Il mondo globalizzato ha egemonizzato l’economica estendendo il controllo sul maggior numero di individui possibile. In questa espansione, secondo un modello capitalista, l’uomo non partecipa più alla costruzione della società, ne rimane estraneo, legato a un semplice numero matematico, in un progetto schiavizzante e vessatorio in nome del più cieco consumismo. Questa società borghese, si è strutturata mantenendo per se antichi privilegi, alimentando principi di estraneazione con il mondo operaio e il mondo del lavoro dipendente. Questa atomizzazione costruita senza legami di rispetto reciproco, ha favorito il controllo e la sottomissione delle masse: i dipendenti si possono muovere meccanicamente secondo un percorso prestabilito in un’articolazione senza anima e pensiero, stabilendo fini e mete individuali di consumo e produzione, confuse spesso con la libertà. La merce umana, è al servizio del nucleo economico.
La legge del guadagno, ha potuto contare sul sacrificio della nostra frammentazione. Divide et impera. I nostri spazi, sono asserviti a progetti ignoti a noi controproducenti, incontrando forme d’egoismo mascherate da individualismo. La società cosiddetta “moderna”, è contraddittoria e paradossale. Come nel medioevo, si vive all’ interno di un sistema: ieri la Chiesa, il podestà, la comunità, oggi le istituzioni e la società. La politica non socializza più con le masse,preferisce allontanarle senza capirle,rispettando il nuovo ordine mondiale. L’analisi è inequivocabile: la società contemporanea è molto simile a quella di 700 anni fa. Questa mancata comprensione della società, ha prodotto un ostacolo alla soluzione dei problemi e la deperibilità dei rapporti solidali, innescando la frenetica picchiata della povertà. La soluzione del consumismo, per ora è un fallimento totale. Tutta l’economia mondiale è in recessione e nessuno sembra avere una soluzione a breve. Di fatto, il rilancio dei consumi non ci sarà finché ci saranno stipendi da fame. E’ una verità che tutti sembrano snobbare per interesse o per negligenza, ma prima o poi spunterà fuori con tale forza da sconfiggere anche i più renitenti.
L’unica cosa che sembra imbattibile, è il debito pubblico nel suo procedere temporale. Il prezzo che la democrazia occidentale ha dovuto pagare è alto, sia per quelli che ce l’hanno e per quelli a cui si voleva dare. Gli individui hanno pagato anche sotto il profilo personale: alienazione, libertà, esclusione, anoressia culturale e altre malattie psicotiche di cui l’uomo-macchina è vittima. La terapia che i “dottori” in denarologia chiamano carta di credito, sarebbe giusto chiamarla carta di debito. L’ubriacamento sfrenato generato dalla moneta unica, ha prodotto speculazione e utopia. La politica mondiale è fortemente assuefatta al drogato americanismo, quindi convintamente atlantica e filo-padronale. I pochi (veri) uomini rimasti a rivoluzionare, sono considerati residuati da museo, fuori rotta e fuori tempo. L’operazione di cambiamento si può concretizzare solo facendo crescere il popolo. L’Italia, non ha una storia rivoluzionaria, tale cultura è stata inculcata dal medioevo: “con la Francia o con la Spagna, purché se magna”. Tale assuefazione costituisce uno sbarramento alla lotta, il potere lobotomizza facilmente il popolo. Dopo il piano Marshall, in particolare, dalla strage di Piazza Fontana a quella della stazione di Bologna, da Ustica a Capaci, la storia nazionale, è una vergogna totale. C’è una preordinata incapacità nel far emergere le verità. L’Italia non è stata fatta dagli italiani ma dagli Stati Uniti d’America. Un popolo è orgoglioso quando costruisce la propria storia, non quando si genuflette a quella altrui.
Afghanistan, un paese invaso e occupato militarmente da 8 anni, con più di 200.000 “soldati” collaboratori afgani e 100.000 soldati stranieri dispiegati nella guerra contro i ribelli talebani, celebra le sue elezioni “libere e democratiche” (secondo quanto ha detto giovedì il Dipartimento di Stato degli USA). Questa farsa (che la stampa del sistema neanche analizza), già ripetuta in Iraq ed in altri scenari di massacro e di occupazione militare, mette allo scoperto l’impunità dell’invasore imperiale che trasforma al paese occupato in un grottesco show con i propri carnefici collaboratori divenuti in “candidati” elettorali.
