“Sovrano è chi decide lo stato di eccezione”, scrive Carl Schmitt. Applicando tale enunciato all’isolato caso islandese emerge che il governo di Reykjavik è titolare di reale sovranità, specialmente in relazione alla ricetta adottata per superare il totale dissesto finanziario che aveva provocato il fallimento nazionale del 2008.
Eurasia-Rivista.org Durante i periodi di crisi “la normatività – afferma Schmitt – è impotente” e dal momento che nel caso specifico tale “normatività” è eminentemente rappresentata dal Fondo Monetario Internazionale essa è stata sospesa dal governo islandese, che ha abbandonato la tutela dei creditori esteri – inesaustamente raccomandata dal Fondo – per il bene della comunità islandese. Qualcosa di affine era accaduto durante la Repubblica di Weimar, quando il popolo tedesco richiese l’apertura di uno stato d’eccezione che soppiantasse un ordinamento giuridico finalizzato esclusivamente ad arricchire le grandi oligarchie finanziarie e ad alimentare un circuito falsato di corruzione funzionale al mantenimento di alcuni privilegi di determinati strati sociali a scapito della comunità.
L'assemblea di Chianciano del 22 e 23 ottobre ha riscosso un grande successo. Intanto, hanno partecipato circa 150 persone. Un numero non irrilevante, se consideriamo che l'Assemblea era stata copromossa da Rivoluzione Democratica, per mezzo del sito Sollevazione, nonché dal nostro sito. E' stato un tentativo di "uscire dal web" che ha avuto senza dubbio successo.
In secondo luogo, le relazioni sono state di alto livello, chiare e interessanti. I presenti, venuti da molte città d'Italia – tra gli altri, ho conosciuto persone provenienti da Milano, Roma, Torino, Modena, Piacenza, Tarquinia, Frosinone, Foligno, Perugia, da diverse cittadine della Toscana, dal Salento, da Napoli, da Palermo - erano tutti entusiasti delle relazioni e persuasi di aver imparato qualche cosa. Insomma l'Assemblea è stata un'assemblea-convegno e come convegno è pienamente riuscita.
Il 15 ottobre, a Roma abbiamo assistito ad un copione trito e ritrito: è la “strategia della tensione” e vi ricorre ancora una volta chi teme e cerca di criminalizzare le proteste e le rivendicazioni popolari. Il trucco non funziona più e non servirà ad arrestare l’azione spontanea delle masse e le istanze di protagonismo politico provenienti dal basso.
Sul piano storico e politico le violenze di piazza servono solo a chi ha interesse a tacitare le ragioni che guidano le manifestazioni e le iniziative di un movimento spontaneo, in questo caso le istanze anti-capitaliste e l’indignazione contro la violenza istituzionalizzata insita nella crisi e nel sistema che l’ha generata. Non è un caso se personaggi come Di Pietro e il ministro Maroni cavalchino l’onda emotiva e il clima d’allarme che si è creato dopo il 15 ottobre, per invocare con forza il ripristino della legge Reale, che risale al 1975, una legislazione varata nel pieno degli “anni di piombo”.
Vorrei consigliare caldamente la lettura di un breve quanto ottimo e interessante libro – inchiesta del giornalista e documentarista Franco Fracassi sugli interrogativi relativi alle violenze e agli scontri del G8 genovese di dieci anni fa. Unico nel suo genere, “G8 gate – 10 anni di inchiesta del G8 di Genova” (Alphine Studio, 2011) ha affrontato direttamente la questione del Black Bloc e dei loro manovratori, senza limitarsi ad angusta visione provinciale e attinente alla sola ed esclusiva politica italiana, ma, al contrario, adottando una prospettiva più ampia, internazionale e globale.
Di HS
Secondo Fracassi, in quelle torrenti giornate di luglio era in gioco il futuro del pianeta e si opponevano due visioni opposte e quasi inconciliabili sulla globalizzazione e i suoi risvolti. Da un lato coloro che, dietro il potere e l’influenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e della Federal Reserve, stavano imponendo la globalizzazione neoliberista dei cosiddetti “mercati” con incalcolabili danni dal punto di vista economico, politico, culturale e ambientale, dall’altro la variegata schiera di organizzazioni ed associazioni, etichettate forse frettolosamente come “no global”, che cercavano di avanzare le ragioni di “un altro mondo possibile”.
Altro che bombe al fosforo ed uranio impoverito. Il 15 ottobre scorso i
telespettatori hanno scoperto che la vera arma di distruzione di massa è
il sampietrino e che, mentre i bombardamenti che da otto mesi
l'aviazione italiana infligge alla Libia sono "interventi umanitari", a
Piazza San Giovanni invece c'era una "guerra".
