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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
16 aprile 2012
LO "SCANDALO LEGA": ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA PER NASCONDERE....
Di Curzio Bettio
Soccorso Popolare di Padova
Sono ormai settimane che siamo oppressi da trasmissioni
televisive, dibattiti pubblici, pagine e pagine di giornali, che trattano dello
“scandalo Lega”, dello scontro “Maroni - cerchio magico”, delle appropriazioni
indebite di denaro pubblico da parte dei massimi dirigenti della Lega Nord per
uso personale, per speculazioni finanziarie, per riciclaggio di valuta, per costruzioni
di patrimoni immobiliari.
Sembra che i motivi dello scandalo siano spuntati come per
magia, ad illustrare all’opinione pubblica come questo movimento “duro e puro”
non sia altro che un assembramento di fanatici che non si accorgono del grande
imbroglio che da vent’anni viene loro spacciato come “movimento di liberazione
della Padania dal Sud-Italia parassita e sfruttatore”.
Eppure, prima di questo momento, tante sono state le
inchieste, le dettagliate denunce e i documenti che ricostruiscono gli inganni,
la spartizione dei posti di potere, e la mania dei doppi incarichi di cui si
rende protagonista il partito di Bossi.
Un esempio per tutti: già alla fine del 2010, il capogruppo
dell’Italia dei Valori alla Camera dei Deputati, Massimo Donadi, pubblica un
vero e proprio dossier anti-Lega intitolato “Le contraddizioni della Lega
Nord“, costruito dall’Ufficio legislativo del partito di Di Pietro in data 28 settembre.
Vale la pena considerarlo a grandi linee.
Il documento parla degli incarichi multipli assunti da
esponenti padani, stigmatizza il nepotismo che colpisce il partito di Bossi, la
supposta lotta agli sprechi, la difesa di tante cricche, e denuncia le contraddizioni
di cui si sono resi protagonisti i Padani nel dibattito politico degli ultimi anni.
Dalle quote latte al disastro Malpensa, dal sì al Ponte
sullo Stretto alle banche amiche del Carroccio.
“È il partito che può vantare il periodo più lungo trascorso
al governo da tangentopoli in poi”, così inizia il documento, elencando tutte
le volte che la Lega si è comportata da amica dei corrotti e dei mafiosi. Come
nel caso della non-autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex
sottosegretario Nicola Cosentino e il divieto di utilizzo delle intercettazioni
che lo interessavano.
Poi si sottolinea come il partito di Bossi abbia votato a
favore di ben 37 leggi ad personam, che
Silvio Berlusconi avrebbe provveduto a farsi confezionare: su tutte, indulto,
ex Cirielli, lodo Alfano, legittimo impedimento, leggi su questione Mondadori
per evitare sanzioni milionarie.
Il documento evidenzia come la Lega abbia contestato gli
sprechi e le inefficienze nella pubblica amministrazione, ma si è dimostrata
fortemente contraria alla abolizione delle Province: per altro, di recente aveva
proposto la nuova Provincia della Valcamonica.
Nel dossier, vengono elencati gli incarichi istituzionali
frutto del consenso elettorale e del peso parlamentare. Il Carroccio – si
annuncia – occupa posti di potere a livello di enti e società di emanazione
pubblica o a partecipazione pubblica: banche, autostrade, ospedali, Rai, Expo
2015.
Ecco gli uomini di punta del sistema padano, società per società (sempre alla
fine del 2010!).
Alla Consip, la società per azioni del ministero
dell’Economia per l’acquisto di beni e servizi destinati alle amministrazioni
dello Stato, troviamo Danilo Broggi, amministratore delegato.
A Cinecittà, Roberto Codonati (consulente per l’immagine
della Lega) è membro del cda.
L’Agea, l’agenzia che vigila sull’erogazione dei fondi
comunitari per l’agricoltura è guidata dal professor Dario Fruscio, presidente
designato su indicazione di Zaia, allora ministro dell’Agricoltura.
