Visualizzazione post con etichetta Abya Yala. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Abya Yala. Mostra tutti i post
25 gennaio 2019
Colpo di stato in Venezuela
Facciamo subito una domanda ai nostri lettori (in Francia, NdT).
Immaginate che le più alte autorità cinesi incitino i giubbotti gialli a prendere le strade di Parigi e delle principali città francesi.
Immaginate che la Russia decida di non riconoscere più il presidente Macron e dichiari che il nuovo legittimo presidente francese sia Marine Le Pen o Jean-Luc Mélenchon.
Immaginate che l'Iran finanzi e armi gruppi paramilitari per mettere a fuoco e fiamme il Paese.
Come chiamereste tutto ciò? Qualunque sia la vostra opinione sul signor Macron, sareste pronti ad accettare tali interferenze straniere negli affari della nostra Repubblica?
Situazione incongruente? Eppure questo è esattamente ciò che sta accadendo in Venezuela.
Immaginate che le più alte autorità cinesi incitino i giubbotti gialli a prendere le strade di Parigi e delle principali città francesi.
Immaginate che la Russia decida di non riconoscere più il presidente Macron e dichiari che il nuovo legittimo presidente francese sia Marine Le Pen o Jean-Luc Mélenchon.
Immaginate che l'Iran finanzi e armi gruppi paramilitari per mettere a fuoco e fiamme il Paese.
Come chiamereste tutto ciò? Qualunque sia la vostra opinione sul signor Macron, sareste pronti ad accettare tali interferenze straniere negli affari della nostra Repubblica?
Situazione incongruente? Eppure questo è esattamente ciò che sta accadendo in Venezuela.
24 gennaio 2019
Venezuela: "No ad una Siria in America Latina"
In Venezuela gli eventi sembrano precipitare. Juan Guaidò Presidente dell’ “Assemblea Nazionale Venezuelana” il 23 gennaio si è autoproclamato «presidente incaricato», assumendo ad interim i poteri dell’esecutivo, durante una manifestazione dell’opposizione.
A riconoscere questa singolare modalità di diventare presidente di un Paese, i nemici storici di Maduro, Trump in testa. A seguito del riconoscimento di Guaidò come presidente venezuelano e di fronte alla rottura delle relazioni diplomatiche, gli USA si rifiutano di ritirare il proprio personale dall’Ambasciata di Caracas e minacciano ritorsioni contro il Governo venezuelano in caso di azioni di forza allo scadere dell’ultimatum di 72 ore dato da Maduro. Una situazione che infiamma l’intera America Latina e che rischia di trasformare il Venezuela nella Siria dei Caraibi.
A riconoscere questa singolare modalità di diventare presidente di un Paese, i nemici storici di Maduro, Trump in testa. A seguito del riconoscimento di Guaidò come presidente venezuelano e di fronte alla rottura delle relazioni diplomatiche, gli USA si rifiutano di ritirare il proprio personale dall’Ambasciata di Caracas e minacciano ritorsioni contro il Governo venezuelano in caso di azioni di forza allo scadere dell’ultimatum di 72 ore dato da Maduro. Una situazione che infiamma l’intera America Latina e che rischia di trasformare il Venezuela nella Siria dei Caraibi.
I 3 fattori che spiegano la storica resistenza del governo e del popolo venezuelano
Se il Venezuela sta resistendo e non è imploso come i paesi dell'ex blocco socialista est-europeo, dove le controrivoluzioni hanno preso il potere senza sparare un solo colpo (tranne in Urss ed in Romania), è essenzialmente per 3 fattori:
1) Nonostante le difficoltà economiche dovute al crollo del prezzo del petrolio, all'embargo, alla guerra di bassa intensità tramite il contrabbando e il boicottaggio delle reti di distribuzione di beni di prima necessità, alla perdita di alcuni importanti partners regionali (in primis Brasile ed Argentina), nonché ai limiti noti della "monocultura" petrolifera, il presidente Maduro, il Psuv e le altre forze motrici della Rivoluzione bolivariana vanta ancora un forte sostegno tra lo zoccolo duro del loro blocco sociale di riferimento. Anche in queste ore, sono decine di migliaia gli attivisti delle reti ed i simpatizzanti del governo scesi in piazza per controbattere le mobilitazioni controrivoluzionarie.