“Se la guerra del 1999 contro la Jugoslavia è stata la prima operazione “fuori dall’area” della NATO, cioè , fuori dal NordAmerica e di quei paesi d’Europa che partecipano all' Alleanza, la guerra in Afghanistan ha segnato la trasformazione della NATO in una macchina bellica globale”, segnala Rick Rozoff in un articolo per Global Research.
Dall’altra parte, il segretario generale della NATO, Fogh Rasmussen, ha affermato che, nonostante si stia pagando un “alto prezzo” in vite umane, spera che si comprenda che queste perdite hanno luogo in una “causa vitale” per la sicurezza dei 42 paesi che contribuiscono all’ISAF (Forza di Assistenza Internazionale per la Sicurezza della NATO).
Rassmusen ha sottolineato che prevenire il ritorno del “terrorismo” in Afghanistan è una questione “critica” ed ha segnalato che il lavoro dei membri della forza internazionale è centrato da settimane sulle elezioni presidenziali e provinciali di giovedì prossimo.
Tanto gli USA come la NATO hanno giustificato l’aumento dei soldati invasori in Afghanistan negli ultimi giorni, argomentando che si tratta di uno sforzo per assicurare che le elezioni in questo paese si realizzino senza interruzioni o sabotaggi da parte dei ribelli talebani.
In modo tale, che i comizi di giovedì si realizzeranno con più presenza di eserciti , carri armati e altri veicoli blindati, elicotteri armati, aerei da guerra e in mezzo ad un’offensiva militare a grande scala contro i talebani che minacciano la capitale, Kabul.
Dopo gli attentati del 11 Settembre 2001, l’amministrazione Bush ha invaso l’Afghanistan contando sul sostegno della NATO , e questo, a differenza dell’Iraq dove l’organizzazione non si attuava, ha incluso a posteriori che l’organizzazione atlantica venisse coinvolta direttamente nella “guerra contro il terrorismo” di Bush nel paese occupato.
Durante i 6 anni di occupazione, l’esercito unito della NATO e degli USA ancora non è riuscito a controllare la guerriglia talebana che negli ultimi mesi ha lanciato una feroce controffensiva che ha causato numerose morti e danni alle forze occupanti e ha dato alla resistenza il controllo della maggior parte del territorio afghano.
La strategia di conquista capitalista e militare che Bush e i falchi imperiali hanno lanciato da dietro gli schermi la “guerra controterrorista” come risultato del 9-11, che comincia chiaramente a creparsi in Afghanistan, dove la resistenza talebana e i morti statunitensi ed europei crescono in proporzioni simmetriche.
La diminuzione dell’esercito internazionale, principalmente statunitense e britannico, ha raggiunto cifre da record da luglio, dopo la messa in moto di operazioni per finire con la resistenza nel sud afghano, bastione di ribelli talebani.
In base ad un dossier della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) 1.103 civili sono morti nel conflitto armato durante i primi 6 mesi del 2009, un aumento del 24% rispetto al 2008. La cifra nello stesso periodo durante il 2008 è stato di 818 persone morte mentre che nel 2007 la repressione imperiale ha causato 684 morti.
Come è d’uso, nella stampa internazionale nessuno si domanda ciò che è ovvio : Come si possono realizzare elezioni democratiche in un paese occupato e massacrato militarmente da 8 anni?
L’impero statunitense e i suoi soci di occupazione (la NATO e le potenze centrali) arrivano al massimo dell' alienazione e della demenza: Far “votare liberamente” un popolo conquistato, principalmente povero ed ignorante, la cui unica motivazione giornaliera è la sofferenza, la guerra e la morte.
Questa farsa (che la stampa del sistema neanche analizza), già ripetuta in Iraq ed in altri scenari di massacro e di occupazione militare, mette allo scoperto l’impunità dell’invasore imperiale che trasforma al paese occupato in un grottesco show con i propri carnefici collaboratori divenuti in “candidati” elettorali.
