3 aprile 2009

I FUNERALI DEL NEOLIBERISMO

Di Alfredo Jalife-Rahme

Dalla City, capitale del paese che ha inventato e implementato fino alle sue ultime letali conseguenze il neoliberismo finanziario globale, Martin Wof, un tempo fanatico della globalizzazione e editore della pagina economia del Finacial Times, il giornale portavoce del modello depretatore screditato e sconsasacrato, formula le esequie del paradigma che ha governato senza senso il mondo durante tre decenni (in realtà, è stato dal 1991, data del collasso della Russi che ha dato piede all'unitaralismo finanziario globale della doppietta anglosassone).
Wolf (The Financial Times, 8/3/09) apologista incallito del neoliberismo globale (ha pubblicato un libro: Perchè funzionaa la globalizzazione?, Yale University Press,2004), precisamente quando il modello era slittato, commenta "i semi della sua propria distruzione" il neoliberismo: "un altro dio ideologico è caduto."
In base al nostro giudizio, il problema è quello di collocare correttamente la data delle esequie del cadavere del modello neoliberale, che potrebbe essere stato nel 1997 ( bancarotta del LTCM); nel 2000 (salita al potere del bushismo unilaterale); nel 2001 (montaggio hollywoodense dell' 11/09); marzo del 2004 (quando il British Petroleum ha detto che che gli eserciti della doppietta angosassone non potevano controllare i pletorici giacimenti degli idrocarburi in Iraq), o il 15 settembre del 2008 ("default" di Lehman Brothers).
Cosa importa: nel lasso di tempo dei recenti 12 anni, il modello neoliberale globale clinicamente era morto, realtà tetrica che si negava di ammettere, nonostante la sua putrefazione universale, ai finanzieri forensi della City e di Wall Street.
Wolf esercita la funzione del patologo anatomista che cerca di scoprire le cause della morte del cadavere puzzolente.
Si potrebbe aggiungere che un lasso tra un minimo di 6 anni e un massimo di 17 anni, il capitalismo neoliberale è caduto dietro il "socialismo rivoluzionario", come lo chiama Wolf.
Cosa non abbiamo visto durante un secolo con la morte di 4 ideologie, per non dire di teologie, totalitarie: il fascismo, il nazismo, il comunismo e adesso il neoliberismo globale.
Definitivamente noi umani (di)pendiamo da un filo molto fragile per sopravvivere in mezzo ai totalitarismi teologici della storia.
Wolf afferma che "i presupposti che governarono le politiche durante ed oltre 3 decenni, velocemente (sic) sono in caduta, come il socialismo rivoluzionario" quando "i governi iniettano milioni di milioni di dollari, euro e sterline per intentare di riscattare i suoi sistemi finanziario." E cosa succederebbe se si ritornasse il "socialismo rivoluzionario?.
Con un ritardo di quasi tre decenni, Wolf si affonda sulla iugulare di Alan Greenspan, il colpevole favorito, che è stato collocato nel bluff universale per avere aiutato e /o tollerato la più grande crisi finanziaria dell'umanità: "alunno di Ayn Rand (nota: la teologa esoterica dell'individualismo misantropo) e principale banchiere internazionale centrale dell'epoca, chi ha confessato nella sua testimonianza di fronte al Congresso, lo scorso ottobre, che si trova in uno "stato di schock e incredulità" dovuto al fallimento dell'autointeresse (sic) delle istituzioni del credito per proteggere il capitale degli azionisti."
Ripete ciò che è risaputo sull'inizio del modello neoliberale globale con la salita al potere di Margaret Thatcher in Gran Bretagna e Ronald Reagan negli Usa, in mezzo ai "cambiamenti" in Cina e India che si sono capovolte per il "mercato", quello che nel suo insieme marcava "la morte della pianificazione centrale", che ha portato al suo parossismo con la caduta del comunismo sovietico "tra il 1989 e 1991". Questo è molto discutibile, dato che in Cina e in India, più che deregolamentarsi alla maniera psicotica anglosassone, si sono orientati verso "economie regolate dal libero mercato" ( sui generis del vecchio "PRI rivoluzionario", anteriore al deviato neoliberale che è iniziato con De La Madrid Hurtado e che hanno continuato Salinas e Zedillo: i tre criptopanisti).
I lavoratori montano protezioni al monumento commemorativo della Prima Guerra Mondiale, ieri di fronte alla Banca d'Inghilterra, nel distretto finanziario di Londra, prevedendo che le proteste programmate contro il G-20, questo giovedì, diventino violente.
Dice che "l'impatto della crisi sarà particolarmente severo nei paesi emergenti" e accetta che in mezzo ad "una immensa (sic) crisi finanziaria globale e del crollo sincronizzato nell'attività economica, il mondo sta cambiando di nuovo." Se, come si dice, "il sistema finanziario è il cervello dell'economia del mercato", allora, il capitalismo anglosassone si trova completamente decerebrato.
Confessa la sua deriva mentale : "è impossibile in questo punto d'inflessione sapere dove andiamo". Non si rende conto che il mondo vola verso la de-globalizzazione, alla regionalizzazione nazionalista e al neoprotezionismo patriotico, come abbiamo sostenuto nei nostri libri premonitori. (La fine di una era. Turbolenze nella globalizzazione, Editorial del Zorzal, Buenos Aires, 2007, e verso la deglobalizzazione, Editore Jorale,2007) anticipando lo tsunami finanziario globale.
Argomenta che "la combinazione del collasso(sic) finanziario nelle sua immensa (sic) recessione, se non succede qualcosa di peggio(leggasi:la grande depressione), sicuramente(sic) cambierà il mondo. La legettimità (sic) del mercato sarà debilitata. La credibilità (sic) degli Usa sarà dannosa. L'autorità della Cina aumenterà. La globalizzazione stessa può andare a picco. Questi sono i tempi delle rivolte."
Contempla la probabilità della "deglobalizzazione" e una maggiore regolamentazione, e confessa, molto fuori tempo, che "l' era della globalizzazione conteneva i semi della sua propria distruzione" per iniziare un'analisi forense che sosteniamo da oltre un decennio nel libro esaurito: Il lato oscuro della globalizazzione: post-globalizzazione e balcanizzazione, Editore Cadmo & Europa,200.
Wolf argomenta che "il mondo degli scorsi tre decenni di liberalizzazione finanziaria è finito", ma che , "a differenza degli anni 30, non esiste un'alternativa credibile alla economia del mercato." Qui non siamo d'accordo con il fallito teologo del neoliberismo globale: nella geopolitica si è generato un pareggio tra Usa e Russia, mentre nel campo geoeconomico il BRIC( Brasile,Russia,India e Cina) una salita, a discapito del G-7.
Il grave problema è nel centrismo del dollaro al quale si è aggrappato la doppietta anglosassone come il suo ultimo circolo di difesa per mantenere la sua egemonia globale. Assistiamo al grande paradosso del dollaro: una divisa praticamente senza valore, ma ancora molto funzionale, quando le altre divise del BRIC e delle regioni dell'economia emergente (Sudamerica, le potenze petrolifere del Golfo Persico, e il sud est asiatico) non sono competitive nè contano su divise sostituibili fino ad adesso.
Ancora di più: nel suo recente bollettino, GEAB (numero 33) di LEAP/Europe 2020, espone persuasivamente la guerra di divise che si sta scenificando nel quadro dell 'incontro del G-20 a Londra, quando l'asse anglosassone ha dichiarato guerra all'Euro.

Fonte: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=83253&titular=las-exequias-del-neoliberalismo-global-

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

2 aprile 2009

BAMBINI IMMIGRATI: UN AFFARE PER LA PSICHIATRIA



Il 6 marzo scorso (2009) si è svolto a Milano un convegno: «Dalla parte del bambino», promosso dall'IRCCS “E. Medea”. Qualche giorno dopo viene annunciato che è stato presentato un progetto finanziato dall'Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia con un contributo complessivo di 2,7 milioni di euro per gli anni 2009-2011 finalizzato ad affrontare i problemi della salute mentale dei figli minorenni di immigrati nel Comune di Milano. (v. Vita Magazine e Minori. La Lombardia attenta ai migrati con problemi psichici, 10 .03.2009- http://beta.vita.it/news/view/89943).

Alcuni risultati riesumati dal vecchio Progetto Prisma realizzato dall'Istituto Medea, qualche anno fa, dove erano stati sottoposti a screening i bambini di diverse scuole di cinque regioni italiane al fine di individuarne i “disturbi mentali”: ADHD (deficit di attenzione ed iperattività), ADD (Deficit di attenzione), Disturbo Oppositivo-provocatorio, ecc... sono stati sufficienti a convincere l'Assessorato ad aprire le porte allo screening di massa dei figli in età infantile e preadolescenziali di immigrati, la componente più debole e meno informata della comunità, che difficilmente si opporrà o ne contesterà i risultati e le conseguenti soluzioni proposte.

Le Unità Operative di Neuropsichiatra dell'Infanzia e dell'Adolescenza (Uonpia) di Milano e altri enti hanno presentato il progetto ed hanno già annunciato che il loro primo passo sarà un'analisi epidemiologica per diagnosticare disturbi mentali e di apprendimento attraverso test, uno screening di massa, su circa 60 mila bambini solo a Milano.

Tutto questo malgrado in diverse regioni e a livello nazionale, constatando la pericolosità di queste iniziative psichiatriche siano stati emessi atti legislativi per vietare la somministrazione all'interno delle scuole di test o di questionari relativi allo stato psichico ed emozionale degli alunni. La Regione Piemonte con la legge n.21, la Provincia Autonoma di Trento con la legge 259, e la recente Circolare n.4226/P4 emessa dal Ministero dell'Istruzione.

I centri UONPIA non sono scuole, non sono centri sociali, il neuropsichiatra infantile non è un'insegnante, non è addestrato per risolvere le difficoltà di lingua e di integrazione che questi bambini possono avere. L'integrazione interculturale non è di competenza della neuropsichiatria.

