20 febbraio 2009

GLI EFFETTI DELLA CRISI

Il fallimento dei piani di riscatto europei aumenta la crisi finanziaria.

Bruxelles afferma che si dovrebbero liquidare le banche e prevede che la recessione eliminerà 3,5 milioni di lavoratori. La Germania avvisa su possibili bancarotte degli Stati.

CLAUDI PÉREZ 18/02/2009

Le reazioni dei mercati sono di solito massicce e fulminanti. Se si impegnano, possono far cadere le torri più alte. Al momento, la caduta dei mercati nell’ultimo anno e mezzo ha finito con gli investment banking, ha portato al fallimento di una decina d’identità finanziarie, ha evaporato miliardi di euro dalla Borsa e ha fatto esplodere parecchie bollicine immobiliari nel mondo sviluppato dell'occidente, sottomesso in una recessione drammatica. I mercati hanno fatto piegare le ginocchia anche ad alcuni paesi come l’Islanda. Le vittime sono sempre più illustri, a tal punto che la Germania mette in guardia dal rischio di bancarotta che corrono alcuni paesi dell’eurozona nel mezzo di un’ulteriore giro di vite uno in più, della crisi finanziaria.

La banca ha vissuto ieri una nuova sessione della Borsa da incubo, di fronte alla constatazione che i piani di riscatto sono insufficienti per rispondere alla grande quantità di problemi. Bruxelles è cosciente che i salvagenti multimiliardari alla banca hanno avuto degli effetti piuttosto scarsi e la commissaria di Competenza, Neel Kroes, ha avvisato che l' eurozona dovrà “prendere decisioni dure sulla ristrutturazione o possibili immissioni di liquidi controllati. E queste decisioni dovranno essere adottate velocemente”.

La commissaria ha insistito che se gli Stati non prendono ora delle misure per ridurre l’incertezza e riattivare il credito, le conseguenze saranno “continuare su modelli di affari falliti, rovinare le finanze pubbliche, consolidare la distorsione di competitività con aiuti pubblici senza fini, rompere il nostro mercato interno e impedire che dalla crisi nasca un mercato bancario praticabile”.

Ciò che è più grave è che, in questo nuovo capitolo della crisi bancaria, qualche paese possa essere trascinato con la sua caduta. L’Irlanda è “in una situazione molto difficile” ha assicurato, il ministro delle finanze tedesco, Peter Steinbruck, che si è affrettato a dichiarare che non ha mai voluto mettere in dubbio la capacità di sovvenzione dell’Irlanda. Protagonista negli ultimi anni, di una sensazionale storia di successi, l’Irlanda oggi è dentro una profonda crisi. Alla recessione si somma un deficit pubblico enorme, che quest’anno potrebbe aumentare fino all’11% del PIL e il settore bancario più che mai sarà colpito dalle turbolenze.

L’Irlanda ha annunciato iniezioni milionarie nelle sue banche, assicura il 100% dei depositi e garantisce il debito delle sue banche. E questo potrebbe essere il problema. Lontano dal recuperare con queste misure, la banca irlandese continua la sua caduta libera e minaccia la solvenza dello Stato, la cui classificazione creditizia è già stata ribassata. Ci sono altri paesi con problemi: Steinbruck ha aperto la scatola dei tuoni e ha affermato che la zona euro deve essere preparata per poter aiutare gli “stati con difficoltà nei pagamenti”. Nuovamente la logica del troppo grande per cadere: i riscatti bancari cercavano di evitare che la bancarotta di una banca potesse eliminare tutto il settore. Questa idea vale per gli Stati.

I problemi finanziari hanno tirato i prezzi per assicurare il debito pubblico irlandese: i costi degli strumenti che si usano per questa copertura sono stati triplicati in una sola settimana. La Grecia e l’Austria hanno anche loro dei costi elevati, anche se di meno. La differenza dei bonus irlandesi su quelli tedeschi salgono, qualcosa che succede nella maggior parte dei paesi, inclusa la Spagna, “E’ poco probabile, ma se le speculazioni su possibili fallimenti non si frenano, questi tagli continueranno ad aumentare e metteranno in scacco gli Stati che dovranno affrontare i pagamenti derivanti dai loro debiti”, ha spiegato Antonio Villarroya, di Merril Lynch. Si tratterebbe dell’ennesima profezia compiuta così di moda nella crisi.

“In nessun paese dell’Europa esistono valide ragioni per pensare a una bancarotta. Ma ciò è possibile se i mercati finanziari decidono che un paese può trovarsi di fronte ad essa” ha assicurato Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies. Simon Johnson, ex economista capo del FMI, ha insistito, lo scorso fine settimana al G-7 per cercare una soluzione alle difficoltà dell’Irlanda, il cui governo, recentemente, ha smentito le voci su un intervento del FMI.

Fonte: EL PAIS

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

19 febbraio 2009

MISSION POSSIBLE: IMBAVAGLIARE INTERNET


Nonostante la crisi del paese che sta sprofondando in una recessione senza precedenti, a Roma le priorità sono sempre le stesse: togliere libertà e diritti ai cittadini, tanto tra poco dovranno preoccuparsi solo di racimolare un pezzo di pane, e nessuno si preoccuperà di queste cose...
Imbavagliare internet, nonostante i grandi sforzi fatti a colpi di decreti, l'ultimo del ministro D'alia, è sicuramente ancora difficile per ovvi problemi tecnici, ma a piccoli passi sono sicuri di riuscire, intanto visto che la cosa non è ancora fattibile, l'on. Gabriella Carlucci (nella foto in alto), ex soubrette di Mafiaset, ha pensato bene di rendere rintracciabile e...oscurabile qualsiasi utente della rete, a proprio piacimento.
Il decreto 2195, in apparenza sembra prefissarsi il nobile (?) compito di "assicurare la tutela della legalità nella rete internet"; la pericolosissima proposta di legge deve ancora essere pubblicata, ma alcuni articoli del decreto hanno già attirato l'attenzione di molti.
Ad esempio il primo comma del secondo articolo, è molto esplicito nella censura che si prefigge: "È fatto divieto di effettuare o agevolare l'immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima".
Visto che già ora i provider sono in grado di risalire con una certa sicurezza, grazie ai dati contenuti nei log (indirizzi Ip, orari e via di seguito), agli autori di determinati contenuti, cosa si vuole ottenere? Bandire i nick? Essere obbligati a fornire nome, cognome, codice fiscale e foto?
Sembra una legge inutile, perchè di fatto l'anonimato non esiste nemmeno adesso.
Forse i sistemi di anonimizzazione come Tor e Freenet, dovranno fare le valigie visto che la loro attività agevola l'immissione di contenuti in forma anonima?
In realtà, per quanto possa sembrare esplicito, il comma sopracitato, lascia un ampio spazio all'interpretazione e quindi alla possibilità di "abusare" della legge a proprio piacimento.
Il secondo comma sembra un delirio di onnipotenza, in quanto va a toccare (o "minacciare") anche chi vive all'estero:
"I soggetti che, anche in concorso con altri operatori non presenti sul territorio italiano, ovvero non identificati o indentificabilì, rendano possibili i comportamenti di cui al comma 1. sono da ritenersi responsabili - in solido con coloro che hanno effettuato le pubblicazioni anonime - di ogni e qualsiasi reato, danno o violazione amministrativa cagionati ai danni di terzi o dello Stato".
Chi sono in realtà questi soggetti? Quelli che ammettono interventi senza un'identificazione preventiva, ma che conservano gli indirizzi IP? Quelli che nemmeno si danno pena di registrare gli indirizzi Ip contravvenendo tra l'altro a una norma europea non ancora in vigore?
Con questo decreto basterà l'indirizzo IP per identificare i "rei", visto che i provider non sono attrezzati per identificare ogni singolo atto di ogni singolo utente relativamente ad ogni singolo servizio usato?
Ma al peggio non c'è mai limite, il terzo comma molto lungo inizia con: "Per quanto riguarda i reati dì diffamazione si applicano, senza alcuna eccezione, tutte le norme relative alla Stampa". Pericolosissimo perchè un blog personale letto da 2 amici con 3 visitatori diventa per la legge come il quotidiano più letto del paese! Se questo decreto sarà approvato, e sappiamo che succederà, tutto può essere considerato "pubblicazione" e "diffamazione". Ammirevole è il fatto che all'on. Carlucci sia sorto qualche dubbio, per cui il comma 3 specifica: "Qualora insormontabili problemi tecnici rendano impossibile l'applicazione di determinate misure, in particolare relativamente al diritto di replica, il Comitato per la tutela della legalità nella rete Internet (di cui al successivo articolo 3 della presente legge) potrà essere incaricato dalla Magistratura competente di valutare caso per caso quali misure possano essere attuate per dare comunque attuazione a quanto previsto dalle norme vigenti".
Che tradotto sarebbe: "Se qualcuno si accorge che stiamo chiedendo l'impossibile, sarà compito del giudice "inventarsi" qualche scappatoia da commissionare al "Comitato per la tutela della legalità" , (che dal nome, non promette nulla di buono), anche perchè c'è già il reato di diffamazione, quindi anche le relative sanzioni.
Ma non finisce qui, il 4° comma recita: "In relazione alle violazioni concernenti norme a tutela del Diritto d'Autore, dei Diritti Connessi e dei Sistemi ad Accesso Condizionato si applicano, senza alcuna eccezione le norme previste dalla Legge 633/41 e successive modificazioni"... Niente paura, traduciamo anche questo, vuol dire che il decreto 2195, per le violazioni del copyright, si applica la legge sulle violazioni del copyright, precisazione tanto inutile quanto inconfutabile.
Se qualcuno aveva il dubbio che l'on. Carlucci legiferasse su questioni che non conosce, adesso ne ha la prova ineccepibile.
Internet non è la "selvaggia terra di nessuno" dove o si deve permettere ogni cosa oppure vietare tutto!
Questo decreto se approvato sarà un altro duro colpo alla libertà d'informazione che oggi solo in internet possiamo trovare. La disinformazione di regime si sta appropriando anche di internet.

