Il j'accuse contro la società israeliana di uno dei pochi intellettuali critici che vi abitano, arrivato dopo la morte di un bambino di un anno e mezzo arso vivo da un commando di coloni che ha dato fuoco alla sua casa.
Funerale del piccolo Ali Dawabsheh
Gli israeliani accoltellano gay e bruciano bambini. Non vi è un briciolo di calunnia, il minimo grado di esagerazione, in questa secca descrizione.
Vero, queste sono le azioni di pochi. Vero, anche, che il loro numero sta crescendo. E' vero che tutti loro - tutti gli assassini, tutti coloro che danno fuoco, che accoltellano, che sradicano alberi - fanno parte dello stesso gruppo politico. Ma chi è all'opposizione condivide la responsabilità. Tutti coloro che hanno pensato che sarebbe stato possibile sostenere isole di democraticità nel mare del fascismo israeliano sono stati messi in imbarazzo questo fine settimana, una volta e per tutte.
Ci lavorava in gran segreto dal 2009, ma nei giorni scorsi ha rivelato il suo progetto e lo ha annunciato pubblicamente: Michael Moore sta per uscire con il suo nuovo film, “Where to invade next”. Avete indovinato di cosa parlerà? Di come il governo degli Stati Uniti mantiene questo stato di guerra infinita.
Sui social network lo ha definito lui stesso “un film epico”: è con “Where to invade next” che il regista americano Michael Moore torna sul grande schermo dopo gli Oscar già vinti con i suoi documentari al vetriolo. Dopo avere pubblicamente criticato le strategie di controllo di massa degli Usa e dopo avere definito Edward Snowden“eroe dell’anno”, Moore si appresta a proporre un lavoro (la prima mondiale sarà al Toronto Film Festival a settembre) girato in tre continenti che punta a raccontare di come «l’obiettivo degli Stati Uniti sia la guerra infinita, cosa che mi preoccupa da tempo e che mi ha indotto a tirare fuori la satira che serviva per questo film». «C’è questa sorta di bisogno costante di avere un nemico – ha spiegato Moore – c’è bisogno di individuare quale sarà il prossimo nemico, in modo da mantenere e alimentare il grande sistema e business dell’industria bellica, garantendo gli affari di chi fa soldi con questo business.
In questi giorni sono fiorite le piante di zucca, il profumo si sente da lontano. Ne seminiamo e piantiamo sempre tante, perché le zucche si conservano tutto l’inverno e sono una risorsa preziosa quando nell’orto rimangono solo cavoli. Così ora c’è questa grande parcella fiorita e rumorosa, anche il ronzio si sente da lontano: in ogni fiore aperto si affollano le api bottinatrici, e poi bombi di tutti i tipi. Ci sono interi alveari, si direbbe, che vanno e vengono dalle nostre zucche.
Anche a noi, come a tutti, piacciono i fiori di zucca fritti o in frittata o nelle crêpes… Ciononostante, ogni mattina mi limito a raccogliere quelli che stanno sfiorendo e che perciò si sono già richiusi. Lascio gli altri alle api. Perché? Non solo perché ci sono ben pochi fiori ormai, in questa stagione, nelle campagne riarse dal riscaldamento globale, ma anche perché questi fiori sono lontani dalle vigne.
Da anni ogni primavera, quando cominciamo a tenere le finestre aperte, api confuse e stordite vengono a ronzare in casa, si aggirano senza scopo nelle stanze, finiscono per accasciarsi moribonde sul pavimento. Ogni mattina ne troviamo qualcuna morta e rattrappita.
Ogni settimana sentiamo il rombo dei trattori che spargono veleni sulle vigne del Chianti.
Il mondo è clamorosamente indifferente alle sofferenze dei Palestinesi.
Ismail, Zakaria, Ahed, Mohamed , questi quattro nomi sono ben noti e incisi nella coscienza di ogni palestinese.