Le famiglie arrivano in Italia per garantire ai loro figli un futuro e possibilità migliori e le nostre Istituzioni danno loro diagnosi e terapie psichiatriche, facendo leva sulle difficoltà che un qualsiasi bambino in un paese straniero potrebbe avere e incanalandoli in un futuro di possibili pazienti psichiatrici.

Gli stessi programmi attuati negli altri paesi come negli Usa, hanno portato quasi otto milioni di bambini ad essere etichettati con i “disturbi mentali” e successive somministrazioni di potenti e pericolosi psicofarmaci. Nei soli Usa quasi 200 bambini sono morti a causa di trattamenti con psicofarmaci, fino al punto di indurre il Parlamento USA ad approvare una legge che attribuisce ai genitori di bambini etichettati il diritto di non accettare eventuali terapie o trattamenti che essi non condividono. Per non parlare di effetti collaterali come la violenza, vedi le innumerevoli stragi nelle scuole americane: le indagini hanno appurato che erano tutti sotto trattamento di psicofarmaci.

In Italia abbiamo già i primi casi di bambini etichettati Adhd, in cura con psicofarmaci che hanno tentato il suicidio. L'ultimo bollettino dell'AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) a pagina sette informa circa le idee di suicidio di due bambini, una piemontese di 9 anni ed un bimbo sardo di 10 anni entrambi in trattamento con Atomoxetina nel 2008, la bimba da sette mesi ed il bimbo da 10 mesi.

L'esperienza degli altri paesi e quanto sta avvenendo in Italia dovrebbe allarmarci ed indurci a non ripetere gli stessi errori. Chi ha in mano le sorti di migliaia di bambini non può ignorare e non documentarsi su questi fatti. Aprire le porte a programmi i cui risultati sono stati quelli di cui sopra è inaccettabile e non privo di conseguenze per tutti.

Nella situazione di crisi che stiamo vivendo le famiglie degli immigrati e le famiglie italiane hanno bisogno di un vero aiuto, di istruzione, di dare un futuro migliore ai propri figli e potenziare le iniziative di sostegno linguistico ed educativo già esistenti.

Il CCDU ritiene che i test non devono essere fatti come screening, a tappeto, sulla popolazione infantile italiana poiché questo viola la libertà dei cittadini ed è una intrusione dello stato nella famiglia.

Purtroppo molte di queste iniziative nascondono interessi di case farmaceutiche e lobby psichiatriche volti a medicalizzare la scuola per trarne dei profitti economici. Invitiamo pertanto i genitori ad informarsi scrupolosamente su queste proposte ed a monitorare le attività didattiche per scoprire se tali iniziative vengono fatte sui propri figli.

All'interno della mostra itinerante del CCDU, il 3 aprile a Firenze è previsto un convegno dal titolo «Dove sta andando la scuola? Disturbi di apprendimento e diagnosi sui bambini», convegno già proposto in altre città e che ha avuto un grande successo. Data comunicato stampa: gennaio 2009

Per ulteriori informazioni: C C D U Onlus Sezione Toscana Phone: +39 320.6758147 Phone: +39 320.8107444 ccdu.toscana@gmail.com C C D U Onlus 20127 Milano (MI) - Viale Monza, 1 Phone: +39 02 36510685 Fax: +39 02 99985564 E-mail: info@ccdu.org Ccdu.org CCDU Svizzera Sez. Ticino CP.613 - CH-6512 Giubiasco (TI) Phone: +41/76/327 83 79

Fonte: http://www.ecplanet.com/

IL PIANO DI OBAMA O IL GRANDE INGANNO?



di Jorge Altamira


Sotto il regime capitalista, i fallimenti dei negozi possono essere un grande affare, allo stesso modo che le guerre. Dal punto di vista della tassa di beneficio, superano di gran lunga quella che si ottiene in periodi normali. L'osservazione viene in base al fatto che dell'ultimo programma di riscatto bancario annunciato da Obama, che costituisce un inganno scandaloso pergiudicando le finanze pubbliche. In una conferenza stampa che ha dato martedì scorso, l'afroamericano ha dimostrato di essere perfettamente conscio di ciò che sta facendo.

Quello che è tuo è mio.
Il denominato programma-pubblico privato per comprare gli attivi invendibili delle banche e i suoi prestiti impagabili sono stati disegnati affinchè un gruppo di cinque fondi di inversioni, o di copertura di inversioni, facciano offerte per i così detti attivi tossici delle banche ad una somma superiore a quella che otterrebbe la banca in un vendita normale. Per incentivare questo sovvraprezzo, lo Stato dà o garantisce contributi per il 90% del valore dell'acquisto a tassi d'interesse vicini allo 0. L'operazione consiste nella formazione di un fondo pubblico-privato con contributi uguali da tutte e due le parti, ma che dopo potrebbero ricevere la finanziazione della Banca Centrale o del Fondo delle Assicurazioni di depositi per un importo sei volte superiore a quel capitale. Senza la minima dose di anestesia, il governo ricrea in questo modo le piramidi finanziarie che hanno provocato la crisi attuale con l'unica ma per nulla spregevole differenza che il luogo e la funzione del denaro privato viene occupato da denaro pubblico. L'aspettativa ufficiale è che il vantaggio che offre il finanziamento statale sia trasferito in parte ai prezzi degli attivi o dei prestiti che sono messi all'asta, cioè al di sopra dei suoi prezzi di bancarotta. Riassumendo: una offerta generosa per le banche, ma -soprattutto- per i detti fondi avvoltoi, il cui affare consiste, precisamente, nella speculazione con l'acquisto molto economico di valori che non valgono nulla.
La notizia che il governo annuncerà questo schema di imbroglio pubblico sembra scatenare l'entusiasmo degli speculatori della borsa, che hanno risposto con un'ascessa vicina all'8% nella borsa di New York- qualcosa di enorme per un solo giorno però normale nei periodi di bancarotta, quando il prezzo oscilla con la speculazione. Gli operatori meno scrupolosi avevano diagnosticato che la crisi aveva toccato fondo. La verità è più prosaica: quegli speculatori che avevano puntato fortemente alla discesa delle azioni delle aziende, ma in special modo delle banche- la cui situazione di default è irreversibile- si sono sbrigati a cambiare tattica e comprare questi valori anticipando il movimento di salita che avrebbe causato un tale annuncio. Nei giorni seguenti, gli analisti più importanti hanno fatto vedere che il piano era precisamente una frode finanziara e che non aveva la capacità di ricreare il sistema del credito.
La questione è molto semplice. Da una parte, gli attivi(buoni e azioni) e prestiti in potere alle banche non sono affetti nella loro quotazione non perchè non ci sono soldi per negoziarli ma semplicemente perchè la controparte (chi ha venduto il buono o ha ricevuto il prestito) non è nelle condizioni di cancellarlo. Il questionamento di Obama è di cercare di creare un prezzo che, per questi motivi, immediatamente si rivelerebbe artificiale. Le conseguenze sarebbero una bancarotta del capitale pubblico che finanzia l'operazione. L'aspettativa che una riattivazione dell'economia rinvigorizzi i capitali in bancarotta è remota, anche perchè i tempi della bancarotta e della riattivazione sono completamente sfasati. Molti osservatori hanno avvertito che le banche finiranno col ritirare gli attivi e i prestiti che mettano all'asta quando non siano soddisfacenti(per loro) il prezzo che viene offerto. In questo caso, Obama farà l'esperienza di come "si può" creare una maiuscola crisi politica durante il primo anno di mandato.