Comidad
Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha dimostrato di possedere lo
stesso senso delle proporzioni, poiché si è messo a strepitare di una
capitale messa a ferro e fuoco dai manifestanti e di "due milioni di
danni". Un bel pretesto per negare alla FIOM la sua manifestazione che
era prevista per domani.
Alemanno se la prende tanto per due milioni di danni per ora molto, ma
molto, presunti; ma è strano che quando i danni accertati per il Comune
di Roma ammontavano addirittura a tre miliardi e duecento milioni di
euro, il sindaco non solo non ha strepitato, ma ha avvolto tutto in una
nube di silenzio. I tre miliardi e duecento in oggetto riguardano
l'esposizione del Comune di Roma nella truffa dei titoli derivati, che
ha coinvolto, in misura minore, anche altri Comuni, come quello di
Milano, che ha un'esposizione di un miliardo e settecento milioni di
euro.[1]
Grande gioia a Gaza per la liberazione di 447 prigionieri palestinesi, manifestazione di massa in piazza Qatiba ed opinioni contrastanti. Intanto lo sciopero della fame si arresta per 3 giorni dopo i colloqui di ieri, che hanno portato alla fine del confinamento ma non alla soddisfazione certa di tutte le richieste.
Da questa mattina piazza Qatiba, in centro a Gaza city, è stata attrezzata per l'arrivo di decine di migliaia di persone. È stato posto un grande banner, con alcuni attivisti delle brigate al-qassam intenti a rapire un soldato israeliano, ed una scritta “in solidarietà con i prigionieri”. Tante bandiere, inizialmente verdi e palestinesi, ma poi, quando verso le 11 la piazza ha cominciato a riempirsi, anche gialle, rosse e nere. È stato allestito un grande palco, con un centinaio di posti a sedere, riservati ai prigionieri che tornavano in palestina, in cambio del rilascio del soldato Gilad Shalid. Tutta Gaza si preparava al loro arrivo, c'era chi era più entusiasta e chi meno, chi poteva riabbracciare parenti e amici dopo tanto tempo e chi voleva solo partecipare alla festa.
Chi non è più rappresentato viene concentrato nel campo della “antipolitica” – Rifinanziare le banche o nazionalizzarle? – Inutilità di confondere banca e succursali
Draghi,
per la prima volta in luogo publico, tralascia la neolingua
“finanziese” e passa disinvolto al gergo maccheronico del politichese.
Entrambe lingue morte come l’aramaico. Che cosa spinge questo templare di Goldman Sach's ad avventurarsi su un terreno esterno alle sue abituali competenze? Ha parlato da capo dell’autentico governo de facto europeo e come boss del
fatiscente governo nazionale. Con il cinismo comune a coloro che si
autodefiniscono come “la politica”. “I mercati” e “la politica”,
affratellati, finalmente parlano con una sola bocca. E chi non si sente
più rappresentato, o è terrorizzato da poteri ostili ed illegittimi che
agiscono nella penombra, viene ora concentrato nel campo della
“antipolitica”.
Mi auguro che ci sia modo e tempo per investigare e approfondire su quanto è accaduto a Roma il sabato 15 ottobre in occasione di una manifestazione che doveva essere partecipata e numerosa. Nel frattempo alcune riflessioni si impongono alla luce di dati e fatti incontrovertibili e incontestabili.
Di HS
Quello che è andato in onda è stato sotto molti aspetti un film già visto, con un copione ripreso e aggiornato. Anzi gli scontri, le violenze e le devastazioni di Roma costituiscono un remake della messinscena allestita fuori dalla zona rossa del vertice del G8 di Genova del luglio del 2001. Un successo planetario che attendeva un seguito molto atteso da più parti. E l’esito, il finale del copione potrebbe essere lo stesso: dieci anni fa il promettente movimento dalle mille anime contro i danni causati dal neoliberismo e dalla globalizzazione promossa dalle corporations e dalle multinazionali dovette eclissarsi a causa del dibattito sulla necessità o meno della nonviolenza, polverizzato in mille rivoli ormai improduttivi dal punto di vista teorico e pratico, mentre oggi l’ondata dell’indignazione contro la disastrosa finanziarizzazione dell’economia potrebbe naufragare con rapidità ancora maggiore, quantomeno da noi, in Italia.
