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13 aprile 2017
Il petrolio nigeriano porta l’ENI e la Shell in tribunale
Un grande giacimento di petrolio al largo della Nigeria è al centro di uno scandalo finanziario che si svolge tra il paese africano, il Regno Unito, i Paesi Bassi e ormai anche l’Italia. È noto con la sigla Opl 245 e si trova al limite meridionale del delta del fiume Niger, in mare, tra i 1.700 e i duemila metri di profondità. Racchiude circa nove miliardi di barili di petrolio greggio, abbastanza da farne il più grande giacimento noto in Africa.
Nel 2011 l’italiana Eni e l’anglo-olandese Royal Dutch Shell hanno acquistato la concessione dell’intero blocco pagandola 1,3 miliardi di dollari. Ma quei soldi non sono andati nelle casse dello stato nigeriano, se non in minima parte. E ora quel contratto è oggetto di indagini giudiziarie in Nigeria, in Italia e nei Paesi Bassi.
La storia della licenza Opl 245 rivela qualcosa su una delle industrie più opache al mondo, quella dell’estrazione petrolifera. Protagonisti sono un ex ministro del petrolio nigeriano, accusato di aver sottratto i soldi versati dalle compagnie petrolifere; una ditta di facciata, la Malabu oil and gas, dietro a cui si nasconde lo stesso ex ministro; alcuni intermediari di varie nazionalità, affaristi, un paio di ex agenti del controspionaggio britannico.
16 marzo 2017
La fame condurrà ad una seconda rivolta del pane in Egitto?
I poveri in Egitto si sono svegliati con una brutta sorpresa: non potranno ottenere la razione di pane (cinque pani a persona) consentita loro dalle tessere annonarie di razionamento.
Della crisi iniziata martedì 7 marzo si è iniziato a parlare il giorno prima quando si cominciò a rumoreggiare sul fatto che la razione per persona potrebbe ridursi da 5 a 3 pani. Il Ministero dell’Approvvigionamento e del Commercio Interno comunque lo ha smentito, dopo essersi reso conto dell’impopolarità di tale misura.
Il ministero comunque ha ridotto la farina che ottengono le panetterie che distribuiscono il pane ai cittadini e che dunque producono ormai solo 500 pani al giorno invece dei 3.000 pani di prima. In seguito a questo provvedimenti, i proprietari delle panetterie in alcune province hanno smesso di distribuire le quote di pane che alle quali danno diritto le tessere annonarie, il che ha fatto scendere la gente nelle strade e nelle piazze di varie città per protestare.
4 marzo 2017
Il Triangolo Strategico che Cambierà il Mondo
Mentre il mondo continua a decifrare o digerire la nuova presidenza Trump, dipende dai punti di vista, importanti cambiamenti avvengono nel grande triangolo strategico compreso tra Russia, Iran e Cina.
Il grande gioco che si sta evolvendo all'ombra del caos negli Stati Uniti, vede Iran, Russia e Cina coordinarsi su una serie di questioni più che rilevanti per il futuro del continente Eurasiatico. Con una popolazione di più di cinque miliardi di persone, circa due terzi della popolazione terrestre, il futuro dell’umanità passa attraverso questa immensa area. In un cambiamento epocale, da un ordine mondiale unipolare basato su Europa e Stati Uniti, ad uno multipolare con protagoniste Cina, Russia ed Iran, quest’ultime hanno scelto di ritagliarsi un ruolo di primo piano nello sviluppo del continente. Le impegnative sfide future del continente fanno parte dell'eredità lasciata dal frame work internazionale basato sull’ordine mondiale euro-americano creato dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Il grande gioco che si sta evolvendo all'ombra del caos negli Stati Uniti, vede Iran, Russia e Cina coordinarsi su una serie di questioni più che rilevanti per il futuro del continente Eurasiatico. Con una popolazione di più di cinque miliardi di persone, circa due terzi della popolazione terrestre, il futuro dell’umanità passa attraverso questa immensa area. In un cambiamento epocale, da un ordine mondiale unipolare basato su Europa e Stati Uniti, ad uno multipolare con protagoniste Cina, Russia ed Iran, quest’ultime hanno scelto di ritagliarsi un ruolo di primo piano nello sviluppo del continente. Le impegnative sfide future del continente fanno parte dell'eredità lasciata dal frame work internazionale basato sull’ordine mondiale euro-americano creato dopo la fine della seconda guerra mondiale.
