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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
20 ottobre 2011
AGLI INDIGNATI NON FAR SAPERE QUANTO LA NATO AMA IL BANCHIERE
Altro che bombe al fosforo ed uranio impoverito. Il 15 ottobre scorso i
telespettatori hanno scoperto che la vera arma di distruzione di massa è
il sampietrino e che, mentre i bombardamenti che da otto mesi
l'aviazione italiana infligge alla Libia sono "interventi umanitari", a
Piazza San Giovanni invece c'era una "guerra".
Comidad
Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha dimostrato di possedere lo
stesso senso delle proporzioni, poiché si è messo a strepitare di una
capitale messa a ferro e fuoco dai manifestanti e di "due milioni di
danni". Un bel pretesto per negare alla FIOM la sua manifestazione che
era prevista per domani.
Alemanno se la prende tanto per due milioni di danni per ora molto, ma
molto, presunti; ma è strano che quando i danni accertati per il Comune
di Roma ammontavano addirittura a tre miliardi e duecento milioni di
euro, il sindaco non solo non ha strepitato, ma ha avvolto tutto in una
nube di silenzio. I tre miliardi e duecento in oggetto riguardano
l'esposizione del Comune di Roma nella truffa dei titoli derivati, che
ha coinvolto, in misura minore, anche altri Comuni, come quello di
Milano, che ha un'esposizione di un miliardo e settecento milioni di
euro.[1]
Alemanno di magagne personali ne può vantare veramente tante, ma tante.
Non si tratta solo delle note vicende parentali, ma anche del fatto che
Alemanno è diventato un pupazzo della Philip Morris, sotto la tutela di
un manager di questa multinazionale, Aurelio Regina, che è anche
presidente della Confindustria romana. Persino il sito web ufficiale di
Alemanno è stato spudoratamente occupato da Aurelio Regina e dai suoi
propositi affaristici.[2]
Nella specifica situazione della truffa dei derivati, Alemanno però non
ha dirette responsabilità, dato che la geniale idea di affidare le sorti
finanziarie del Comune di Roma alla banca multinazionale JP Morgan, e
ad altri degni compari, era stata del sindaco precedente, Walter
Veltroni. Il motivo del complice silenzio di Alemanno comunque è
abbastanza evidente, dato che le vittime della truffa sono trasversali
al sistema dei partiti. Se Alemanno avesse sputtanato Veltroni, avrebbe
rischiato di sputtanare anche la sua collega di partito, Letizia
Moratti, che ha messo nei guai il Comune di Milano, preferendo però
farsi truffare dalla multinazionale tedesca Deutsche Bank.
Sembra il trionfo del solito luogo comune: destra e "sinistra" sono
uguali. In realtà, pur con tutti i suoi limiti, il movimento del 15
ottobre ha contribuito a far saltare questi schemi obbligati del finto
dibattito politico. La piazza di Roma del 15 ottobre ha puntato il dito
non contro i soliti fantocci del potere, ma contro una componente
precisa del potere reale, cioè il colonialismo delle banche
multinazionali. Sarà questo il motivo per il quale "la Repubblica" ed
"Il Fatto Quotidiano" hanno avviato una strisciante criminalizzazione
mediatica del movimento, presentato come ancora violento ed immaturo.
Per distrarre il movimento dai suoi obiettivi infatti non c'è nulla di
meglio che un bel dibattito infinito sulla violenza e sulle leggi
speciali. Il tutto poi è condito da analisi giornalistiche sullo sfondo
sociale dei partecipanti, sulla loro mancanza di ideologia e sulla loro
sconcertante preparazione militare. Pare, nientemeno, che quando la
polizia caricava i manifestanti scappavano, ma poi tornavano se la
polizia si fermava. Cose mai viste. Altro che l'addestramento in Grecia
di cui ha parlato il quotidiano "la Repubblica". Tattiche di guerriglia
così originali e sofisticate possono essere state apprese solo in campi
di addestramento per terroristi mediorientali.
Non manca poi un accenno di pietas per i poveri poliziotti. Si fa fatica
a resistere alla tentazione di partecipare alla raccolta di fondi per
la benzina alle macchine della polizia; pare stia avendo un grande
successo. Però pure Tremonti ha le sue ragioni; con tutti quei caroselli
nelle manifestazioni ad investire i protestanti, la benzina non basta
mai.
