Previsione su questo nuovo governo tecnico a guida Draghi che, con l'eventuale ausilio del centrodestra, porterà l'Italia verso la sua inevitabile fine.
Draghi darà qualche contentino iniziale, punterà alla vaccinazione semi di massa (che poi vaccinazione non è e se la fanno loro) e poi presenterà il conto.
Un conto salatissimo che toccherà pensioni, stipendi pubblici (locali) IMU ed IVA al cui confronto quello della Grecia sarà stato risibile.
Nel frattempo da subito proseguirà la svendita di asset italiani anche in termini di territori, porti, spiagge, aziende, attività e quant'altro.
La tassazione odiosa, la rendita privilegiata che provoca l'aumento dei prezzi Mentre si raddoppia lo stipendio del capo dell'INPS, decine e decine di miliardi di rendite vengono continuamente pagate come tasse sotto la guisa di interessi sul debito pubblico. La classe digerente, non contenta del signoraggio che ruba con le banche (mille miliardi l'anno), compresa la Banca d'Italia (altri 200 miliardi solo sulle banconote), pretende anche il sacrificio al Bancotauro rappresentato dal "debito pubblico", il debito, cioè, di uno stato che rifiutando di creare esso stesso la sua moneta, pretende di doverla prendere a prestito dai furbetti del banchierino, dopo aver loro concesso la licenza bancaria, invitandoli alle aste mensili dei titoli di stato Ma secondo voi il popolo, presa coscienza, come li giustizierà ? Come fece col Conte Giuseppe Prina nel 1800 ?
Finalmente Mario Draghi è costretto ad ammettere che “la politica monetaria da sola è insufficiente per far ripartire l’inflazione e la crescita dell’Eurozona” e per la prima volta dichiara che “la politica fiscale dovrebbe diventare lo strumento principale per aumentare domanda” e avere “un ruolo molto più attivo”. In pratica Draghi ammette che le politiche monetarie adottate negli ultimi anni dalla BCE sono state fallimentari perchè non hanno prodotto gli effetti sperati nell’economia reale. Ma ammette anche che solo gli Stati possono raggiungere l’obiettivo di stimolare la domande interna attraverso le loro politiche fiscali. Infatti il Quantitative Easing QE e i prestiti al sistema bancario TLTRO non hanno prodotto effetti positivi nell’economia reale, ma sono solo serviti “per far fronte a tutte le nostre emergenze”, nel senso di salvare le banche e sostenere l’economia finanziaria.
La Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità una mozione che dà via libera all’introduzione dei minibot, titoli di Stato di piccolo taglio da utilizzare per pagare i debiti della pubblica amministrazione. Dalla Banca Centrale europea è arrivato un brusco stop, con il presidente Mario Draghi che li ha bollati come “valuta illegale” e “nuovo debito”. Nel governo il Premier Conte e il Ministro dell’economia Tria hanno già stoppato l’idea, tanto cara invece alla Lega, ed in particolare al Presidente della Commissione Bilancio di Montecitorio Claudio Borghi che è uno degli ideatori. Lo Speciale ha chiesto un commento in merito all’economista Antonino Galloni, già direttore generale del Ministero del Lavoro, della Cooperazione, dell’Osservatorio sul Mercato del Lavoro, Politiche per l’Occupazione Giovanile e Cassa Integrazione straordinaria nelle grandi imprese. Ha ricoperto anche l’incarico di sindaco all’INPDAP, all’INPS, all’INAIL in rappresentanza del Ministero del lavoro e all’OCSE. È presidente del Centro Studi Monetari, un’associazione per lo studio dei mercati finanziari e delle forme di moneta emettibili senza creare debito pubblico. La persona quindi più accreditata a parlare di minibot e di incidenza sul debito pubblico.
Alcuni di voi non sapranno che attualmente non è lo Stato a emettere la carta moneta ma sono delle banche private, sia pur denominate Banca d’Italia od attualmente BCE, che si sono appropriate del diritto di emettere carta moneta per conto dello Stato, il quale a sua volta ripaga questo debito con l’emissione di Buoni del Tesoro che vengono posti in vendita dalle banche stesse guadagnandoci ulteriormente. Perciò capirete che per risolvere il problema del debito pubblico e degli interessi pagati e restituire allo Stato la sua dignità ed autonomia finanziaria è assolutamente necessario che l’emissione cartacea del denaro ritorni allo Stato. Inoltre siccome attualmente non c’è più alcuna trasferibilità fra la moneta ed il suo equivalente in oro ciò significa che -di fatto- il denaro che circola è semplice carta colorata e che in qualsiasi momento il suo valore convenzionale può scomparire del tutto.