Sono i bambini della famiglia Bakr – tutti tra i nove e gli undici anni.
La loro storia non è stata diffusa dai media occidentali . La loro perdita non è stata umanizzata e non sono stati effettuati colloqui con i loro cari. nelle TV mondiali. Così nessuno conosce le loro gioie, i loro sogni, o le loro aspirazioni.
Un anno fa, un 16enne palestinese, Mohammed Abu Khdeir, è stato bruciato vivo da aggressori israeliani a Gerusalemme . Si trovò un biglietto vicino al suo corpo con la scritta in ebraico : “uccisione per vendetta”! .
Venerdì scorso, in un incendio doloso, appiccato da coloni israeliani, ad una casa nel villaggio di Duma, un bambino, di 18 mesi, Ali Saad Dawabsheh, muore bruciato vivo. Ciò riporta la mente alla morte di Abu Khdeir, dell’anno scorso alla vigilia dell’operazione “Margine Protettivo” .
Una foto. Tre uomini lanciano pietre. Al centro compare un uomo anziano, è di circa 50 anni, indossa occhiali da sole e un cappello. Una foto. Un uomo anziano lancia un sasso contro un avversario che non appare nell'immagine. La Palestina. L'intifada. L'intellettuale e critico Edward Said è tra la folla che lancia pietre contro l'esercito israeliano. Una foto, Una pietra. Un intellettuale.
Per un gran numero di casi, il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio; oggi si chiama "intellettuale" colui che si dedica alla coltivazione delle scienze e delle arti.
Un piano segreto per uccidere l'artefice del centrosinistra.
Lo aveva scoperto Mino Pecorelli.
«L'Europeo» riapre un caso clamoroso
Aldo Moro è sopravvissuto fino a quel 9 maggio 1978,
quando le Brigate Rosse decisero la sua esecuzione. Sì,
sopravvissuto: perché Moro doveva morire 14 anni prima,
nel 1964, in pieno centrosinistra nascente, per mano di
un ufficiale dei paracadutisti, il tenente colonnello
Roberto Podestà.
È stato Mino Pecorelli a rivelare questo piano per rapire
e ammazzare il leader DC. Già, ancora Mino Pecorelli:
giornalista legato a doppio filo ai servizi segreti più
deviati, iscritto alla loggia P2 di Licio Gelli,
sospettato di ricatti, ucciso con quattro pallottole in
bocca e una al cuore nel 1979. (…)
Perché tanto silenzio intorno a quel giornale? Il piano del 1964 per eliminare Moro fu rivelato da
Pecorelli il 19 novembre 1967. Ma nessuno, dei pochi che
lesserò il suo articolo (non firmato) su Il Nuovo Mondo
d'Oggi, ne parlò e neppure smentì. Quell'articolo fu
ignorato completamente e forse deliberatamente anche
quando, 11 anni dopo, Moro fu rapito e ucciso.
La denuncia di Pecorelli nel 1967 era clamorosa, perché
si riferiva a un episodio cruciale di uno degli anni più
torbidi della storia della Repubblica: durò 204 giorni,
dal 5 dicembre 1963 al 26 giugno 1964, il primo governo
con ministri socialisti.
Presidente del Consiglio Aldo Moro, vicepresidente Pietro
Nenni, Giuseppe Saragat agli Esteri, Giulio Andreotti
alla Difesa e Paolo Emilio Taviani agli Interni.
In Colombia continuano gli arresti di leader e militanti dei movimenti sociali. Questa volta è stato il turno dell'insegnante Miguel Ángel Beltrán Villegas di essere arrestato dalle autorità colombiane mentre faceva la spesa.
Il professor Miguel Ángel Beltrán Villegas è stato arrestato dalla polizia nazionale a Bogotà il 31 luglio alle ore 11:30.
Beltrán ha ribadito a più riprese che è stato perseguitato dalle autorità giudiziarie per le sue idee, il suo atteggiamento critico e le sue ricerche sul conflitto colombiano.