Incontro a Bologna, sabato 22 ottobre Dall'11 settembre all'aggressione alla Libia: un decennio di devastazioni criminali del mondo Giornata di discussione a Bologna, sabato 22 ottobre dalle 9 alle 19.30 presso il Centro Giorgio Costa, via Azzo Gardino 48, zona Porta Lame, vicino al Cinema Lumière I nostri ospiti e interlocutori
Judy Wood, statunitense, già professoressa di ingegneria meccanica e scienza dei materiali all'università di Clemson (Carolina del Sud), è autrice del libro Where did the towers go?. Da diversi anni i suoi studi basati sulle evidenze e la sua voce fuori dal coro gettano una luce differente sugli eventi dell'11 settembre, in particolare sulle modalità con cui sono state dissolte in aria le torri e altri edifici del WTC di New York.
Andrew Johnson, dal 2004 critico della mitologia ufficiale sull'11 settembre e membro della prima ora degli Scholars for 911 Truth, insegna presso la Open University dello Yorkshire, in Inghilterra, ed è autore del libro 911. Finding the Truth.
Ieri sera, giusto prima di tronare a casa, mi hanno fermato alcuni degli anziani alla tenda. Volevano sapere cosa ne pesassi di un certo fatto: mi hanno spiegato che la richiesta principale dei prigionieri -quella che riguardava la pratica dell'isolamento- era stata “quasi” del tutto accolta, che però lo sciopero continuava fino a che non fosse stata completamente soddisfatta.
Ma è il significato di questo “quasi” che mi ha fatto percepire cosa significhi “unità”. Dovete sapere che nelle carceri hanno aderito ufficialmente allo sciopero tutti i partiti tranne Hamas e Fatah, e che qui alla tenda c'è qualche rappresentante di Fatah ma nessuno di Hamas. Ebbene, la proposta dei sionisti ai leader della protesta in carcere era quella di togliere dall'isolamento tutti i prigionieri tranne 3 facenti parte delle brigate al qassam, il braccio armato di Hamas.
Fuori dall'euro! Fuori dal debito! – Assemblea Nazionale di Chianciano del 22 e 23 ottobre
di Stefano D’Andrea
Invito tutti i naviganti della rete che si imbatteranno in questo testo e in particolare tutti i lettori di Appello al Popolo - sia coloro che conosco personalmente, sia coloro che, con maggiore o minore frequenza, dialogano tramite i commenti, sia coloro che ci leggono in silenzio – a partecipare all'Assemblea Nazionale che si terrà il 22 e 23 ottobre a Chianciano Terme e dedicata al tema “Fuori dall’euro! Fuori dal debito!”. Chi non può pernottare è invitato a venire almeno un giorno, preferibilmente il sabato.
Spiego brevemente le ragioni e gli obiettivi dell'assemblea.
Mi sembra indubitabile che il cosiddetto "rifiuto del debito" non sia di per sé un programma. Non esprime i principi nuovi che dovrebbero disciplinare i rapporti economici.
15 OTTOBRE GIORNATA DI MOBILITAZIONE MONDIALE DEGLI INDIGNATI
“NO ES UNA CRISIS, ES UNA ESTAFA !“ NON È UNA CRISI, È UNA TRUFFA! Un gruppo di circa 100 pacifisti indignati in maggioranza spagnoli ma anche russi, americani, francesi tedeschi, greci, resistenti del movimento spagnolo del 15Maggio di Porta de Sol, da più settimane sono in marcia per raggiungere Bruxelles passando da Parigi il 17 settembre per un Forum di tre giorni [1]].
Partiti da Madrid, Barcellona e Tolosa, sperano di arrivare a Bruxelles il 15 ottobre dove si svolgerà una grande manifestazione mondiale davanti al Parlamento europeo. E’ là che si incontreranno le diverse squadre di marciatori indignati venuti da diversi paesi d’Europa.
Pacificamente manifesteranno per protestare contro la precarietà, il carovita ma anche per «il vivere liberi».
L'Islanda è fuori dal Fondo monetario internazionale.
La Nazione-isola del Nord Europa si sta riprendendo dalla crisi economica indotta dal monetarismo usuraio internazionale e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce, Fmi o Banca Mondiale, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione, e un coinvolgimento dell’opinione pubblica nazionale tra le più alte d’Occidente. Rinascita
Anzi, dopo circa tre anni di aut aut rigettati dal popolo islandese attraverso un referendum e una Assemblea Costituente, il Fondo Monetario Internazionale e l’Islanda hanno preso strade diverse. In tempi di presunti salvataggi nazionali portati avanti con ricette neoliberiste, di annullamenti di sovranità monetarie nazionali e di politiche di tagli violenti alle strutture amministrative, sociali ed economiche dei singoli Stati, lo stato islandese ha deciso di proseguire fermamente nella strada intrapresa oltre un anno fa, attraverso un imponente consenso dell’opinione pubblica nazionale, generalmente formata ed informata su temi così delicati e importanti.
