Cosa accadrebbe se la Sicilia dimostrasse che è legalmente possibile un percorso diverso da quello imposto dalla finanza europea e la democrazia dei cittadini vincesse come in Islanda? Se lo chiede Marcos Francia, in questo esercizio di immaginazione.
Di Marcos Francia
Il Cambiamento Da tanto tempo si legge molto su come vanno le cose in Sicilia. Sono generalmente riflessioni su argomenti specifici che spesso sono de-contestualizzati. Le grandi testate da mesi sembrano rispondere tutte ad una logica ben precisa e danno la sensazione di 'coro unanime' di disapprovazione. Ricorre più o meno spesso la parola 'fallimento' o 'default'.
Siamo nel mezzo di una campagna mediatica. Questo giornale è stato tra i primi a pubblicare della rivolta dei Forconi e, certamente, il primo a comprendere la portata dell’evento. Sull’argomento ci sono stati picchi di accessi, come spesso è capitato parlando di cose che i grandi media ignorano, parlando di chi realmente può e vuole cambiare e si impegna in prima persona.
"Siamo davanti a un contagio, a una speculazione che viene da Londra e che scommette sulla fine della moneta unica. Qualunque cosa fai sembra inutile. La soluzione ai nostri mali potrebbe arrivare solo da forti strumenti di difesa che scoraggino gli speculatori". Queste le parole provenienti da non meglio precisate fonti governative e "autorevoli" (vedi link). Messaggi criminali di questo tipo, finalizzati a focalizzare la causa verso agenti esterni e terrorizzare la popolazione prospettando scenari apocalittici, hanno il solo scopo di depistare e distogliere l'attenzione dal vero problema.
Non oltre 24 ore dopo, sono poi arrivate le dichiarazioni di Mario Draghi, presidente della BCE: "Nell'ambito della zona euro qualsiasi movimento verso un'unione finanziaria, di bilancio e politica è a mio parere inevitabile e condurrà alla creazione di nuove entità sovranazionali", non democratiche ovviamente.
Tutti i Paesi europei hanno approvato il Fiscal Compact mentre sul MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) ci sono ancora alcuni ostacoli democratici da sradicare. Alla data del 20 luglio 2012 il Trattato istitutivo del MES è stato ratificato solo da 7 Paesi membri (Italia, Cipro, Grecia, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia); in altri 9 Paesi (Austria, Belgio, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia) si è concluso l’iter di ratifica parlamentare e si è in attesa della firma del Capo dello Stato.
E’ la domanda che politici ed osservatori di tutto il mondo si pongono oggi. Questo paese, orgoglioso e cosciente della propria libertà, abbandonerà l’euro e ripartirà come vorrà con la sua propria moneta, la dracma? La dracma è una delle monete più antiche del mondo. Già 2500 anni fa si pagava con tale valuta ad Atene.
Le grandi banche dei paesi europei si lamentano a giusto titolo di subire delle perdite. Commentatori e giornalisti disegnano quindi un quadro molto cupo dei rischi per un eventuale ritorno alla dracma e lo sconsigliano. La dracma sarà debole. Il tasso di disoccupazione aumenterà e le importazioni saranno più costose. Il debito rischierebbe di diventare incalcolabile per i Greci e scoppierebbero rivolte sociali. Altri paesi sarebbero coinvolti in questo vortice di difficoltà, tali che le implicazioni per il sistema euro e per l’”Europa” sarebbero inimmaginabili. Ma questa immagine così nera è davvero realistica?
In Islanda l’evoluzione è infatti differente. Lì due grandi banche importanti del sistema bancario e attive a livello mondiale hanno fallito. Un'altra banca è stata nazionalizzata e lo Stato stesso era sull’orlo della bancarotta. Il fallimento delle banche è stato risolto senza che gli sportelli fossero chiusi o le transazioni e i bancomat bloccati. I risparmi dei cittadini sono stati assicurati. Horizons et Débats ne ha dato notizia. I cittadini hanno deciso con due referendum di non rimborsare gli hedge fund esteri (che godono di un elevato tasso di interesse) con i soldi dei contribuenti.