16 gennaio 2017
Tunisia: 6 anni dopo una quasi-rivoluzione, un interregno che non finisce mai
6 anni non sono nulla quando si hanno 90 anni. Ma quando se ne hanno tra i 20 e i 30, è molto. Sei anni fa, il popolo tunisino ha visto sfuggire un dittatore di basso rilievo che l'ambasciata degli Stati Uniti ha fatto evacuare per un esilio dorato, all'ombra delle torri di perforazione saudite. Quella che i media europei si sono affrettati a battezzare stupidamente "Rivoluzione dei gelsomini" (espressione che mai sarebbe venuta in mente ai tunisini) rapidamente ha emanato odore di putrefazione. I politicanti hanno abilmente ripreso le redini e hanno architettato una via d'uscita nel più puro spirito del Gattopardo: "Cambieremo tutto affinché nulla cambi".
Il risultato è schiacciante: la Tunisia è governata da una coalizione di furfanti che come maiali hanno condiviso le briciole di torta stantia lasciando cadere molto poco nelle mani della gente comune. I carnefici e le loro vittime di ieri hanno realizzato un compromesso storico, distribuendosi cariche e prebende. Le speranze che si erano risvegliate nei giorni di dicembre 2010-gennaio 2011 - "Pane, libertà, dignità nazionale" - si sono dimostrate folli. Si sono insediate la delusione, la depressione, e la disperazione. Ogni giorno un tunisino si suicida. Altre migliaia hanno preso la via del glorioso suicidio, tra la Libia e la Siria. I più ragionevoli e meglio attrezzati organizzano un'emigrazione legale per studio o per "affari", quelli astuti vanno alla mangiatoia dei sussidi: ci sono così tante persone ricche che vogliono il meglio per noi! Fondazioni tedesche, svedesi, svizzere, statunitensi, giapponesi, del Qatar, austriache, e così via: oggi, almeno 50.000 tunisini/e ricevono uno stipendio da una fondazione, ONG o OMG (un'organizzazione molto governativa) straniera. Per qualche milione di euro, "esse" sono venute a pacificare gran parte dell'ala giovanile che aveva fatto - o seguito su facebook - questa famosa quasi-rivoluzione. Il potere è dove ci sono le casseforti e non nei ministeri o per strada.
Il risultato è schiacciante: la Tunisia è governata da una coalizione di furfanti che come maiali hanno condiviso le briciole di torta stantia lasciando cadere molto poco nelle mani della gente comune. I carnefici e le loro vittime di ieri hanno realizzato un compromesso storico, distribuendosi cariche e prebende. Le speranze che si erano risvegliate nei giorni di dicembre 2010-gennaio 2011 - "Pane, libertà, dignità nazionale" - si sono dimostrate folli. Si sono insediate la delusione, la depressione, e la disperazione. Ogni giorno un tunisino si suicida. Altre migliaia hanno preso la via del glorioso suicidio, tra la Libia e la Siria. I più ragionevoli e meglio attrezzati organizzano un'emigrazione legale per studio o per "affari", quelli astuti vanno alla mangiatoia dei sussidi: ci sono così tante persone ricche che vogliono il meglio per noi! Fondazioni tedesche, svedesi, svizzere, statunitensi, giapponesi, del Qatar, austriache, e così via: oggi, almeno 50.000 tunisini/e ricevono uno stipendio da una fondazione, ONG o OMG (un'organizzazione molto governativa) straniera. Per qualche milione di euro, "esse" sono venute a pacificare gran parte dell'ala giovanile che aveva fatto - o seguito su facebook - questa famosa quasi-rivoluzione. Il potere è dove ci sono le casseforti e non nei ministeri o per strada.
