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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
20 gennaio 2015
Quel dragone cinese...
“Non è certo roba cinese!” strilla il commesso al
potenziale acquirente. Sì perché oggi la considerazione delle produzioni cinesi
in Europa non è delle migliori, e di tanto in tanto i media danno notizia di
casi di produzioni “pericolose”, specie di cosmetici e giocattoli.
Non si tiene conto che parecchi prodotti che non
riportano il “made in China” sono in realtà prodotti proprio da cinesi.
Addirittura persino prodotti che riportano la dicitura “made in Italy”
potrebbero essere stati lavorati da cinesi.
A questo proposito sono state fatte diverse
inchieste giornalistiche, soprattutto dalla trasmissione “Report”, che
documentano queste stranezze.
Dunque, nelle produzioni, e non solo, il rapporto
che ci lega ai cinesi è controverso: sappiamo che molti cinesi non lavorano in
condizioni sane e i loro diritti lavorativi e di salute non vengono rispettati.
Ciò nonostante, le nostre autorità non sono particolarmente efficienti a tale
proposito, e in Italia non sono poche le “fabbriche-tuguri” in cui si lavora
quasi ininterrottamente.
Se dovessimo credere ai mass media e ai discorsi
comuni che fanno sulla Cina, così prepotentemente oggi sulla scena economica,
arriveremmo a credere che tutto quello che c’è da sapere riguardi lo
sfruttamento lavorativo dei cinesi e la stratosferica concorrenza che i
prodotti cinesi fanno in tutto il mondo.
Ma la Cina è oggi molto più di questo, e non è certo
un caso che talvolta sale alla cronaca anche per il legame controverso con
l’impero anglo-americano, con il quale c’è uno strano rapporto, ora di
rivalità, ora di complicità.
Di tanto in tanto i media occidentali, dunque anche
i nostri, tirano fuori qualche storia infamante che ha come protagonisti
cinesi, oppure notizie di persone condannate a morte in Cina, ma la stessa cosa
non avviene nel caso di condanne a morte eseguite negli Usa.
Questo rapporto controverso tra Occidente e Cina
nasconde molte caratteristiche salienti. In
primis, il timore che il nuovo impero cinese possa ergersi sulle rovine del
vecchio impero occidentale.[2]
C’è un voler mettere in cattiva luce la Cina,
alimentando il pregiudizio che la mostra come una dittatura, contrapposta alla
“Democrazia” occidentale. Certamente in Cina c’è un sistema dittatoriale, ma
questo non dovrebbe essere strumentalizzato per rafforzare il potere di persone
che certamente democratiche non sono, dato che occupano militarmente molti paesi
e scatenano guerre. Specie poi se queste stesse persone non considerano affatto
il mancato rispetto dei diritti umani quando si tratta di fare affari
vantaggiosi con la Cina.
Infatti, il gruppo di potere occidentale fa profitti
in Cina, ma al contempo vuole che gli occidentali siano diffidenti e
considerino i cinesi vittime di una dittatura, inducendoli a credere di vivere
in una vera democrazia. Come dire: “vedi che c’è qualcuno che sta peggio di
te”.
L’élite cinese, così com’è riuscita a soggiogare milioni
e milioni di cinesi, non si fa certo intimidire dagli Usa. E il regime Usa sa
di non poter tirare la corda con la Cina. Infatti, Obama, l’uomo del “change”,
non ha fatto altro che continuare la politica dei suoi predecessori, aumentando
il debito pubblico, e favorendo così il potere cinese.
Chi detiene la maggior parte dei titoli di Stato Usa
oggi è proprio la Cina, che nel luglio del 2009 era arrivata a ben 939.90
miliardi.
Quindi, la Cina è il paese con la più alta riserva
internazionale in dollari. Questo vuol dire che la sua economia è legata a
quella Usa, e per questo negli ultimi anni, in seguito alla “crisi”, le
autorità cinesi hanno cercato di convincere gli Usa a modificare la propria
politica fondata sull’espansione del debito e sull’incremento delle spese
militari.
Oggi la Cina sta cercando di tutelarsi contro la
svalutazione o il crollo del dollaro, e sta gradualmente diminuendo la riserva
internazionale in dollari, aumentando quella dell’oro. Inoltre, sta investendo
in diverse parti del mondo, in particolare in Asia, Africa e America Latina.
Il gruppo di potere cinese ha diversi vantaggi: un
popolo non abituato ad avere diritti, essendo stato indottrinato prima
attraverso le ideologie religiose e poi con il “comunismo”.