Più della stessa cosa.
L'evidenza che il governo ha chiaro i limiti del suo piano è che il finanziamento che promette continuerà ad essere tale, cioè, non effettivo, ma che nella sua maggior parte è composto da garanzie, non da soldi, che ci sarà da rendere effettive se l'operazione produce perdite all'operatore privato. Gli analisti che hanno fatto notare questa contraddizione si lamentano che lo Stato non immette denaro nella scala necessaria per fare fronte alla bancarotta. E' probabile che il fiammante programma fallisca allo stesso modo in cui lo hanno fatto tutti quelli che lo hanno preceduto.
Questo racconto dimostra che i sinistroidi che si sono grattati la testa, all'inizio della crisi, per rifiutare qualsiasi ipotesi della caduta del capitalismo e pontificare che, al massimo, "smetterà di essere quello che abbiamo conosciuto fino ad ora", semplicemente stavano mentendo. Il piano annunciato da Obama cerca, esattamente, di ricreare il mercato dei titoli privati sbandati dalla crisi, con l'appoggio delle risorse fiscali e non fiscali dello Stato, attenuato dalla promessa di una regolamentazione migliore da parte delle istituzioni pubbliche (come se potesse essere di qualche altra maniera e, peggio, come se servisse a qualcosa!) La preoccupazione maggiore e ossessiva di tutti i governi e di tutti i capitalisti, nelle circostanze attuali, è di evitare che si sfaceli il mercato internazionale di titoli privati, cioè delle banche che hanno quei titoli e dei creditori delle banche che hanno i propri. Il brutto valore derivato di questo mercato è di 500.000 milioni di dollari e la sua valutazione netta è di 60 mila milioni. Soltanto i buoni emessi per assicurare i titoli in circolazione sommano 25.000 milioni di dollari. In modo che serva da paragone, tutto il PBI mondiale è di 50.000 miliardi.
Questo che viene segnalato spiega il ripudio al piano da parte degli economisti come il premio Nobel Paul Krugman- che vuole, allo stesso modo di qualsiasi capitalista, salvare i bonds internazionali. Ma per questo- dice questa gente- non si deve sorteggiare il denaro pubblico o ricorrere all'emissione straordinaria della moneta, senza nazionalizzare contemporaneamte il sistema bancario. La funzione della nazionalizzazione sarebbe quella di negoziare con i creditori per togliere una parte del debito delle banche, allo stesso modo in cui General Motors sta negoziando, per evitare la bancarotta, una riduzione dei prezzi dei suoi fornitori, una riduzione degli stipendi e prestazioni sociali degli operai e un ribasso da parte di quelli che detengono il suo gigantesco debito.
Ma la dimensione principale del piano di Obama è stato scandalosamente ommesso dalla stampa. Il fatto è che si tratta di una specie di "golpe" internazionale alla vigilia della reunione del G-20, che è stato convocato per ellaborare una uscita "coordinata" dalla crisi. Gli europei pretendono che i fondi speculativi nordamericani, che hanno creato il regime finanziario parallelo che ha portato alla crisi, si faccia carico dei costi. Lo scontro tocca il punto più sensibile di tutto l'insieme finanziario internazionale- l'eccezionale capacità di Stati Uniti di emettere moneta(signoraggio) in virtù dello status del dollaro come principale mezzo di pagamento internazionale e principale riserva di valore. Precisamente, il piano di Obama è principalmente supportato per la capacità di emissione della FED, che ha già annunciato milionarie compere di buoni del Tesoro del suo paese e che ha già comprato su vasta scala titoli privati in mano alle banche (rilassamento quantitativo della moneta). Il resto delle banche centrali non hanno quella capacità di soccorrere i capitali sinistrati(colpiti,accidentati). La Banca Centrale Europea assicura che, se accompana la politica di emissione che sviluppano gli Usa, con l'euro, l'UE avrebbe i giorni contati. Anche gli Usa corrono un rischio simile, cioè l'emissione senza controllo del dollaro mette fine al ruolo internazionale della sua moneta. Alcuni analisti promettono che questa emissione finirà portando l'oro ai 6.000 dollari l'oncia- oggi in 950 dollari. L'Europa affronta la necessità di uscire in aiuto dell'Europa Orientale, il cui debito estero è di 1,5 miliardi di dollari e le scadenze quest'anno, di 500 miliardi. Le banche austriache sono compromesse per l' equivalente dell'80% del PBI dell'Austria; qualcosa di simile succede in Italia e Svezia.
La stabilità della moneta sarà messa in gioco nella prossima tappa della crisi. La Cina-che ha riserve per 2000 miliardi di dollari e inversioni in titoli pubblici degli stati Uniti per circa 800.000 milioni, e che per questo stesso motivo è uno dei principali "buonisti" interessati al successo del salavataggio nordamericano- teme, giustamente, per i suoi soldi. Il premier cinese ha azzardato, la settimana scorsa, di reclamare che una moneta internazionale sostituisca il dollaro, sapendo che questo è incompatibile con la rivalità che caratterizza il capitalismo.
I dolori dell'euro dovrebbero averlo avvertito di questo. In una fase estrema della crisi, l'UE si troverà di fronte all'alternativa di dissolvere la sua unione monetaria o che i suoi paesi siano rafforzati integrandosi a uno stato unico da una delle potenze del continente. Esiste una proposta affinchè la Banca Centrale Europea emetta un buono unico per riscattare le banche e le aziende dal disastro, con cui dovrebbe essere coperto ogni paese dell'Ue, in proporzioni ancora da stabilire. La maniera in cui sarà trattata la proposta metterà a nudo le tendenze centrifughe in Europa.

Un FMI nazionale e popolare.
Per ultimo, la produzione, il commercio, l'impiego continuano a cadere. La Russia ha appena informato che da novembre ha perso un milione di posti di lavoro e che rinuncia a continuare a riscattare gli oligarchi in bancarotta. Ammette, se non si tratta di una mossa strategica, che la compri il capitale estero. A questo punto, però, non viene neanche in mente; prima, i servizi di sicurezza della Russia dovrebbero dare delle garanzie più giuste in termini politici e giuridici- sulla vera via crucis di crisi politiche e internazionali. La Cina vive una caduta straordinaria del suo commercio estero e anche una marcata uscita di capitali. Infine, l'America Latina ha cominciato a risentire delle conseguenze della caduta del credito che finanzia il commercio internazionale. I K (Kirshner) credono che a Londra avranno l'opportunità di far nascere un FMI nazionale e popolare, disposto a dare soldi per non far crollare completamente l'economia. Non capiscono nulla di quello che succede: il capitalismo mondiale ha bisogno di stabilizzare la moneta nei paesi periferici e per questo non conoscono altre strade che l'"austerità". Se il Brasile ha ottenuto un prestito dalla FED di 50.000 milioni di dollari, la spiegazione non è per quanto sia amabile Lula nè il suo "accento" del nord, ma semplicemente a che ha dei buoni del Tesoro nordamericano per 150.000 milioni di dollari. A Londra, i banchieri chiederanno a Madame K (Cristina Krischner) che svaluti il peso come lo richiedono Ferrer e Curia- con una vasta traiettoria nac & pop.

Fonte: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=83009&titular=el-plan-obama-o-la-gran-estafa-

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

1 aprile 2009

EUROPA A SOVRANITA' LIMITATA

Gli Stati Uniti usano l'Europa come una testa di ponte per attaccare l'Eurasia

In un'intervista alla televisione Russia Today, il geopolitico Tiberio Graziani, mette in evidenza la dipendenza dell'Italia in particolare, degli altri stati e dell'occidente in generale verso gli Stati Uniti. Un vassallaggio che impedisce a Roma e Bruxelles di difendere i propri interessi e costretti a considerare Mosca un avversario piuttosto che un partner.

Anastasia Haydulina per Russia Today: I governi di tutto il mondo stanno adottando misure protezionistiche. Questo produce un impatto a tutti i livelli della società. In Italia stiamo assistendo a un maggiore appoggio per le politiche anti-immigrazione della destra. Come farà l'Italia, e come faremo noi tutti, a superare la crisi finanziaria mondiale?

Tiberio Graziani: Innanzitutto dovremmo riflettere sulle ragioni di questa crisi finanziaria, che ha colpito anche la produzione a livello industriale, prima negli Stati Uniti e poi nell'intero sistema occidentale, costituito dal noto triumvirato: Stati Uniti, Europa Occidentale e Giappone. La crisi ha influenzato l'intero mercato mondiale. Per quanto concerne l'Italia, gli effetti si sono manifestati con un lieve ritardo e, ritengo, si faranno più pronunciati nel corso del 2009 e nel 2010.
Poiché l'economia italiana è principalmente basata sulle piccole e medie imprese, non c'è un’alta concentrazione industriale, e dunque l'Italia tende ad avere quella maggiore flessibilità necessaria a fronteggiare e contenere la crisi. Tuttavia la crisi sarà molto profonda.
Saremo in grado di superare una crisi finanziaria operando in un contesto geo-economico continentale. Questo significa che dovremmo cercare soluzioni che coinvolgano le economie dei paesi emergenti come la Russia, la Cina e l'India. La crisi non può essere superata solo con soluzioni nazionali o soluzioni elaborate a Bruxelles esclusivamente dall'Unione Europea.

RT: Parliamo della recente crisi del gas. L'Italia forse non ne ha risentito quanto i Balcani e l'Europa Orientale, ma era tuttavia tra i paesi tenuti in ostaggio. La verità è stata però tenuta nascosta. Qual è la vera ragione della contesa?

Tiberio Graziani: La ragione della disputa del gas tra Kiev e Mosca è di fatto un riflesso dell'espansione a est della NATO e dell'allargamento dell'Unione Europea ai paesi dell'Europa Orientale. Questi due coincidenti movimenti di espansione sono stati visti a Mosca come una sorta di aggressione condotta nelle sue immediate vicinanze.
Questo genere di espansione ha avuto inizio nel 1989 dopo il crollo del Muro di Berlino. Da quel momento gli Stati Uniti hanno deciso di controllare l'intero pianeta. Hanno scelto così l'Europa Occidentale come punto di partenza per muovere verso la Russia e l'Asia Centrale. È infatti noto che l'Asia Centrale ha enormi giacimenti di gas e petrolio.
Gli Stati Uniti presero così a influenzare i paesi del Blocco di Varsavia e alcune ex-repubbliche sovietiche, come l'Ucraina.
Dal 1990 l'Ucraina ha cominciato a separare il proprio futuro geopolitico dalla sua sede naturale, e dunque da Mosca.
Se analizziamo la cosiddetta "Rivoluzione Arancione", ci rendiamo conto che dietro queste conquiste della cosiddetta società civile ucraina c'erano gli interessi di Washington. Non dobbiamo neanche dimenticare il ruolo dei cosiddetti filantropi come George Soros non solo nella destabilizzazione dell'Ucraina, ma anche nelle ex repubbliche jugoslave.
Quando l'Ucraina ha abbandonato o tentato di abbandonare il proprio contesto geopolitico naturale, quello di partner privilegiato di Mosca, è evidente che nelle trattative per il gas Mosca ha cercato di stabilire prezzi di mercato, visto che l'Ucraina non era più un cliente privilegiato ma un cliente come tutti gli altri. Ovviamente la disputa ha finito per colpire l'Europa, perché i leader ucraini mancano di sovranità e sono pilotati da interessi occidentali a guida statunitense. Invece di cercare un accordo economico, come si fa solitamente tra paesi sovrani, l'Ucraina ha aggravato la situazione sottraendo il gas destinato ai paesi europei.
Questa vera ragione della crisi è stata ignorata dalla stampa dell'Europa Occidentale, compresa quella italiana. Nella disputa del gas la maggioranza dei giornalisti italiani si è concentrata non sulle vere cause, ma sulla demonizzazione del governo russo, dicendo che nella questione del gas aveva usato la geopolitica come un'arma, mentre il Presidente Medvedev e il Primo Ministro Putin stavano solo applicando prezzi di mercato a normali transazioni economiche sul gas.

RT: L'Ucraina è sull'orlo del default. La Russia non può contare sul fatto che l'Ucraina paghi tariffe basate sui prezzi di mercato, il prossimo anno.