23 novembre 2016
Aziz Krichen: “Gramsci avrebbe molto da dire, non solo ai tunisini, ma al mondo intero”
Il sociologo ed economista tunisino Aziz Krichen, autore del libro La Promesse du Printemps (La promessa della primavera), un bilancio della prima fase dell'era post-Ben Ali, che traccia delle piste per un'ulteriore democratizzazione, e del brillante articolo L'affaire de Jemna : question paysanne et révolution démocratique en Tunisie, ha risposto alle seguenti domande della nostra redazione. La traduzione italiana dell’articolo di Jemna la trovate qui
Milena Rampoldi: Che cosa avrebbe da dire Gramsci ai tunisini del XXI secolo?
Milena Rampoldi: Che cosa avrebbe da dire Gramsci ai tunisini del XXI secolo?
Aziz Krichen: Gramsci non avrebbe molto da dire, non solo ai tunisini, ma al mondo intero.
Personalmente a Gramsci devo gran parte della mia formazione intellettuale. (Molto tempo fa, in collaborazione con altri autori, ho peraltro contribuito al libro “Gramsci et le monde arabe” (Gramsci e il mondo arabo). Gramsci in Tunisia è poco noto anche nell'intellighenzia. La mancanza di una traduzione araba delle sue opere non spiega tutto. Le sue analisi delle élite e della questione agraria sono utilissime.
14 novembre 2016
L'Affermazione della sovranità popolare di fronte all’offensiva del capitale
Intervista a Samir Amin
Le analisi che vertono sulla crisi che scuote – in modo strutturale – l’attuale sistema capitalistico si rivelano essere di una sterilità miserevole. Bugie mediatiche, politiche economiche antipopolari, ondate di privatizzazioni, guerre economiche e “umanitarie”, flussi migratori. Il cocktail è esplosivo, la disinformazione totale. Le classi dominanti si fregano le mani di fronte ad una situazione che permette loro di conservare ed affermare il proprio predominio. Proviamo a capirci qualcosa. Perché la crisi? Qual è la sua natura? Quali sono attualmente e quali dovrebbero essere le risposte dei popoli, delle organizzazioni e dei movimenti preoccupati per un mondo di pace e di giustizia sociale? Intervista con Samir Amin, economista egiziano e pensatore delle relazioni di dominazione neocoloniale, presidente del Forum mondiale delle alternative.
Raffaele Morgantini: da molti decenni i vostri scritti e analisi ci consegnano elementi per decifrare il sistema capitalistico, le relazioni di dominazione Nord – Sud e le risposte dei movimenti di resistenza dei paesi del Sud. Oggi, siamo entrati in una nuova fase della crisi sistemica capitalistica. Qual è la natura di questa nuova crisi?
Le analisi che vertono sulla crisi che scuote – in modo strutturale – l’attuale sistema capitalistico si rivelano essere di una sterilità miserevole. Bugie mediatiche, politiche economiche antipopolari, ondate di privatizzazioni, guerre economiche e “umanitarie”, flussi migratori. Il cocktail è esplosivo, la disinformazione totale. Le classi dominanti si fregano le mani di fronte ad una situazione che permette loro di conservare ed affermare il proprio predominio. Proviamo a capirci qualcosa. Perché la crisi? Qual è la sua natura? Quali sono attualmente e quali dovrebbero essere le risposte dei popoli, delle organizzazioni e dei movimenti preoccupati per un mondo di pace e di giustizia sociale? Intervista con Samir Amin, economista egiziano e pensatore delle relazioni di dominazione neocoloniale, presidente del Forum mondiale delle alternative.
Raffaele Morgantini: da molti decenni i vostri scritti e analisi ci consegnano elementi per decifrare il sistema capitalistico, le relazioni di dominazione Nord – Sud e le risposte dei movimenti di resistenza dei paesi del Sud. Oggi, siamo entrati in una nuova fase della crisi sistemica capitalistica. Qual è la natura di questa nuova crisi?
4 novembre 2016
Elettrificare l'occupazione: Quello che Marocco e Enel nascondono alla COP22 a Marrakech
Sii consapevole di quello che ti viene detto sugli sforzi marocchini nel settore dell’energia rinnovabile. Una parte considerevole dei programmi che il Marocco sta proponendo nel settore, infatti, anche nel sito ufficiale della COP22, non sono situati in Marocco, ma nel Sahara Occidentale, un territorio che il Marocco occupa illegalmente e brutalmente da oltre 40 anni.