In questo articolo Zero Hedge nota come la grande banca speculativa Goldman Sachs si stia impegnando a tenere salde le mani sulle politiche finanziarie in Europa. Mentre Mario Draghi si accinge a terminare l’incarico alla BCE, Goldman Sachs colloca un altro dei suoi allievi nelle stanze dei bottoni, riuscendo a farlo nominare viceministro delle finanze del nuovo governo tedesco. Dopo aver collocato i propri allievi nella maggior parte delle banche centrali, Goldman Sachs sta ora puntando ancora più in alto: dritto ai governi nazionali. Lunedì mattina, un portavoce del ministero delle finanze tedesco ha affermato che il co-direttore della sezione tedesca di Goldman Sachs, Joerg Kukies, diventerà viceministro delle finanze nel nuovo governo tedesco.
ZeroHedge pubblica un articolo su un pericoloso provvedimento, già a lungo paventato, ma ora probabilmente in via di attuazione, che rimuove ogni garanzia sui depositi bancari (anche al di sotto di 100.000 euro). La logica prevalente nella UE è che, tutto mascherato dietro la tutela dei “contribuenti”, anche i piccoli risparmiatori si possano considerare alla stessa stregua degli azionisti, e attaccabili in un eventuale bail-in. Per tutelarsi dal rischio di una corsa agli sportelli infatti, secondo la BCE, non ha senso mantenere la piena libertà di accesso ai conti, che potrebbero venire congelati a prescindere dal loro ammontare. È “opinione della Banca Centrale Europea” che il programma di protezione dei depositi non sia più necessario:
“La copertura dei depositi protetti e dei crediti soggetti al programma di compensazione degli investitori dovrebbe essere sostituita da esenzioni discrezionali limitate concesse dall’autorità competente al fine di mantenere un certo grado di flessibilità“.
La ripresa nell’Eurozona è finalmente arrivata, dicono gli indicatori occupazionali di Eurostat. Peccato che più che di ripresa dell’occupazione si dovrebbe parlare di sotto-occupazione e lavoro precario, evidenzia il Financial Times, osservando come ciò sia particolarmente vero per i paesi mediterranei. A fronte di una moderata vivacità economica, che la BCE monitora nella speranza di poter avviare la riduzione del quantitative easing (cioè dell’acquisto di titoli di Stato), rimangono forti timori che il mercato del lavoro abbia subito cicatrici indelebili, con perdita di competenze e molte persone ritirate definitivamente dalla forza lavoro, e che la domanda sia ancora troppo debole perché le imprese asdumano il rischio di assumere personale a tempo pieno con contratti a tempo indeterminato Alexandru è uno dei più fortunati. 24-enne, emigrato in Italia dalla Romania all’età di 12 anni, recentemente si è garantito un lavoro con contratto a tempo indeterminato come stampatore in una tipografia in una piccola città vicino a Milano.
Ci stiamo muovendo verso un futuro assai poco rassicurante. Il sistema è diventato tirannico e vorrebbe mettere in prigione le persone che non leggono Le Monde. Il trio satanico NATO-BCE-Bruxelles vuole imporre il suo Macron come in passato il suo Juppé. Candidato del triangolo magico Rothschild-Draghi-Soros, il venditore di Alstom è l’incudine sul quale il martello del capitalismo mondiale schiaccerà ciò che resta della Francia libera. La nuova casta crudele che prende forma sotto l’etichetta di europea o di liberal-libertaria non teme gli ostacoli.
Guy Debord: «Possiamo concludere che sia in atto un cambio imminente e ineluttabile nella casta cooptata che gestisce la dominazione, e notoriamente dirige la protezione della dominazione stessa. Questa novità ovviamente apparirà improvvisamente, come un fulmine. Questo cambio, che si sta completando in tempi straordinari, opera con discrezione, e benché coinvolga persone appartenenti alla stessa sfera di potere, non rinuncia alla cospirazione. Selezionerà coloro che prenderanno parte a questa fondamentale esigenza: mostrare agli altri di quali ostacoli si sono liberati, e di ciò di cui sono capaci».
Gli ostacoli di cui occorre liberarsi sono chiaramente le elezioni.