Tiberio Graziani: Ritengo che sia possibile trovare un accordo economico. Mosca e Kiev possono anche negoziare degli sconti. Vorrei ancora una volta sottolineare che non è solo un problema di transazioni economiche, di importazione ed esportazione. È una questione geopolitica. È evidente che se l'Ucraina sceglie di schierarsi con l'Occidente sotto la guida di Washington, questo influenzerà non solo il commercio del gas ma anche altri aspetti economici. Dunque, io credo, sarà possibile trovare una soluzione economica, ma la resistenza viene da Kiev, perché dipende dagli interessi di Washington.

RT: A proposito di Washington, parliamo delle basi militari statunitensi sul territorio italiano. Qual è la sua opinione al proposito?

Tiberio Graziani: La maggioranza della gente è cosciente della presenza delle basi militari ma non è politicamente consapevole. Ecco perché, nel caso dell'ampliamento della base militare di Vicenza, nel nord del paese, si sono fatte considerazioni soprattutto di carattere ambientalista. Il motivo principale e fondamentale è invece rimasto nascosto, giacché in realtà questo ampliamento serve alle forze armate degli Stati Uniti per metterle in grado di operare in coordinamento con una base militare non distante, situata in Serbia (Camp Bondsteel), anch'essa dipendente da Washington. In futuro sarà possibile, per gli USA, operare in paesi confinanti e nel Vicino e Medio Oriente, in nazioni come la Siria e l'Iran e in una certa misura anche in Russia. La nazione jugoslava, in questo caso la Serbia, non è stata scelta per caso, ma perché ha affinità culturali ed etniche con Mosca.

RT: La crisi del gas ha esasperato le tensioni tra Russia e Unione Europea, e molti stati europei stanno già cercando fornitori alternativi. La Russia ha motivo di preoccuparsene?

Tiberio Graziani: No, non credo che la Russia debba preoccuparsene. Penso che ciascun paese dovrebbe cercare le opportunità migliori sul mercato per assicurarsi le forniture energetiche e l'autosufficienza. In un più ampio contesto geopolitico eurasiatico credo che le relazioni tra la Russia e l'Europa, e tra la Russia e l'Italia dovrebbero basarsi anche sugli interessi economici: sullo scambio di nuove tecnologie di frontiera, di tecnologia militare, risorse energetiche e, ovviamente, relazioni culturali.
Penso che le relazioni culturali tra l'Unione Europea e l'Italia e, naturalmente, la Federazione Russa, dovrebbero essere rafforzate.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, più di sessant'anni fa, queste relazioni conobbero un declino perché furono ostacolate dalla classe intellettuale e politica europea che appoggiò l'occidentalizzazione o americanizzazione della cultura europea. Se paragoniamo la letteratura europea e italiana degli ultimi anni con quelle degli anni Trenta, notiamo che molti scrittori italiani usano un linguaggio molto più scorretto, con molti prestiti dall'inglese. È un risultato della colonizzazione culturale che Washington ha condotto dalla Seconda Guerra Mondiale a oggi. È interessante notare che questa tendenza è presente anche nei paesi dell'ex blocco sovietico.

RT: Qual è la linea italiana prevalente nei rapporti con la Russia? I russi possono contare sul fatto che l'Italia svolga un ruolo per migliorare le relazioni tra la Russia e l’Unione Europea?

Tiberio Graziani: Certo, ovviamente l'Italia, insieme ad altri paesi dell'Unione Europea, è un potenziale partner della Russia. Ma per essere un partner vero e non solo potenziale, l'Italia dovrebbe avere una maggiore libertà e la totale sovranità politica, che al momento non ha.
Vorrei ribadire che in Italia ci sono più di 100 siti militari che dipendono, direttamente o indirettamente, dagli Stati Uniti e fanno parte del piano statunitense di influenza e occupazione dell'intera penisola europea. In queste condizioni l'Italia e altri paesi sono limitati nell'espressione dei loro interessi politici ed economici. Ma bisogna anche riconoscere che negli ultimi anni la politica economica del Presidente Putin prima, e dell'attuale Presidente Medvedev ora ha gettato le basi affinché l'Italia diventi un vero partner di Mosca, non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello politico e, ritengo, militare. L'Italia è situata nell'area mediterranea ed occupa un'importante posizione strategica. Inoltre la sua posizione centrale è anche fondamentale a livello geopolitico, in rapporto al Nord Africa e al Vicino e Medio Oriente. Sarebbe giusto se la usasse ai fini dell'integrazione eurasiatica.
Credo che le relazioni tra l'Italia e la Russia stiano migliorando: gli imprenditori italiani si stanno muovendo nella giusta direzione, perché riescono a superare i limiti imposti da un potere politico che viene direttamente da Washington e Londra.

RT: Lei è molto critico nei confronti di Washington, e descrive gli Stati Uniti quasi come una nazione imperiale. Ma ormai non viviamo più in un mondo unipolare.

Tiberio Graziani: Sono molto critico nei confronti di Washington perché ha incluso l'Europa nel suo spazio geopolitico e la considera solo come una testa di ponte per attaccare l'intero suolo eurasiatico. Ciò mi rende critico, ma naturalmente bisogna sempre tener conto dell'importanza e del significato degli Stati Uniti. E gli Stati Uniti dovrebbero anche capire che l'epoca in cui erano una superpotenza si è conclusa. Attualmente, nel XXI secolo, a livello geopolitico abbiamo un sistema multipolare con la Russia, la Cina, l'India, gli Stati Uniti e alcuni stati del Sud America che stanno anch'essi creando la loro entità geopolitica: mi riferisco al Brasile, all'Argentina, al Cile, al Venezuela e ovviamente anche alla Bolivia. In particolare, la maggiore libertà di cui godono questi paesi sudamericani può permettere all'Unione Europea di lasciare il blocco occidentale dominato dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna.

RT: Lei conosce i punti caldi dell'Europa e le regioni separatiste. Avete monitorato le elezioni in Transnistria. C'è un'isola (Malu Entu) al largo della Sardegna in Italia che ha appena dichiarato l'indipendenza, che si dice ispirata dall'Abchazia e dall'Ossezia del Sud. Esiste una formula universale con cui affrontare la questione del separatismo?

Tiberio Graziani: Le questioni sono completamente diverse. In Sardegna c'è un movimento politico separatista, ma in Italia altri separatisti/secessionisti siedono ora al parlamento e sono al governo. Per quanto riguarda la Transnistria, è necessario valutare la sua situazione dal punto di vista geostrategico. La Moldavia e la Romania avvertono il peso degli Stati Uniti e della NATO. Quello della Transnistria è uno dei cosiddetti conflitti congelati. Ritengo che l'indipendenza della Transnistria sarebbe interessante, perché in tal caso diventerebbe un'area in cui gli Stati Uniti non potrebbero entrare. Sarebbe un territorio libero dal punto di vista eurasiatico, perché la Transnistria avrebbe la propria sovranità. Non analizzo questa repubblica in base al suo governo attuale. Mi limito ad analizzarne la sua situazione geostrategica e geopolitica. Perciò se la Transnistria è una repubblica autonoma significa che sul suo piccolo territorio non ci sono basi NATO.

Fonte: http://www.voltairenet.org/article159364.html

LA CRISI POLITICA NELLA REPUBBLICA CECA MINACCIA IL TRATTATO DI LISBONA

Le dimissioni del primo ministro ceco, Mirek Topolanek, e del suo governo dopo che è stato approvato la mozione di censura da parte del Parlamento, ha scatenato un vero temporale nella UE, che minaccia anche il Trattato di Lisbona.
Nonostante le parole di tranquillità di Topolanek a Strasburgo, il suo vice primo ministro, Alexandr Vondra, ha riconosciuto che adesso "sarà molto più difficile convincere la gente che voti a favore."