18 febbraio 2009

BERLUSCONI HA CORROTTO L'AVVOCATO MILLS

L’avvocato inglese David Mills è stato condannato da un giudice milanese a 4 anni e 6 mesi di prigione per corruzione in atti giudiziari. I magistrati considerano confermato che Mills è stato corrotto dalla Finivest, l’azienda di Silvio Berlusconi, che ha pagato 600.000 dollari (460.000 euro) per testimoniare il falso a favore dell’attuale primo ministro durante i processi per corruzione celebrati contro Berlusconi.

L’attuale primo ministro italiano è stato imputato come presunto corruttore di Mills durante il processo, ma si è assolto dall' essere giudicato grazie al Lodo Alfano, chiamato così in onore all’attuale Ministro di Giustizia, Angelino Alfano, che aveva elaborato mesi fa una norma ad hoc che impedisce di processare le 4 cariche più alte della Repubblica Italiana, durante il loro mandato. Questa legge, approvata dal Parlamento, è esaminata in questo momento dalla Corte Costituzionale.

Il caso Mills aveva dato origini a uno scandalo nel Regno Unito, che finì con le dimissioni della moglie dell’avvocato, Ministro della Cultura del governo di Tony Blair. Paradossalmente, l’avvocato è stato condannato a indennizzare con 250.000 euro la parte civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, cioè, Berlusconi.

La sentenza proietta un’ombra inquietante sugli usi giuridici del Cavaliere. In base al Tribunale, i 600.000 dollari pagati a Mills dalla Finivest nel 1998, erano serviti per comprare il testimone favorevole all’avvocato nei processi per commissioni alla polizia fiscale e nel caso All Iberian, con il fine di salvare Berlusconi.

“In un paese normale, ha detto ieri Antonio di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, il presidente del consiglio già avrebbe presentato le sue dimissioni”. ”Se c’è un corrotto, c’è un corruttore. Ma si sa come sono le cose in Italia”.

Fonte: El Pais

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

BRUXELLES AL SERVIZIO DEI POTERI FORTI

La commissione europea finisce sotto accusa per i suoi malcelati legami con le lobbies industriali.
Il gruppo di esperti istituto dall’esecutivo comunitario per offrire consulenze politiche non è trasparente, perché fortemente sbilanciato a favore delle grandi imprese e privo di prospettive per la società civile. È quanto emerge da una relazione degli ambientalisti Friends of the Earth Europe, dal titolo emblematico: Whose views count? Business Influence and the European Commission’s High Level Group. Dall’indagine si evince che la composizione istituita ad alto livello dei sette gruppi punta a formulare raccomandazioni alla Direzione generale Imprese e Industria, ovvero la commissione industria della commissione Ue. Una situazione questa denunciata apertamente dagli ambientalisti, che hanno chiesto una moratoria per la creazione di nuovi meccanismi per gli organi consultivi affinché venga introdotto un equilibrio più equo nel funzionamento della struttura istituzionale. In sostanza i gruppi consultivi dell’esecutivo comunitario sono troppo legati alla grande industria e forniscono delle direttive per nuove proposte legislative della commissione.
Gli autori della relazione hanno rilevato, in particolare, che in due gruppi, quello relativo ai prodotti tessili e abbigliamento, e quello riguardante la regolamentazione dell’attività amministrativa, più della metà del numero dei membri appartiene alla grande industria. In altri settori come quello dei prodotti chimici, dell’energia, dell’agro-alimentare e dell’auto, più della metà dei suoi componenti proviene dal mondo dell’alta finanza. Soltanto in un gruppo, quello legato ai prodotti farmaceutici, l’attività è apparsa equilibrata, ma anche in questo sono stati messi in luce aspetti poco convincenti nella gestione.
Non è la prima volta, infatti, che con un rapporto viene evidenziato il legame fra attività politica dell’esecutivo comunitario e gruppi di pressione aziendale. Per quanto riguarda la compagine tessile e quella automobilistica - CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st century) - i relatori del rapporto hanno espresso le loro preoccupazione in quanto vengono “annacquate o disattese le regole in nome della competitività”. Anche nel gruppo farmaceutico - uno di quei settori analizzati dal rapporto in cui non prevale eccessivamente la lobby industriale - cinque componenti su dieci provengono dalle grandi multinazionali come Big Pharma e le aziende del biotech, mentre gli altri cinque non rappresentano gli interessi commerciali. Tuttavia, anche lì, il solo gruppo della società civile coinvolto è la European Patients’ Forum, le cui quote di adesione costano 5000 euro ed è stata sostenuta da 337 mila euro di sponsorizzazioni aziendali. La relazione ha proposto come soluzione la nascita di un registro per l’adesione a questa compagine e un archivio dei processi verbali delle riunioni, nonché la dissoluzione del settore dominato da questi gruppi e la creazione di uno nuovo, al fine di perseguire trasparenza ed equilibrio con le altri parti sociali. La principale autrice della relazione, Christine Pohl, ha sottolineato che “l’industria ha enorme impatto su tutta la società – con implicazioni sociali, nella sanità pubblica e ambientali”. “La politica industriale non riguarda soltanto l’industria”, ha aggiunto a ragione la Pohl.