Del consiglio di amministrazione di Finmeccanica fa parte
Dario Galli (presidente della provincia di Varese); in quello di Fiera Milano
Attilio Fontana (sindaco di Varese); all’Eni siede Paolo Marchioni, consigliere
di amministrazione e vice-presidente della provincia di Verbano-Cusio-Ossola,
nonché assessore al Bilancio; alla Sviluppo Sistema Fiere siede, invece, come
presidente Leonardo Ambrogio Carioni, presidente nonché presidente della
Provincia di Como, sindaco di Turate, presidente dell’Unione delle Province
lombarde; all’Expo 2015 e alla Pedemontana ritroviamo Leonardo Ambrogio
Carioni, questa volta come membro del cda; all’Enel Gianfranco Tosi, ex sindaco
di Busto Arsizio; alle Poste italiane c’è Mauro Michielon; alla Sea (gestione
dello scalo di Malpensa) Giuseppe Bonomi è presidente e direttore generale;
all’Inail è in quota Lega il presidente Marco Fabio Sartori; poi in Fincantieri,
Francesco Belsito (sic!) è consigliere di amministrazione; in Rai, invece, gli
amici del Carroccio sono Giovanna Bianchi Clerici, componente del cda, ed
Antonio Marano, vice-direttore generale; il presidente di Serenissima è Attilio
Schneck, (presidente della provincia di Vicenza); il presidente di Buonitalia è
l’amico dei Padani Walter Brunello.
Nel mondo bancario, infine, un alleato prezioso è Massimo
Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano, oltre che di Impregilo.
Poi c’è il gioco dei doppi incarichi, e quindi… delle doppie retribuzioni.
Alla Camera siedono 25 leghisti con doppio incarico, e 3 con
triplo, mentre al Senato sono 14 con doppio incarico, e 3 con triplo.
Tra i parlamentari del Carroccio si contano 3 presidenti di
Provincia (Bergamo, Brescia e Biella), e 2 consiglieri provinciali, 15 sindaci,
3 vice sindaci, 2 assessori comunali e 17 consiglieri comunali. Daniele
Molgora, ad esempio, è deputato, è stato sottosegretario all’Economia fino a
maggio 2010 ed è presidente della provincia di Brescia.
Luciano Dussin è deputato e sindaco di Castelfranco Veneto.
Adriano Paroli è deputato e sindaco di Brescia.
Pierguido Vanalli è deputato leghista e anche sindaco di
Pontida.
Gianluca Buonanno è deputato, sindaco di Varallo e vice
sindaco del comune di Borgosesia, entrambi in provincia di Vercelli.
Giovanni Fava è deputato e siede nel consiglio provinciale
di Mantova e in quello comunale di Sabbioneta.
Ettore Pirovano è deputato e presidente della Provincia di
Bergamo.
Roberto Simonetti è deputato e presidente della Provincia di
Biella.
Il senatore Gianvittore Vaccari è sindaco di Feltre. Mentre
Gianpaolo Vallardi, invece, è il primo cittadino di Chiarano. L’onorevole
Massimo Bitonci, invece, è sindaco di Cittadella (Padova). L’onorevole Giacomo
Chiappori è sindaco di Villa Faraldi (Imperia).
Il senatore Sandro Mazzatorta è primo cittadino di Chiari.
Claudio D’Amico, deputato, è sindaco di Cassina de’ Pecchi
(Milano). Giovanna Negro, deputata, copre lo stesso incarico ad Arcole
(Verona). Mentre il senatore Cesarino Monti ricopre l’incarico di assessore al
Comune di Lazzate (Mi).
Poi si passa al nepotismo verde, quello che riguarda gli interessi della casta
leghista.
Il “Senatur” Bossi ha provveduto a piazzare il fratello Franco
a Bruxelles, come assistente dell’euro-parlamentare Matteo Salvini.
Il figlio, Umberto Bossi, invece è stato piazzato al consiglio regionale
della Lombardia, eletto a Brescia.
La moglie del leader, Manuela Marrone, invece, ha ricevuto
un contributo di 800.000 euro per la sua scuola privata di chiara ispirazione
padana.
Il favoritismo dei parenti ha raggiunto il culmine nella “parentopoli
piemontese” che ha visto protagonista la giunta del governatore leghista del
Piemonte Roberto Cota.