Quali sono le forze in gioco oggi nel mondo? Una domanda irrisolta da quelle persone di fiducia che dovrebbero comunicarci la verità. E siamo ben lontani da ottenerla, non per mancanza di accesso, ma per la paura costante creata per offuscarci la visione. Un conflitto che non è contro la Siria o contro Assad ma è il proseguimento di un'operazione iniziata dalle forze imperialiste con gli attacchi terroristici del 11 Settembre 2001. Questa è la vera storia della Siria.
Mentre allo spread ed alle borse succedeva di tutto, un Mario Monti sempre più patetico volava in Russia per svolgere il ruolo di procuratore d'affari per conto dell'ENI, come già i suoi due predecessori alla Presidenza del Consiglio. Ma si tratta ormai di affari parecchio ridimensionati, poiché si sta parlando di un ENI azzoppato dalla perdita della Libia, che ha comportato non solo la chiusura del principale rubinetto di petrolio, ma anche della cassaforte finanziaria di tutte le multinazionali italiane.
Sino ad un anno e mezzo fa, Libia e Italia erano più che soci d'affari, costituivano un unico sistema economico-finanziario; e gli effetti della mutilazione oggi si avvertono. E pensare che appena nel febbraio dello scorso anno, l'ENI poteva permettersi di fare da guida e mallevadore per gli affari della multinazionale russa Gazprom in Libia. Chi trovasse in queste reminiscenze dei motivi per rimpiangere il governo precedente, si chieda anche perché mentre il Buffone di Arcore baciava la mano a Gheddafi, intanto i suoi giornali lo chiamavano beduino. [1] Nel marzo dello scorso anno appariva ancora realistico ipotizzare per la crisi libica uno scenario di tipo kosovaro, con la secessione della Cirenaica. In effetti poi la NATO ha potuto avere in Libia un margine di manovra praticamente illimitato, che ha condotto ad uno scenario di tipo congolese, con uno Stato ed un governo puramente fittizi, e con il territorio direttamente spartito tra le principali multinazionali angloamericane.
Le Olimpiadi di Londra assumono rapidamente l'aspetto di una vasta operazione militare terrestre e aerea e non quella di un evento sportivo internazionale. Invece di un sentimento di fratellanza internazionalista che dovrebbero incarnare i Giochi olimpici, a Londra regna un'atmosfera minacciosa di paesi in guerra con missili terra-aria dispiegati sui tetti di edifici residenziali, navi da guerra della Marina in stato di allerta,così comeaerei da combattimentoed elicotteri della Royal Air Force pattugliano i cieli sopra la capitale britannica.
I Giochi iniziano entro una settimana. Tra gli sviluppi recenti figura un annuncio del ministero della Difesa britannico che ha voluto 3500 soldati in più dispiegati per garantire la sicurezza dei 30 siti che ospitano eventi sportivi. Questi si sommano ai 13.500 militari già assegnati per proteggere il pubblico e le squadre sportive dal rischio di un attacco terroristico.
Il Generale britannico Sir Nick Parker, che supervisiona le misure di sicurezza, ha detto che uno dei piani d'urgenza consiste nel far fronte ad un "evento di tipo 11 settembre."
Il dispiegamento di truppe a Londra e dintorni comprende 7000 persone in più rispetto le attuali operazioni britanniche in Afghanistan.