Andrea Perrone

Fonte: http://www.rinascita.info/

17 febbraio 2009

ELEZIONI ISRAELE: CIO' CHE STA ARRIVANDO...



di Adrian Salbuchi 10.02.2009
Comunicato Stampa No. 63 - 08.02.2009
1-Elezioni nello stato di Israele...
Martedì prossimo ci saranno le elezioni nello Stato di Israele. Secondo le ultime inchieste della Catena Diez della televisione israeliana, il favorito è il falco Benjamin “Bibi” Netanyahu del partito di estrema destra Likud che otterrà 27 dei 120 seggi, che diventerà il nuovo primo ministro di Israele, mentre Tzipi Livni, attuale cancelliere di Israele otterrà 25 seggi per il partito officialista di Kadima, e anche Israele Beitenu della estrema destra del partito Avigdor Lieberman otterrà 19 seggi.
Netanyahu ha dichiarato che darà un “importante ministero” a Israel Beitenu che “da impulso per un attacco più duro a Gaza e registra un consenso costante, specialmente tra i giovani”.
Quindi, da martedì prossimo, lo Stato Terrorista di Israele rafforzerà e raddoppierà la sua politica di genocidio e di terrore, specialmente in quel grande campo di concentramento con 1.500.000 prigionieri civili, vero Auschwitz in pieno Medio Oriente e in pieno XXI secolo, nel quale gli israeliani hanno trasformato la striscia di Gaza- secondo le parole del Cardinale Renato Martino, Presidente del Consiglio per la Giustizia e la Pace nel Vaticano.
Non c'illudiamo: il “cessare il fuoco” dichiarato da Israele lo scorso 19 di gennaio è servito puntualmente solo per due scopi:
Negli Usa: Permettere la vittoria di Barack Obama e del suo gabinetto pro-Israele, senza che il genocidio portato avanti da Israele nella striscia di Gaza venisse riportato nelle prime pagine dei giornali, e
In Israele: Permettere che il 10 febbraio si portassero in modo ordinato le elezioni in Israele, consolidando così l' estrema sinistra al potere.
Ciò che sta arrivando…
-Rinnovati attacchi e uccisioni nella Striscia di Gaza da parte delle forze d' invasione terroristiche dello Stato di Israele, aumentando così l’Olocausto Palestinese.
-Rinnovati attacchi contro il sud del Libano e le forze di Hezzbollah e, ancora più importante,
L’inizio del lungamente pianificato e sperato attacco militare unilaterale dello Stato di Israele sostenuto dagli Usa contro la Repubblica dell’Iran non appena Netanyahu e i tre sionisti “chiave” nel governo di Obama (il vicepresidente Joe Biden, la segretaria di Stato Hillary Clinton e il capo del gabinetto nordamericano-israeliano Rahm Emanuel) abbiano finito di ordinare e consolidare la loro alleanza politico-militare.
Questo attacco utilizzerà nuove armi nucleari, motivo per il quale questo 2009 vedrà l’inizio di un confronto nucleare di portata e prospettive non calcolabili.
2-La Patagonia nuovamente nel mirino del sionismo internazionale.
Il Vice-comodoro Horacio Ricciardelli, presidente dell'”Agrupaciòn Condor Nacional”, ha emesso un importante comunicato mettendo in allerta la popolazione sulle dichiarazioni di Hernando Grousbau, console onorario dello Stato di Israele in Patagonia, e Presidente dell’Associazione israeliana a Neuquén, Cipolletti, Allen e anche la DAIA. Grossman ha espresso a nome della comunità ebraica di quella zona "la sua solidarietà con il popolo e con lo Stato di Israele, sottomesso al terrorismo del gruppo di Hamas, che ha lanciato mille di missili e mortai sulla popolazione civile israeliana durante quest’ultimi sette anni, incluso il periodo di tregua tra Israele e la stessa organizzazione di Hamas".
In questo modo, un agente di una potenza estera insieme a organizzazioni come la DAIA che sono agenti di una potenza estera, operano liberamente all’interno del nostro paese, con la pretesa di coinvolgere tutta la nostra comunità –ebraica- e allinearsi con la politica terroristica dello Stato di Israele.
Come abbiamo informato in pubblicazioni anteriori, la presenza di “mochileros (quelli che portano gli zaini) molti di loro dell’esercito israeliano, lungo tutta la Patagonia, Argentina e Cile, stanno facendo rilevamenti per future occupazioni, fanno temere per il futuro della nostra Patagonia.In più considerando che lo stesso padre del sionismo internazionale, Theodor Herzl, nel suo libro ”Lo stato ebraico” (Vienna.1896) propone esplicitamente la creazione di un secondo stato ebraico “in Argentina in cambio di un compenso economico” (Debito per territorio?)
Si chiede così il VCom(R)VGM Horacio Ricciardelli: ”Sarà Grosbaum uno dei prossimi governati della Repubblica della Patagonia Andina? Il SIDE o SIE invece di spiare cosa fa l’opposizione o quelli che difendono l’interesse e il patrimonio nazionale argentino, starà investigando sulle denunce fatte da un anno da un Capo di di Stato Maggiore dell’Esercito? Motivo per il quale ha perso il posto, da un' ispezione totale della Patagonia e altre zone del territorio nazionale (Misiones) da parte di un gruppo di israeliani, così come lo fanno gli inglesi da secoli e gli statunitensi comprano grandi estensioni di terreno e inaugurano aeroporti? La Patagonia è territorio liberato? Sanno gli argentini che non possono essere collocati radars nella Patagonia per ordine dell’Inghilterra(Trattato di Madrid,1990), e che il controllo del Sud Atlantico potrebbe essere interpretato come un’aggressione al controllare le sue aree d’influenza verso le Falkland(Malvinas) e lo spostamento di navi e aeronavi militari? Sanno gli argentini che qualche anno fa è stato disattivata la più grande unità operativa aerea di combattimento, la XBrig Aérea con sede a Rio Gallegos, Santa Cruz, che inoltre era un’unità chiave per la connessione aerea verso l’Antartide Argentina?
Ciò che sta arrivando:
-La “palestinizzazione” della Patagonia Argentina e, per estensione, di tutto il nostro paese? Da qui l’importanza di prendere coscienza del pericolo che rappresentano gli obiettivi e interessi del sionismo internazionale sul nostro paese.
-Le due pinze del terrorismo intellettuale sionista che utilizzano per aggredire chi ha un’opinione diversa sono: l”antisemitismo” e il Mito dell’Olocausto, come drammatizzazione storica fino all’assurdo che ha permesso al sionismo di ottenere ampi consensi di simpatia e appoggio tra i grandi settori dell’opinione pubblica, che si traduce in appoggio concreto-e molto stretto nel caso degli Usa-agli obiettivi e interessi politici, militari, diplomatici ed economici dello Stato Terrorista di Israele.
-Avanza il Terrorismo intellettuale nel mondo e nell’Argentina.
Nel suo “proclama politico” numero 278 del 06-02.08, il Dr Juan Gabriel Labaké segnala il fenomeno della moderna Gestapo della signora Angela Merkel che esige al tedesco e impaurito papa Benedetto XVI far resuscitare l’inquisizione per vietare che la terra ruoti intorno al sole. Ma questa volta, non perché l’ha detto la Bibbia ebraica, chiamata Antico Testamento nella sua infantile leggenda sulla creazione del mondo (e di Abramo, Giacobbe, Mosè l’esodo e il diritto del “popolo eletto” di uccidere altri per togliere loro le terre), ma perché questo esigono i sionisti, padroni unici e assoluti della infantile “storia ufficiale” creata da Hollywood. Il sionismo internazionale batte i piedi, con tutto il suo potere politico (e finanziario, la Merkel e il Papa lo sanno) e tutti tremano in Germania e in altri paesi satelliti, come il nostro.
Per obbedire come si deve agli ordini del sionismo, il governo argentino è pronto ad inviare al Parlamento un progetto di legge con il quale sarà un delitto penale investigare se sono reali le cifre e metodi che la storia ufficiale sionistica ha imposto come dogma indiscutibile sul così denominato Olocausto.
Ci prepariamo, così, ad entrare in una nuova notte oscurantista e tenebrosa, simile alla vissuta (sofferta) durante la dittatura militare.