Dal 7 al 18 Novembre 2016, a Marrakesh, durante i negoziati sul clima per la COP22, sia il governo marocchino che un buon numero di aziende impegnate nel settore, commercializzeranno i loro sforzi per lo sviluppo di soluzioni per l’energia pulita.
Due aziende hanno vinto il bando con la compagnia del Re del Marocco nei territori occupati: l’italiana Enel e la tedesca Siemens. Il palazzo reale del Marocco, che regola il mercato energetico, accoglie contratti energetici di notevole portata nel territorio, e a farne le spese è il processo di pace guidato dalle Nazioni Unite nel Sahara Occidentale.
Due aziende hanno vinto il bando con la compagnia del Re del Marocco nei territori occupati: l’italiana Enel e la tedesca Siemens. Il palazzo reale del Marocco, che regola il mercato energetico, accoglie contratti energetici di notevole portata nel territorio, e a farne le spese è il processo di pace guidato dalle Nazioni Unite nel Sahara Occidentale.
29 ottobre 2016
Maradona al servizio dell’occupazione marocchina del Sahara Occidentale
Il Ragazzo d’oro ha dimenticato il suo sostegno alle Nonne della Piazza di Maggio e ai diritti umani in Birmania
Diego Armando Maradona, la stella del calcio che una volta ha detto “l’ingiustizia mi indigna” e ha sostenuto la difesa dei diritti umani in Myanmar (Birmania) e si è congratulato con la presidente delle Nonne della Piazza di Maggio quando ha ritrovato il suo nipotino, utilizza nuovamente la sua immagine per giustificare l’occupazione del Sahara Occidentale, ove dal 1975 avvengono centinaia di sparizioni forzate.
Diego Armando Maradona, la stella del calcio che una volta ha detto “l’ingiustizia mi indigna” e ha sostenuto la difesa dei diritti umani in Myanmar (Birmania) e si è congratulato con la presidente delle Nonne della Piazza di Maggio quando ha ritrovato il suo nipotino, utilizza nuovamente la sua immagine per giustificare l’occupazione del Sahara Occidentale, ove dal 1975 avvengono centinaia di sparizioni forzate.
Per il secondo anno consecutivo Maradona si recherà a El Aaiún per partecipare alla celebrazione dell’anniversario della “Marcia verde”, con la quale il Marocco ha iniziato la sua invasione del Sahara Occidentale che la Spagna ha abbandonato senza procedere alla sua decolonizzazione. L’idolo argentino del calcio parteciperà ad una partita d'esibizione organizzata dalla Federazione calcistica reale del Marocco e la sua presenza servirà al regime marocchino per proclamare la propria sovranità sul Sahara occidentale, riconosciuta da nessun paese.
La presenza di Maradona nella vecchia colonia spagnola ove numerosi casi di tortura sono stati riportati dalle organizzazioni internazionali dei diritti umani come Amnesty International, Human Rights Watch, il Centro Robert F. Kennedy e la Rete Euromed si contrappone a certe sue performance precedenti.
8 settembre 2016
Il ladro ha cattivi pensieri...
13 giugno 2016
Faida tra Servizi dietro la fine di Giulio Regeni. Accanto al corpo una coperta militare
GIULIO REGENI ha cominciato a morire poco dopo il suo arrivo al Cairo, nel settembre del 2015, quando la Sicurezza Nazionale, il Servizio segreto interno egiziano, apre sul suo conto il fascicolo riservato 333//01/2015 con le accuse di spionaggio, cospirazione e appartenenza a una rete terroristica interna al Paese che progetta l'eliminazione del presidente Al Sisi.