1) Nonostante le difficoltà economiche dovute al crollo del prezzo del petrolio, all'embargo, alla guerra di bassa intensità tramite il contrabbando e il boicottaggio delle reti di distribuzione di beni di prima necessità, alla perdita di alcuni importanti partners regionali (in primis Brasile ed Argentina), nonché ai limiti noti della "monocultura" petrolifera, il presidente Maduro, il Psuv e le altre forze motrici della Rivoluzione bolivariana vanta ancora un forte sostegno tra lo zoccolo duro del loro blocco sociale di riferimento. Anche in queste ore, sono decine di migliaia gli attivisti delle reti ed i simpatizzanti del governo scesi in piazza per controbattere le mobilitazioni controrivoluzionarie.
20 gennaio 2019
Distopia socialista
Combattono con un socialismo che non esiste. Lottano contro un'anti-utopia che non appartiene a nessuno. Immaginano un mondo senza famiglia, senza ordine, senza mercato, senza libertà. I liberali di destra del mondo hanno inventato un fantasma, gli hanno appeso il segno del "socialismo" e ora lo vedono dappertutto, specialmente, e ogni tanto in Venezuela. Ma adesso è troppo.
Nicolás Maduro Moros
La Jornada
Perché questo socialismo che stanno combattendo non è il socialismo in cui comunichiamo, noi, le democrazie inclusive, pieno di persone che vivono nel XXI secolo... Il nostro socialismo è particolare, popolare e profondamente latinoamericano. Come abbiamo detto chiaramente durante l'Assemblea delle Nazioni Unite lo scorso settembre: il nostro è un progetto autonomo di rivoluzione democratica, di rivendicazione sociale, è un modello e un percorso a sé stante che si basa sulla nostra storia e sulla nostra cultura.
Nicolás Maduro Moros
La Jornada
Perché questo socialismo che stanno combattendo non è il socialismo in cui comunichiamo, noi, le democrazie inclusive, pieno di persone che vivono nel XXI secolo... Il nostro socialismo è particolare, popolare e profondamente latinoamericano. Come abbiamo detto chiaramente durante l'Assemblea delle Nazioni Unite lo scorso settembre: il nostro è un progetto autonomo di rivoluzione democratica, di rivendicazione sociale, è un modello e un percorso a sé stante che si basa sulla nostra storia e sulla nostra cultura.
16 gennaio 2019
Amazzonia e la lotta degli Indios in difesa del polmone del mondo
La parte occidentale dello Stato del Pará immerso nel bacino del fiume Tapajós è una delle regioni più incontaminate del Brasile. E’ il centro dell’Amazzonia brasiliana custodito da diverse riserve, parchi nazionali e foreste, e le terre indigene in varie località. E’ l’unico fiume tra i grandi affluenti del Rio delle Amazzoni ancora “libero” e “gratuito” senza dighe per produrre energia o per rendere la navigazione più facile.
La popolazione locale delle foreste vede nel fiume una soluzione per la sostenibilità e la ricchezza, mentre grandi aziende e gruppi internazionali vi vedono solo l’opportunità di raggiungere enormi profitti. In ogni albero abbattuto, bruciato o allagato, si accumulano ricchezze, lasciando una scia di distruzione e miseria per le generazioni attuali e future.
La popolazione locale delle foreste vede nel fiume una soluzione per la sostenibilità e la ricchezza, mentre grandi aziende e gruppi internazionali vi vedono solo l’opportunità di raggiungere enormi profitti. In ogni albero abbattuto, bruciato o allagato, si accumulano ricchezze, lasciando una scia di distruzione e miseria per le generazioni attuali e future.