Il primo ministro della Repubblica Ceca, Mirek Topolanek, ha cercato di tranquillizzare i suoi soci europei garantendo loro che le dimissioni dal suo Governo e di lui stesso non colpirà il Trattato Di Lisbona.
Martedì, il Parlamento Ceco, ha approvato con un unico voto di differenza una mozione di censura-la quinta in quasi due anni di legislatura- del Partito Socialdemocratico (CSSD) contro Topolanek per impedire la trasmissione di un programma televisivo critico nei confronti di un deputato. Il testo è stato approvato dal Partito Comunista di Bohemia e Moravia, tre ex deputati della coalizione governativa e un disertore delle file conservatrici. "Ha ricevuto quello che si meritava", ha affermato dopo la votazione, il leader dell'opposizione socialdemocratica, Jiri Paroubek.
La prima reazione del Primo Ministro è stata quella di presentare le sue dimissioni. "Compirò i miei compiti costituzionali", ha promesso ai media. Ha assicurato che con questa mozione di censura, Praga perde "il suo potere di negoziare" nei consigli europei. In tono scherzoso, ha commentato che l'Amministrazione Ceca è quasi meglio preparata cdei politici e che "lo supererà".
Tutto sembra indicare che continuerà nel Governo almeno fino a giugno, quando ha fine la Presidenza dell'UE, che osserva attentamente ogni movimento politico nella Repubblica Ceca.
Di fronte alla preoccupazione di Bruxelles, Topolanek ha insistito che le dimissioni non saranno un ostacolo nel processo di approvare il Trattato di Lisbona.
"Il fatto che abbiamo un governo che ha perso la fiducia nel Parlamento, non è una tragedia. E' già accaduto prima in Francia, Danimarca e Italia. La Presidenza Ceca continuerà a lavorare normalmente e sono sicuro che possiamo affrontarlo", ha manifestato di fronte alla sessione plenaria del Parlamento di Strasburgo, dove si è recato per presentare agli eurodeputati i risultati dell'ultimo incontro di capi di Stato e del governo dell'UE.
Topolanek ha accusato il leader socialdemocratico Paroubel di "ostruzionismo" e di voler debilitare la Presidenza:"E 'qualcosa che abbiamo dovuto affrontare e sopportare", ha detto.
Nonostante le sue tranquillizzanti parole, ha ammesso che la questione non è più nelle sue mani. Ironicamente, ha detto che farà "tutto il possibile" affinchè il suo paese ratifichi il Trattato di Lisbona perchè non vorrà che si "cancelli" la sua firma dal testo. Ma, "il numero di telefono per chiedere cosa succederà con il Trattato di Lisbona non è il mio, ma quello del leader dell'opposizione ceca".
Le dichiarazioni del viceprimo ministro Ceco, Alexandr Vondra, aumentano maggiormente le inquietudini di Bruxelles. "il processo di ratificazione è in corso.....ma sarà molto più difficile adesso convincere le persone che votino a favore" ha sottolineato.
"Aspettiamo la votazione del Senato e sappiamo che la situazione non sarà facile", ha detto. La data del voto ancora non è stata fissata e non è ancora chiaro il senso del voto.
Prima che venisse approvata la mozione di censura, Topolanek, aveva avvertito che se lui cadeva, l'approvazione del Trattato nel Senato sarebbe stata quasi impossibile, perchè dentro al Partito Democratico Cittadino (ODS), al quale appartiene, molte voci sono contrarie al testo.
Allo stesso modo della Repubblica Ceca, altri 3 paesi europei- Irlanda, Germania e Polonia, ancora non lo hanno ratificato nella sua totalità. In Irlanda, è uscito il "NO" nel suo primo referendum, ma Bruxelles non si è accontentata di quel risultato e ha forzato perchè ci sia un secondo referendum.
Se l'insieme degli stati dell'UE non lo validano,non potrà entrare in vigore.
Cosciente dell'impatto di questa crisi, il presidente del Parlamento di Strasburgo, Hans-Gert Pöttering, ha chiesto al primo ministro ceco che "continui a spiegare e si sforzi per la ratifica del Trattato di Lisbona". Ha confidato che si "possono ultimare tutti i dettagli e che possa entrare in vigore a partire dal 2010.".
Per il leader del gruppo liberale, Graham Watson, è "vitale per gli interessi comuni dell'Europa che si compiano i suoi compiti nella Presidenza e completi la ratifica del Trattato."
Il Partito Popolare Europeo, al quale appartiene Topolanek, ha lamentato la sua mozione di censura da parte dell'opposizione perchè "non solo mina la stabilità del paese, ma anche il successo della Presidenza." "Privare l'Europa di una forte leadearship in questo momento di crisi e mettere in pericolo la sua stabilità e reputazione nel mondo è semplicemente irresponsabile." ha rimarcato in un comunicato.
In quanto al futuro politico della Repubblica Ceca, l'incaricato di eleggere la persona che avrà in carico la gestione del nuovo Governo, è il presidente ceco, Vaclav Klaus, che in ripetute occasioni ha mostrato la sua opposizione al Trattato.
Da parte sua, Klaus ha scelto il silenzio. Si è limitato a dire che "continuerà sulla strada costituzionale stabilita."
Il ODS spera che sia uno dei suoi membri che otterrà quell'invito dal presidente.
Il socialdemocratico Paroubek ha sottolineato che "tollererà" l'attuale governo fino a giugno. Nella sua opinione, in questo momento di dovrebbe nominare un governo di tecnocrati fino alla celebrazione delle nuove elezioni.
Il portavoce della Comissione Europea, Pia Ahrenkilde, ha messo in evidenza che "non è la prima volta che succede qualcosa del genere." Ha citato le cadute del governo danese nel 1993 e la dell'esecutivo italiano nel 1996 mentre erano in testa all'UE.
Topolanek ha annunciato la sua intenzione di chiedere ad Obama circa l'installazione di uno scudo antimissili nell'Europa centrale, anche se non spera che il progetto sia sospeso.
Un portavoce del governo ha anticipato che Topolanek presenterà oggi le dimissioni dall'esecutivo. Klaus potrebbe dissolvere la Camera Bassa se la maggior parte dei suoi membri sono d'accordo, e convocare a elezioni anticipate.

TOPOLANEK QUALIFICA IL PIANO DI RISCATTO DI OBAMA COME UN "CAMMINO ALL'INFERNO"
http://www.topnews.in/files/obama-barack_0.jpg

Mirek Topolanek è arrivato ieri al parlamento di Strasburgo per informare la camera che la caduta del suo governo a Praga non dovrebbe compromettere la presidenza ceca dell'UE. Parlando di questa crisi ha scatenata un'altra bufera con le sue parole, qualificando il piano di riscatto degli Usa come una "strada all'inferno."
"Timothy Geithner parla di un consistente pacchetto economico. Tutte le sue fasi, le sue combinazioni e la sua permanenza rappresentano una strada per l'inferno."
Poco dopo i portavoci del governo ceco negavano che Topolanek avesso detto quello che aveva appena detto e l'attribuivano a malintesi ed errori di traduzione.
Le parole del primo ministro ceco, a pochi giorni dall'inizio dell'incontro del G2o a Londra, ha sollevato parecchie critiche.
Hans Poettering, il Presidente del Parlamento Europeo:
"Avremo una riunione con il presidente Barack Obama il prossimo 5 aprile e abbiamo bisogno di mostrare la forza e la solidarietà dell'Europa. Per questo abbiamo bisogno del Trattato di Lisbona."
La ratifica definitiva di questo Trattato è in pericolo dopo la caduta del governo di Topolanek mercoledì in una mozione di censura. La Repubblica Ceca deve ancora ratificarlo tramite referendum, ma il problema è che il paese è in cammino verso elezioni anticipate."

Fonte:http://www.rebelion.org/noticia.php?id=82912&titular=la-crisis-pol%EDtica-en-la-rep%FAblica-checa-amenaza-al-tratado-de-lisboa-

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

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31 marzo 2009

USA-NEOCON: NUOVA STRATEGIA PER LA POLITICA ESTERA





di Daniel Luban e Jim Lobe

WASHINGTON, 27 marzo 2009 (IPS) - Una nuova organizzazione neocon per la politica estera, da poco formata negli Usa e con obiettivi ancora poco chiari, riporta alle mente gli anni ’90, quando i precursori formulavano la nuova strategia di politica estera aggressiva e unilaterale che fu poi messa in atto dall’amministrazione di George W. Bush.


Chiamata banalmente “Iniziativa per la politica estera” (Foreign Policy Initiative, FPI) - da un’idea dell’editor del Weekly Standard William Kristol, del guru della politica estera neoconservatrice Robert Kagan e dell’ex funzionario del governo Bush Dan Senor - il gruppo finora ha mantenuto un profilo basso: la sua unica attività ad oggi, la promozione di un convegno sulla strategia della “surge”, un’escalation della presenza militare degli Stati Uniti in Afghanistan.

Ma qualcuno vede nella FPI l’erede del gruppo di Kristol e Kagan, l’ormai defunto “Progetto per un nuovo secolo americano” (Project for the New American Century, PNAC), lanciato nel 1997 e divenuto noto soprattutto per aver guidato la campagna nazionale per spodestare l’ex presidente iracheno Saddam Hussein, sia prima che dopo gli attacchi dell’11 settembre.

Tra i soci fondatori del PNAC vi erano diverse figure poi salite ai piani alti nell’amministrazione Bush, come il vicepresidente Dick Cheney, il segretario della difesa Donald Rumsfeld, e il suo vice, Paul Wolfowitz.

La FPI è stata fondata all’inizio di quest’anno, ma mancano informazioni sul gruppo, che finora è stato per lo più ignorato dai media. Sul sito web dell’organizzazione, nella lista dei tre membri del consiglio di amministrazione figurano Kagan, Kristol e Senor, salito alla ribalta come portavoce delle autorità d’occupazione in Iraq.

Due dei tre membri dello staff della FPI, i direttori politici Jamie Fly e Christian Whiton, vengono direttamente dalle poltrone della politica estera dell’amministrazione Bush, mentre il terzo, Rachel Hoff, arriva dalla Commissione nazionale repubblicana del Congresso. Contattato per un’intervista presso la sede del gruppo, Fly ha riferito tutte le domande a Senor, che non ha voluto rispondere.

Quanto alla missione dell’organizzazione, si dichiara che “gli Stati Uniti sono ancora una nazione indispensabile per il mondo”, e si avverte che “il problema non è puntare in alto, e trincerarsi non è la soluzione” alle attuali disgrazie finanziarie e strategiche di Washington. Si chiede poi un “continuo impegno - diplomatico, economico e militare - nel mondo, e il rifiuto di politiche che ci porterebbero a cadere sulla via dell’isolazionismo”.

La dichiarazione di missione si apre con una litania di minacce assai familiare per gli Usa, come “stati canaglia”, “stati falliti”, “autocrazie” e “terrorismo”, ma mette in primo piano le “sfide” poste dai “poteri emergenti e rinascenti”, tra cui vengono citate solo Cina e Russia.

La centralità attribuita a questi due paesi sembra riflettere l’influenza di Kagan, che negli ultimi anni ha sempre sostenuto che il XXI secolo sarà dominato da una lotta tra le forze della democrazia (guidata dagli Usa) e l’autocrazia (guidata da Cina e Russia). Kagan ha proposto la creazione di una “Lega delle democrazie” come meccanismo per combattere il potere russo e cinese, e la dichiarazione della FPI sottolinea la necessità di un “forte sostegno agli alleati democratici dell’America”.

Questa enfasi sembra suggerire che la FPI intende fare del confronto con Cina e Russia la colonna portante della propria posizione in politica estera. In questo caso, sarebbe segnato il ritorno ai primi tempi dell’amministrazione Bush, prima dell’11 settembre, quando il Weekly Standard di Kristol cominciava a lanciare una serie di attacchi contro Washington per la sua presunta “pacificazione” con Pechino.