16 febbraio 2009

IN ATTESA TRA LE MACERIE

Di fronte all'ospedale Shifa di Gaza, uno dei tre principali nosocomi della Striscia, il muezzìn chiama alla preghiera di mezzogiorno del venerdì, tradizionalmente la più partecipata. Il traffico si interrompe quasi totalmente e il caos del mercato cittadino si tacita. La gente della zona e i dipendenti dell'ospedale affluiscono ordinatamente verso la moschea di Shifa. Solo che la moschea non c'è più.
moschea di shifa - foto di luca galassiE' stata rasa al suolo, come molte altre, dall'offensiva israeliana di gennaio. La moschea di Shifa sorgeva a pochi metri dall'omonimo ospedale sotto cui, secondo i servizi di intelligence israeliani, si nasconde la leadership di Hamas. Le macerie sono state in gran parte rimosse e al posto del santuario c'è una spianata, sopra la quale sono stati disposti teli e tappeti per la preghiera. Il sermone tra le macerie è un'immagine che ben rappresenta la situazione della Striscia di Gaza dopo l'operazione Piombo Fuso. Più di metà delle strutture del territorio, in gran parte civili, sono state almeno danneggiate. Secondo le ultime stime, ricavate dalle missioni di valutazione umanitaria giunte dopo l'offensiva, gli edifici completamente distrutti sono almeno 14mila. Circa 90mila le persone non hanno più una casa. Qua e là, gruppi di operai lavorano alla rimozione delle macerie, molti di loro indossano i berretti verdi distribuiti da Hamas per proteggerli da sole, ma soprattutto per segnalare la presenza del governo sul territorio. Ma i lavori di ricostruzione non sono nemmeno iniziati. 

15 febbraio 2009

BANCA MONDIALE O COLPO DI STATO PERMANENTE


Intervista con Eric Toussaint presidente del CADTM Belgio (comitato per la cancellazione del debito dei paesi del terzo mondo) e autore del libro "Banco Mundial o el Golpe de Estado permanente" che spiega le politiche del Banco Mondiale nel suo contesto politico e geostrategico, svelando il suo lato intrinseco.

di Miguel Riera, 05.06.2007

Il tuo libro ha un titolo provocatorio: "Il colpo di stato permanente". Vuoi spiegare il motivo del titolo?
Ho voluto sottolineare che la Banca Mondiale ha sostenuto regimi dittatoriali o partecipato alla destabilizzazione dei regimi democratici. Per citare un esempio, ora, il libro spiega come la Banca Mondiale ha contribuito a destabilizzare il regime di João Goulart in Brasile nei primi anni sessanta, come ha fermato il prestito al governo di Salvador Allende in Cile, nei primi anni Settanta; come sospese l'assistenza al governo sandinista negli anni Ottanta.
La Banca mondiale, che sembra essere piuttosto uno strumento inefficace per lo sviluppo, com'è l'opinione della maggioranza degli esperti, è in realtà uno strumento di politica estera degli Stati Uniti e un ente direttamente coinvolto nella vita politica dei paesi membri mondo.
Parlo della vita politica dei cosiddetti paesi del Terzo Mondo, perché la Banca mondiale non intervenire nella vita economica e politica d'America, in Belgio o in Spagna ... E si può aggiungere un altro concetto: attraverso il ricatto del debito estero, la Banca Mondiale interviene nell'ambito di normali decisioni dei governi dei paesi indebitati.
Per continuare con gli esempi, dove nel 2005 l'attuale presidente dell' Ecuador, Rafael Correa è stato ministro delle Finanze, ha istituito una politica che è stata pronta ad utilizzare la maggior parte delle entrate derivanti dal petrolio per la spesa sociale, la Banca mondiale chiedeva la fine di questa politica, il ministro ha rifiutato di farlo sotto la pressione dei suoi colleghi, ed ha dovuto dimettersi. E 'stato un discorso al di fuori della Banca mondiale, in questo caso in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale, hanno raggiunto l'obiettivo delle dimissioni di un ministro.
 
Lei pensa che l'indifferenza della Banca mondiale per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e la democrazia, esiste ancora oggi, che non è una storia del passato, ma il presente e il futuro, forse?
Sì, questa indifferenza, in pratica, esiste ancora. Vi è, tuttavia, un cambiamento importante rispetto questo discorso.
Ora la Banca Mondiale comprende la questione dei diritti umani nel suo intervento, anche nel vivo del suo ordine pubblico o di recuperare la sua politica di co-organizzazioni della cosiddetta società civile (ONG, ecc. Anche se in realtà Banca mondiale spende soltanto una frazione del suo denaro per sostenere i progetti delle ONG nel settore delle donne, della salute e dell'istruzione).
Presupposti per promuovere l'attuazione dei diritti umani. Ma, in generale, prosegue con una politica macroeconomica che comporta il mancato rispetto dei diritti umani, quali definiti nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1948 o in varie convenzioni e trattati internazionali, come il trattato sull'Unione economica e sociale e culturali del 1966.
La politica macroeconomica della Banca mondiale è più significativa nei paesi in via di privatizzazione, e la privatizzazione significa che le imprese con l' elemento strategico del debito dei paesi vengono acquistati da parte delle multinazionali del Nord, e, dall'altro lato comporta privatizzare la sanità, l'istruzione e altri tipi di servizi essenziali come le poste, le telecomunicazioni e la distribuzione di acqua ... Questo è evidentemente, come l'esperienza ci insegna, è totalmente in contrasto con l'attuazione dei diritti umani in tutto il mondo.
 
Che dire della democrazia, crede che la Banca mondiale continui a sostenere, o intende farlo in futuro, regimi dittatoriali in cui essi non rispettino le libertà politiche?
Che la Banca mondiale sostiene le dittature, è molto chiaro. Pakistan, per esempio, è un "client" nella terminologia della Banca mondiale, un "cliente più alto", è una dittatura militare, e sicuramente un alleato strategico degli Stati Uniti nella regione. Si potrebbe anche prendere il caso della Turchia, che non è una dittatura militare, ma vi è una chiara mancanza di rispetto per i diritti umani e dei diritti politici, come ad esempio per i curdi. La Turchia è un paese che è sempre stato "cliente" della Banca mondiale.
O in Africa, il Ciad, è un paese sotto la dittatura militare di Idriss Déby, la Banca Mondiale è lì perché c'è il petrolio e grandi imprese americane hanno interessi nella regione. E 'chiaro che la Banca mondiale è lì per aiutare la politica di investimento delle transnazionali del petrolio.
Il ruolo futuro della Banca dipenderà dalla strategia degli Stati Uniti. Alcuni analisti ritengono che, almeno in parte nell'Asia, la strategia americana è ancora una volta il sostegno diretto alle dittature.
 
Una seconda sezione del libro, "L'agenda nascosta del Consenso di Washington", suggerisce che esisteva fin dal principio, dal momento della costituzione della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale una riluttanza nascosta, un'intenzione di diventare un elemento di dominazione .
Parlando del "Consenso di Washington, intendo le politiche attuate a tutti i livelli dal 1989 e il 1990, quando il concetto è nato. E' quello che voglio dire nel sottotitolo. Pertanto, sottolineo che la parte nascosta di queste politiche prevede un pianeta dove conquistare tutte le economie ad ogni livello, la registrazione del sistema capitalista, e fornisce una consistente formula nel tipo di ricette che si sono imposti per questo scopo.
Ho spiegato nel mio libro, per esempio, che il tipo di politica attuata nel quadro di aggiustamento strutturale imposto dalla Banca Mondiale e FMI, è nato negli anni sessanta, ma con il Consenso di Washington sulle priorità, le misure di riforma sono state la privatizzazione, negli anni Novanta e fino al 2000 c' è stata una grande ondata di riconquista da parte delle grandi multinazionali, acquisendo il controllo delle risorse naturali dei cosiddetti paesi in via di sviluppo, e anche gran parte delle sue priorità strategiche sia a livello industriale che a livello di servizi. Questa distorsione è relativamente nuova ed è parte di una strategia coerente con l'intento di cui ho parlato.
 