Per tre mesi, ignaro dell'occhio paranoico che lo osserva, Giulio diventa "fair game", preda indifesa di una caccia libera tra gli apparati dello Stato - Servizi militari e Servizi civili - in lotta per contendersi un posto al sole nella gerarchia del regime. Fino all'esito finale. Prima il sequestro, la sera del 25 gennaio sulla riva destra del Nilo, all'uscita della stazione metropolitana di Naguib, quindi le torture per mano dei Servizi militari. Infine, l'oltraggio del cadavere, scaricato seminudo lungo la desert road Cairo-Alessandria con accanto un oggetto di cui sin qui nulla si era saputo. Una coperta in uso all'esercito. La traccia lasciata da chi, all'interno degli apparati egiziani, ha deciso, "per vendetta", di offrire un'indicazione sulle responsabilità dell'omicidio.
6 giugno 2016
Congo: Il ritorno dei mercenari
Uno dei paesi più grandi e più ricchi paesi dell'Africa, la Repubblica del Congo è anche di conseguenza e sin dalla sua indipendenza nel 1960, uno di quelli che l'imperialismo nord-americano ed europeo hanno più destabilizzato e saccheggiato.
Stanno avvenendo nuovi episodi di interferenza degli Stati Uniti e del Belgio negli affari interni della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Il governo di questo paese rifiuta le ingerenze e le pressioni, dando l'allarme sulla presenza di mercenari stranieri nel proprio territorio.
Il ministro della giustizia congolese Alexis Thambwe Mwamba ha invitato l'ambasciata degli Stati Uniti a Kinshasa a "non sostituirsi ai tribunali" e a non intervenire nel processo sul reclutamento di mercenari stranieri, in particolare americani, nella antica provincia di Katanga, nel sud della paese.
Al centro del caso è la detenzione da parte dei servizi di sicurezza congolesi, di un cittadino statunitense, Darryl Lewis, che è stato arrestato il 24 aprile, insieme a tre guardie del corpo, durante una manifestazione di sostenitori di Moïse Katumbi, candidato dell'opposizione alle elezioni presidenziali previste per novembre di quest'anno. La manifestazione a Lubumbashi, capitale katanghese, è stata dispersa dalla polizia con i gas lacrimogeni.
Stanno avvenendo nuovi episodi di interferenza degli Stati Uniti e del Belgio negli affari interni della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Il governo di questo paese rifiuta le ingerenze e le pressioni, dando l'allarme sulla presenza di mercenari stranieri nel proprio territorio.
Il ministro della giustizia congolese Alexis Thambwe Mwamba ha invitato l'ambasciata degli Stati Uniti a Kinshasa a "non sostituirsi ai tribunali" e a non intervenire nel processo sul reclutamento di mercenari stranieri, in particolare americani, nella antica provincia di Katanga, nel sud della paese.
Al centro del caso è la detenzione da parte dei servizi di sicurezza congolesi, di un cittadino statunitense, Darryl Lewis, che è stato arrestato il 24 aprile, insieme a tre guardie del corpo, durante una manifestazione di sostenitori di Moïse Katumbi, candidato dell'opposizione alle elezioni presidenziali previste per novembre di quest'anno. La manifestazione a Lubumbashi, capitale katanghese, è stata dispersa dalla polizia con i gas lacrimogeni.
18 maggio 2016
Sahrawi: il tradimento continua
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di prorogare ancora per un anno la Missione delle Nazioni Unite per l'organizzazione del Referendum nel Sahara Occidentale - MINURSO - nel mezzo della crisi più dura che affronta il processo di autodeterminazione del popolo sahrawi, dopo la decisione del Marocco, come potenza occupante, di espellere 73 membri del personale civile della MINURSO lo scorso marzo.
Il 29 aprile 2016, i 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno votato la Risoluzione n°2285 sulla prosecuzione della MINURSO ancora per un anno. Con dieci voti a favore, tra cui quello della Spagna e della Francia; tre astensioni, quelle della Russia, dell'Angola e della Nuova Zelanda; e due voti contrari, quelli del Venezuela e dell'Uruguay - che non hanno capacità di veto - la risoluzione sostiene la "necessità urgente" che la missione multinazionale, finora inefficiente, recuperi la sua piena operatività entro 3 mesi e il Segretario Generale dell'ONU ha informato il Consiglio di Sicurezza sull'evoluzione della situazione.