Nella sua segreteria troviamo Michela Carossa, figlia di
Mario, capogruppo della Lega in Regione. Capo di gabinetto del governatore è
Giuseppe Cortese, che ha trovato lavoro pure alla moglie, Isabella Arnoldi,
diventata portavoce dell’assessore leghista Massimo Giordano, fedelissimo di
Cota.
Ombre in un concorso per funzionari alla provincia di
Brescia: 700 concorrenti per 8 posti. Per più di metà dei vincitori –
ricostruisce il dossier- ci sarebbe puzza di raccomandato. Infatti, tra i vincitori
figura Sara Grumi, figlia di Guido, assessore leghista al Comune di Gavardo e
candidato alle ultime regionali. Quindi, Katia Peli, nipote dell’assessore
provinciale all’Istruzione, leghista pure lui, Aristide Peli. Lavoro assicurato
per Silvia Raineri, capogruppo della Lega nel consiglio comunale di Concesio e
moglie del vicesindaco di Brescia Fabio Rolfi. Vittoria anche per Cristina
Vitali e Anna Ponzoni: tutte e due lavorano già in Provincia, guarda caso
entrambe per l’assessorato guidato dal leghista Giorgio Bontempi.
Favori anche a Varese. Nel 2002 diventa presidente della Provincia Marco
Reguzzoni, marito di Elena, figlia di Francesco Speroni, storico capo di
gabinetto del “Senatur”, quando costui era ministro delle Riforme. [Reguzzoni,
ex capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati, detronizzato per volontà di
Bobo Maroni, sta entrando nel centro del ciclone della “pulizia leghista”,
perché appartenente al cosiddetto “cerchio magico”.]
A Verona, l’elezione alla carica di sindaco di Flavio Tosi
ha consentito alla moglie Stefania Villanova, che lavorava già in Regione, di
incassare 45mila euro in più: all’improvviso è diventata dirigente, e messa a
capo della segreteria dell’assessorato regionale alla Sanità.
In Friuli, invece, i leghisti si sono “scambiate” le mogli! L’ex
presidente del consiglio regionale Ballaman ha assunto Laura Pace, moglie
dell’allora sottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi. Balocchi si è preso
in cambio assegnandole un incarico Tiziana Vivian, ex moglie dello stesso
Ballaman. [Il nome della Vivian è finito, in
questi giorni, su diversi organi d'informazione italiani perchè, a
quanto sembra, persona informata sui fatti, nell’inchiesta giudiziaria che
ha travolto la Lega Nord, colpita dalle accuse di riciclaggio, truffa e
appropriazione indebita ipotizzate dalla magistratura.]
A Padova, l’ex segretario provinciale della Lega Maurizio
Conte – oggi diventato assessore nella giunta Zaia – ha affidato l’incarico per
progettare e dirigere i lavori di un nuovo polo scolastico a suo fratello
Tiziano Conte. Con regolare bando di concorso, giura lui. E se non puoi
sceglierli in famiglia, c’è comunque un partito che ti assiste.
Raccontava - ricorda il documento - il Pd Piero Ruzzante al
Corriere del Veneto, di altre “designazioni” ai vertici di tre enti regionali:
“Corrado Callegari in Veneto Agricoltura, impiegato di banca
di Mestre, stipendiato con 15mila euro al mese; Antonello Contiero in
Intermizoo, autista di autobus di Rovigo, premiato con 5mila euro mensili e
inserito nel listino di Zaia; e Fausto Luciani in Avepa, Agenzia Veneta per i
Pagamenti in Agricoltura, ristoratore allo zoo-safari di Bussolengo, e
retribuito con ben 154mila euro annui”.
A Bergamo, nell’estate del 2009, raccontava “BergamoNews” –
continua ancora il documento - l’architetto Silvia Lanzani, è stata incaricata,
per 13.754 euro, di curare il progetto preliminare della nuova centrale di
sterilizzazione dell’ospedale di Treviglio, diretto dal leghista Cesare Ercole.
Silvia Lanzani è della Lega e fa l’assessore alle Infrastrutture in Provincia.
Come si dice, una che lavora con la testa, con il cuore, e con il portafoglio!
Comunque, di tutto questo nulla si sente nelle trasmissioni
radio-televisive.