7 gennaio 2019
I 13 pagliacci del Gruppo di Lima dichiarano guerra al Venezuela
Il Messico salva il suo onore non firmando la dichiarazione
Riuniti a Lima il 4 gennaio, con la partecipazione in teleconferenza da Washington del segretario di Stato yankee Mike Pompeo, i ministri e i rappresentanti di 13 dei 14 paesi che compongono il cosiddetto Gruppo Lima hanno firmato una dichiarazione su e contro il Venezuela - proposta dal brasiliano Ernesto Araújo, l'uomo di Bolsonaro a Itamaraty (la Farnesina brasiliana) - che è una vera e propria dichiarazione di guerra.
Il Messico si è dissociato dalla dichiarazione. Il suo Sottosegretario agli Affari Esteri per l'America Latina e il Caribe, Maximiliano Reyes, ha dichiarato tra l'altro: "(...) chiediamo una riflessione all'interno del Gruppo di Lima sulle conseguenze che avrebbero per i venezuelani quelle misure che cercano di interferire nelle questioni interne che ostacolano il dialogo tra gli attori coinvolti e la comunità internazionale.
Riuniti a Lima il 4 gennaio, con la partecipazione in teleconferenza da Washington del segretario di Stato yankee Mike Pompeo, i ministri e i rappresentanti di 13 dei 14 paesi che compongono il cosiddetto Gruppo Lima hanno firmato una dichiarazione su e contro il Venezuela - proposta dal brasiliano Ernesto Araújo, l'uomo di Bolsonaro a Itamaraty (la Farnesina brasiliana) - che è una vera e propria dichiarazione di guerra.
Il Messico si è dissociato dalla dichiarazione. Il suo Sottosegretario agli Affari Esteri per l'America Latina e il Caribe, Maximiliano Reyes, ha dichiarato tra l'altro: "(...) chiediamo una riflessione all'interno del Gruppo di Lima sulle conseguenze che avrebbero per i venezuelani quelle misure che cercano di interferire nelle questioni interne che ostacolano il dialogo tra gli attori coinvolti e la comunità internazionale.
4 gennaio 2019
Cuba. Gli anni passano, la Rivoluzione resta
Cuba, dicembre del 1958.
L’isola è percorsa dal fuoco rivoluzionario che, né Batista né gli Usa suoi alleati, sono riusciti a spegnere. Al contrario: esso è ormai penetrato in ogni angolo di quella terra, agitando il popolo, informando di sé ogni spirito ormai convinto che il tiranno, anche a Cuba come in URSS, potesse essere sconfitto.
Il Movimento 26 Luglio, guidato da Ernesto Guevara e da Camilo Cienfuegos, dopo un inutile tentativo da parte delle forze governative di distruggere alcune posizioni guerrigliere di istanza a Escambray, decide di iniziare l’attacco definitivo a Batista. E lo fa attaccando Santa Clara, cuore dell’isola e ultimo baluardo da conquistare per arrivare alla capitale.
Era il 28 dicembre del 1958.
L’isola è percorsa dal fuoco rivoluzionario che, né Batista né gli Usa suoi alleati, sono riusciti a spegnere. Al contrario: esso è ormai penetrato in ogni angolo di quella terra, agitando il popolo, informando di sé ogni spirito ormai convinto che il tiranno, anche a Cuba come in URSS, potesse essere sconfitto.
Il Movimento 26 Luglio, guidato da Ernesto Guevara e da Camilo Cienfuegos, dopo un inutile tentativo da parte delle forze governative di distruggere alcune posizioni guerrigliere di istanza a Escambray, decide di iniziare l’attacco definitivo a Batista. E lo fa attaccando Santa Clara, cuore dell’isola e ultimo baluardo da conquistare per arrivare alla capitale.
Era il 28 dicembre del 1958.
20 dicembre 2018
I prigionieri politici Mapuche in Cile
“Se paragono l’attuale situazione con undici anni fa, vedo un notevole cambiamento nel nostro popolo”, spiega Mónica Quezada, madre di Matías Catrileo, assassinato alla schiena nel 2008 mentre recuperava terre. La congiuntura a cui si riferisce Mónica è l’affollata e massiccia mobilitazione sociale a partire dal 14 novembre, quando fu assassinato Camilo Catrillanca, anche lui alla schiena.