7 maggio 2016
Renzi sulle orme di Trump?
In arrivo nuovi lager per gli immigrati
Capitalismo e immigrazione sono due fenomeni strettamente connessi, e nessun analista serio potrebbe analizzarli separatamente: l’economia del nord del mondo costringe le popolazioni del “sud” del mondo ad abbandonare la loro terra d’origine per sfuggire (a) alla rapina delle proprie risorse e materie prime, perpetrate dalle multinazionali occidentali, e (b) alle continue guerre che le potenze imperialiste, capitanate dagli Usa, scatenano per soddisfare gli insaziabili appetiti delle classi dominanti.
L’Italia, come molti lettori sanno, è un paese aderente alla Nato quindi, volente o nolente, deve sottostare al sistema di “sicurezza” (meglio dire repressione e organizzazione della guerra imperialista) coordinato dall’imperialismo americano. Sarà per questo che la borghesia stracciona di casa nostra, supina nei confronti della lobby sionista e dei grandi uomini d’affari americani, ha dichiarato guerra ai migranti africani e magrebini che fuggono dalla miseria più nera; un gioco interno al capitalismo di cui questa classe dirigente inetta e fellona è in buona parte responsabile.
31 marzo 2016
Fratello Obama
"Non necessitiamo che l'impero ci regali nulla. I nostri sforzi saranno legali e pacifici, perché è il nostro impegno con la pace e la fraternità di tutti gli esseri umani che vivono su questo pianeta"
I re di Spagna ci portarono i conquistatori e i padroni, le cui impronte sono restate negli appezzamenti circolari di terra assegnati ai cercatori d’oro nelle sabbie dei fiumi, una forma abusiva e vergognosa di sfruttamento, le cui vestigia si possono intravedere dall’aria in molti luoghi del paese.
Il turismo oggi in gran parte consiste nel mostrare le delizie dei paesaggi e degustare le squisitezze alimentari dei nostri mari sempre condividendo con il capitale privato delle grandi corporazioni straniere, i cui guadagni se non raggiungono i milliardi di dollari pro capite non sono degni di alcuna attenzione.
Già che mi vedo obbligato a citare il tema, devo aggiungere principalmente per i giovani che poche persone si rendono conto dell’importanza di tale condizione in questo momento singolare della storia umana.
8 marzo 2016
Egitto: Silenzio, si purga!
Dall'estate del 2013, centinaia di egiziani/e sono scomparsi/e, rapiti/e dalle forze di repressione. Le loro famiglie non sanno dove sono o se sono ancora vivi. Diverse azioni sono previste in tutto l'Egitto, in occasione della Giornata internazionale delle donne questo 8 marzo.
TLAXCALA ΤΛΑΞΚΑΛΑ ТЛАКСКАЛА تلاكسكالا 特拉科斯卡拉
Dalle profondità delle loro celle, le "ragazze di Dumyat" (Damietta) gridano la loro innocenza. Il 5 maggio 2015, avevano solo manifestato per chiedere la liberazione dei loro padri e fratelli, torturati e imprigionati in condizioni spaventose per le loro opinioni politiche. Sono tuttora accusate di aver ucciso agenti di polizia con armi da fuoco, dopo essere state selvaggiamente picchiate e ripartite in carceri sovraffollate. Dal loro arresto, la data del processo è rinviato di udienza in udienza, come per prolungare il loro calvario e quello delle loro madri le cui visite sono lasciate alla discrezione dell'amministrazione penitenziaria.
TLAXCALA ΤΛΑΞΚΑΛΑ ТЛАКСКАЛА تلاكسكالا 特拉科斯卡拉
Dalle profondità delle loro celle, le "ragazze di Dumyat" (Damietta) gridano la loro innocenza. Il 5 maggio 2015, avevano solo manifestato per chiedere la liberazione dei loro padri e fratelli, torturati e imprigionati in condizioni spaventose per le loro opinioni politiche. Sono tuttora accusate di aver ucciso agenti di polizia con armi da fuoco, dopo essere state selvaggiamente picchiate e ripartite in carceri sovraffollate. Dal loro arresto, la data del processo è rinviato di udienza in udienza, come per prolungare il loro calvario e quello delle loro madri le cui visite sono lasciate alla discrezione dell'amministrazione penitenziaria.