Per il suo debutto ufficiale, però, la FPI ha scelto di promuovere un’escalation dell’impegno militare americano in Afghanistan. Il primo evento dell’organizzazione, previsto per il 31 marzo a Washington, sarà infatti un convegno intitolato “Afghanistan: pianificare il successo”.

Principale relatore alla conferenza, il senatore John McCain, candidato repubblicano alle presidenziali del 2008 e da tempo favorito sia di Kagan che di Kristol. A febbraio, McCain aveva pronunciato un discorso, ben propagandato, sostenendo che gli Usa non si sarebbero potuti permettere di ridimensionare il loro impegno militare in Afghanistan, e chiedendo invece di raddoppiare gli sforzi per vincere la guerra.

Tra gli altri partecipanti, l’analista dell’American Enterprise Institute (AEI), fratello di Robert e tra i principali fautori della strategia di aumento delle truppe in Iraq, “surge”; l’esperto di controinsorgenza tenente colonnello John Nagl; e la nuova direttrice del Centre for a New American Security e rappresentante democratica dei falchi Jane Harman.

La FPI ha inevitabilmente suscitato paragoni con il PNAC, una “organizzazione sulla carta” fondata da Kristol e Kagan poco dopo la loro pubblicazione su “Foreign Affairs”dell’articolo “Verso una nuova politica estera neo-reaganiana”, che chiedeva a Washington di praticare una “egemonia globale benevola” e avvertiva contro ciò che vedevano come la deriva post-guerra fredda del Partito repubblicano verso un “neoisolazionismo” dopo il passaggio di consegne a Bill Clinton alla Casa Bianca. ”Mi ricorda il Progetto per un nuovo secolo americano”, ha osservato Steven Clemons, direttore dell’American Strategy Programme alla New American Foundation. “Come il PNAC, diventerà un luogo d’incontro per chi desidera vedere rafforzata la macchina militare Usa e chi divide il mondo tra chi rappresenta il male e chi dovrà sconfiggerlo.

La dichiarazione di principi del giugno 1997 chiedeva una “politica reaganiana di forza militare e chiarezza morale”, che comportasse un “aumento significativo della spesa per la difesa” ed una “sfida ai regimi ostili ai nostri interessi e valori”.

Nel gennaio 1998, il PNAC pubblicò una lettera aperta al presidente Clinton chiedendo di “rimuovere dal potere il regime di Saddam Hussein”, con la forza militare se necessario. La lettera era firmata da molti di coloro che sarebbero diventati gli architetti e i sostenitori dell’invasione dell’Iraq del 2003, da Rumsfeld, a Wolfowitz e Abrams, dal futuro vicesegretario di stato Richard Armitage, al futuro ambasciatore Usa John Bolton.

Nel settembre 2001, appena pochi giorni dopo gli attacchi dell’11 settembre, un’altra lettera del PNAC chiedeva al presidente Bush di estendere la portata della “guerra al terrore”, al di là delle persone immediatamente responsabili degli attacchi, per includere l’Iraq e gli Hezbollah libanesi.

E nell’aprile 2002, il gruppo definitva Yasser Arafat e l’Autorità palestinese (AP) “una rotella nell’ingranaggio del terrorismo in Medio Oriente”, paragonava Arafat al leader di Al Qaeda Osama bin Ladem, e chiedeva agli Usa di mettere fine al sostegno sia all’AP che ai negoziati di pace israelo-palestinesi.

”La lotta di Israele contro il terrorismo è la nostra lotta”, diceva, sollecitando Bush ad “accelerare i piani per spodestare Saddam Hussein”.

Che il debutto pubblico dell’FPI sia incentrato proprio sul perché Washington dovrebbe aumentare il proprio impegno in Afghanistan è un fatto curioso, visto il ruolo avuto dal PNAC e da altri falchi dentro e fuori l’amministrazione nel premere per l’invasione dell’Iraq, subito dopo la campagna Usa per fermare i talebani e Al Qaeda in Afghanistan alla fine del 2001. Molti esperti ritengono che il trasferimento delle risorse militari e di intelligence verso l’Iraq abbia permesso sia ai talebani che alla leadership di Al Qaeda di sopravvivere e di riorganizzarsi.

L’assoluta priorità data dall’amministrazione Bush all’Iraq - ancora una volta, con il forte incoraggiamento del PNAC e dei suoi sostenitori - in quanto “fronte centrale nella guerra al terrore”, ha anche comportato la mancata disponibilità di risorse per sostenere il governo filo-occidentale del presidente Hamid Karzai.

Il PNAC ha di fatto cessato le sue attività all’inizio del secondo mandato di Bush. Questo può essere in parte dovuto alla pessima pubblicità che il gruppo si è guadagnato per il ruolo determinante avuto nel provocare la guerra in Iraq. Ma la formazione della FPI potrebbe essere sintomatico del fatto che i suoi fondatori sperano ancora una volta di coltivare una politica estera più aggressiva durante il loro esilio dalla Casa Bianca, preparandosi alla loro futura riconquista del potere politico. (FINE/2009)


Fonte: http://www.ipsnotizie.it/nota.php?idnews=1412

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Obama: il clone di George W. Bush

30 marzo 2009

CHIUDERE IL CONTO IN BANCA?



Chiudere il conto in banca? Vi chiederete perchè!
Prima domanda da porsi:" Di chi è la BANCA D'ITALIA"?
La risposta più ovvia è:" La BANCA D'ITALIA è dello stato italiano!"
Non è così, la BANCA D'ITALIA è un ente privato anticostituzionale che non rispetta neanche il suo statuto ed è di proprietà, in varia percentuale, delle banche private in cui noi abbiamo conti correnti e depositi, proprio così: BANCA INTESA, SAN PAOLO, UNICREDIT, MEDIOBANCA, UBI BANCA e via discorrendo.
L'ente statale preposto al controllo dell'operato delle banche è proprietà delle banche stesse, i controllati sono i controllori, questa di gran lunga è già una grossa motivazione per cessare i rapporti che quotidianamente teniamo con le banche.
Nella rete si procede ad una forte lotta contro la nostra classe politica, ma essi non sono altro che fantocci nelle mani delle lobbies bancarie e creditizie che agiscono nell'ombra e che manovrano tutto il denaro a livello Italiano, Europeo, Americano e Mondiale.
Cerchiamo qui di capire cosa è per noi una banca e quali sono i servizi indispensabili che ci mette a disposizione.
Partiamo nel percorso che ci porta ad essere clienti di una banca:
APERTURA CONTO CORRENTE BANCARIO.
Qui cominciano i nostri guai, molti di noi purtroppo troppi non si sono mai soffermati a leggere attentamente il contratto che ci viene sottoposto e che regolerà tutti i nostri rapporti che in futuro terremo con il nostro istituto bancario, niente e ripeto niente di quanto riportato nel contratto volge a nostro favore, è un documento totalmente sbilanciato a favore dell'ente col quale stiamo intraprendendo un rapporto di collaborazione, un contratto capestro che ci mette da subito con le spalle al muro, aprite gli occhi chi vi obbliga a firmare un contratto che in ogni sua clausola prevede che loro hanno ragione e voi torto? Questa è pura follia! E in più la doppia firma confirmatoria di varie clausole fa sì che il contratto sia inoppugnabile in tutte le sedi della pubblica amministrazione e sicurezza, perchè vale a dire che Voi avete letto e riletto ciò che avete firmato.
VERSAMENTI
Noi prestiamo i nostri soldi alle banche che da quel momento possono gestirli come meglio credono senza chiedercene conto, sembra una follia ma è così e cosa ancor più grave a noi sui soldi versati danno un interesse lordo pari a 2%, la banca presta questi nostri soldi alle imprese o ad altri cittadini con varie forme di credito (finanziarie) con interessi variabili dal 14% al 24%. Vale a dire che a noi sui nostri soldi non danno niente e loro ci lucrano in media il 20%... creativo vero?
Così succede sugli assegni bancari che con il giochetto dei giorni di valuta che gli permatte di gestire gli importi degli assegni anche per 15 gg. e le carte di credito che venduteci come una gran comodità per noi non fanno altro che far lievitare i costi della merce acquistata del 4% che sono i costi che il commerciante paga alla banca per il servizio e che certo il commerciante caricherà sui prodotti venduti, inoltre il conto corrente bancario non è gratuito ci costa in media 1.000,00 €. all'anno.
Quindi a fronte di tutto questo riflettete bene e fatevi una domanda:
MA ESISTE UN VANTAGGIO PER VOI NELL' AVER APERTO UN CONTO CORRENTE BANCARIO?

di VLANG61

29 marzo 2009

SIONISMO: THE GAME IS OVER

di Nizar Sakhnini
L’influenza sionista sulla Palestina cominciò nel 1882. Ci sono state 6 ondate di immigrazione ebraica tra il 1882 ed il 1948. Come risultato, il numero di ebrei in Palestina aumentò di approssimativamente 650.000.

Durante la Conferenza di pace di Parigi nel 1919, i sionisti chiesero la creazione di uno stato nel territorio che includeva tutta la Palestina mandataria, il Libano meridionale fino al fiume Litani, le Alture del Golan e parte della Giordania occidentale lungo una linea parallela alla ferrovia di Hijaz fino ad Aqaba. Da lì, la linea piega a nordovest verso Al Arish in Egitto. (David McDowall, Palestine and Israel: The uprising and Beyond, Berkeley, Los Angeles: University of California Press, 1989, p. 20. Vedere anche: Simha Flappan, The Birth of Israel: Myths and Realities, New York: 1987, p. 17)

28 marzo 2009

CRISI ECONOMICA USA: PIU' POVERI E PIU' IGNORANTI

di Marco Zoboli

La recessione economica sta per compiere un anno e non mostra nessun segno di miglioramento. Il neopresidente Obama si appresta a firmare un programma di ”stimolazione economica” per un montante di 787 miliardi di dollari, ma premette nel suo discorso alla nazione che gli effetti non saranno tangibili nell’immediato. Nel frattempo la crisi avanza, anzi corre e gli indici borsistici precipitano. La recessione colpisce diverse componenti della società statunitense e le conseguenze si avvertiranno non solo nel breve ma anche nel medio e lungo termine. La recessione ha comportato la riduzione drastica dei fondi destinati all’università di Harvard, considerata il fiore all’occhiello nella formazione dell’intellighenzia nonché la più ricca del mondo, costretta oggi a praticare politiche di prepensionamento del personale amministrativo e docente; congelare gli aumenti salariali e aumentare le rette ai rampolli dell’oligarchia a stelle e strisce.