Pubblico l'ultima mail (12/10/2011) di Silvia Todeschini, che come sapete si è unita allo sciopero della fame in atto a Gaza in solidarietà dei prigionieri nelle carceri, che vivono in condizioni dicumane.
"Questo ve lo mando come urgente, perchè sono successe cose che bisogna raccontare in fretta. Tre persone, tra chi fa lo sciopero della fame qui a Gaza in solidarietà con i prigionieri, in questo momento si trovano in ospedale".
Silvia Todeschini
Appena sono arrivata alla tenda questa mattina, c'era Majed el Ajar che dormiva (già vi ho parlato di lui, è quello che, felicissimo per avere il supporto di suo padre, gli ha baciato la mano e portata alla fronte in segno di rispetto). Strano dormisse di mattina, do solito è sempre molto attivo! Ho pensato che potesse stare male, ma non mi sono preoccupata perchè era comunque circondato da tante persone che si prendevano cura di lui. Sono entrata nell'atrio della croce rossa, luogo più protetto dove ci sono più donne, ed ho visto alcuni compagni che portavano al riparo Nidal Abujazer. Già vi ho raccontato di lui, suo fratello è in carcere e lui si prende cura della nipote la cui madre è morta, ricordate?
Il 7 ottobre scorso vi è stata la ricorrenza dei dieci anni dell'intervento della NATO in Afghanistan, un'occasione per mettere in piedi uno dei consueti rituali propagandistici di finta autocritica che cercano di far credere che esista una coscienza inquieta dell'Occidente che si confronta con i propri errori e le proprie manchevolezze. Certo, se si valutano questi dieci anni in base agli scopi dichiarati dell'intervento, allora la missione può essere considerata un fallimento; ma se si considera l'Afghanistan in termini di modello coloniale, in effetti il successo non può essere negato. Se infatti l'Afghanistan non avesse prodotto qualche risultato dal punto di vista degli interessi coloniali delle multinazionali, non vi sarebbe stata nel marzo scorso l'aggressione della NATO alla Libia per cercare di imporre quel modello anche lì.
COMIDAD
L'irriducibilità della resistenza afgana e l'elevato numero di perdite da parte della NATO costituiscono a propria volta un fatto, ma va anche considerato che la guerra "legale" in Afghanistan consente al Pentagono di attribuire al fronte afgano i caduti su tutti i fronti illegali in cui le truppe statunitensi sono impegnate, compresi l'Iraq, la Somalia ed il Pakistan.
Iniziamo una serie di interviste su Humala, questo nazista pericoloso, ben legato e controllato dalla sinarchia internazionale. Quelli che vedono in Humala, un membro in più del socialismo sudamericano, dovranno rivedere molte posizioni dopo la lettura di quest’articolo.
Come ben dice il ricercatore peruviano Luis Ernesto Vasquez, “il movimento etnonazionalista degli Humala è un’operazione dell’intelligence che, dalla sua origine, fu guidata e controllata dalle reti sinarchiche francesi e spagnole”.
A livello personale, il mio disprezzo verso questo degenerato di Vargas Llosa è ben noto. Invito i lettori interessati ad approfondire i vincoli di Vargas Llosa con il potere e le società private e i loro pervertiti soci.
La spiegazione che sono il fegato e il suo ego ferito - forse uno dei più grandi Ego del mondo - (1) quelli che hanno portato a Vargas Llosa a diventare un militante etnonazionalista e un portavoce humalista, è molto semplice e nasconde quello che in realtà si sta giocando nelle elezioni peruviane.
Qualche buona
notizia: in italia sono stati organizzati almeno 2 sit-in, uno a Milano
per il 22 pomeriggio, dalle 17 alle 18.30 in piazza dei Mercanti, ed uno
a Roma, il 14 Ottobre dalle 15 davanti all'ambasciata israeliana. So
che altri stanno organizzando altri sit-in però non ho ancora ricevuto
conferme. Poi, oltre ad Enzo ed Elena, anche Serena (tutti di Udine) sta
portando avanti lo sciopero della fame. Intanto, anche nei territori
del '48 e precisamente ad Haifa, 8 attivisti pro-palestina sono in
sciopero della fame da sabato.