Si punta l’attenzione sugli aspetti scandalistici che
condizionano le lotte fra il clan Maroni e il clan Bossi, si parla diffusamente
del “Trota” e delle sue frequentazioni con attricette e veline, delle sue multe
e delle folli corse con macchine di grossa cilindrata, tutto a spese del contribuente.
Solo adesso i Leghisti se ne accorgono, e fanno “pulizia”
della …strega Rosy Mauro, “badante puttana, l’hai fatto per la grana!” Si
pubblicano perfino le foto apparse tanti anni fa su riviste patinate di un
Bossi e di una Mauro, bei giovanetti, che nuotano allegramente in piscina…con
le mani dell’Umberto fra le coscione della Rosy. Una certa dose di prurito
scandalistico a base sessuale è il cacio sui maccheroni, in questo caso!
Tutto questo viene utilizzato come cortina fumogena, come
una potente “arma di distrazione di massa” su quello che sta succedendo
attualmente al popolo italiano, e su ciò che si sta preparando come “soluzione
finale”.
Al Palazzetto dello Sport di Bergamo, dove si è consumato lo
scontro pubblico fra Maroni e Bossi, con la pietosa resa dell’Umberto e le sue
scuse pubbliche per la distrazione di denaro messa in atto dalla sua famiglia,
(lui, il Capo, non sapeva niente, …povero rimbambito!), a testimoniare il tutto
si sono presentate innumerevoli testate giornalistiche, che per giorni ci hanno
assillato con i loro servizi.
Due sabati fa, il 31 marzo, a Milano, davanti alla Borsa,
decina di migliaia di cittadini, che si sono auto-finanziati per una
manifestazione auto-convocata, sono stati degnati solo di qualche passaggio
televisivo e di un qualche bel articolo da parte di pochi giornali interessati
al problema della crisi che investe la maggior parte del popolo dei lavoratori
e dei pensionati italiani.
A promuovere l’iniziativa il “Comitato No Debito” nazionale,
poi costruita assieme a numerosi altri soggetti sociali, sindacali, politici e
di movimento.
Il manifesto di auto-convocazione del “Comitato No Debito”
invitava alla costruzione di un’opposizione sociale e politica.
“I loro affari non devono più decidere sulle
nostre vite. Per una società fondata sui diritti civili e sociali, sul
pubblico, sull’ambiente e sui beni comuni.
Misure “lacrime e sangue” sono la ricetta del governo delle banche e della
finanza che, con il sostegno del centro-destra e del centro-sinistra, è ormai
in carica da oltre tre mesi.
Il massacro sociale
del governo Monti dilagherà, se verrà applicato il trattato europeo deciso dai
governi Merkel, Sarkozy e Monti. Ora vogliono cambiare la Costituzione, senza
consultare i cittadini! Dovremo sacrificare i diritti sociali e quelli delle
lavoratrici e dei lavoratori, per pagare il debito agli stessi affaristi e speculatori
che l’hanno creato.
Monti in Italia o Papademos in Grecia, che in realtà non fanno che aggravare la
malattia, scaricano sui lavoratori e sulle classi popolari il peso della iniqua
distribuzione del reddito con il conseguente peggioramento delle condizioni di
vita e l’eliminazione di diritti conquistati con anni di lotte.
Per questo diciamo NO
alla precarietà e alla messa in discussione dell’articolo 18, alla distruzione
dello stato sociale, dei diritti, della civiltà e della democrazia. Per questo
diciamo NO alla distruzione dell’ambiente, alle grandi opere, alla Tav.
Chiediamo ai giovani e alle donne, alle lavoratrici e ai lavoratori, ai
precari, ai pensionati e ai migranti, ai movimenti civili, sociali e
ambientali, di organizzare insieme una risposta a tutto questo con una grande
manifestazione nazionale a Milano il prossimo 31 marzo.
Unire le lotte per un’opposizione sociale e politica di massa, capace di
incidere, dal territorio, alla scuola e all’università, alle lotte per il
lavoro: dalla IMS, all’Anovo, dalla Whirlpool, a Malpensa, dalla Argol di
Fiumicino alla Wagon-Lits di Milano, alla Alcoa di Portovesme, alla
Fincantieri, alla Esselunga, alla Fiat e alle lotte dei migranti. Vogliamo
manifestare assieme a tutti i popoli europei, schiacciati dalle politiche di
austerità e dal liberismo, in particolare al popolo greco, sottomesso ad una
tirannide finanziaria che sta distruggendo il paese.