Stando ai dati del 2008, il bilancio si è chiuso con una perdita netta di 8 miliardi di dollari e secondo il rettore dell’Università i fondi erogati per l’anno accademico 2008-2009 verranno ridotti di un 30%. L’aumento delle rette per gli studenti del 5%. Questo significa che uno studente può accedere a questa struttura educativa alla modica spesa di 49.000 dollari annui; con un riflesso automatico di un’ulteriore selezione che non sarà né qualitativa né meritocratica.

L’orientamento “fondamentalista di mercato” nello sviluppo del paese durante la fase di direzione neocon, ha significato non solo il ridimensionamento del ruolo dello stato negli affari economici ma anche nell’insieme delle strutture sociali a partire da sanità e istruzione, fagocitate dalle imprese private. Da uno studio del Centro Nazionale di Politica Pubblica e Educazione Superiore, che valuta i finanziamenti pubblici e relativi benefici sull’accesso all’istruzione, emerge che in tutti gli stati – eccezion fatta per la California, che dispone di “università comunitarie” relativamente a basso costo – è praticamente proibitivo. Nelle università dell’Illinois, il costo medio per assistere ai corsi dell’università pubblica rappresentava nel 2000 il 19% delle entrate di una famiglia media, oggi è arrivato al 35%, in Pennsylvania, l’incremento è stato da 29 al 41%. Secondo il presidente del centro che ha effettuato questa ricerca, Patrick Callan, i singoli stati stanno riducendo enormemente i contributi alle università e agli istituti superiori in cambio della possibilità per queste ultime di aumentare il costo delle rette, la situazione quindi a suo giudizio è destinata a peggiorare drammaticamente. Si profila quindi nel futuro prossimo generazioni di statunitensi a cui verrà negato l’accesso allo studio, ulteriore condizione sociale che peserà sul decadentismo di questa potenza entrata nella fase di “fine impero”. E’ naturale che l’ulteriore impoverimento culturale delle future generazioni faciliterà la mobilitazione reazionaria che il protezionismo come contrazione politico-culturale-economico richiede.

Quando alla fine degli anni novanta, Cuba si trovò a fronteggiare il “periodo speciale” per affrontare la crisi generata dalla scomparsa dell’Unione Sovietica e del campo dei paesi socialisti, non chiuse una sola scuola e non lasciò senza istruzione un solo studente in tutta l’isola; al contrario investì ogni risorsa disponibile sul suo patrimonio più grande: il popolo. L’accesso gratuito allo studio e l’alta professionalità dell’apparato docente conduce oggi il 68% dei cubani a frequentare con successo le università dell’isola. L’emancipazione passa per la cultura. E il divario culturale tra il popolo cubano e quello degli Stati Uniti cresce inesorabilmente a favore del socialismo, che ha seminato e continua a seminare germogli che stanno fiorendo in tutta l’America Latina.

Fonte: http://www.resistenze.org/

27 marzo 2009

IL CAPO MILITARE DELLA NATO ORDINA DI MASSACRARE 1000 AFGANI


Il generale Bantz Craddock, Comandante Supremo della Nato ha dato ordine all'esercito alleato di questa alleanza militare presente in Afghanistan di uccidere, di eliminare ogni persona che si trovi nella zona territoriale dove c'è un insurgenza, cioè ogni persona implicata nella semina e nel commenrcio della droga (coltivazione di papaveri), senza aspettare di sapere previamente se questi sono dei semplici contadini o se sono legati all' insurrezione.
Secondo il sito internet del giornale tedesco DER SPIEGEL, che ha rivelato questi fatti, l'ordine era stato confermato per iscritto il 5 gennaio del 2009 al Generale Tedesco Egon Ramms che si opponeva all'esecuzione di questo ordine e che l'aveva qualificato come crimine di guerra.
Queste rivelazioni hanno causato una gran commozione in Germania, ma curiosamente nessuna emozione in nessuno degli altri paesi implicati militarmente in Afghanistan.
Queste istruzioni si applicano in ogni zona di ribellione, ma non nella zona "pacificata" in Afghanistan, cioè la zona che si trova sotto l'autorità del Presidente (afgano) Karzai, e del suo fratellastro che lucra con il commercio e il traffico di oppio.
Significa che, il Generale Bantz Craddock ha ordinato di massacrare e/o eliminare ogni contadino che coltivasse la pianta del papavero (per creare eroina) e tutti i trafficanti che si scontrano nel commercio del traffico di droga con la famiglia monopolistica di Karzai.
Il Generale Bantz Craddock è l'ex capo del gabinetto militare di Donald Rumself. In quanto comandante del "Comando Del Sud", ha diretto l'installazione del centro di tortura di Guantanamo (la base militare Usa nel territorio cubano).
Ha anche partecipato attivamente alla pianificazione della guerra di Israele nel 2006 contro il Libano ed è stato nominato in quell'epoca come capo massimo della Nato in vista di un intervento dell'Alleanza Atlantica nel Libano, progetto che è stato bloccato dall'ex presidente francese Jacques Chirac durante una conferenza a Roma.
Ricordiamo che la droga prodotta dal clan Karzai in Afghanistan è destinata principalmente al Camp Bondstell (Kosovo), l'immensa base militare che gli Usa hanno costruito in quella zona, questa droga è amministrata dal Primo Ministro del Kosovo Haçim Thaci.
La droga viene distribuita dalla mafia kosovara principalmente in Europa Occidentale, i guadagni servono per finanziare le operazioni speciali della Cia fuori dal controllo dei fondi (economici) del Congresso degli Stati Uniti.

Fonte: http://www.voltairenet.org/article159446.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

26 marzo 2009

JAMES HANSEN: "IL PROCESSO DEMOCRATICO NON FUNZIONA"


di David Adam

Uno dei principali scienziati del mondo, dice che l'azione diretta e la protesta potrebbe essere l'unica forma di affrontare l'aumento delle emissioni di carbonio.

James Hansen, un climatologo della Nasa, ha dichiarato a The Guardian che le lobbies corporative stanno distruggendo gli intenti democrativi di ridurre l'inquinamento del carbonio. "Il processo democratico non sembra stia funzionando", ha detto.
Al punto di unirsi ad una protesta contro la sede centrale della compagnia energetica E.ON a Conventry, Hansen ha commentato: "La prima azione che la gente dovrebbe assumere è quella di usare il processo democratico." Ciò che sta demoralizzando le persone, incluso me stesso, è che l' azione democratica influisce sulle elezioni ma quello che otteniamo sono leaders politici in una posizione ecologica falsa.
"Si suppone che il processo democratico è una persona, un voto, ma se si converte in denaro parla più dei voti- Allora, non sono sorpreso del fatto che la gente si senta demoralizzata.
Penso che una manifestazione pacifica continui a funzionare, perchè ci rimane pochissimo tempo." Hansen ha detto che prendeva parte alla manifestazione a Coventry perchè vuole una moratoria internazionale sulle nuove centrali termiche a carbonio.
E.ON vuole costruire una centrale di questo tipo a Kingsnorth nel Kent, una sollecitazione che il Ministro dell'Energia e Cambio Climatico, ED Miliband recentemente ha rimandato.
"Penso che le azioni pacifiche che cercano di dirigere l'attenzione della società verso la questione non siano inappropiate", ha commentato Hansen.
Aggiunse che l'incontro scientifico della settimana scorsa(*) a Copenhagen,aveva lasciato in chiaro "l'urgenza della scienza e della non azione intrappresa dai governi."
I funzionari riuniti a Bonn alla fine di questo mese continueranno il dialogo su un nuovo trattato globale per il clima, per il quale gli attivisti, hanno chiesto che sia firmato l'incontro a Copenhagen a Dicembre. Hansen ha avvisato che il nuovo trattato ha "il fallimento garantito" nella riduzione delle emissioni.
Hansen ha affermato che :"Quello di cui si parla a Copenhagen è un rinforzare il protocollo di Kyoto, un limite e un commercio con le riduzioni e trappole per fuggire, e questo garantirà il fallimento nei termini di ottenere una riduzione veloce delle emissioni. Parlano di obiettivi che suonano incredibili, ma quando vedi che queste azioni saranno impossibili da raggiungere, posso capire che il pubblico informato si senta deluso."
Ha detto che è sempre più "preoccupato" per la presa di posizione della nuova amministrazione degli Stati Uniti. "Non sono ancora chiare le loro intenzioni, ma se sosterranno il limite e il commercio di emissioni allora, sfortunatamente, penso che sarà un altro caso di falsa posizione ecologica. Abbiamo bisogno di azioni più decise."
*(NdT:l'incontro è stato due settimane fa)

Fonte: http://www.guardian.co.uk/science/2009/mar/18/nasa-climate-change-james-hansen

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

USA: 2 OPZIONI PER SALVARE L'ECONOMIA...

...DICHIARARE L'INSOLVENZA O SCATENARE UNA GUERRA

di Ekaterina Yevstigneyeva

Gli Stati Uniti sono i maggiori mutuatari al mondo. Il debito pubblico degli USA ha già superato il livello di 11 trilioni di dollari all'inizio del 2009 e continua a crescere come una valanga. Gli esperti sostengono che gli USA hanno soltanto due modi per risolvere il problema: dichiarare l'insolvenza o scatenare una guerra.
 