Poi un paio di novità poco
carine: oggi ci sono stati i colloqui tra i rappresentanti dei
prigionieri e le autorità cercerarie che si sono risolti in un nulla di
fatto. I carcerati minacciano nei prossimi giorni di eliminare anche
l'acqua e il sale se le loro richieste rimanessero inascoltate, speriamo
non accada. Le condizioni dei Ahmad Sa'adat, leader del PFLP in carcere
ed in isolamento da diversi anni e che ha aderito allo sciopero della
fame si sono piuttosto deteriorate: secondo avvocati che sono riusciti a
visitarlo l'eliminazione del sale da parte delle autorità carcerarie
gli provoca vomito, il proseguire dello sciopero che ha iniziato 12
giorni fa potrebbe portare alla perdita del 25% del suo peso, ed ha
serie difficoltà di concentrazione. Addameer ha lanciato un appello per
il suo trasferimento in carcere, e chiede di mandare lettere o
telefonare al servizio delle prigioni israeliano o alla croce rossa.
Silvia Todeschini da Gaza, ci ha informati che da ieri sera, 7 ottobre si è unita allo sciopero della fame in solidarietà con i prigionieri, nell'iniziativa promossa da Addameer
«Durante le "indagini" mi facevano stare voltato contro il muro con le mani legate ed una gamba alzata. Se appoggiavo la gamba mi picchiavano. Oppure mi sedevano su una sedia con le mani legate dietro e i piedi legati in maniera da farmi tenere le gambe divericate, poi mi davano calci sulla pancia e sull'inguine. Mi facevano stare tutto il giorno sotto il sole. Se avevo sete una soldatessa versava l'acqua a pochi centimetri dal mio volto in modo che cadesse per terra. Sono stato 30 giorni in isolamento in una stanza di un metro per un metro. Le "indagini" sono durate 70 giorni. Avevo 16 anni»
(Saber, Beit Hannoun)
I prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane vengono sottoposti a tortura, ci sono prigionieri minorenni, vengono imprigionati in detenzione amministrativa senza nessuna accusa. Ai prigionieri provenienti da Gaza è proibito vedere le proprie famiglie, come forma di punizione collettiva conseguente all'imprigionamento dl soldato Gilad Shalid. Il fatto che vengano imprigionati in prigioni situate nei territori del '48 e non a Gaza o nella Cisgiordania è contrario alla legislazione internazionale.
Se i manifestanti di Occupy Wall Street credessero veramente nelle cose che stanno proclamando, allora chiederebbero le dimissioni immediate di Barack Obama e del suo gabinetto. La verità è che l'amministrazione Obama è responsabile della maggior parte delle cose che Occupy Wall Street presumibilmente lamenta. Se i manifestanti di Occupy Wall Street fossero intellettualmente onesti, dovremmo vedere una marea di cartelli anti-Obama durante queste manifestazioni. Ma invece abbiamo sentito solo un pigolio di critica contro Obama.
In effetti, la stragrande maggioranza dei manifestanti sembrano molto entusiasti di inviare di nuovo Obama alla Casa Bianca nel 2012. Come sarà dimostrato chiaramente nel resto di questo articolo, questo rende i manifestanti di Occupy Wall Street dei tremendi ipocriti. Se Occupy Wall Street vuole avere credibilità, deve chiedere a Barack Obama di dimettersi. O i manifestanti di Occupy Wall Street chiedono a Barack Obama di dar conto della sua attività, o sono solo un branco di pecore. Non possono farci la predica su come loro siano di principio e poi chiudere un occhio su tutto ciò che Barack Obama ha fatto negli ultimi 3 anni.
Con le grandi potenze che barcollano di nuovo verso la recessione, i governi di entrambe le parti dell’Atlantico stanno pianificando un nuovo salvataggio bancario. Ci sono divergenze significative sul modo di organizzare un tale piano, ma c’è un accordo generale sul fatto che centinaia di miliardi di altri soldi pubblici debbano essere rilasciati per coprire le perdite delle banche legate ad un défault del debito sovrano della Grecia.
Come era successo tre anni fa dopo il crac di Wall Street – ma su scala ancora più ampia, questa volta - la ricchezza dell’élite finanziaria le cui attività speculative hanno innescato la crisi mondiale, sarà salvaguardata dal saccheggio del tesoro pubblico. Ciò sarà fatto anche se i governi intensificheranno i loro attacchi contro la classe operaia nel nome del “consolidamento fiscale”.
Per compensare nuove iniezioni finanziarie alle banche, saranno imposte misure di austerità ancora più brutali alla Grecia e ad altri paesi europei fortemente indebitati che sono già immersi nel crollo e nel degrado sociale e tagli sociali saranno estesi al resto dell’Europa e agli Stati Uniti.