Al di là della questione della privatizzazione e il desiderio di appropriarsi delle risorse dei paesi in via di sviluppo, si potrebbe precisare i contorni di ciò che il piano strutturale?
Sicuro. Ci sono due livelli di adeguamento strutturale.
Da un lato ha imposto misure di emergenza in generale, le misure di impatto sono così brutale dia svalutare la moneta di un paese in via di sviluppo con un brutale aumento dei tassi di interesse nazionale. Ad esempio, la moneta di paesi africani francofoni, i paesi con una moneta comune, il CFA è stato svalutato del 50% nel gennaio 1994. In Brasile la moneta, è stata svalutata del 44% nel 1999.
Tutte queste brutali svalutazioni, in teoria hanno l'obiettivo di accrescere la competitività nel mercato globale dei paesi indebitati per aumentare i loro proventi delle esportazioni e di garantire il pagamento del debito estero.
Aumentare il tasso di interesse nazionale per attirare capitali stranieri, ma in realtà porta a una recessione, perché un minore consumo a seguito di due cose: la svalutazione quindi l'aumento dei prezzi interni dei molti prodotti che sono importati, e perché le persone non hanno più accesso al credito in quanto il tasso di interesse nazionale è aumentato.
Le piccole-medie imprese, a volte anche ai grandi produttori nazionali non possono aumentare gli investimenti in quanto il tasso di interesse nazionale è troppo alto. Tutto questo porta ad una catena di fallimenti, come abbiamo visto in Asia del Sud-Est nel 1997-1998, fallimenti bancari e fallimenti di settori industriali e dei servizi.
Questi sono in genere le misure di emergenza che portano a un disastro: l'aumento della disoccupazione e recessione. Per esempio, tornando al sud-est asiatico, sei mesi dopo l'attuazione delle politiche del FMI e della Banca mondiale alla fine del '97 primi 98's, 23 milioni di persone sono rimaste senza lavoro.
 
E dopo lo shock?
Misure strutturali sono la spina dorsale dell'economia dei paesi in via di sviluppo l'apertura. Si tratta di eliminare o attenuare le barriere doganali e di consentire l'importazione senza tasse, che mette in concorrenza con i produttori locali per i produttori del mercato mondiale, in generale, il processo si conclude con il crollo di molti produttori locali. Ha inoltre eliminato gli ostacoli alla circolazione dei capitali.
La possibilità di togliere dal paese quei capitali, stranieri e nazionali, hanno come obiettivo aumentare gli investimenti esteri, ma in realtà quello che fa è consegnare il paese alla volontà del capitale estero, che può entrare e uscire quando vuole, anche organizzando attacchi speculativi contro lo stesso paese che lo accoglie (questo è ciò che ha fatto contro il Messico nel 1994-1995;contro i paesi asiatici, come ho appena menzionato,contro il Brasile, Argentina, Turchia, poco tempo fa contro la Thailandia).Ed inoltre permette ai capitalisti del sud di legalizzare la fuga di capitali.
Ora non si può parlare di fuga di capitali, è totalmente legale, possono liberamente mettere i loro capitali nei mercati finanziari del Nord. Anche se, come ho già detto, un particolare aspetto negativo è la privatizzazione delle imprese strategiche, sia che si tratti di imprese che operano sulle risorse naturali sia che esse appartengono al settore dei servizi. Ci sono tante pressioni per privatizzare la distribuzione dell'acqua, la produzione e distribuzione di energia elettrica, servizi postali, telecomunicazioni ...
Tutto deve essere privatizzato ... Questa è la politica della Banca Mondiale e FMI. Ciò implica anche la necessità che i poveri paghino per i servizi di base come l'istruzione e la sanità. Venti anni fa, in Africa, l'accesso ai servizi sanitari di base, era gratis. La nuova politica impone di esigere il pagamento di questi servizi sanitari. Le famiglie devono pagare un insegnante nella piccola scuola elementare nel villaggio. Questo è un elemento chiave della politica strutturale.
 
Che cosa succede circa la politica fiscale?
A livello di misure fiscali si spinge per rimuovere la tassazione progressiva per aumentare enormemente le imposte indirette come l'IVA. In Africa vi è un unico tasso di IVA del 19%, anche su l'acqua o l'elettricità.
Tali politiche, aumentano strutturalmente la subordinazione delle economie del sud al capitale del Nord, ma sono a favore degli enti locali, le classi capitaliste del Sud, aumentando le sue entrate. Di conseguenza, aumenta la disuguaglianza all'interno del Sud, ad esclusione di una parte ancora più grande della popolazione ai servizi di base.
 
Ciò significa che i piani della Banca mondiale e del FMI, invece di ridurre la povertà, effettivamente la fa crescere?
Effettivamente, possiamo dire che vi è un aumento della povertà nel Sud, nonostante le affermazioni contrarie della Banca mondiale.
 
Qual è l'impatto delle politiche della Banca mondiale (e FMI naturalmente, non possiamo ignorare questa istituzione), sul potenziale dell'autosufficienza alimentare dei paesi del sud?
La politica della Banca Mondiale dal suo inizio alla fine degli anni Quaranta, e in relazione alla sua presunta volontà di sviluppare il Sud, è stata diretta ad aumentare le loro esportazioni di materie prime e prodotti agricoli. Cosa signifa questo per l'Africa?
L'Africa fino agli inizi degli anni sessanta era autosufficiente nella produzione di cereali per nutrire la popolazione, ma l'Africa è ora un importatore netto di cereali.
In base alle raccomandazioni della Banca Mondiale e altre agenzie internazionali, l'Africa ha aumentato la propria produzione di prodotti agricoli, il tipo di caffè, tè, cacao, cotone, ecc. E la produzione di cereali è diminuita per il fatto che i cereali vengono prodotti meglio al nord con clima temperato, e che per il Sud potrebbe essere vantaggioso scambiare i loro prodotti con prodotti tropicali del nord, in particolare i cereali.
Il risultato è che intere regioni del Sud hanno ridotto la loro sovranità alimentare, vale a dire, non sono in grado di nutrire la propria popolazione, ma dipendono da grano delle importazioni e dalle esportazioni dei prodotti tropicali.
 
In questo contesto, ci sono alternative?
Certamente. La necessità di proporre soluzioni alternative è stato affermato dalle lotte delle masse... già negli anni Ottanta ci fu un' insurrezione contro i piani della Banca Mondiale nel 1984 nella Repubblica Dominicana, il 27 febbraio 1989, con la rivolta di Caracas contro il FMI.
Ci sono state molte proteste popolari contro la politica imposta dalla Banca mondiale e del FMI.
Pertanto, in particolare in America Latina sono stati governi democraticamente eletti che hanno attuato politiche indipendenti della Banca Mondiale e FMI, politiche che sono al di là della logica del capitalismo neoliberale. Mi riferisco all' elezione di Chavez nel 1998 e la sua recente rielezione, di Lula di Tabaré Vázquez in Uruguay, Evo Morales in Bolivia, Rafael Correa in Ecuador, Kirchner in Argentina, si può comprendere Ortega in Nicaragua .. .
 
Ora, quasi la maggioranza dei governi latino-americani hanno espresso un rifiuto della retorica delle politiche sostenute dalla Banca mondiale. Un vero e proprio cambiamento vorrei dire, ci sono paesi che effettivamente attuano politiche che divergono radicalmente dal FMI e dalla Banca mondiale sono in Venezuela, Bolivia e Ecuador, forse, è troppo presto per sapere. A causa del fatto che in Brasile, Uruguay, Cile e Argentina, la rottura con la politica del FMI e della Banca mondiale è molto leggera, in realtà non si può neppure parlare di un contrasto. Lula ha un alto tasso di interesse, non vi è alcun controllo sui movimenti di capitale, la BCE continua in piena autonomia la parte del governo e del legislatore, e ha attuato una politica di intervento nel quadro delle politiche raccomandate dalla Banca mondiale. Al contrario, in Venezuela e in Bolivia è un elemento centrale di una rottura con la politica della Banca Mondiale e FMI, che sono o rinazionalizzare statalizzare. Rinazionalizzazione delle risorse naturali, dalla Bolivia, Venezuela e CANTV rinazionalizzare il livello delle telecomunicazioni e l'annuncio di rinazionalizzazione il settore dell'energia elettrica, oltre a prendere il controllo delle imprese pubbliche che si è verificato nel periodo 2002-2003.