2 marzo 2016
La vita dei giovani omosessuali in Tunisia: un inferno di violenza nuda e di ipocrisia
Sono abbastanza adulta per avere un'idea di repressione contro i dissidenti durante la dittatura di Ben Ali e dopo. Finora ho creduto di essere ben informata. Ma quello che sto scoprendo è al di là di qualsiasi cosa potessi immaginare. La realtà in cui i giovani uomini gay cercano di sopravvivere è semplicemente spaventosa.
Mentre i giovani dissidenti sottoposti a repressione potevano e possono contare sul sostegno della società civile, delle loro famiglie, e del loro ambiente, i giovani miboun o karyouka(due dei tanti termini dispregiativi per designare i "froci" in arabo tunisino) sono quasi interamente da soli nel cercare di difendersi (*). Innanzitutto rischiano pesanti pene detentive per quello che il codice penale chiama "sodomia". Il sinistro articolo 230, uno dei più brevi e concisi del codice penale recita: "la sodomia (tra adulti consenzienti) è punibile con 3 anni di carcere".
Mentre i giovani dissidenti sottoposti a repressione potevano e possono contare sul sostegno della società civile, delle loro famiglie, e del loro ambiente, i giovani miboun o karyouka(due dei tanti termini dispregiativi per designare i "froci" in arabo tunisino) sono quasi interamente da soli nel cercare di difendersi (*). Innanzitutto rischiano pesanti pene detentive per quello che il codice penale chiama "sodomia". Il sinistro articolo 230, uno dei più brevi e concisi del codice penale recita: "la sodomia (tra adulti consenzienti) è punibile con 3 anni di carcere".
9 febbraio 2016
Tunisia: “Abbiamo perso le nostre illusioni, i nostri sogni sono realistiˮ
Rym Ben Fraj, 31 anni, è tunisina, blogger, traduttrice, editrice, diplomata precaria, membro della rete di traduttori Tlaxcala. Lavora come giornalista freelance. La ringrazio per aver risposto alle nostre domande.
Milena Rampoldi: Quali sono i problemi principali della nuova generazione in Tunisia?
Rym Ben Fraj: La marginalizzazione economica, sociale e dunque politica e culturale.
La gioventù che ha fatto la rivoluzione non ha alcuna rappresentanza in parlamento o al governo. Ci sono almeno 250.000 diplomati disoccupati.
In certe regioni la disoccupazione raggiunge l’80% dei giovani.
La sola alternativa possibile – l’immigrazione clandestina – viene resa impossibile dal muro elettronico di Frontex nel Mediterraneo.
I giovani che si rifiutano di farsi reclutare dallo Stato Islamico non hanno più altro obiettivo che la rivolta.
Ma anche se organizzano una rivolta, lo stato non è in grado di soddisfare le loro rivendicazioni: una delle condizioni poste dalla Banca mondiale per i crediti concessi alla Tunisia consiste nel blocco delle nuove assunzioni nel settore pubblico.
Milena Rampoldi: Quali sono i problemi principali della nuova generazione in Tunisia?
Rym Ben Fraj: La marginalizzazione economica, sociale e dunque politica e culturale.
La gioventù che ha fatto la rivoluzione non ha alcuna rappresentanza in parlamento o al governo. Ci sono almeno 250.000 diplomati disoccupati.
In certe regioni la disoccupazione raggiunge l’80% dei giovani.
La sola alternativa possibile – l’immigrazione clandestina – viene resa impossibile dal muro elettronico di Frontex nel Mediterraneo.
I giovani che si rifiutano di farsi reclutare dallo Stato Islamico non hanno più altro obiettivo che la rivolta.
Ma anche se organizzano una rivolta, lo stato non è in grado di soddisfare le loro rivendicazioni: una delle condizioni poste dalla Banca mondiale per i crediti concessi alla Tunisia consiste nel blocco delle nuove assunzioni nel settore pubblico.