Vogliamo un diverso modello sociale ed economico in Italia e in Europa, fondato
sul pubblico, sull’ambiente e sui beni comuni, per riconvertire il sistema
industriale con tecnologie e innovazione, per la pace e contro la guerra, per
lo sviluppo della ricerca sostenendo scuola pubblica e università, per
garantire il diritto a sanità, servizi sociali e reddito per tutti, lavoro
dignitoso, libertà e democrazia.”
A tutto questo, alla partecipazione di 25.000 persone, si
risponde con il quasi totale silenzio. Eppure la situazione è gravissima, e per
tanti versi, scandalosa, altro che “scandalo leghista”!
Nel manifesto del “Comitato No Debito” viene riportata la
frase: “Ora, vogliono cambiare la
Costituzione, senza consultare i cittadini!” Si tratta di una questione che
la stampa italiana trascura, e che molta parte dell’opinione pubblica ignora.
Il Comitato No Debito da mesi sta incalzando l’agenda
politica con la richiesta di bloccare la revisione dell’art. 81 della
Costituzione che intende introdurre l’obbligo
di pareggio in bilancio.
Al Senato la revisione dell’art. 81 si discute nuovamente
martedì 17 e mercoledì 18 aprile. Se più di un terzo dei Senatori votasse
contro, il governo sarebbe costretto ad indire un referendum su questo
“obbligo”.
Abbiamo alcuni giorni di tempo per fare tutto il possibile
per invitare una parte del Senato a non votare questo provvedimento
antidemocratico, suicida dal punto di vista economico, e micidiale dal punto di
vista sociale. Usiamo questi giorni per indurre le Senatrici e i Senatori che possono
essere raggiunti direttamente o indirettamente, invitandoli a non votare la
modifica dell’art. 81.
Martedì 17 aprile, il Comitato No Debito, così come ha fatto
mercoledì scorso, scenderà in piazza davanti al Senato.
Invitiamo alla massima partecipazione! Bisogna affermare a
chiare lettere il nostro “No” alla revisione dell’art. 81.
I cittadini devono avere a disposizione la possibilità di
pronunciarsi attraverso un referendum confermativo che costringa il governo - e
si contrapponga alle imposizioni dell’Unione Europea - a mettersi a verifica
democratica nella società, piuttosto che procedere a colpi di diktat approvati
nei due rami del Parlamento senza una reale opposizione.
Invece, vogliono cambiare la Costituzione, senza consultare
i cittadini!
Ma cosa dovrebbe comportare l’obbligo di pareggio in
bilancio, che la Commissione Europea a tutti i costi ci vuole imporre? In buona
sostanza, si tratta di questo, in termini che tutti possono comprendere: il 25%
dell’attuale nostro debito pubblico di circa 2.000 miliardi di euro, vale a dire
500 miliardi, deve essere pagato spalmandolo nel corso di 10 anni. Ogni anno
saremmo costretti a sborsare nelle tasche dei banchieri e degli affaristi
speculatori la bellezza di 50 miliardi di euro fissi, che devono
necessariamente andarsi a sommare alle altre decine di miliardi per ripagare il
debito pregresso di titoli di Stato e buoni del Tesoro in puntuale scadenza,
questi a favore anche di lavoratori e pensionati.
Mediamente, parliamo di 80 miliardi di euro annui da
rimborsare: questo significa la generale miseria per tutte le classi sociali
del popolo italiano, fatta eccezione per gli straordinariamente benestanti e i
detentori di colossali patrimoni.
La mancanza di informazioni e il totale silenzio dei mezzi
di informazione di massa sull’argomento costituiscono il “vero scandalo”, non
lo “scandalo della Lega Nord”, al confronto ladra di polli, rispetto alla
grande ruberia che ci attende, e che vogliono imporre come norma nella nostra
Costituzione.
Ma stanno sotto ai nostri occhi altri “piccoli scandali”.
Parliamo dell’Imposta Municipale Unica, IMU.