Nelle ultime settimane il ministro Profumo ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito alle misure che vorrebbe applicare a partire dall’autunno nelle scuole e nelle università. Nell’ormai rituale mettere mano di ogni governo al sistema formativo, in un clima di riforma permanente, è bene considerare a mente fredda le proposte del banchiere come spunto per riprendere un ragionamento collettivo sul mondo della formazione, da un punto di vista dei movimenti. Utile in forma preliminare sottolineare come le esternazioni in questione non facciano altro che inserirsi in un filone discorsivo ormai ampiamente consolidato, a tratti estremizzandone i termini. Il “merito” è il baricentro attorno al quale ruotano le indicazioni fornite, e viene utilizzato da un lato come paravento per celare una sostanziale vuotezza delle proposte, e dall’altro come potenziale ariete per eventualmente proporre un ulteriore inasprimento delle misure contenute nel ddl Gelmini. Per completare il quadro va aggiunto che alcune settimane fa la ministra Fornero aveva esortato le famiglie italiane a non investire più nell’acquisto di case, bensì nella formazione dei propri figli. Leggi tutto...
La democrazia reale dei banchieri - Il potere finanziario dirige tutto - Schierare la forza per arginarli e batterli - Italia consegna 12,5 miliardi al FMI -
Non ha più importanza chi governa a Roma, Madrid, Atene o Lisbona perchè quel che fanno o no, si decide altrove. E’ morta l’alternanza, la “democrazia” è una variabile secondaria del gioco dell’oca elettorale. Siamo alla democrazia reale, come fase degenarativa suprema della democrazia representativa. Nelle capitali di quel che fu l’Europa –ed è un etereo surrogato denominato Unione Europea (UE) - allignano gli esecutori testamentari dell’oligarchia finanziaria. Gracili protesi della sua volontà di dominio assoluto. Hanno trasformato in burocratici automatismi amministrativi i diktat che sacrificano il bene comune. I golpisti di Bruxelles e Francoforte hanno espugnato la sovranità economica, monetaria e fiscale. Nazioni e popoli sono solo "espressioni geografiche" ed esoterici “mercati”.
II panorama dell'Entità Europea è una desertica landa che legalizza la volontà del più forte, però priva di legittimazione. E' il mondo capovolto di chi ieri predicava lo Stato-zero, e oggi ne fa lo strumento di auto-finanziamento della fazione dei grossisti del denaro. Questi Zorro alla rovescia che rubano ai poveri per dare ai ricchi, son privi d'ogni coerenza, rigore logico ed etico. E’ vano confutare la loro narrativa: a muoverli sono solo gli interessi materiali. Darwinismo sociale, onnivora bulimia ed un inconfessabile oscurantismo d'epoche assai remote. "Irreversibile" (sic!) secondo l'egocentrico Draghi, assai ignorante in tema di storia.
Post festum, possiamo dire che l'esito di Rio 20 presenta un menu ricco di suggerimenti e proposte, senza alcun obbligo ad una dose di toccante buona volontà, ma ad un'ingenuità analitica terribile, direi quasi deplorevole. Non è una bussola che punta verso "il futuro che vogliamo", ma verso un abisso.
Tale risultato mancato non è dovuto alla credenza quasi religiosa che la soluzione all'attuale crisi sistemica è nel veleno che l'ha prodotta: l'economia. Non si tratta dell'economia in senso trascendentale, cioè come quell'istanza - poco importano le modalità - che assicura la base materiale della vita, ma dell'economia categoriale, quella che esiste realmente, che negli ultimi tempi ha inferto un duro colpo a tutte le altre istanze (politica, cultura ed etica) insediatasi, sovrana, come l'unico motore che conduce la società. E' la «Grande Transformazione » che già nel 1944 l'economista americano-ungherese Karl Polanyi ha denunciato con forza. Questo tipo di economia copre tutti gli aspetti della vita, si propone di accumulare ricchezza all'infinito, prendendo da tutti gli ecosistemi, fino ad esaurirli, tutto ciò che è commerciabile e di consumo, reggendosi sulla più feroce competitività. Questa logica ha sconvolto tutti i rapporti con la Terra e tra gli esseri umani.