Il dialogo lo abbiamo avuto lo scorso lunedì 10 nel carcere di Temuco, dove abbiamo visitato tre degli otto prigionieri politici mapuche: i fratelli Benito e Pablo Trangol e il machi Celestino Córdova. Erano circondati da una mezza dozzina di donne del loro popolo, che accorrono tutte le settimane, come sorelle politiche dei prigionieri.
I Trangol furono accusati dell’incendio di una chiesa evangelica, ma furono incriminati da “testimoni senza faccia” e gli fu applicata la Legge Antiterrorismo. Fecero uno sciopero della fame per più di cento giorni, l’anno passato, per cambiare l’applicazione di una legislazione che secondo le organizzazioni dei diritti umani rappresenta violenza, razzismo e discriminazione etnica contro il popolo mapuche.
Il dialogo lo abbiamo avuto lo scorso lunedì 10 nel carcere di Temuco, dove abbiamo visitato tre degli otto prigionieri politici mapuche: i fratelli Benito e Pablo Trangol e il machi Celestino Córdova. Erano circondati da una mezza dozzina di donne del loro popolo, che accorrono tutte le settimane, come sorelle politiche dei prigionieri.
I Trangol furono accusati dell’incendio di una chiesa evangelica, ma furono incriminati da “testimoni senza faccia” e gli fu applicata la Legge Antiterrorismo. Fecero uno sciopero della fame per più di cento giorni, l’anno passato, per cambiare l’applicazione di una legislazione che secondo le organizzazioni dei diritti umani rappresenta violenza, razzismo e discriminazione etnica contro il popolo mapuche.
6 novembre 2018
Brasile, l’età delle tenebre
“Signori, non siate tanto contenti della sconfitta (di Hitler). Perché anche se il mondo s'è desto e ha fermato il bastardo, la puttana che l’ha partorito è ancora viva”
Bertold Brecht
Jair “Messias” Bolsonaro è presidente del Brasile dopo essere riuscito, domenica scorsa, ad ottenere 57 milioni di voti. Anche se era prevedibile, il suo trionfo nella seconda tornata delle elezioni del paese più influente della regione non è meno allarmante. Il fascismo è arrivato per mezzo delle urne, e viene per restare. Un segnale di allerta continentale.
“Non volevamo continuare a flirtare con il comunismo e il socialismo, e con l’estremismo di sinistra” ha detto Bolsonaro appena il Tribunale Supremo Elettorale ha confermato che era stato eletto presidente del Brasile. Immediatamente ha ricevuto i saluti entusiasti del presidente argentino Mauricio Macri, il primo governante a festeggiare il trionfo del grottesco fascista: “Felicitazioni a Jair Bolsonaro per il trionfo in Brasile! Desidero che presto lavoriamo insieme per la relazione tra i nostri paesi e per il benessere di argentini e brasiliani”.
28 ottobre 2018
Bolsonaro, Trump tropicale o Mussolini coloniale?
La prima cosa che dobbiamo stabilire è, in quale momento storico viviamo. Crediamo che questo sia un processo di crisi del neoliberismo, a causa delle enormi contraddizioni generate; ma che, tuttavia, trova la sua strada per manipolare la sua egemonia nel pensiero popolare, per dare un orientamento violento alla vita politica, generando un movimento ancorato a una cultura religiosa o messianica che manipola la povertà e la quasi sempre opportunista classe media conducendola verso un conflitto armato interno, come è successo in Colombia, Argentina, Perù, ecc. e anche nei governi considerati "progressisti". Ma cos'è questa crisi del neoliberismo?
Labels:
Abya Yala,
America Latina,
Benito Mussolini,
Brasile,
Dilma Roussef,
Donald Trump,
Fascismo,
Jair Bolsonaro,
Multinazionali,
Neoliberismo,
Privatizzazione,
Usa
23 ottobre 2018
Mio zio fu assassinato dall'idolo di Bolsonaro
Giovedì 18 ottobre 2018, mio zio, il giornalista Luiz Eduardo Merlino, avrebbe compiuto 71 anni. Se non fosse stato ucciso sotto tortura nel luglio 1971, all'età di 22 anni, durante una sessione presieduta da Carlos Alberto Brilhante Ustra, allora capo del DOI-Codi, principale organo repressivo della dittatura civile-militaire.