Nell’iter in Senato il sottosegretario all’Economia Vieri
Ceriani aveva già espresso il suo parere contrario ad agevolare le case degli
anziani in residenze di cura, perché intercorrerebbe un “rischio di evasione ed
elusione”.
Ma, con una dichiarazione scandalosa, così si è espresso il
relatore al dl fiscale e presidente della Commissione Finanze della Camera,
Gianfranco Conte, spiegando che con un eventuale sgravio “potrebbe crearsi un
problema sociale”:
“Nessuna modifica Imu per gli anziani degenti in case
riposo. Sono contrario a modifiche della normativa Imu per questi anziani.”
Conte ha precisato che il rischio consiste nel fatto che un’agevolazione
di questo genere potrebbe “spingere i familiari a mettere gli anziani nella
casa di riposo” per usufruire della tassazione più leggera sulla loro casa di
abitazione.
Si arriva alla situazione scandalosa di far pagare l’IMU
come “seconda casa” ad anziani, magari completamente bisognosi di cure e non
autosufficienti, pur di fare cassa, per evitare… un trasferimento di massa di
altri anziani da parte di parenti assatanati di soldi.
A questo punto, si coglie o no tutto il ridicolo della
proposta e della giustificazione vergognosa?
Però i media di questo non trattano, perché hanno solo tempo
per il ridicolo di altri “scandali padani”!
E non si dovrebbe urlare allo “scandalo” per come viene
affrontata la problematica degli “esodati”, quei lavoratori rimasti senza
retribuzione né pensione per effetto della riforma della previdenza?
Il ministro Fornero dichiara giovedì che gli “esodati sono
65.000”. Solo!? Un mese fa aveva detto che erano 350.000, comunque le
previsioni iniziali erano… di 50.000. Un alto dirigente dell’INPS ne dichiara
135.000. Questi sono i tecnici affidabili, vale a dire persone in grado di fare
i giusti conti e fornire cifre attendibili e coerenti?
Alla manifestazione a Roma di venerdì 13 aprile per migliaia
di questi lavoratori parcheggiati nella terra di nessuno, la Camusso, Segretaria
della CGIL, esige:
“Non ci resta che chiedere il licenziamento del presidente
dell’INPS perché incapace di governare i contributi, se il governo confermasse
gli esodati essere nel numero di 65.000.”
Ribadisce il sottosegretario all’Economia, Gianfranco
Polillo,:
“È ovvio che ci sono più esodati dei 65.000, ma sono scaglionati nel
tempo. Ci sono quelli che rimarranno senza stipendio e senza lavoro nel 2013,
altri nel 2014 e via dicendo. Anno per anno si provvederà. Non possiamo
risolvere il problema tutto subito, perché dovremmo mettere a bilancio una
cifra spropositata che ci farebbe saltare tutti gli equilibri finanziari. Si
tratta di mantenere fermi i postulati della riforma previdenziale, e fare poi
norme transitorie per risolvere i problemi che rimangono.”
Come dire: il governo ha individuato in 65.000 gli esodati
interessati subito, mentre per quelli che usciranno negli anni, qualche Santo
provvederà!
Già adesso, nel conto stretto dell’esecutivo, sicuramente è
rimasto escluso qualche migliaio di persone, ed in futuro quelli che
arriveranno a scadenza non troveranno subito i fondi assicurativi, e per questo
dovranno intraprendere di continuo lotte estenuanti. E costoro sono tutti
anziani, con tanti anni di lavoro sul groppone! Questo è il “vero scandalo”!
“Esodiamo il governo!”
E a proposito di vecchi. Nessun telegiornale ha riportato e
commentato l’ultimo Outlook
pubblicato ieri dal Fondo Monetario Internazionale che letteralmente recita
così:
“i rischi connessi a un aumento dell’aspettativa di vita
sono molto alti: se entro il 2050 la vita media dovesse aumentare di tre anni
più delle stime attuali, aumenterebbero del 50% i già elevati costi dei sistemi
di welfare.”
A che servono i vecchi? A nulla, risponde il nuovo
capitalismo. Sono soltanto un costo, ovviamente da abbattere. In senso fisico.