Si deteriora, giorno dopo giorno, il quadro generale in Europa: senza la morfina iniettata dalla Banca Centrale Europea, i mercati finanziari sarebbero in preda a convulsioni peggiori del 2012. L’amministrazione Trump si è saldata con le forze e populiste europee e, sebbene da Washington siano piovuti duri attacchi contro la Germania ed i suoi saldi commerciali record, persino i nazionalisti tedeschi, i falchi della CDU-CSU, viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda della Casa Bianca. In questo nuovo contesto solo due superstiti del vecchio establishment liberal, Angela Merkel e Mario Draghi, oppongono ancora resistenza al processo di euro-dissoluzione. Difficilmente riusciranno però a salvarsi dalla manovra a tenaglia messa in campo dalla Casa Bianca e dal “gruppo di Coblenza”.
Coblenza all’attacco, con la benedizione di Donald Trump
Le tensioni dentro l’eurozona hanno raggiunto il livello di guardia: il mercato europeo dei capitali è congelato, il denaro in fuga verso “l’area marco”, il settore bancario dell’Europa meridionale vacilla, le finanze pubbliche in evidente stress, le agenzie di rating declassano senza sosta i titoli di Stato. Molti investitori scommettono ormai sull’implosione della moneta unica. La cancelliera Angela Merkel, il proconsole europeo dell’oligarchia finanziaria, annuncia una contromossa, il colpo d’ala per uscire dal pantano in cui sta sprofondando l’euro: l’Europa a due velocità, ossia un nocciolo di Paesi che procede con l’integrazione fiscale e politica.
Le recenti dichiarazioni di Draghi e della Merkel in merito all'assetto economico europeo aprono a cambiamenti giudicati impensabili fino a poco fa. L'impressione è che il vento stia veramente cambiando e che anche l'euro non sia più così irreversibile. Euro: finalmente comincia a smuoversi qualcosa. Sono degne di nota le parole di Mario Draghi in risposta all’interrogazione di due europarlamentari M5S per quanto riguarda la questione uscita dell’Italia dalla moneta unica. Ma ancora di più le recenti parole di Angela Merkel che di fatto aprono ad un’Europa a due velocità, ovvero un’Europa in cui alcuni paesi potrebbero non essere tenuti ad un’integrazione completa. Queste dichiarazioni si innestano sulla recente uscita di Peter Navarro, numero uno del Consiglio Nazionale per gli Scambi Commerciali della Casa Bianca, che ha palesato quel che era evidente da tempo, cioè che la Germania sta sfruttando un euro esageratamente sottovalutato per sfruttare i suoi partner commerciali, compresi gli States.
«La moneta unica è irrevocabile. La questione dell’uscita non è contemplata dal Trattato» Il 24 gennaio scorso davamo conto della notizia lanciata da Reuter, ovvero di questa affermazione di Mario Draghi : «Se un paese dovesse lasciare l’Eurosistema, i crediti o le passività della sua banca centrale nazionale verso la BCE dovrebbero essere risolti in toto». Notizia rilevantissima poiché, pur minacciando rappresaglia e sfracelli, [1] Draghi, per la prima volta, si lasciò scappare il concetto che dall'eurozona, com'è ovvio, si possa uscire. "Altolà! Ho detto una cazzata!". Questo il senso della rettifica compiuta da Draghi il 5 febbraio davanti al comitato Affari economici e monetari del Parlamento europeo. Ecco le parole testuali: "La mia risposta era una risposta a una domanda tecnica basata su assunzioni non previste dal trattato. L’euro è irrevocabile". Rimosso il lapsus Draghi ha quindi ribadito ciò che affermò il 7 maggio 2015: «L' Euro è irreversibile. L’uscita non è prevista dai trattati».
Per la prima volta il Presidente della BCE, naturalmente non in modo esplicito come si evince dal titolo ma con un frasario non equivocabile, ci dice – secondo l’agenzia Reuters – che dalla gabbia dell’euro si può uscire purché si saldino i conti. E’ un fatto nuovo. Mario Draghi aveva sempre respinto un piano B. Dall’euro non si poteva uscire. Ma non è un pacifico invito ad uscire. Il conto da saldare infatti è di 357milardi di euro 1). Un saldo che- a mio giudizio – sarebbe legittimo moralmente non pagare in quanto tale debito, così come il disastro dei conti pubblici e dell’economia italiana, è opera in primo luogo di trattati fraudolenti funzionali ad alcune regioni d’Europa e penalizzanti per altre, ed in secondo luogo per l’uso manipolatorio dell’euro da parte della Germania.