È l' inizio di una rottura con il quadro generale della politica della Banca mondiale. Vediamo che cosa succede al debito, perché il Venezuela continua a pagare il suo debito estero e per i trasferimenti dei suoi creditori con una notevole quantità di risorse. Vediamo se in futuro a questo livello anche in Venezuela, Bolivia ed Ecuador si proceda verso una politica più coerente con la sua guida.
 
Chavez, Evo Morales, Rafael Correa e Kirchner sono stati a favore della creazione di un regime comune di South Bank e hanno annunciato ufficialmente la creazione di tale banca, dopo un incontro tra Chávez e Kirchner. Che ruolo dovrebbe svolgere la banca?
I paesi del Sud del mondo sono in grado di lasciare la Banca mondiale e il FMI, riunisce in un sistema multilaterale di South Bank a sostegno di progetti nel quadro del XXI secolo, il socialismo. Vale a dire, i progetti che non hanno nulla a che fare con lo sviluppo capitalista delle loro economie, ma per il pubblico per lo sviluppo del settore, e anche a livello delle cooperative e comunità ... Si tratta di una possibilità, ma vi è altro, che una banca pubblica del Sud potenzia un corso di sviluppo capitalistico nazionale nel Sud, e che non è un'alternativa.
 
Ciò che occorre è un Banco del Sud situato all'interno di questa rottura, una vera alternativa. L'attuale situazione economica e politica favorisce tale alternativa. Le condizioni dell 'America Latina sono molto più favorevoli che durante il decennio perduto della crisi del debito negli anni Ottanta. C'è un'opportunità economica e la volontà politica della maggioranza dei popoli dell'America Latina per una rottura radicale con il sistema capitalista. Il problema centrale è la questione della volontà politica. Evidentemente, Lula e Tabaré Vázquez, non hanno questa volontà politica, mentre Chavez, Morales e Kirchner, e probabilmente Correa, sono inclini a questa rottura.
 
In ogni caso, dato il forte deficit degli Stati Uniti e il loro impatto sul dollaro, che continuerà a diminuire, avrebbero bisogno di un luogo per le proprie riserve in una banca che non ha investito in obbligazioni degli Stati Uniti. Una Banca di Alba, in grado di finanziare progetti nel settore delle infrastrutture, l'industrializzazione, nel settore della trasformazione delle esportazioni, attento allo sviluppo del mercato interno. Una banca sarebbe uno strumento importante per lo sviluppo del socialismo nel XXI secolo.
 
Un'ultima domanda. Il tuo libro non si occupa esclusivamente di questioni economiche e politiche legate alla Banca Modiale, ma affronta anche questioni di natura politica. Non si tratta di un libro tecnico, nonostante la quantità di dati economici in esso contenuti.
Sicuramente è scritto da un punto di vista politico.
La parte economica è stata quasi sempre molto importante nel mio lavoro, anche se non ho mai smesso di prendere in considerazione le politiche e i fattori geostrategiche ma nel caso di questo libro circa la Banca mondiale si concentra sulla politica e geostrategia.
La Banca mondiale è un'istituzione principalmente economica, ma uno strumento di politica estera di grande potere, guidata dagli Stati Uniti. Questo libro si basa sul lavoro di ricerca svolto sulla base di una documentazione completa della Banca mondiale.
 
Ho letto più di 15.000 pagine di documenti, in modo che il lettore può trovare nel libro argomenti e fatti poco noti, ma le cui sorgenti si trovano nella stessa documentazione della Banca ...
Studiando in maniera critica nei confronti di tali documenti ho potuto portare alla luce le cose che non sono mai state scritte, come la Banca mondiale, nei primi anni Sessanta, costringendo i paesi africani ha raggiunto l'indipendenza assumersi il debito da parte della Gran Gran Bretagna, Francia e Belgio per sfruttare le risorse naturali dei paesi colonizzati, che è un debito odioso che non dovrebbe essere dovuto.
Essa dimostra inoltre l'importante impatto della rivoluzione cubana nel 1959-60 sulla politica degli Stati Uniti e la Banca mondiale, in America Latina a la vittoria della rivoluzione. Ci sono documenti che rivelano come la Banca mondiale ha preso in considerazione, e seriamente, il rischio di contagio rivoluzionario in America Latina.
 
Il libro dimostra chiaramente, per esempio, che nei suoi primi 17 anni di esistenza, la Banca mondiale non ha concesso neanche un prestito per le scuole o per l'approvvigionamento idrico e il trattamento dei rifiuti. E rivela la doppia morale della Banca mondiale a confronto delle dichiarazioni ufficiali delle istituzioni con le loro note interne.
Comunque, penso che non è esagerato dire che questo libro offre molte nuove analisi che non vi è alcun bisogno di citare in questo momento, ma il lettore può scoprirle da solo.
Miguel Riera 

13 febbraio 2009

GRUPPO BILDENBERG & MASSONERIA

Il Gruppo Bilderberg nasce nel 1952, ma viene ufficializzato due anni più tardi, a giugno del 1954, quando un ristretto gruppo di vip dell’epoca si riunisce all’hotel Bilderberg di Oosterbeek, in Olanda. Da quel momento le riunioni si sono svolte una o due volte all’anno, nel più totale riserbo. In occasione di una delle ultime, nella splendida e appartata resort di Sintra, in Portogallo, il settimanale locale News riportò una notizia secondo cui il Governo avrebbe ricevuto migliaia di dollari dal Gruppo per organizzare «un servizio militare compreso di elicotteri che si occupasse di garantire la privacy e la sicurezza dei partecipanti». Ma torniamo agli esordi. I primi incontri si sono svolti esclusivamente nei paesi europei, ma dall’inizio degli anni ’60 anche negli Usa. Tra i promotori - precisano alcuni studiosi della semi sconosciuta materia - occorre ricordare due nomi in particolare: sua maestà il principe Bernardo de Lippe, olandese, ex ufficiale delle SS, che ha guidato il gruppo per oltre un ventennio, fino a quando, nel 1976, è stato travolto dallo scandalo Lockheed; e Joseph Retinger, un faccendiere polacco al centro di una fittissima trama di rapporti con uomini che per anni hanno contato sullo scacchiere internazionale della politica e dell’economia.

«La loro ambizione era quella di costruire un’Europa Unita per arrivare a una profonda alleanza con gli Stati Uniti e quindi dar vita a un nuovo Ordine Mondiale, dove potenti organizzazioni sopranazionali avrebbero garantito più stabilità rispetto ai singoli governi nazionali. Fin dalla prima riunione vennero invitati banchieri, politici, universitari, funzionari internazionali degli Usa e dell’Europa occidentale, per un totale di un centinaio di personaggi circa».