È difficile immaginarlo a 71 anni. Per me, a cui è stato impedito da Ustra ed altri boia di conoscerlo, è sempre il giovane della foto. Da bambina, mi hanno presentato mio zio attraverso un ritratto sul comò di mia nonna. Il tempo è passato e lui rimane il giovane di 20 anni. Il giovane uomo nella foto.
Questa settimana, Luiz Eduardo è stato simbolicamente torturato e ucciso di nuovo.
Questa settimana, Luiz Eduardo è stato simbolicamente torturato e ucciso di nuovo.
14 ottobre 2018
Brasile: lettera aperta di Manuel Castells agli intellettuali del mondo
Il sociologo Manuel Castells ha lanciato il seguente appello:
Amici intellettuali impegnati nella democrazia,
Caricatura di Bolsonaro |
Il Brasile è in pericolo. E con il Brasile, è il mondo in pericolo perché dopo l'elezione di Trump, dopo il sequestro del potere da parte di un governo neofascista in Italia e l'ascesa del neo-nazismo in Europa, il Brasile può scegliere per presidente un fascista, difensore della dittatura militare, misogino, sessista, razzista e xenofobo, che ha ottenuto il 46% dei voti nel primo turno delle elezioni presidenziali.
Non importa chi sia il suo avversario. Fernando Haddad, l'unica alternativa possibile, è un accademico rispettabile e moderato, candidato al Partito dei lavoratori (PT), un partito che oggi ha perso il suo prestigio a causa del suo coinvolgimento in pratiche corrotte. In una situazione del genere, nessun intellettuale, nessun democratico, nessuno che si senta responsabile nei confronti del mondo in cui viviamo, può rimanere indifferente al sistema politico del Brasile.
13 ottobre 2018
Brasile, come un racconto Gramsciano
Nella mia prima giovinezza, mezzo secolo fa, un caso come quello di Bolsonaro sarebbe stato risolto rapidamente e bene: un commando di guerriglia urbana avrebbe immediatamente giustiziato con una raffica di mitragliatrice, lui e le sue guardie del corpo al momento giusto prima del primo turno delle elezioni. Ma siamo nel ventunesimo secolo, e la sinistra rivoluzionaria o ciò che ne prende il posto ha rinunciato da molto tempo all'"orribile violenza", scegliendo il percorso elettorale, democratico, pacifico e tutto ciò che i implica. A rischio di vedere i suoi leader abbattuti uno dopo l'altro e incassare i colpi piangendo e chiedendo giustizia. Jair Messias Bolsonaro, il capitano sicario di negri, froci, donne e petraglie*, nel frattempo è sfuggito alla morte per essere stato pugnalato da uno "squilibrato" la cui storia ci dirà forse che è stato pagato dalla sua vittima per eseguire questa magnifica operazione mediatica che ha posto il candidato alterofobico in una posizione vincente.
1 ottobre 2018
Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana
Il 26 settembre alla Assemblea dell'ONU i presidenti di Venezuela, Cuba e Bolivia hanno parlato contro la politica dei blocchi economici, delle invasioni, delle ingerenze, portate avanti dagli Stati Uniti d'America.
Il presidente cubano Díaz-Canel:
Il presidente cubano Díaz-Canel:
"i principali problemi che affliggono il mondo sono il risultato del capitalismo, in particolare dell'imperialismo e del neoliberismo. L'egoismo e l'esclusione che accompagnano questo sistema, sociale e culturale favoriscono l'accumulo di ricchezza nelle mani di pochi a scapito della maggioranza e causano sfruttamento e miseria. L'attuale Amministrazione statunitense, in un nuovo sfoggio di politica imperiale, attacca il Venezuela con speciale ferocia. Ribadiamo il nostro assoluto sostegno alla Rivoluzione Bolivariana e al legittimo governo del presidente Maduro."