«Spero che i pochi amici che abbiamo, che vogliono bene all’Italia, spingano i politici a uscire dall’euro». Problema numero uno, i politici: «Ormai sono un’ombra, degli spettri nel Parlamento». Parola di Ida Magli, autorevole antropologa: una delle poche voci, vent’anni fa, a mettere in guardia gli italiani dal trionfalismo europeista che – col Trattato di Maastricht – pose le condizioni per il “massacro sociale” con cui oggi facciamo i conti: privatizzazione del debito pubblico a vantaggio della finanza speculativa e fine della moneta sovrana, arma fondamentale per gestire le crisi proteggendo i cittadini. Risultato: il debito – storico motore dello sviluppo sociale – ora diventa un incubo, e costringe gli Stati sotto ricatto a svendere i “gioielli di famiglia” alle stesse multinazionali che, attraverso la grande finanza e i suoi emissari – Bce e Commissione Europea – hanno manovrato per scatenare il panico con un obiettivo chiaro: fare man bassa dei beni comuni, ovvero l’ultimo terreno di conquista rimasto, in un’economia ridotta in mutande. Di Ida Magli
Lo scenario è cupo: le manovre speculative che deprimono l’economia reale inducendo i governi a tagliare le spese vitali preservando solo le banche – operazioni che qualcuno non esita a definire “golpe finanziario” – sono state accelerate negli ultimi mesi di fronte alla grande crisi dell’Occidente globalizzato, che dopo due secoli e mezzo sta letteralmente smettendo di crescere. Crisi climatica, penuria energetica, recessione economica dovuta all’eccessiva produzione di merci superflue, che i consumatori non riescono più ad assorbire: più l’economia fatica, più il business si trasferisce nella sola sfera finanziaria, centralizzando il potere e facendo saltare le tutele democratiche.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha indicato che il presunto successo del modello tedesco è dovuto alle politiche di austerità che il governo tedesco ha attuato nel primo decennio di questo secolo, politiche avviate dal governo di coalizione socialdemocratico-verde, e continuate dalla coalizione di governo democristiano-socialdemocratico, e in seguito dalla coalizione democristiana-liberale. Quindi, la signora Angela Merkel e il suo governo stanno spingendo affinché tutti i paesi della zona euro facciano lo stesso.
Il problema di questo approccio è che ignora o nasconde alcuni fatti essenziali. Uno è che il suo successo come paese esportatore è dovuto ad una posizione dominante sulla propria classe operaia e su altri paesi che potrebbe essere ben definito come sfruttamento. Poiché questo tipo di terminologia appare raramente sui media sento il bisogno di spiegare il significato di tale termine.Si sfrutta B quando A vive meglio a spese di B, che vive peggio. A e B possono essere classi sociali o paesi. Bene, cominciamo dalle classi. Il complesso export tedesco ha basato il suo successo (che ha portato ad un'esplosione dei suoi utili) in parte perchè ha impedito che la classe operaia tedesca sia beneficiaria della sua maggiore produttività. Come ha detto Mark Weisbrot, lo Stato e il mondo imprenditoriale tedesco non hanno permesso un aumento dei salari parallelo alla crescita della produttività. La maggior parte di questa crescita ha arricchito il reddito da capitale, e non quello del lavoro. In realtà, queste ultime, come percentuale di tutte le entrate, sono diminuite. Al capitale è andata molto bene a spese del mondo del lavoro al quale non è andata così bene come potrebbe o avrebbe dovuto essere.
La settimana scorsa era l'agenzia di rating Moody's, adesso sarebbero le dichiarazioni della cancelliera Angela Merkel a minacciare lo spread dei BTP italiani. Mario Monti dice che dovrebbero premiarci perché siamo diventati "virtuosi", ma gli ingrati invece ci puniscono. Anche, se come ci dice la Merkel, facciamo i "compiti a casa", poi ci bocciano lo stesso. Monti però è un uomo di mondo, e quindi dovrebbe sapere che quando i "mercati" (cioè le banche multinazionali) hanno trovato un pollo da spennare, allora sarà molto difficile che ci rinuncino solo perché il pollo è diventato "virtuoso". Anzi, più il pollo è "virtuoso", tanto più accentua le sue caratteristiche di pollo.