Ecco cosa hanno scritto alcuni giornalisti investigativi inglesi nel magazine on line di Bbc News a pochi giorni dal meeting di Stresa. «Si tratta di una delle associazioni più controverse dei nostri tempi, da alcuni accusata di decidere i destini del mondo a porte chiuse. Nessuna parola di quanto viene detto nel corso degli incontri è mai trapelata. I giornalisti non vengono invitati e quando in qualche occasione vengono concessi alcuni minuti a qualche reporter, c’è l’obbligo di non far cenno ad alcun nome. I luoghi d’incontro sono tenuti segreti e il gruppo non ha un suo sito web. Secondo esperti di affari internazionali, il gruppo Bilderberg avrebbe ispirato alcuni tra i più clamorosi fatti degli ultimi anni, come ad esempio le azioni terroristiche di Osama bin Laden, la strage di Oklaoma City, e perfino la guerra nella ex Jugoslavia per far cadere Milosevic. Il più grosso problema è quello della segretezza. Quando tante e tali personalità del mondo si riuniscono, sarebbe più che normale avere informazioni su quanto sta succedendo».
Invece, tutto top secret. Scrive un giornalista inglese, Tony Gosling, in un giornale di Bristol: «Secondo alcune indiscrezioni che ho raccolto, il primo luogo nel quale si è parlato di invasione dell’Iraq da parte degli Usa, ben prima che ciò accadesse, è stato nel meeting 2002 dei Bilderberg». Di parere opposto un redattore del Financial Times, Martin Wolf, più volte invitato ai meeting: «L’idea che questi incontri non possano essere coperti dalla privacy è fondamentalmente totalitaria; non si tratta di un organismo esecutivo, nessuna decisione viene presa lì». Fa eco uno dei fondatori, anche lui inglese, lord Denis Healey: «Non c’è assolutamente niente sotto. E’ solo un posto per la discussione, non abbiamo mai cercato di raggiungere un consenso sui grandi temi. E’ il migliore gruppo internazionale che io abbia mai frequentato. Il livello confidenziale, senza alcun clamore all’esterno, consente alle persone di parlare in modo chiaro».

Ed ecco cosa scrive un altro studioso di ordini paralleli e di gruppi e associazioni che agiscono sotto traccia, Giorgio Bongiovanni. «Bilderberg rappresenta uno dei più potenti gruppi di facciata degli Illuminati (una sorta di super Cupola mondiale, ndr). Malgrado le apparenti buone intenzioni, il vero obiettivo è stato quello di formare un’altra organizzazione di facciata che potesse attivamente contribuire al disegno degli Illuminati: la costituzione di un Nuovo Ordine Mondiale e di un Governo Mondiale entro il 2012. Sembra che le decisioni più importanti a livello politico, sociale, economico-finanziario per il mondo occidentale vengano in qualche modo ratificate dai Bilderberg».
«Il Gruppo - scrive ancora Bongiovanni - recluta politici, ministri, finanzieri, presidenti di multinazionali, magnate dell’informazione, reali, professori universitari, uomini di vari campi che con le loro decisioni possono influenzare il mondo. Tutti i membri aderiscono alle idee precedenti, ma non tutti sono al corrente della profonda verità ideologica di alcuni membri principali». I veri ‘conducator’- secondo questa analisi - i quali a loro volta fanno anche parte di altri segmenti strategici nell’organigramma degli Illuminati. Due in particolare: la Trilateral e la Commission of Foreign Relationship, nata nel 1921, la quale riunisce a sua volta tutti i personaggi che hanno fra le loro mani le leve del comando negli Usa. «Questi membri particolari - prosegue Bongiovanni - sono i più potenti e fanno parte di quello che viene definito il ‘cerchio interiore’. Quello ‘esteriore’, invece, è l’insieme degli uomini della finanza, della politica, e altro, che sono sedotti dalle idee di instaurare un governo mondiale che regolerà tutto a livello politico e economico: insomma, le ‘marionette’ utilizzate dal cerchio interiore perché i loro membri sanno che non possono cambiare il mondo da soli e hanno bisogno di collaboratori motivati e mossi anche dal desiderio di danaro e potere». Passiamo, per finire, alla Trilateral, vero e proprio luogo cult del Potere nascosto, in grado comunque di condizionare i destini del mondo. Ovviamente ‘sponsorizzato’ della star dell’imprenditoria multinazionale, come Coca Cola, Ibm, Pan American, Hewlett Packard, Fiat, Sony, Toyota, Mobil, Exxon, Dunlop, Texas Instruments, Mutsubishi, per citare solo le più importanti.

L’associazione nasce nel 1973, sotto la presidenza “democratica” di Jimmy Carter e del suo consigliere speciale per la sicurezza, Zbigniew Brzezinsky, il vero deux ex machina. A ispirare il progetto, le famiglie Rothschield e Rockfeller, i Paperoni d’America. Un progetto che ha irresistibilmente attratto i potenti del mondo, a cominciare proprio dai presidenti Usa, con un Bill Clinton in prima fila. Così descriveva Giovanni Agnelli la Trilateral: «Un gruppo di privati cittadini, studiosi, imprenditori, politici, sindacalisti delle tre aree del mondo industrializzato (Usa, Europa e Giappone, ndr) che si riuniscono per studiare e proporre soluzioni equilibrate a problemi di scottante attualità internazionale e di comune interesse». Il solito ritornello.
Di diverso avviso il giornalista Richard Falk, che già nel 1978 - quindi a pochissimi anni dalla nascita - scrive sulle colonne della Monthly Review di New York: «Le idee della Commissione Trilaterale possono essere sintetizzate come l’orientamento ideologico che incarna il punto di vista sopranazionale delle società multinazionali, che cercano di subordinare le politiche territoriali a fini economici non territoriali». E’ la filosofia delle grandi corporation, che stanno privatizzando le risorse di tutto il pianeta, a cominciare dai beni primari, come ad esempio l’acqua: non solo riescono a ricavare profitti stratosferici ma anche ad esercitare un controllo politico su tutti i Sud - e non solo - del mondo. La logica della globalizzazione. E i bracci operativi di questo turbocapitalismo sono proprio due strutture che dovrebbero invece garantire il contrario: ovvero la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.
«Entrambi - scrive uno studioso, Mario Di Giovanni - sotto lo stretto controllo del ‘Sistema’ liberal della costa orientale americana. Agiscono a tutto campo nell’emisfero meridionale del pianeta, impegnate nella conduzione e ‘assistenza’ economica ai paesi in via di sviluppo». E proprio sull’acqua, la Banca Mondiale sta dando il meglio di sé: con la sua collegata IFC (Internazionale Finance Corporation) infatti sta mettendo le mani sulla gran parte delle privatizzazioni dei sistemi idrici di mezzo mondo, soprattutto quello africano e asiatico, condizionando la concessione dei fondi all’accettazione della privatizzazione, parziale o più spesso totale, del servizio. Del resto, è la stessa Banca a calcolare il business in almeno 1000 miliardi di dollari… Scrive ancora Di Giovanni: «Le decisioni assunte dai vertici della Trilateral riguarderanno sempre di più quanti uomini far morire, attraverso l’eutanasia o gli aborti, e quanti farne vivere, attraverso un’oculata distribuzione delle risorse alimentari. Decisioni che riguarderanno l’ingegneria genetica, per intervenire nella nuova ‘umanità’. In una parola, tutto ciò che definitivamente distrugga il ‘vecchio’ ordine sociale, cristiano, per la creazione di un nuovo ordine. Ma tutto questo senza particolari scossoni. Non vi sarà bisogno di dittature, visto che le democrazie laiche e progressiste, condotte da governi di ‘centrosinistra’, servono già così efficacemente allo scopo. Governi che riproducono - conclude - una formula già sperimentata lungo l’intero corso del ventesimo secolo e plasticamente rappresentata dal passato governo Prodi-D’Alema: l’alleanza fra la borghesia massonica e la sinistra, rivoluzionaria o meno».

Andrea Cinquegrani

Fonte: http://www.lavocedellevoci.it/

12 febbraio 2009

QUALCOSA DI SINISTRA...