19 settembre 2018
Venezuela, la sfida di Maduro al Capitale riguarda tutti. Anche l'Italia
Sono oramai quasi 20 anni che il Venezuela bolivariano ha lanciato la sua sfida al potere, sia sul piano politico - mettendo in questione l'imperialismo statunitense in America latina e altrove - sia su quello economico - opponendosi alle politiche delle istituzioni finanziarie internazionali che hanno sparso miseria e morte nel mondo intero, costituendo fra l'altro uno dei fattori propulsivi delle migrazioni internazionali. Tali politiche hanno aggravato le disparità in tutto il mondo, facilitato la devastazione dell'ambiente, costretto centinaia di milioni di persone alla fame e alla disperazione. Esse costituiscono un vero e proprio cappio al collo di moltissimi Paesi, non più solamente del cosiddetto Terzo mondo, come dimostrato dalle vicende greche e, in prospettiva, da quelle italiane, a prescindere dall'inevitabile giudizio negativo sull'immangiabile marmellata fascio-leghista con spruzzate di velleitarisimo pentastellato.
La sfida del Venezuela ha registrato per tutto un primo periodo una serie di indiscutibili successi, anche sul piano economico, come dimostrato fra l'altro dai giudizi positivi espressi dalle agenzie internazionali in settori fondamentali come quelli dell'alimentazione e dalla riduzione dei tassi di povertà.
La sfida del Venezuela ha registrato per tutto un primo periodo una serie di indiscutibili successi, anche sul piano economico, come dimostrato fra l'altro dai giudizi positivi espressi dalle agenzie internazionali in settori fondamentali come quelli dell'alimentazione e dalla riduzione dei tassi di povertà.
6 settembre 2018
Tijuana, il mondo perduto nascosto dal muro
Di Alessandro Di Battista
“Il primo ad avermi deportato è stato Obama. Poi anche Trump due mesi fa. Ora aspetto il momento giusto per saltare un’altra volta. Dall’altra parte ho il mio lavoro e la mia famiglia, non mi importa nulla del muro”.
È quel che mi ha detto un uomo in un hotel per migranti a Mexicali, la capitale dello Stato messicano della Bassa California. A Mexicali siamo arrivati con un micro-bus da Tijuana. La strada è abbastanza buona anche se c’è una parte che viene considerata la più pericolosa del Messico. È il tratto che attraversa la Sierra de Juarez, 20 km di tornanti costeggiati da enormi massi.
A Mexicali la temperatura è insopportabile. Fino agli anni 80, a poche miglia dal centro, iniziava la Laguna Salada, un enorme bacino di acqua salmastra alimentato da qualche rivo perduto del fiume Colorado o dalle alte maree provenienti dal Golfo di California. Oggi la laguna è completamente secca. I messicani accusano i nordamericani di utilizzare tutta l’acqua del Colorado per irrigare i campi di barbabietole dell’Imperial Valley, la valle che inizia al di là del muro, e per dare corrente alle insegne e alle slot-machine di Las Vegas.
20 agosto 2018
Il Venezuela si avvia verso la ripresa economica
Il presidente Maduro annuncia una serie di misure per vincere la guerra economica
Giornata importante, quella di ieri, per il Venezuela. Il presidente Maduro ha infatti annunciato una serie di misure che dovrebbero permettere al paese di liberarsi dalla morsa delle sanzioni, per iniziare a marciare verso il recupero dell’economia. Attualmente devastata dalla guerra economica.
Si tratta di quelle misure che Maduro stava per annunciare il giorno in cui attraverso l’utilizzo di droni carichi di esplosivo, settori dell’opposizione golpista venezuelana, coadiuvati da Colombia e Stati Uniti, hanno cercato di uccidere il presidente venezuelano. Un attentato che i fake media italiani, nonostante le numerose evidenze emerse, continuano a definire ‘presunto’.
14 agosto 2018
Frantz Fanon: dalla decolonizzazione al pensiero critico
"Bisogna porsi dal lato degli oppressi in ogni circostanza, anche quando sbagliano, senza perdere di vista, tuttavia, che sono fatti dello stesso fango dei loro oppressori" (Emil Cioran)
Frantz Fanon era un essere straordinario. Ha vissuto la sua breve vita in quattro paesi: nella sua nativa Martinica, in Francia e in Algeria-Tunisia, dove si è impegnato nella lotta per l'indipendenza aderendo al Fronte di liberazione nazionale (FLN) come militante. La coerenza tra la sua vita e il suo lavoro è un faro che dovrebbe guidarci in questi momenti di incertezza, quando ci sono notevoli rischi che minacciano l'esistenza stessa dell'umanità.
