenziali per la sopravvivenza) controllata dal capitalismo è socializzata, ma il suo utilizzo è stato privatizzato. Non risponde a fini sociali di distribuzione equitativa della ricchezza prodotta dal lavoro sociale ma agli obiettivi della ricerca del guadagno capitalista privato.

In questo contesto, e fuori dall’orbita del controllo statale dei governi, le risorse essenziali per la sopravvivenza sono subordinate alla logica del profitto capitalista di un pugno di multinazionali (con capacità informatiche, finanziere e tecnologiche) che le controllano a livello globale e con la protezione militare-nucleare degli Stati Uniti e delle superpotenze.

Per la FAO, dieci corporazioni internazionali controllano attualmente l’ 80% del commercio mondiale degli alimenti di prima necessità, e un numero simile le mega aziende che controllano il mercato internazionale del petrolio, il cui impulso speculativo nutre il processo dell’aumento dei prezzi degli alimenti che è causa della fame che ormai è estesa a tutto il pianeta.

Dietro questo favoloso affare con le risorse primarie per la sopravvivenza umana, si trovano le banche principali e i gruppi finanziari di Wall Street, che giocano un ruolo determinante nella speculazione che si esercita sui mercati energetici e delle materie prime che spingono l’attuale scalata dei prezzi degli alimenti.

Tra le prime piovre transnazionali dell' alimentazione, si trova l’azienda svizzera Nestlè SA, la francese Groupe Danone SA. e la Monsanto CO, che sono leader mondiali nella commercializzazione degli alimenti e che, oltre a controllare la commercializzazione e le fonti di produzioni, possiedono tutti i diritti a livello globale sui semi e prodotti agricoli.

I livelli di produzione non si realizzano rispondendo ai bisogni umani della popolazione, ma rispondendo ai bisogni del mercato e del guadagno capitalista.

Spogliati della loro condizione di “bene sociale” per la sopravvivenza, queste risorse si convertono in merce capitalista con un valore fissato dai mercati speculatori, ed i prezzi non si stabiliscono solo in base alla domanda del consumo generale ma dalla domanda speculativa dei mercati finanziari e agro- energetici.

E i governi, non avendo potere di comando sulle proprie risorse agro-energetiche si trasformano in burattini delle corporazioni che li controllano e che si appropriano del guadagno prodotto dal lavoro sociale in quei paesi.

E come il capitalismo transnazionale (le corporazioni che controllano il petrolio e gli alimenti) producono solo per chi è nelle condizioni di comprare quei prodotti, la mancanza del potere d’acquisto della maggior parte impoverita del pianeta, portando le corporazioni a ridurre la produzione per diminuire i costi e mantenere il guadagno vendendo di meno ma molto più caro.

Il mondo sta vivendo un esubero della domanda di cibo e petrolio, che, a sua volta, produce il guadagno dei gruppi che egemonizzano il potere sulla produzione e la commercializzazione, e sui mercati della speculazione finanziaria delle materie prime.

In questo modo, alle piovre petroliere e alimentari non sono interessate a produrre di più, ma guadagnare di più producendo lo stesso con una riduzione dei costi del personale e delle infrastrutture.

E per quanti appelli possono fare le istituzioni “assistenziali” del sistema capitalista, loro solo producono rispondendo alla legge del guadagno, alla legge del beneficio privato e non rispondendo alla logica del beneficio sociale.

Quindi non esiste una “crisi alimentare” (come sostiene la FAO, l' ONU, la Banca Mondiale e le organizzazioni del capitalismo come il G-8), ma un aumento della fame nel mondo a causa della speculazione finanziaria e la ricerca del guadagno capitalista con il prezzo del petrolio e degli alimenti.

Il controllo delle fonti, della produzione, della commercializzazione internazionale e dell’insieme delle risorse finanziarie emergenti dalle corporazioni transnazionali, rendono impotenti i governi indipendenti (senza alcun potere di governare su tali risorse) per risolvere i problemi della fame che affliggono i loro popoli.

D’altra parte, i fondi che destinano l' ONU, la Banca Mondiale e altre organizzazioni del capitalismo transnazionale, sono briciole rispetto ai profitti multimilionari delle piovre petrolifere e alimentari e alla crescita delle fortune personali dei loro direttivi e azionisti.

Il dilemma del “surplus di popolazione”.

In questo scenario, e nel rispetto dei parametri di funzionamento del sistema capitalistico (impostato su un' "unica civiltà"), il “surplus di popolazione” (i senzatetto e affamati della terra) sono le masse espulse dal circuito dei consumi, come emerge dalle dinamiche di concentrazione della ricchezza in poche mani.

Queste masse nullatenenti, che si moltiplicano nelle periferie di Asia, Africa e America Latina, non soddisfano gli standard di consumo di base (minimo di sopravvivenza) che richiede la struttura funzionale del sistema per generare nuovi cicli di redditività e di concentrazione delle risorse aziendali e fortune personali.