Non basta l’ottimismo esasperato di Berlusconi ad esorcizzarla: la crisi internazionale è una minaccia reale alla stessa sopravvivenza di questo sistema economico così come lo conosciamo oggi.
Il Cavaliere continua a dire che passerà sull’Italia senza fare troppi danni, invece sarà uno tsunami devastante e dopo di esso nulla sarà più uguale a prima.
Il picco della crisi è ora previsto tra marzo e giugno prossimi, ma in questa vicenda già altre volte “gli esperti” hanno dimostrato di procedere a tentoni nelle loro previsioni ed in ogni caso nessuno può veramente sapere quanto dureranno gli effetti della marea devastatrice, visto che la crisi del 1929 si è ripercossa per tutti gli anni ‘30 e di fatto risolta dagli Usa solamente con... una guerra mondiale.
Un preoccupato grido di allerta è giunto ieri dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che durante un'intervista a Il terzo anello, Faccia a faccia di Radio 3, ha invitato tutti a tenere i “nervi saldi”, perché il malessere è tanto e “può anche esplodere”. Il leader del più grande sindacato italiano ha accusato il governo di aver sottovalutato la crisi non dotandosi nemmeno di un'idea con cui affrontarla e mettendo sul tavolo una manovra che è “la più bassa in assoluto in tutto il mondo”. Anche sull'auto, secondo Epifani, il governo ha fatto poco e tardi. “Per mesi ha detto che non c'era bisogno di intervenire” e poi quando si sono mossi altri Paesi “ha fatto poco, solo una parte” ha osservato Epifani.
Il leader della Cgil ha in fondo fatto il suo mestiere, che da tempo sembra più essere quello di fiancheggiare il centrosinistra che non realmente rappresentare i lavoratori italiani, ma le sue preoccupazioni sono genuine. Il sindacato (ed in particolare la quadruplice) sa bennissimo che ormai non controlla più il malessere dei lavoratori italiani e che un inasprimento della crisi potrebbe generare una vera e propria rivolta sociale difficilmente controllabile nei suoi sviluppi che potrebbero sfociare in degenerazioni violente. Ha fatto bene Epifani, durante la stessa intervista, ad auspicare un più responsabile atteggiamento della polizia, invitandola a non caricare i lavoratori durante le manifestazioni o le occupazioni di fabbriche, ma farebbe bene a temere anche altre forme di disagio, perché la tolleranza, l’integgrazione degli immigrati ed il pensiero politicamente corretto non sono compatibili con la disoccupazione e la povertà degli italiani.
Soprattutto auspicheremmo dalla sinistra ricette economiche un po’ meno liberiste, altrimenti quando la crisi sarà passata troppe saranno le vittime innocenti lasciate sul campo. Epifani fa poi sempre il solito errore del suo sindacato, quello di mettere al centro della sua attenzione l’operaio della grande fabbrica del nord, cioè il metalmeccanico Fiat.
Per superare la crisi non servono aiuti pubblici per sostenere il consumo, quanto piuttosto investimenti per avviare grandi opere e provvedimenti per far sopravvivere la vera spina dorsale dell’economia italiana: le medie e piccole imprese e l’artigianato. Solo questo, insieme alle necessarie nazionalizzazioni delle imprese strategiche può farci guardare con ottimismo al futuro. Ma Epifani, da tempo, non dice più nulla veramente di sinistra.
Paolo Emiliani

Fonte: Rinascita.info

11 febbraio 2009

IL RITORNO PERICOLOSO DEL PROTEZIONISMO


di Beatriz Amigot/Maria Garcia Mayo 11.02.2009

Mentre una metà del mondo mette in allarme contro i pericoli che comporta l’attentato al libero commercio, l’altra metà soccombe alla tentazione di proteggersi. Con la lezione più o meno impartita dalle conseguenze della Grande Depressione, i governanti di oggi, dibattono tra difendere il lavoro nazionale o prepararsi per competere meglio al di là degli aiuti oltre la frontiera. Al momento, hanno preso la strada in bilico e anche se non sono stati ristabiliti i vecchi dazi c’è un protezionismo latente mascherato da aiuti pubblici e del nazionalismo economico. L’urlo “comprate prodotti fatti in casa” riecheggia in tutto il pianeta.

Le muraglia rinascimentali di Lucca poco possono fare per salvaguardare questa città della Toscana dagli influssi esteri. Ma il suo sindaco si è impegnato e ha messo in moto la macchina normativa per vietare nel centro storico, ristoranti che non siano italiani. Nè kebabs, nè nè hamburger: hanno spazio solo piatti che abbiano il tocco della mamma. Questa misura ha come obiettivo il preservare la cultura e la tradizione culinaria della regione. Potrebbe sembrare un aneddoto ma non lo è. Riflette l’atteggiamento protezionista che in questo momento di crisi percorre tutto il mondo.

La caduta della domanda e la mancanza di liquidità stanno frenando il commercio mondiale tanto, che, secondo le ultime previsioni del FMI, cadrà un 2,8% nel 2009 (una cifra molto lontana all’aumento del 10,8% registrato nel 2005). Nel 2008, il rallentamento della crescita del commercio mondiale è stato il doppio rispetto alla riduzione dell'aumento della produzione. Le difficoltà ad avere finanziamenti hanno portato ad un aumento del volume dei crediti commerciali concessi per le transazioni internazionali. Ricordiamo che circa il 90% di queste transazioni internazionali richiedono questa "finanziazione” spiega Juan De Lucio, direttore del Servizio degli Studi del Consiglio Superiore della Camera di Commercio.

In questo contesto di paralisi, gli esperti coincidono nel fatto che risorge la tentazione di mettere barriere al libero interscambio di merce e servizi per preservare le quote di mercato, ma sono d’accordo che si tratta di una strategia preoccupante con risultati nefasti a lungo termine.

E' più allarmante, se possibile, quando il messaggio protezionista lo capeggiano gli Usa, cioè, il più grande compratore del mondo (a novembre il suo deficit commerciale di merce accumulato negli ultimi 12 mesi aumentava a 833.100 milioni di dollari).

Tutti gli occhi sono posti sul nuovo presidente Barack Obama. Lui ha mantenuto un atteggiamento ambiguo rispetto al commercio. Secondo uno studio del Centro degli Studi della Politica Commerciale nell’Istituto Cato di Washington, il senatore Obama aveva votato a favore del libero commercio soltanto in 4 delle 11 votazioni importanti relazionate con le barriere commerciali. Ad esempio, si è mostrato contro il Trattato del Libero Commercio e a favore dell’ammenda Schumer-Graham, che imponeva tariffe (dazi) del 27,5% agli articoli cinesi a meno che questo paese non rivalutasse la sua moneta. Un tema che deve essere risolto.

Ma allo stesso tempo ha appoggiato il commercio libero con Omàn e Perù, e in uno dei suoi libri, The Audacity of Hope(2006), difendeva i benefici che ha portato la sua espansione commerciale. Con questi precedenti, è da vedere quale sarà la sua politica commerciale.

Visto il carattere globalizzato dell’economia e dell’opposizione generalizzata alle barriere commerciali dopo l’esperienza della Grande Depressione, non sembra molto probabile che si produca una rinascita protezionista come quella avvenuta durante gli anni 30. Allora, gli Usa avevano approvato la relazione Smmot-Hawley che toccava circa 20.000 prodotti importati. Il risultato non poteva essere peggiore: il commercio internazionale si ridusse del 66% e rallentò l’uscita dalla crisi. E’ probabile che questa esperienza si torni a ripetere, ma questo non è un freno affinché il protezionismo raggiunga un alto livello di astuzia nel farsi strada. Adesso, l’accento non si mette tanto nel penalizzare i prodotti stranieri ma nel beneficiare dei propri.

Fonte:http://actualidad-economica.com/2009/02/12/proteccionismo.html

10 febbraio 2009

ISRAELE: STATO PATOLOGICO?

La creazione di Israele nel 1948 è stata accompagnata dalla pulizia etnica di oltre 750.000 palestinesi, più della metà della popolazione, cacciati dalle loro città e villaggi, con la forza o con la minaccia di massacri di civili, come il villaggio di Deir Yassin. Da allora, durante questi sessant' anni di storia, dai massacri di Sabra e Shatila nel 1982, alla carneficina che si svolge oggi a Gaza attraverso la distruzione del campo profughi di Jenin e la distruzione delle infrastrutture palestinesi West Bank nel 2002, ai massacri nel campo profughi Jabaliah nel 2005 e nel 2006, al massiccio bombardamento del Libano nel 2006 - Israele non ha smesso, con il pretesto della "difesa", di portare morte e devastazione ai vicini di casa, con tutto il suo fuoco aereo, la sua marina e i suoi carri armati.
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