Nonostante oggi quella cinese sia una delle economie
più forti del mondo, spesso la nostra propaganda risulta ostile al regime
cinese, come fosse moralmente o ideologicamente inferiore al nostro.
Considerando che diverse dittature feroci (come
quella dell’Arabia Saudita) non vengono disprezzate alla stessa maniera,
inferiamo che questo accade soprattutto perché Obama e il suo regime si sono
trovati in difficoltà proprio per la scelta cinese di non acquistare più titoli
di Stato Usa.
Le autorità Usa hanno cercato, come al solito, di
alzare la voce, di minacciare o di costringere, ma sanno di non poterlo fare
con la Cina, che è una potenza militare e può di certo disporre di un esercito
ben più folto di quello Usa (si consideri l’enorme popolazione cinese).
Obama si è quindi rivolto al Regno Unito, storico
complice di tanti crimini, che, tra il
2008 e il 2009, stava diminuendo i titoli Usa, portandoli da 123,90 a
94,90 miliardi.
Il risultato, su suggerimento del regime Usa, è
stato l’inversione di marcia, che ha fatto triplicare la somma, arrivando ad
avere 279 miliardi. Ma il regime inglese aveva intenzione di recuperare gli
“investimenti”. Ha pensato bene di farlo attraverso quello che guadagna grazie
all’euro, quindi a danno dell’eurozona. In altre parole, il più forte vuole
ottenere vantaggi a danno del più debole.
In queste industrie i salari sono bassi oltre ogni
limite, e le condizioni lavorative non sono sicure per la salute dei
lavoratori. I taiwanesi hanno trovato persino una provincia limitrofa, lo
Jiangxi, in cui possono dare paghe ancora più misere. Dunque, se a Dongguan i
lavoratori si dovessero lamentare, possono trasferirsi altrove.
Si sa che in Cina, negli ultimi anni, sono
proliferati i centri commerciali. Ma pochi sanno che in questi centri ci sono
molti negozi vuoti. Alcuni mai aperti, altri senza clienti. Ci sono ascensori
fermi al primo piano, e aree coperte da immondizia. Questo la dice lunga sul
vero “miracolo economico cinese”. Questo “miracolo” ha riguardato soltanto una
piccola percentuale di cinesi (inferiore al 10%), che oggi cercano di
scimmiottare gli occidentali, comprando oggetti inutili, abiti firmati,
gioielli, automobili e case lussuose. Ma la stragrande maggioranza di cinesi
soffre per la devastazione della loro economia, che avvantaggia una minoranza
della popolazione.
Quindi, conoscendo da vicino l’impero cinese, si
capisce che tutti gli imperi hanno caratteristiche in comune, e che ognuno
solleva argomenti per apparire migliore dell’altro.
Obama spia la Cina attraverso i satelliti militari.
Diverse autorità statunitensi spesso sollevano la voce per attaccare le
politiche cinesi, o per accusare il governo cinese di attacchi informatici o
altri improbabili comportamenti. E’ anche risaputo che il governo Usa
strumentalizza la figura del Dalai Lama in funzione anticinese. Non è certo un
caso che Obama in persona ha ricevuto da recente l’autorità buddista tibetana.
Ma questa rivalità nasconde una complicità
inquietante. Pechino tiene a galla l’economia Usa, da anni in crisi,
continuando a finanziare l'astronomico debito pubblico Usa. E il governo Usa ha
aperto le porte alle produzioni cinesi, inondando il mercato americano ed
europeo.
Oggi, molti vedono già il conflitto tra Usa e Cina.
Ma occorre non distogliere lo sguardo dai veri problemi del pianeta. Scrive
Richard Heinberg:
“Pensavo che i leader mondiali volessero impedire
il collasso delle proprie nazioni. Di sicuro sono intenti a lavorare sodo per
evitare il collasso della valuta, il collasso del sistema finanziario, il
collasso del sistema alimentare, il collasso sociale, il collasso ambientale e
l’insorgenza di una miseria generale e travolgente… Giusto? No. L’evidenza ci
suggerisce tutt’altro. Sempre di più, sono costretto a concludere che lo scopo
del gioco
giocato dai leader del mondo in realtà è non evitare il collasso; ovvero,
ritardarlo per un po’, in modo che la propria nazione sia l’ultima ad affondare
e la propria parte abbia l’opportunità di depredare le carcasse altrui prima di
andare incontro allo stesso destino… per gli U.S.A. e la Cina – i due Paesi che
più probabilmente apriranno strada al resto del mondo – le azioni parlano più
forte delle parole… Per queste due nazioni, evitare il collasso richiederebbe
la risoluzione di una serie di problemi enormi, di cui almeno quattro sono non
negoziabili: il cambiamento climatico, il picco dei combustibili fossili (stagnazione e, presto, declino degli approvvigionamenti energetici),
l’inerente instabilità di sistemi finanziari basati sulla crescita, e la
vulnerabilità dei sistemi alimentari rispetto a fattori quali la scarsità di
acqua dolce e l’erosione del suolo (in aggiunta al riscaldamento globale e alla
scarsità di combustibile).