Corre alla mente un bel film di fantascienza, interpretato da Ugo Tognazzi, che
descrive una società in cui gli anziani, ad un certo punto della loro vita, vengono
rinchiusi in villaggi vacanze. Ogni settimana, questi ospiti devono partecipare
ad una grande lotteria, e i vincenti partono in “crociera” su navi, che ritornano
poi prive del loro carico di… vacanzieri.
Ecco, questo potrebbe essere un bel modo per una società che
vuole disfarsi dei propri vecchi, o più sottilmente, per il FMI, quello di
ridurre i servizi sanitari e farli lavorare più a lungo, e così… speriamo di
liberarci di questi improduttivi fastidiosi.
A questo proposito, scrive Dante Barontini in un suo
editoriale su Contropiano.org, dal titolo “Dovete morire!”:
“Se volessimo, per semplicità, ragionare in un’ottica solo
italiana, potremmo a questo punto tirare le conclusioni di un lungo percorso
che va dalla prima delle innumerevoli riforme delle pensioni (Dini, 1996) fino
all’attuale “riforma del mercato del lavoro”. Tutte modifiche motivate con la
“necessità di parametrare l’età pensionabile con le aspettative di vita, in modo
da non scaricare i costi sulle generazioni future”.
Ora apprendiamo che proprio il prolungamento della vita
media – un effetto diretto del welfare post-bellico, fatto di istruzione,
sanità, pensioni, limiti allo sfruttamento in termini di orari, ferie, ecc – è
il problema.
Badate. Il FMI non parla dell’Italia, ma dell’Occidente
capitalistico, dei paesi più industrializzati. Parla di una civiltà che viene
definita “economicamente incompatibile” con il sistema di produzione e
distribuzione esistente. Una way of life
spacciata per quasi 60 anni come il migliore dei mondi possibili, che era
servita a tenere lontani (e minoritari) i fantasmi della Rivoluzione,
stemperando in “riformismo” le rivendicazioni del movimento operaio.
Tutto finito, inutile, ingombrante, costoso. Il nuovo
“modello sociale” dovrà essere plasmato sui criteri della “competitività”,
quindi sul lavoro flessibile, pagato poco, senza “inutili rigidità” come quelle
garantite dai diritti. Senza servizi sociali o miracolose attese per “la vita dopo
il lavoro”. Il “ciclo di vita” capitalisticamente “virtuoso” si deve consumare
per intero dentro la fase “produttiva”; il dopo non è un problema del capitale
e dell'economia.
Se hai una struttura familiare e rendite che ti possano
garantire, bene; altrimenti spegniti senza dare fastidio ulteriore, senza
pretendere cure, reddito, casa, assistenza pubbliche.
Che questo modo di procedere sia anche economicamente utile,
è dubbio. Sedetevi la mattina davanti al principale dei monumenti cittadini e
osservate bene le code di turisti che l’attraversano. Vedrete orde di
pensionati, ex lavoratori dipendenti, ex insegnanti, ecc.
Abbattere i livelli di reddito dei pensionati “occidentali”
(giapponesi compresi, ovviamente) avrà ricadute immediate sul turismo di massa
e sull’indotto sconfinato che questo genera. Dalla ristorazione alle strutture
alberghiere, dalle compagnie aeree low cost agli ambulanti, fino ai
“centurioni” del Colosseo.
Possiamo agevolmente prefigurare la scomparsa di decine di
professionalità di servizio: dai dietologi ai personal trainer, dai centri
benessere ai negozi “bio”.
Ma si tratta di un “dimagrimento sociale” perseguito
lucidamente, non tanto di conseguenze inattese di politiche insensate. La
ragione di fondo sta nella causa vera della crisi: sovrapproduzione di
capitale. Che non significa affatto – come tanti lettori di Marx per sentito
dire credono – semplice “sovrapproduzione di merci”. Il Capitale, infatti,
comprende certo i soldi, i macchinari, le merci, i servizi, i trasporti, ecc. Ma
anche le persone fisiche. Quelle che entrano nel processo di produzione sotto
la voce di capitale variabile. E che ci entrano come sorgente da cui estrarre
plusvalore, certamente; ma che rappresentano pur sempre – per il capitalista –
anche un costo.