COMIDAD
In passato, quando non c'erano ancora i "vincoli di Maastricht", se uno Stato si trovava nelle attuali condizioni dell'Italia non faceva altro che rinunciare ad emettere altri titoli, oppure li utilizzava solo per i prestiti forzosi al proprio interno, attuando una parte dei suoi pagamenti in buoni del tesoro. L'alternativa al mercato dei titoli era il cercare di accedere ad un prestito diretto da parte di un altro Stato, offrendo ovviamente delle garanzie auree o patrimoniali. Oggi si parla invece di dismissione del patrimonio pubblico, mentre le riserve auree dell'Italia sono diventate per la stampa un argomento tabù (altro che articolo 18!), tanto che a molti comincia a venire il sospetto che anche su quel versante l'attuale governo abbia qualcosa da nascondere. Del resto, il governo Monti si regge più sulla fiducia dei media che sulla fiducia parlamentare. Un governo retto da un advisor della NATO come Monti, si avvale oggi, nella sua aggressione al popolo italiano, della stessa compatta connivenza mediatica fornita alle aggressioni NATO contro la Libia e la Siria.
Stamattina alla Camera dei deputati è stata scritta la sentenza di fine sovranità dello Stato italiano. Nel silenzio totale dei mezzi di comunicazione i Deputati dell’oramai ex Belpaese hanno dato il via libera definitivo alla ratifica del Trattato sulla stabilita’, sul coordinamento e sulla governance nell’Ue, meglio conosciuto come Fiscal Compact, sottoscritto il 2 marzo e integralmente applicabile ai 17 Stati della zona euro e al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), al secolo “fondo salva stati”.
I si’ per il Fiscal Compact sono stati 380, 59 i no, 36 gli astenuti, quelli per il Mes sono stati 325 si’, 53 no e 36 astenuti. Solo la Lega ha votato contro; l’Idv si e’ astenuta. Questo dovremo ricordarcelo nel prossimo futuro.
Il presidente dei deputati della Lega Nord, Gianpaolo Dozzo, così spiega la contrarieta’ del suo gruppo parlamentare all’adozione del Fiscal compact e del Meccanismo europeo di stabilita’:
”Oggi, nel silenzio generale, e’ cambiato l’articolo 1 della nostra Costituzione ma nessuno lo dice: la sovranita’ non appartiene piu’ al popolo, ma alla burocrazia europea, che per giunta la esercita nelle forme e nei limiti che essa stessa decide.
La situazione italiana è ormai patologica. Governanti e politici non possiedono più la capacità psichica indispensabile per fermarsi sulla strada intrapresa perché l’affermazione della moneta unica (“l’euro è irreversibile”) è diventata la scommessa in cui è in gioco la superiorità del loro Io. Si tratta di una patologia che ogni psichiatra è in grado di diagnosticare, sapendo bene che è quasi impossibile curarla e che può portare a gesti estremi di distruttività. Quando però tale morbo aggredisce gli esponenti del massimo potere quale il governo di Stati e di Popoli, la storia, anche recente, ci prova che nessuno si azzarda a indicare la presenza di una patologia psichica se non dopo l’estrema rovina, quando è ormai troppo tardi. Vogliamo provare almeno una volta a guardare in faccia questa realtà? Italiani Liberi
La creazione dell’euro è stata un gesto irrazionale, dettato dalla volontà di potenza dei banchieri che, convinti che fosse ormai possibile per loro diventare i padroni d’Europa sottomettendo qualsiasi altro potere, hanno assolutizzato il proprio strumento - la moneta - trasformandolo nell’unica arma di governo e di dominio. L’euro è nato così, privo di tutto: senza uno Stato, senza un Popolo, senza una Storia, senza un Politica, senza un Futuro. Insomma: privo di realtà. Il che significa frutto di delirio, di allucinazione o, se si vuole, del Super-Io dei banchieri. Leggi tutto...