Coordinatore della campagna internazionale Giustizia per Thomas Sankara (Cijs), membro influente del Gruppo di Ricerca e Iniziative per la Liberazione dell'Africa (GRILA), Aziz Salmone Fall è di tutti i combattimenti che riguardano l'autonomia del continente ed il miglioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti. In quest'intervista esclusiva accordata al Journal de l’Afrique, l'autore del film documentario “Africom go home"condanna la presenza delle basi militari straniere in Africa, fornisce precisazioni sull'evoluzione del dossier Sankara al Burkina Faso, ecc. invita le giovani generazioni africane a restare vigili e soprattutto organizzarsi per essere all'avanguardia nella liberazione in corso. Può fare una breve presentazione del Gruppo di Ricerca e Iniziative per la Liberazione dell'Africa (GRILA) di cui è il presidente? Grazie del vostro invito. Non c'è mai stato un presidente al GRILA durante questi 30 anni. Funzioniamo senza gerarchia e trasversalmente da parte di collettivi. Sono dunque soltanto un membro del collettivo contro l'impunità dove ho l'onore di coordinare da 20 anni la campagna internazionale Giustizia per Sankara, un gruppo di avvocati e di militanti. Il GRILA è un organismo autonomo e senza scopo di lucro che funziona grazie al contributo materiale ed intellettuale delle sue sezioni composte da membri e simpatizzanti. Nella sua visione di un mondo universalista, tenta di contribuire all'emergenza e al consolidamento dello sviluppo in Africa e alla solidarietà internazionale che richiede.
E’ necessario ricordare dalla Grecia il 90° anniversario della nascita di Frantz Fanon. Il caso ha voluto che mi trovassi in questo paese in questa data e in queste circostanze. In questo paese dove, freddamente, si sta conducendo la società verso la miseria, il punto di vista di Fanon sui movimenti del mondo viene verificato implacabilmente. Ai piedi del Partenone, questa Europa che si riveste di umanismo e dell’illuminismo che avrebbe inventato per dare luce al mondo, si rivela come la vide clinicamente Frantz Fanon nella sua brillante conclusione di I dannati della terra. Un’Europa il cui cuore è a Francoforte e la cui intera anima nel mercato bancario globalizzato.
Questa Europa che noi, quelli dei luoghi convenientemente chiamati allora Terzo Mondo, ritroviamo ancor oggi nei circoli infernali dei negoziatori del debito dei clubs di Londra e Parigi, di fronte ai criminali funzionari dei ministeri dell’Economia neocoloniali e ai loro volubili banchieri centrali o d’affari, e nelle “assemblee generali” degli eleganti truffatori del FMI e della Banca Mondiale.
Nei giorni scorsi, spaventati e indignati osservavamo nel cuore della società greca, un processo di intensa demonizzazione dei "difensori della soluzione alternativa", che hanno denigrato e chiamato "difensori della dracma". Secondo le reti televisive, chi difende una soluzione al di fuori dall'euro dovrebbe essere trattato come membro di un'organizzazione criminale o come chi ha commesso un reato punito dalla legge. La libertà di espressione e di opinione, incluso l'esercizio della politica del governo al di fuori dei confini dell'euro, sono presentati quasi come alto tradimento, quando è l'esatto contrario di ciò che sta accadendo nella realtà: il Paese è schiacciato e umiliato, proprio in nome del dogma che deve rimanere dentro l'euro.
Prima di tutto lasciatemi dire che io qui non ho la pretesa di obiettività, né tanto meno di lucidità assoluta. La Germania, da un lato, la situazione in cui si trova l'Europa e quindi il mio paese - la Francia - mi toccano in modo estremamente doloroso.
Vorrei semplicemente dire che non condivido pienamente tutte le analisi che sono state fatte della situazione attuale dopo lo spregevole trattamento inflitto alla Grecia.
Infatti mi sembra che tutti tralasciano due parametri di grande importanza.