Ma di questa questione strategica, vitale per comprendere la crisi globale e il suo impatto sociale di massa sul pianeta, la stampa internazionale non s' interessa. I media locali e internazionali sono impegnati a spiegare la crisi come il declino delle fortune dei ricchi e la perdita di redditività.

Sia il “miracolo asiatico” come il “miracolo latinoamericano” (la crescita economica senza divisione sociale) sono state costruite con il lavoro degli schiavi e dei salari in nero. Questo porta alla caduta del “modello” per effetto della crisi recessiva globale, la parte più importante della crisi sociale emergente dai licenziamenti in massa si riversa su queste regioni.

Inoltre, il consumo di massa guidata del circuito, richiedono (per dare una parvenza “di compassione” al sistema) di una struttura “assistenzialista” composta dall' ONU e dalle organizzazioni che rappresentano un peso ed un “passivo non desiderabile” nei bilanci dei governi e delle aziende transnazionali a livello globale.

Durante la crisi (come quella che oggi vive il sistema capitalista) le aziende e le banche preservano il loro guadagno “stringendo i costi”.

E le prime vittime, le variabili degli adeguamenti, sono le masse senza stipendio ed i settori più vulnerabili della società che pagano la crisi dei ricchi con licenziamenti e riduzione dei loro stipendi, mentre i settori non prottetti soffrono l’impatto diretto dei tagli dei piani sociali e dell’aiuto alla povertà dati dai governi.

Chi cerca di strappare il controllo delle risorse essenziali alle aziende e alla banche transnazionali, prima dovrà far cadere il potere militare nucleare degli Stati Uniti e delle potenze alleate dell' Unione Europea, poliziotti e riassicuranti politici delle corporazioni capitaliste che hanno trasformato il pianeta in un' economia di enclave al servizio del guadagno privato.

In questa equazione (di un sistema di produzione mondiale orientato soltanto alla ricerca del guadagno) si sviluppano due effetti inversamente proporzionali: Una crescita record delle fortune personali e degli attivi aziendali capitalisti, ed una crescita record (come dice la ONU) dei poveri ed affamati che sono la metà della popolazione mondiale.

Nello svolgimento di questo processo (di concentrazione della ricchezza con la “popolazione che aumenta”) si instaurano le basi e i detonanti di un' “Apocalisse sociale” che il sistema e i suoi analisti ancora non registrano nè prestano attenzione.

E’ un dilemma che non figura nè in un dibattito, nè in una discussione internazionale semplicemente, perché il povero, il famelico, non è merce di guadagno, è fuori il circuito del consumo e non crea dividendi.

E il risultato, non è profetico ma matematico: Cosa succederà quando metà dell’umanità che non mangia avanza sui suoi carnefici?

La piaga della fame che si estende come un' epidemia nelle zone impoverite del pianeta provocano le condizioni per una Apocalisse sociale.

Quasi la metà della popolazione del pianeta- per l’ONU- sopravvive in uno stato di povertà o al di sotto del livello di sopravvivenza, senza poter soddisfare i suoi bisogni primari di alimentazione.

Non bisogna avere molta immaginazione (il fenomeno si sta già verificando nella realtà) per considerare il fattore apocalittico che la massa rappresenterebbe per il sistema l’avanzata di eserciti di famelici che cercano cibo per sopravvivere nelle grandi città, affrontando con la violenza della repressione militare o della polizia.

Cosa potrebbe fermare un affamato? Cosa può perdere un uomo che ha fame aldilà della sua vita che quasi non ha neanche più? Si tratta dell’istinto della conservazione, il primo sistema di segnali che guidano la condotta di un essere umano in situazioni estreme di lotta per la sopravvivenza.

Per caso si userebbero carri armati, aerei o arsenali nucleari per fermare i miliardi di poveri presi da “fame cellulare” che si riverserebbe in massa sulle città per trovare alimenti con qualsiasi mezzo?

Con quale discorso politico del sistema potrebbero fermare i sofferenti di incontinenza alimentare e riorientarli sulla strada della “civiltà” e della “governabilità democratica” capitalista?

Quanta proprietà privata concentrerebbe un “manager” capitalista prima che le moltitudini di famelici saccheggino le loro case e distruggano tutto ciò che trovano sulla sua strada, anche la loro vita e quella della loro famiglia?

Quanti proiettili o missili basterebbero per dissipare gli eserciti militari prima di essere distrutti dalla moltitudine inferocita dalla fame e la reazione istintiva della lotta per la sopravvivenza ad ogni costo?

Non si tratta di una rivoluzione razionale e pianificata per prendere il potere politico, si tratta della “barbarie “ nella sua scala originale, una regressione all’uomo preistorico, senza nessun modello di “civiltà” o di “convenzione sociale” che lo contenga nella sua ricerca di alimenti per sopravvivere nell’immediatezza.

Si tratta, in ultima analisi, di una reazione incommensurabile della massa immensa di "surplus di popolazione", che lo stupido, irrazionale e criminale sistema capitalista ancora non registra.

Fonte: http://www.iarnoticias.com/2009/secciones/contrainformacion/0063_hambre_mercancia_17sept09.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

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