È intervenuto in una delle guerre più crudeli della storia moderna. L'FLN stima che 1,5 milioni di algerini siano stati uccisi tra l'inizio della guerra nel 1954 e la proclamazione dell'indipendenza nel 1962, che rappresenta il quindici per cento di una popolazione che non ha raggiunto i 10 milioni. Gli storici francesi riducono quella cifra ad un terzo, che è ancora una percentuale sorprendente. Un numero simile di algerini è stato torturato.6 agosto 2018
Venezuela: Fallito attentato con droni contro Maduro
Mandanti: Coalizione Interventista Colombia-USA
CORIOLANIS Caracas, Durante la cerimonia pubblica nella centrale avenida Bolivar della capitale per commemorare l'anniversario 81 della Guardia Nazionale, sono esplosi in aria due oggetti volanti caricati con esplosivo. Erano diretti contro la tribuna da dove il Presidente Maduro stava concludendo il
suo discorso. Accanto a lui erano riunite altre alte autoritá istituzionali, di fronte numeroso personale militare e il pubblico che assisteva all'atto commemorativo.
I due droni sono esplosi in volo, prima che facessero impatto sul palco delle autoritá, neutralizzati dal sistema di sicurezza e dalla tecnologia di immunizzazione anti-aerea da esso operata. Si tratta di una vera e propria barriera, dimostratasi invalicabile. Uno dei due droni-esplosivi si é infranto all'esterno di un edificio, l'altro é esploso anzitempo in aria.
CORIOLANIS Caracas, Durante la cerimonia pubblica nella centrale avenida Bolivar della capitale per commemorare l'anniversario 81 della Guardia Nazionale, sono esplosi in aria due oggetti volanti caricati con esplosivo. Erano diretti contro la tribuna da dove il Presidente Maduro stava concludendo il
suo discorso. Accanto a lui erano riunite altre alte autoritá istituzionali, di fronte numeroso personale militare e il pubblico che assisteva all'atto commemorativo.
I due droni sono esplosi in volo, prima che facessero impatto sul palco delle autoritá, neutralizzati dal sistema di sicurezza e dalla tecnologia di immunizzazione anti-aerea da esso operata. Si tratta di una vera e propria barriera, dimostratasi invalicabile. Uno dei due droni-esplosivi si é infranto all'esterno di un edificio, l'altro é esploso anzitempo in aria.
20 luglio 2018
Come le compagnie minerarie si burlano delle popolazioni indigene in Ecuador
Pochi giorni fa sono stati raggiunti accordi tra le organizzazioni indigene e le compagnie minerarie che occupano il territorio ancestrale degli Shuar nelle catene montuose di El Cóndor e Kutukú (1).
Un'analisi dei tre documenti ci mostra di cosa sono capaci le compagnie minerarie per accedere ai minerali trovati nei territori indigeni. Questi documenti sono: una lettera di intenzione di donazioni della società Lowell inviata alla comunità Shuar di Yawi e gli accordi tra la presidenza della FICSH con la cinese Explorcobres SA (EXSA) e la canadese Aurania. Le offerte che le aziende fanno sono un insulto e potrebbero essere una trappola per il popolo Shuar.
La società Lowell, la cui proprietaria è la canadese Equinox Gold, ha inviato una lettera di intenti datata 7 maggio 2017 al fiduciario della Comunità Yawi nella quale offre alla comunità una "donazione" di 3.319,19 dollari al mese. Sotto il suolo del progetto minerario di Warintz, adiacente alla comunità di Yawi, ci sarebbero più di 2 milioni di libbre di rame e più di 130 milioni di libbre di molibdeno (2), con la cui vendita l'Equinox Gold otterrebbe oltre 2.200 milioni di dollari.
Iscriviti a:
Post (Atom)