In tempi di crisi, tenere gente in vita è più un costo che
un’opportunità. Certo, ai bei tempi tutto sarebbe stato risolto con una bella
guerra, che consentiva di spianare capitale altrui (ricchezza accumulata,
macchine, merci, persone, ecc) distruggendone anche, in parte, del proprio.
Purtroppo, la proliferazione nucleare ha di fatto tolto di
mezzo questa possibilità: l’esito finale. In termini di distruzione di
capitale, questo rischia di essere decisamente eccessivo. I “nemici di comodo”
che di volta in volta possono essere investiti con la potenza distruttiva
accumulata – i Gheddafi, gli Assad, i Saddam - sono ben poca cosa rispetto alle
quantità che andrebbero eliminate per rilanciare l’accumulazione.
Quindi la guerra “per l’eliminazione della capacità produttiva
in eccesso” si introverte all’interno stesso dei paesi industrializzati. O
imperialisti, che dir si voglia. Diventa guerra contro la propria popolazione
in eccesso, contro i “privilegi” che ne hanno fatto salire in modo così
pericoloso l’età media, le “aspettative di vita”.
È una guerra che può anche non richiedere l’uso delle armi.
Basta “esodare” centinaia di migliaia di persone all'improvviso. Magari ogni
anno o giù di lì.
Se li lasciamo fare,
è quello che faranno. Lo stanno già facendo.”
Nessun organo di informazione ha parlato di questa
asserzione del Fondo Monetario. Mentre tutti si spendono nel parlare di Renzo
Bossi e dello scandalo leghista, che, guarda caso, capita proprio a fagiolo in
un contesto politico dove si sta per approvare una modifica costituzionale, che
ridisegnerà il nostro assetto politico, economico e sociale e il nostro
rapporto all’interno dell’Unione Europea, a favore totale di banche e finanza e
del potere politico della Germania.
Il presidente, prof. Monti, il 2 marzo 2012 ha firmato con
gli altri paesi europei il cosiddetto fiscal
compact, un trattato UE attraverso il quale si impongono regole rigidissime
nel rapporto tra deficit e PIL. In altre parole, il deficit non dovrà superare
in alcun modo il 3% del PIL.
Ma il fiscal compact
comporterà anche un impegno per gli Stati membri ad abbattere l’attuale debito
pubblico per ridurlo fino a raggiungere il 3% del PIL. E siccome lo Stato
italiano ha un deficit stratosferico, questo impegno comporterà per il nostro
paese manovre pesantissime per i prossimi anni e una previsione di crescita
pari a zero.[Come abbiamo analizzato grosso modo in precedenza].
Per giunta lo Stato non avrà più una sua sovranità politica
economica, non potendo sforare i limiti imposti dal fiscal compact, pena l’applicazione di forti sanzioni. Si può a
ragione ritenere che il fiscal compact
determinerà la nostra fine come nazione e come Stato sovrano.
La questione è stata gestita in sordina da tutti i mezzi di
informazione. La Camera ha già approvato la modifica dell’art. 81 Cost. con una
maggioranza bulgara, che scongiura già in prima battuta il referendum
costituzionale, e pochi cittadini sono consapevoli di questo.
Se la norma verrà approvata con la medesima maggioranza al
Senato, i cittadini perderanno il diritto ad essere consultati in merito, con
la conseguente consegna della nostra sovranità politico-economica a soggetti
estranei ai meccanismi democratici. Con tutto il consenso e il sostegno del
Presidente Napolitano!
In altre parole, i cittadini si ritroveranno a essere governati
da oligarchi della finanza, e i nostri politici costituiranno la foglia di fico
per cui queste oligarchie potranno affermare di decidere dei nostri destini in
piena democrazia. Chi si oppone e non accetta questi vincoli di bilancio
suicidi che non permetteranno politiche di finanza congiunturale, viene
tacciato di mettere in atto azioni prive di responsabilità, di “anti-politica”
(Sentire le dichiarazioni odierne di Bersani).
Fatte le debite considerazioni, possiamo concludere che, sì,
lo “scandalo della Lega” è stato promosso ad arte, un complotto messo in atto
come “arma di distrazione di massa”, per suscitare indifferenza nei confronti
di altri ben più pesanti “scandali”, che andranno ad affliggere le classi
subalterne del popolo italiano.
Padova, 15 aprile 2012
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