31 gennaio 2016
Il carrosello capitalista della Fondazione Bill & Melinda Gates, avanguardia combattente nel saccheggio dell'agricoltura africana
La Fondazione Bill e Melinda Gates (BMGF) sta cercando di distorcere la direzione dello sviluppo internazionale, in modo pericoloso e senza rendere conto a nessuno.
Con un patrimonio di 43.500 milioni di dollari, la BMGF è la più grande fondazione di beneficenza del mondo. Attualmente distribuisce più aiuti per la salute globale rispetto a qualsiasi governo.
Di conseguenza, influenza notevolmente le questioni globali di salute ed agricoltura.
Di conseguenza, influenza notevolmente le questioni globali di salute ed agricoltura.
L’accusa è formulata in un nuovo rapporto di Global Justice Now intitolato “Gated Development[che potrebbe tradursi in Sviluppo guastato, il gioco di parole in inglese essendo intraducibile, ‘gated’ significa murato, NdE] La Fondazione Gates è sempre una forza del bene? Il rapporto afferma che ciò che fa la BMGF potrebbe in ultima analisi esacerbare le disuguaglianze globali e rafforzare ancora di più il potere capitalista mondiale.
L'analisi di Global Justice Now dei programmi della BMGFdimostra che i dirigenti della Fondazione provengono prevalentemente da grandi aziende usamericane. Di conseguenza, la domanda è: quali interessi sono promossi - quelli del capitalismo Usa o quelli della gente comune che cerca la giustizia sociale ed economica, piuttosto che la carità?
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15 gennaio 2016
Libia, il piano della conquista
«Il 2016 si annuncia molto complicato a livello internazionale, con tensioni diffuse anche vicino a casa nostra. L'Italia c'è e farà la sua parte, con la professionalità delle proprie donne e dei propri uomini e insieme all'impegno degli alleati»: così Matteo Renzi ha comunicato agli iscritti del Pd la prossima guerra a cui parteciperà l'Italia, quella in Libia, cinque anni dopo la prima.
Il piano è in atto: forze speciali Sas - riporta «The Daily Mirror» - sono già in Libia per preparare l'arrivo di circa 1000 soldati britannici. L'operazione - «concordata da Stati uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia» - coinvolgerà circa 6000 soldati e marine statunitensi ed europei con l'obiettivo di «bloccare circa 5000 estremisti islamici, che si sono impadroniti di una dozzina dei maggiori campi petroliferi e, dal caposaldo Isis di Sirte, si preparano ad avanzare fino alla raffineria di Marsa al Brega, la maggiore del Nordafrica».
Il piano è in atto: forze speciali Sas - riporta «The Daily Mirror» - sono già in Libia per preparare l'arrivo di circa 1000 soldati britannici. L'operazione - «concordata da Stati uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia» - coinvolgerà circa 6000 soldati e marine statunitensi ed europei con l'obiettivo di «bloccare circa 5000 estremisti islamici, che si sono impadroniti di una dozzina dei maggiori campi petroliferi e, dal caposaldo Isis di Sirte, si preparano ad avanzare fino alla raffineria di Marsa al Brega, la maggiore del Nordafrica».
11 gennaio 2016
Una nuova moneta unica africana sarebbe la vera causa dell'intervento francese in Libia
Sulla base delle informazioni trovate nelle lettere di Hillary Clinton declassificate il 31 dicembre, la vera ragione dell'intervento in Libia è l'oro che avrebbe impedito i piani di Nicolas Sarkozy ha in programma di espandere la sua influenza nella regione.
La corrispondenza dell'ex Segretario di Stato americano Hillary Clinton ha mostrato che nel 2011, Gheddafi aveva 143 tonnellate d'oro e 143 tonnellate di argento con cui avrebbe voluto creare una nuova moneta unica per l'Africa e fornire ai paesi francofoni africani un'alternativa al "franco CFA."
"L'oro era stato raccolto prima della rivolta in corso e doveva essere utilizzato per la creazione di una moneta panafricana di base sul dinaro libico", si legge nella mail dell'ex segretario di stato.
In totale, il valore di tali riserve era pari a circa 7 miliardi.
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