Secondo stime di esperti, al momento la probabilità di insolvenza sui buoni del tesoro USA è molto alta. Le voci non sono affatto nuove. Inoltre, gli esperti affermano che gli USA hanno già iniziato a lavorare alla possibilità di rifiutare il dollaro per evitare i pagamenti del debito.
Dimitry Abzalov, un esperto del Centro per la Congiuntura Politica della Russia afferma che attualmente i governi si addossano i debiti delle grandi società. La crisi del debito societario diventa così la crisi dei debiti governativi. All'inizio del 2009 il debito degli USA ammontava a $10,6 trilioni. Prendendo in considerazione l'attuale deficit di bilancio degli Stati Uniti, come pure le prospettive per il deficit di bilancio durante il corrente anno, diventa chiaro che il mercato dei buoni del Tesoro USA non importa cosa non è basato su nessuna alternativa. Per gli investitori non vi è nessun altro modo per investire i loro fondi essendo i buoni del tesoro l'unica opzione", ha raccontato l'esperto a Bigness.ru. 
 
Quando l'economia mondiale si riprenderà, gli investitori si renderanno conto che vi è grande quantità di altre possibilità per gli investimenti, per esempio i buoni europei (naturalmente, se anche l'economia europea si riprende dalla crisi) o i buoni dei paesi in via di sviluppo.
"In questo caso la piramide dei buoni USA crollerà. La percentuale del debito cresce ogni giorno, il che quotidianamente fa prendere in prestito agli USA sempre di più. L'America non avrà nessuna possibilità di saldare il debito", ha dichiarato l'esperto.
Inga Foksha, un'analista della Aton Investment Company, concorda che l'insolvenza degli USA è alquanto possibile, sebbene sia certa che non avverrò a meno che il mondo non trovi un'alternativa al debito USA. In caso d'insolvenza il dollaro crollerà immediatamente, che è assolutamente inaccettabile, perché il 63% delle riserve mondiali sono mantenute in dollari. Il loro crollo scatenerà un crollo economico globale.
"Tecnicamente, l'insolvenza degli Stati Uniti può avvenire nel corso di tre o cinque anni, sebbene sia troppo presto per dire che potrà essere possibile. Gli USA possono stampare nuovi dollari per pagare con questi i loro debiti", ha affermato.

Nondimeno, i buoni del governo USA godono ancora del sostegno degli investitori e vengono ancora considerati un investimento sicuro.
Dmitry Abzalov ritiene che la situazione attuale con il debito nazionale USA possa terminare con una nuova guerra. La guerra distruggerà l'eccessiva liquidità e l'attuale debito.
"La guerra in Iraq iniziò per ritardare la crisi degli USA, che cominciò a fermentare nell'economia USA alla fine del 2000", ha affermato.
Da decenni, dalla Grande Depressione degli anni '30, gli americani tentano di sollevare la loro economia con l'aiuto delle azioni militari. Una guerra solleva l'industria della nazione, anche se una ripresa è fondata sugli ordinativi della difesa.

25 marzo 2009

FORUM MONDIALE DELL'ACQUA: TANTE PROMESSE, NESSUNA GARANZIA



Le organizzazioni civili criticano i risultati del Forum mondiale sull'Acqua.
I rappresentanti di organismi civili hanno richiesto più azioni e compromessi per difendere una risorsa che serve a tutti: l'acqua. Dicono che i documenti firmati in Istabul sono insufficienti.
Il Forum Mondiale sull'Acqua si è concluso domenica nella città di Istanbul con una grande quantità di proposte e di promesse per conservare le risorse di acqua nel nostro pianeta.

24 marzo 2009

CACCIA AGLI ORSI...IN PARLAMENTO

La Natura non serve. Meglio il cemento e le doppiette a sedici anni per sterminare i pochi animali selvatici in circolazione. La LIPU ha esaminato il disegno di legge Orsi e l'ha comparato alla legge di protezione della fauna esistente.
Franco Orsi del PDL
dovrebbe chiamarsi "Big Hunter" o "Il Figlio di Boss(ol)i". Dovremmo introdurre le ronde per vigilare sui parlamentari. Ogni giorno cercano di rendere la nostra vita più miserabile.

Riporto, tra le tante ricevute, una mail sul disegno di legge Orsi.

"Il disegno di legge del senatore Franco Orsi: una lista di orrori senza fine.
Dal Senato della Repubblica parte in questi giorni uno dei più gravi attacchi alla Natura, agli animali selvatici, ai parchi, alla nostra stessa sicurezza: un disegno di legge di totale liberalizzazione della caccia. E' firmato dal senatore Franco Orsi.
Animali usati come zimbelli, caccia nei parchi, riduzione delle aree protette, abbattimenti di orsi, lupi, cani e gatti vaganti e tante altre nefandezze.
La legge 157/1992, l’unica legge che tutela direttamente la fauna selvatica nel nostro Paese, sta per essere fatta a pezzi.

Ecco la lista degli orrori:

*Sparisce l’interesse della comunità nazionale e internazionale per la tutela della fauna.L’Italia ha un patrimonio indisponibile, che è quello degli animali selvatici, alla cui tutela non è più interessato!

*Scompare la definizione di specie superprotette. Animali come il Lupo, l’Orso, le aquile, i fenicotteri, i cigni, le cicogne e tanti altri, in Italia non godranno più delle particolari protezioni previste dalla normativa comunitaria e internazionale.

*Si apre la caccia lungo le rotte di migrazione. Un fatto che arrecherà grande disturbo e incentiverà il bracconaggio, in aree molto importanti per il delicatissimo viaggio e la sosta degli uccelli migratori.

*Totale liberalizzazione dei richiami vivi! Sapete cosa sono i richiami vivi? Gli uccelli tenuti “prigionieri” in piccolissime gabbie per attirarne altri. Già oggi questa pessima pratica è consentita, seppure con limitazioni. Ma il senatore Orsi vuole liberalizzarla totalmente Sarà possibile detenerne e utilizzarne un numero illimitato. Spariranno gli anelli di riconoscimento per i richiami vivi. Sarà sufficiente un certificato. Uno per tutti! Tutte le specie di uccelli, cacciabili o non cacciabili, potranno essere usate come richiami vivi. Anche le peppole, i fringuelli, i pettirossi.

*700 mila imbalsamatori. I cacciatori diventeranno automaticamente tassidermisti, senza dover rispettare alcuna procedura. Animali uccisi e imbalsamati senza regole. Quanti bracconieri entreranno in azione per catturare illegalmente animali selvatici e imbalsamarli?

*Mortificata la ricerca scientifica. L’Autorità scientifica di riferimento per lo Stato (l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica , oggi ISPRA) rischia di essere completamente sostituta da istituti regionali. Gli istituti regionali rilasceranno pareri su materie di rilevanza nazionale e comunitaria. Potenziale impossibilità di effettuare studi, ricerche e individuazione di standard uniformi sul territorio nazionale.

*Si apre la caccia nei parchi a specie non cacciabili. Un’incredibile formulazione del Testo Orsi rende possibile la caccia in deroga (cioè la caccia alle specie non cacciabili) addirittura nei Parchi e nelle altre aree protette! Saranno punite le regioni che proteggono oltre il 30% del territorio regionale! Norma offensiva! Chi protegge "troppa" natura sarà punito. Come se creare parchi dove la gente e gli animali possano vivere e muoversi sereni, fosse un reato!

*Licenza di caccia a 16 anni. Invece che educare i ragazzi al rispetto, ecco a voi i fucili!

*Liberalizzato lo sterminio di lupi, orsi, cervi, cani e gatti vaganti eccetera! Un articolo incredibile, che dà a i sindaci poteri di autorizzare interventi di abbattimenti e eradicazione degli animali, in barba alle più elementari norme europee. Basterà che un singolo animale “dia fastidio”. Un vero e proprio Far West naturalistico.

*Leggi regionali per cacciare specie non cacciabili. Non sono bastate quattro procedure di infrazione dell’Unione europea, non sono bastate due sentenze della Corte Costituzionale. Il senatore Orsi regalerà a Veneto e Lombardia, ovvero agli ultrà della caccia, la possibilità di continuare a cacciare specie non cacciabili, e di farlo con leggi regionali. E le multe europee le pagheremo noi!

*Caccia con neve e ghiaccio. Si potrà cacciare anche in presenza di neve e ghiaccio, cioè in momenti di grandi difficoltà per gli animali a reperire cibo, rifugio, calore.

*Ritorno all’utilizzo degli uccelli come zimbelli! Puro medioevo! Le civette legate per zampe e ali e utilizzate come esca!

*Ridotta la vigilanza venatoria. Le guardie ecologiche e zoofile non potranno più svolgere vigilanza! Nel Paese con il tasso di bracconaggio tra i più alti d’Europa, cosa fa il Senatore Orsi? Riduce la vigilanza!

*Cancellato l’Ente Nazionale Protezione Animali dal Comitato tecnico nazionale. Le associazioni ambientaliste presenti nel Comitato sulla 157 saranno ridotte da quattro a tre. L’ENPA, storica associazione animalista italiana, viene del tutto estromessa

Diffondete questo documento, iscrivetevi alle liste in difesa degli animali selvatici che stanno nascendo sui blog.
Evitiamo che l’Italia precipiti in questa forma di barbarie. La natura è la nostra vita."
Testo disegno di legge Franco Orsi (PDL) confrontato con la legge esistente, dal sito della LIPU


1. Contattate i componenti della Commissione Territorio e Ambiente del Senato che devono discutere la legge Orsi.

2. Inviate una mail con la vostra opinione e/o suggerimenti sulla legge a Franco Orsi

Fonte:
www.olambientalista.it/ddlprocaccia.htm

disinformazione.it
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