Se non si riesce a risolvere anche uno solo di
questi problemi, il collasso societale sarà inevitabile, di sicuro nel giro di
qualche decennio, ma forse anche solo entro pochi anni… sono poche le azioni
concrete intraprese a riguardo dei sistemi alimentari: l’assunto sembra essere
che l’agricoltura industriale convenzionale – responsabile della maggior parte
delle enormi e crescenti vulnerabilità del sistema alimentare globale – in
qualche modo si accollerà il compito di nutrire da sette a nove miliardi di
essere umani… Quanto al picco di energia, esso non è riconosciuto
ufficialmente, quindi la strategia adottata è la negazione del problema… E che
dire del caos finanziario? Per questo aspetto, la situazione diversissima di
U.S.A. e Cina giustifica una trattazione più estesa…
Quindi: qual è l’attuale
situazione degli U.S.A. in termini di preparazione al collasso rispetto alla
Cina? Dopo sessant’anni di crescita economica quasi ininterrotta, gli Americani
hanno sviluppato aspettative per il futuro che non sono realistiche. Sono
consumatori urbanizzati la cui capacità di produzione si è raggrinzita e le cui
abilità pratiche di sopravvivenza sono, nella maggior parte dei casi,
rudimentali. Al contrario, i Cinesi si affacciano su un baratro molto meno
ripido. La maggior parte vive ancora in campagna, e molti di quelli che vivono
in città distano una sola generazione dall’agricoltura di sussistenza e sono
ancora in grado di affidarsi alle competenze pratiche, proprie o dei propri
genitori, acquisite durante decenni di povertà e di immersione in una cultura
agricola tradizionale… Quindi, nell’eventualità di un collasso, entrambe le
nazioni si troverebbero di fronte alla possibilità di un crollo dei sistemi
politici con conseguenti violenze diffuse (rivolte e repressioni)…
Il processo
del collasso sarà determinato da molti fattori, alcuni dei quali difficili da prevedere, e quindi è
arduo anticipare l’entità o la portata della struttura del potere politico che
eventualmente riemergerà nell’uno e nell’altro Paese. È possibile che una o
entrambe le nazioni si trasformino in una serie di unità politiche più piccole
in conflitto tra loro e incapaci di impegnarsi più di tanto nelle manovre
globali per l’approvvigionamento delle risorse. Le nuove unità politiche
emergenti all’interno degli attuali territori della Cina e degli U.S.A.
sarebbero immediatamente assalite da enormi problemi pratici, tra cui povertà,
fame, disastri ambientali e migrazioni di massa… La possibilità di un conflitto
armato tra le due potenze prima del collasso non può essere completamente
esclusa, ad esempio, se gli sforzi statunitensi di contenere le ambizioni
nucleari dell’Iran faranno scattare una mortale reazione a catena di attacchi e
contrattacchi, in cui magari sia coinvolto Israele, e che costringeranno le
potenze mondiali a scegliere un campo; oppure se gli U.S.A. persisteranno
nell’armare Taiwan. Ma né gli U.S.A. né la Cina vogliono un confronto militare
diretto, ed entrambe le nazioni sono molto motivate ad evitarlo… La realtà è
che nessuna nazione, nessuna comunità, sarà in grado di proteggere se stessa
dai venti improvvisi e violenti che riempiranno rapidamente il vuoto lasciato
dall’implosione dell’una o dell’altra superpotenza.”[3]
Si paventa una nuova guerra, per insediare un nuovo
impero. Questa Storia l’abbiamo già sentita. Come qualcuno ha detto, “Se non si
comprende la Storia si è destinati a riviverla”.
Questo brano è tratto da un articolo pubblicato su
“NUOVA ENERGIA”, giornale di Geopolitica e Cultura offerto previo abbonamento. Per
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