Le nazioni sono arrivate al capolinea e non vogliono continuare a finanziare le avventure militari degli Stati Uniti. Già durante le riunioni a giugno del 2009 a Ekaterimburgo, Russia, i leader mondiali come il presidente cinese Hi Jintao e il russo Dimitri Medvedev, e altri funzionari dell’Organizzazione della Cooperazione di Shangai, composta da sei nazioni, hanno dato un passo decisivo nella sostituzione del dollaro come moneta di riserva mondiale. Agli USA è stata negata l’entrata a queste riunioni. Se questi leader mondiali hanno successo, il valore del dollaro cadrà presto, il costo delle importazioni, includendo quello del petrolio, si innalzerà e i tassi d’interesse aumenteranno.
Il mondo considera il FMI e la BM e l’Organizzazione Mondiale del Commercio come pedine di Washington in un sistema finanziario sostenuto dalle basi militari e portaerei statunitensi che girano nel mondo. Però nonostante questo dominio militare c’è il vestigio di un impero statunitense che non riesce più a governare attraverso la forza economica. La potenza militare degli Stati Uniti è troppo muscolosa, si fonda più sulle armi atomiche e gli attacchi aerei che su operazioni via terra, che oggi sono troppo impopolari, politicamente parlando, per poter realizzare attacchi su grande scala.
Come ha sottolineato Hedges nel giugno del 2009:
“Gli architetti di questo scambio mondiale si rendono conto che se vincono sul dollaro allora potranno vincere il dominio militare degli Stati Uniti”.
Perché il cuore degli Stati Uniti sta vivendo una siccità così terribile in questo momento? Al momento, circa il 61 per cento di tutta la nazione sta vivendo condizioni di siccità, e questo è assolutamente devastante per gli agricoltori e gli allevatori di tutto il paese. Meno di due settimane fa ho scritto un articolo chiedendomi che cosa accadrebbe se queste condizioni di siccità persistessero, e adesso lo stiamo scoprendo. Il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti ha dichiarato la più grande area di disastro naturale nella storia degli Stati Uniti.
L'USDA ha dichiarato 1.016 contee in 26 stati degli USA zone sinistrate. La dichiarazione USDA sostanzialmente comprende circa la metà della nazione, e ora non si puo negare quanto sia realmente orribile questa siccità. Potete vedere una mappa della zona del disastro proprio qui. Questa siccità senza fine viene paragonata alla siccità da incubo del 1988, e se dovesse persistere in agosto potrebbe diventare forse la peggiore siccità che l'America abbia mai visto. L'USDA afferma che circa il 60 per cento di tutto il mais nel paese sta vivendo condizioni di siccità da "moderate a estreme". Se questa siccità non finirà presto, le perdite saranno allucinanti. Già, si stima che gli agricoltori e gli allevatori abbiano subito miliardi di dollari di danni. Quanto possono peggiorare le cose?
Trattato di Münster (1648), pezzo fondamentaledella pace diWestfalia
Il fallimento a Bruxelles significava la pericolosa fine del Governo Monti. Andalusia, Bankia ..., Rajoy è riuscito a rompere a Bruxelles un trimestre fatidico. Il processo si inverte, per salvare l' euro i popoli devono dare potere all'Impero
La Vanguardia Il magnifico episodio della Battaglia di Waterloo in La Certosa di Parma, il secondo grande romanzo di Stendhal, ci è servito la scorsa settimana per descrivere una sensazione sempre più comune di fronte alla vertiginosa spirale della crisi: tutti noi riconosciamo l'interno di una grande macchia, per quanto leggiamo di esperti, abbiamo difficoltà a comprendere il significato e la portata dei movimenti che si susseguono intorno a noi.Non abbiamo alcunacomunicazione diretta con lo stato e abbiamo il sospetto che questo non ha nessuna visione conclusiva degli eventi. Caos digitalizzato. Siamo tutti Fabrizio del Dongo, il giovane italiano che partecipò alla battaglia di Waterloo senza sapere cosa fosse Waterloo.