"L’euro conviene alla Germania. Ecco perché ci restiamo dentro” Così Theo Wagel, ministro delle finanze di Helmut Kohl . “Con un’uscita dall’euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo 2) . L’ex ministro ci dice in fondo una cosa ovvia. Qualora la Germania non fosse coperta dall’euro, il marco avrebbe un apprezzamento del 20/30% che comporterebbe crisi dell’esportazione, dell’occupazione, del bilancio nazionale. La lira, con la svalutazione, creerebbe condizioni favorevoli per le esportazioni, per gli investimenti …
L'analisi di quanto accaduto a partire dall'introduzione dell'euro e soprattutto dallo scoppio della crisi nel 2007-2008 dimostra la necessità di mettere a tema la disgregazione dell'area euro. Su questo bisogna fare due precisazioni. La prima è che l'obiettivo primario deve essere la Uem (Unione economica e monetaria) e non la Ue nel suo complesso. Nonostante la Ue sia una istituzione tutt'altro che neutrale dal punto di vista di classe e funzionale alle istanze del capitale, è l'euro lo strumento attraverso cui passa la ristrutturazione capitalistica a livello continentale. Senza di esso il capitale perderebbe gran parte della sua capacità di imporre politiche antipopolari e alla Ue mancherebbe il braccio operativo. La seconda è che il nostro primo compito consiste nel chiarire la necessità della disgregazione dell'area euro. Il come questo debba avvenire è importante, ma è successivo. La disgregazione dall'euro può avvenire in modi diversi: per mutua decisione di tutti i Paesi partecipanti, oppure per decisione unilaterale di uno o di più Paesi. La mia opinione è che l'uscita dall'euro anche unilaterale di uno o più Paesi non debba più essere considerata un tabù, bensì come una opzione praticabile e soprattutto necessaria. Tuttavia, il quando e il come ciò possa avvenire non è indifferente, ed è legato alle condizioni del contesto generale e della lotta di classe, sebbene già oggi, come accennerò più avanti, sia necessario inserire l'uscita dall'euro in una elaborazione programmatica più complessiva. L'aspetto più importante, però, è che chi intende rappresentare il punto di vista dei lavoratori abbia, e presenti pubblicamente, una posizione chiara, la quale non può che essere la necessità del superamento dell'euro.
Doveva testimoniare, Mario Draghi, nel corso delle udienze al processo di Trani contro “Standard & Poor’s“. Era stato citato dal PM Michele Ruggiero, ma non verrà. Già, perché – ha detto – “è un momento delicato per l’economia mondiale” e “teme clamori mediatici“. Un altro modo per dire chepiù sali in alto, più sei intoccabile. E’ vero che l’imputato non era lui, ma l’agenzia di rating che il 21 maggio 2011 preannunciava in un report l’instabilità dell’Italia e che nel gennaio 2012 la declassava da A a BBB+, però nel corso di un’audizioneun teste viene interrogatoe potrebbe correre il rischio di rispondere a domande scomode, che poi verrebbero riprese dai giornali e – guarda un po’ – finirebbero in pasto all’opinione pubblica. Che non deve sapere, mi raccomando! Così bisognerà accontentarsi delle dichiarazioni che già aveva reso quando venne sentito, quattro anni fa a Roma, dal pm Michele Ruggiero e dalla Guardia di finanza di Bari in merito al pericolo di un contagio greco per il sistema finanziario italiano. Per l’occasione, aveva dichiarato che il sistema nazionale era solido (e quindi, perché declassarlo?).
A pensarci bene, questa Europa costituisce il compimento del post-moderno in ambito politico-istituzionale ed economico. Letteralmente, di ciò che “viene dopo”. Ma “dopo” che cosa?Non c’è dubbio: “dopo” la stagione in cui lo Stato ha tentato di “contenere” e governare il capitalismo, di addomesticarne le crisi ed influenzarne le scelte, mediante la “politica economica”, la programmazione, l’intervento pubblico in economia. D’altro canto, per tutto il secolo XIX e parte degli anni venti, per dirla con James K. Galbraith, «il grande problema del capitalismo era stato la crescente gravità dei cicli economici, tra rapide espansioni e dure recessioni»[1], alle quali, salvando il capitalismo stesso, si era reagito, per l’appunto, con l’interventismo pubblico ed il welfare state. In ambito teorico, parliamo, più semplicemente, del salto di qualità dall’analisi di ciò che è (economia politica) all’elaborazione di ciò che deve essere (politica economica)[2].