Il primo, che riguarda solo la Germania, mi sembra che rappresenti una certa ignoranza della sua storia.La Germania fu unificata molto tardi, è stato detto.Quello che non si dice, o molto meno, è che il Primo Reich esisteva: era il Sacro Romano Impero germanico, e la sua sede non è stata sempre a Vienna.
La società inglese Oxitec sta pianificando il rilascio nell’ambiente di cinquemila esemplari alla settimana di mosche dell’olivo geneticamente modificate: il rilascio avverrà in Spagna, per la precisione in Catalogna, vicino a Tarragona (ma ricordate che gli insetti non hanno barriere, volano ovunque).
Questi insetti, secondo la denuncia dell’associazione TestBiotech, sono manipolati in modo che i discendenti femmine muoiano non appena spuntate le larve nelle olive, mentre la generazione successiva di maschi è programmata per sopravvivere. L’esperimento durerà un anno e coprirà un’area di mille metri quadrati, l'obiettivo dichiarato è quello di ridurre la popolazione di questo parassita. Naturalmente, come detto, gli insetti possono diffondersi al di là di ogni controllo e potranno facilmente arrivare nell’area vasta del Mediterraneo, per esempio in Francia, Grecia, Italia, Portogallo e nel resto della Spagna. Alcuni paesi hanno chiesto che venga vietato l’esperimento.
La minaccia d'accusa per alto tradimento che ora pesa ormai su Yanis Varoufakis ha qualcosa di assurdo, ma anche di terribilmente rivelatore. [1] Ha evidenziato in maniera cruda il fatto che la zona Euro è ormai diventata un mostro, o meglio un tiranno che è stato esentato da ogni regola.
Yanis Varoufakis, come ministro delle Finanze, ha preso la decisione di far penetrare illegalmente il sistema informatico delle autorità fiscali greche. Ci si è resi conto di questo "piano B" in questo libretto [2], ed è quello che gli rimproverano. Ma ha preso la sua decisione in accordo con il primo ministro, Alexis Tsipras. Ha preso questa decisione riguardante il sistema informatico delle autorità fiscali greche perché quest'ultimo era in realtà sotto il controllo degli uomini della "Troika ", vale a dire il Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e la Commissione europea. Leggi tutto...
Il senso della ristrutturazione del debito è ridurre il volume dei nuovi prestiti necessari per salvare un’entità insolvente. I creditori offrono la possibilità di alleggerire il debito per avere indietro più valore e concedere meno finanziamenti possibili all’entità in questione.
I creditori della Grecia sembrano incapaci di comprendere questo semplice principio finanziario. Riguardo al debito greco, negli ultimi cinque anni è emerso un chiaro modello che a tutt’oggi resta inalterato.
Nel 2010, l’Europa e il Fondo monetario internazionale concessero all’insolvente stato greco prestiti per un valore pari al 44% del Pil del paese. Il solo accenno a una ristrutturazione del debito appariva come inammissibile ed era un pretesto per ridicolizzare quelli di noi che osavano suggerirne l’inevitabilità.
Nel 2012, essendo il rapporto debito-Pil schizzato alle stelle, i creditori privati della Grecia subirono un “haircut”, ovvero un taglio nominale del debito, addirittura del 34%. Allo stesso tempo, però, nuovi prestiti pari al 63% del Pil andarono a sommarsi al debito nazionale greco. Alcuni mesi più tardi, a novembre, l’Eurogruppo (che raduna i ministri delle finanze dei paesi dell’Eurozona) indicò che l’alleggerimento del debito sarebbe stato attuato entro dicembre 2014, una volta che il programma del 2012 si fosse concluso “con successo” e il bilancio del governo greco avesse raggiunto un avanzo primario (che esclude il pagamento degli interessi).
L'avevano già detto e ora rincarano la dose. Al fondo monetario non piace la dottrina tedesca e ci si sfila dalle clausole vessatorie imposte ad Atene.