Questa settimana è più luminosa. Le notizie di venerdì a Bruxelles hanno dato un senso alla grande confusione che ha prevalso dopo le drammatiche elezioni greche, di cui non ci ricordiamo più perché la memoria mediatica è quella di un rettile. Italia e Spagna sono state piantate davanti la Germania, costringendo l'adozione di tre provvedimenti che, in linea di principio, allontanano dai peggiori calvari. Spagna e Italia hanno stretto un'alleanza dell'ultimo minuto - senza precedentinello scacchiereeuropeo - al fine di evitare l'umiliazione di gravi conseguenze nelle loro politiche interne. Entrambi i paesi hanno scoperto che, insieme, pesano in Europa. Leggi tutto...
Ho fatto un sogno. Ho sognato che accendendo la televisione e guardando il telegiornale di una rete nazionale, avrei un giorno visto il servizio mandato in onda dalla coraggiosa emittente regionale TeleToscana Nord. Un servizio chiaro, sintetico, diretto che spiega tutto ciò che è avvenuto in Europa dall’introduzione dell’euro ad oggi senza troppe reticenze, omissioni. Il passo indietro della politica che ha volutamente aperto la strada alla tirannia dei mercati, il vero obiettivo dell’Unione Europea e della BCE che è sempre stato quello di privare i governi nazionali della loro sovranità politica e democratica, le possibili strade per uscire dalla dittatura della finanza seguendo magari l’esempio dell’Argentina, che dopo la crisi e il fallimento ha ripreso a crescere grazie al ritorno alla propria sovranità monetaria.
La rete televisiva locale TeleToscana Nord è stata coraggiosa non tanto perché si è schierata aggressivamente contro i cosiddetti poteri forti (chi sono? Quali sono i loro nomi?) ma perchè dire la verità oggi in Italia rappresenta un atto di coraggio. Nessun giornalista nazionale direbbe apertamente le cose dette nel servizio perché avrebbe paura di urtare la sensibilità dei politici al governo, i quali a loro volta non spiegano mai apertamente ai cittadini come stanno in realtà le cose perché temono di infastidire gli innominati dei poteri forti finanziari. Ma ascoltando il servizio avrete potuto notare che il giornalista non accenna mai a complotti della finanza, intrighi internazionali, ma ha descritto soltanto lo svolgimento dei fatti. Un vero miracolo.
L’unione fa la forza ed effettivamente se oggi consideriamo l’Europa come una singola entità territoriale si tratta dell’economia più grande al mondo. Purtroppo questo concetto altro non è che mera dialettica economica; i dati economici e statistici dell’Unione Europea servono solo ad essere confrontati coi singoli stati membri mentre da soli sono privi di ogni senso. Oggi l’unico fattore unificatore dell’UE è l’Euro, la moneta corrente in diciassette degli stati membri, che proprio all’inizio del 2012 hacompiuto dieci anni. Oggi in effetti si parla di Eurozona molto più che di Unione Europea perché considerarla un’entità politica non ha molto senso se teniamo conto che si tratta di una semplice unione monetaria il cui organo principale non è il Parlamento a Strasburgo mala Banca Centrale Europea a Francoforte. Di Andrea Fogliati
L’introduzione dell’Euro nel 2002 rappresenta uno dei momenti storici di massimo rilievo per l’Europa. Sfortunatamente la crisi finanziaria ha cambiato il corso del ciclo economico a cui puntava. Fino al 2008 la crescita economica dell’Unione Europea dall’introduzione della moneta unica raggiungeva in media quasi il 3%. Il dato, per quanto non fosse altissimo e particolarmente entusiasmante, evidenziava come il merito della moneta unica fosse quello di stabilizzare i mercati degli stati membri. Ma proprio dove risiede la forza dell’Euro si celano anche molti aspetti negativi.