L'esponente del PD Ignazio Marino commuove ancora di più con racconti
degni di Dickens: i poliziotti pagano di persona le fotocopie di
servizio, e ci sono anche alcuni benemeriti che portano il toner in
caserma; gli scudi della celere, secondo Marino, vanno in frantumi anche
per una sola biglia. La commozione travolge più delle stesse cariche
della polizia.
Viene infine spiegato ai giovani che prima di poter pensare di porre un
freno ai furti ed alle frodi dei banchieri, è necessario che tutti, ma
proprio tutti, i manifestanti diventino pacifici e responsabili;
perciò, dato che dei tafferuglisti esisteranno sempre, i banchieri
potranno fare il loro comodo in eterno. Il ragionamento non fa una
grinza: solo un'opposizione perfetta nei pensieri, nei sentimenti e nei
comportamenti può essere degna di osare di criticare il potere; ovvero
deve essere il potere a scegliersi gli oppositori. Questa è la
democrazia.
E poi basta con questa mania di attaccare i banchieri e di lamentarsi
che i contribuenti debbano pagare il salvataggio delle banche.
Le banche
svolgono una funzione essenziale nell'economia. Se quella mente
illuminata di Veltroni non si fosse rivolta a JP Morgan, a quest'ora il
Comune di Roma avrebbe avuto in cassa tre miliardi e duecento milioni in
più, soldi che avrebbero persino rischiato di finire in nuovi servizi e
nuove assunzioni. Pensa che tragedia.
Non ci si crederà, ma anche i banchieri provano sentimenti umani.
Prendiamo, ad esempio, il capo di Deutsche Bank, Josef Ackermann, quel
banchiere svizzero che in Germania i soliti giornalisti faziosi
descrivono come un parassita criminale, capace di farsi pagare dai
contribuenti anche la brioche ed il cappuccino, e di rubare gli
spiccioli nei piattini dei ciechi.
Ackermann ha dimostrato invece di avere un cuore sensibile. Il 29 aprile
del 2010 Ackermann fu insignito del premio Distinguished Leadership
Award business dal Consiglio Atlantico, l'organo supremo della NATO; lo
stesso premio che era stato già attribuito a due personcine a modo come
George Bush padre ed Helmut Kohl. In quell'occasione il banchiere
svizzero ha sciolto un emozionante inno di lode alla NATO, affermando
che i principi fondanti di questa organizzazione sono la sua guida. Un
vero matrimonio d'amore tra militarismo e finanza.[3]
I motivi di tanto amore derivano dal fatto che la NATO non è affatto un
covo di generali, ma accoglie, incoraggia e foraggia i banchieri, li
vezzeggia, li premia, li inquadra in cordate di affari, li organizza in
truppe disciplinate del crimine finanziario. Le guerre della NATO sono
davvero umanitarie, perché si sa che la guerra è la madre di tutti gli
affari, perciò senza le guerre i poveri banchieri finirebbero per
languire e morire.
I banchieri amano la NATO, perché la NATO ama i banchieri. Se si vuole
farsene un'idea basta andare sul sito del Consiglio Atlantico, per
scoprire che tra gli sponsor del Consiglio si trovano tutte le
principali multinazionali, e non solo della finanza. Non mancano neppure
Coca Cola e Google. I posti d'onore sono per Deutsche Bank, la solita
Goldman Sachs ed anche JP Morgan.[4]
A JP Morgan la protezione della NATO ha aperto anche lo sfruttamento
delle ricchezze minerarie dell'Afghanistan, in particolare dell'oro; uno
sfruttamento che la multinazionale finanziaria statunitense sta
conducendo avvalendosi della diretta collaborazione del Pentagono. La
notizia è anche abbastanza fresca, dato che è stata lanciata appena l'11
maggio scorso da CNN Money; quindi tutte le chiacchiere sulla "exit
strategy" della NATO dall'Afghanistan sono fumo mediatico. La NATO
rimane, perché c'è l'oro afgano da regalare a JP Morgan. Se non è amore
questo.[5]
Sarà proprio questo amore il motivo per il quale Alemanno si è già
cristianamente rassegnato alla prospettiva di non riavere mai più quei
tre miliardi e duecento milioni da JP Morgan.
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