Attenzione all'FMI! So che molti, a leggere la sigla del Fondo Monetario Internazionale, vengono presi dall'orticaria, ma invito a fare uno sforzo: la realtà è più multiforme e complessa. L'FMI è un fondo a cui partecipano 186 Paesi del mondo (su 200): fino ad oggi, è stato certo una longa manus degli USA e di un certo tipo di interesse occidentale. Eppure, dalla settimana precedente il referendum greco, in maniera clamorosa sebbene ignorata da gran parte dei grandi organi di informazione, l'FMI è entrato in rotta di collisione con l'Unione Europea. La ragione di questo scontro inatteso deriva dal ribilanciamento dei pesi interni al fondo, cosa che ha a che fare con la nuova banca BRICS e con gli equilibri geopolitico-economici su scala globale. Lunedì l'FMI - o qualcun altro - ha fatto avere un rapporto riservato a Reuters, un testo inviato a tutti i membri dell'Eurogruppo e compilato dopo aver letto la fatidica bozza di "accordo" da prescrivere ai greci. Il rapporto ripete ciò che aveva già detto il giovedì prima del referendum suscitando il gaudium magnum di Yanis Varoufakis.
Alcuni eccessi critici nei confronti del governo greco in conseguenza del suo ultimo accordo con l'Unione Europea, hanno determinato degli effetti comunicativi piuttosto paradossali. Condannare troppo Syriza per il suo cedimento, significa infatti assolvere indirettamente l'UE, il Fondo Monetario Internazionale e la NATO, come se l'uscita dall'euro fosse solo una questione di buone intenzioni, di coerenza o dell'adozione della teoria monetaria "giusta". In realtà nessuna teoria monetaria ti spiega come difenderti dalle minacce di morte o dalle prospettive di un colpo di Stato camuffato da "rivoluzione colorata". Non si può poi fare a meno di notare la solitudine del governo greco in tutte le recenti vicissitudini. Non c'è dubbio che Tsipras si attendesse un po' più di solidarietà da parte del governo russo. Dei commentatori particolarmente estimatori di Putin hanno però visto nella sua rinuncia ad approfittare delle difficoltà della UE un atteggiamento di lungimiranza politica. In effetti Putin nella circostanza ha spinto la sua lungimiranza da qui ad un milione di anni, quando di tutto quello che accade ora non fregherà più niente a nessuno.
«Bisogna prendere atto che il sistema non funziona e che non esiste la volontà politica di risolvere i problemi strutturali dell’euro».
Daniel Munevar è un giovane economista post-keynesiano di Bogotá. Ha lavorato con Yanis Varoufakis come consigliere per politiche di bilancio durante il periodo in cui Varoufakis è stato ministro delle Finanze in Grecia. Precedentemente è stato consigliere fiscale al ministero delle Finanze colombiano, e consigliere speciale per gli investimenti esteri diretti al ministero degli Esteri dell’Ecuador. È considerato uno dei più autorevoli esperti nello studio del debito pubblico latinoamericano. Questo rende particolarmente interessante la sua valutazione delle trattative e dell’accordo fra Grecia e creditori. In questa intervista esclusiva spiega perché gli eventi delle ultime settimane gli hanno fatto cambiare opinione sulGrexit. Cosa ne pensi dell’ultimo accordo raggiunto fra la Grecia ed i suoi creditori?
Prima di tutto non è ancora chiaro se l’accordo sarà effettivo – ci sono parecchi parlamenti che devono approvare la partecipazione dei rispettivi paesi al “piano di salvataggio” del Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism, ESM). Ma anche ammettendo che tutti i paesi approvino il piano, non c’è nessun modo che funzioni. Le misure economiche del programma sono semplicemente folli.
Documentario dei registi norvegesi e giornalisti indipendenti Ola Flyum e David Hebditch. Parla dei fatti di Srebrenica del 1992-1995, durante la guerra in Bosnia-Erzegovina