Il grottesco elettorale è dotato di marketing e di inchieste. Il “favorito” nei sondaggi è il presidente burattino uscente, Hamid Karzai, portato al potere dalla coalizione invasiva internazionale avente come leader gli USA che a fine del 2001 hanno fatto cadere il regime talebano ed eletto nei primi “comizi” del paese occupato, nel 2004.
Ma i suoi “rivali” principali, cominciando dal ministro delle Relazioni Estere, Abdulà Abdulà, hanno realizzato grottesche campagne come se fossero in Europa o negli USA, delle quali se ne sono occupati non meno grotteschi e assurdi “analisti” che si sono incaricati di proiettare le loro performance nelle urne.
In mezzo alle bombe, gli attentati quotidiani, Abdulà ha chiuso la sua campagna lunedì mattina con un meeting spettacolare nello stadio di Kabul, di fronte a più di 10.000 persone con cappellini azzurri che innalzavano la bandiera del suo partito e a coro pronunciavano il suo nome, mentre la stampa realizzava la copertura “informativa” dell’atto come se fosse a Parigi o New York.
Per il Reuters, perfino un elicottero da combattimento (distratto dagli attacchi alla popolazione civile) ha volato sopra lo stadio lanciando mille volantini con la foto di Abdulà ed altri con il nome del candidato segnato per aiutare la maggior parte dei votanti analfabeti. “Compatriotti” Svegliatevi, è ora del grande cambio”, diceva un volantino, scritto nelle tre lingue principali del paese.
Anzi, al miglior modo di una democrazia “del primo mondo”, non è mancato lo spettacolo del “dibattito” televisivo durante il quale Karzai è stato criticato dai suoi rivali che hanno puntato le loro frecce sulla “corruzione” imperante durante il suo governo condannato a guidare l’occupazione militare e a legittimare la presenza dell’esercito straniero.
“La logistica delle elezioni presidenziali e provinciali di giovedì è un incubo per le autorità afghane, che in piena guerra coi talebani devono trasportare il materiale per votare in elicotteri e asini a regioni montagnose lontane”, segnala questo martedì (senza nessun commento) l' agenzia AFP.
In base all’agenzia, le seconde elezioni presidenziali attraverso il suffragio universale nella sanguinosa storia di questo paese costeranno 223 milioni di dollari, finanziati dai paesi implicati nell’occupazione dell’Afghanistan.
Una parte dei fondi sarà destinata al trasporto del materiale elettorale alle quasi 7.000 uffici di voto, alcuni dei quali situati in profonde valli, in brusche montagne o in zone infestate da ribelli talebani che cercano di boicottare la farsa.
L' Afghanistan soffre di una povertà estrema e nel 1995 ha occupato 192° posto tra i 192 posti nel ranking dei paesi in base al consumo calorico della sua popolazione. Milioni di persone sono senza alimenti, case, assistenza sanitaria ed educazione e oltre due terzi vive con meno di due dollari al giorno.
In linea generale, l’economia afgana ha un basso sviluppo dovuto alla situazione di dominio militare e della guerra costante, all’esistenza di un governo che collabora con l’invasore e alla frammentazione della società in gruppi tribali impoveriti.
Con un tasso alto di malattie causate dalla denutrizione, la popolazione del paese è composta da 26.000.000 persone, la cui aspettativa di vita è di 47,3 anni.
Tra il 1979 e il 2000 un terzo della sua popolazione ha abbandonato il territorio, scappando dalla guerra, e si stima che sono circa 6 milioni i rifugiati afgani che si sono stabiliti nel Pakistan o in Iraq.
Mostrato lo “scenario elettorale” di giovedì prossimo, tre elicotteri, circa 3000 veicoli e 3000 asini, cavalli o muli daranno milioni di volantini, tonnellate di penne e il materiale necessario per lo sviluppo delle votazioni, a quanto dicono le autorità elettorali.
Che le stesse forze collaboratrici o l’esercito invasore (che massacra giornalmente la popolazione civile, includendo donne, bambini e anziani) trasportino le urne a spalla per far “votare liberamente” persone sprovviste che neanche sanno leggere e scrivere, dimostra che “il sistema democratico” imperiale è uscito dal quadro di una strategia di “dominio senza le armi” per trasformarsi in una malattia mentale trasmessa da chi sottomette il sottomesso.
“Afghanistan è un paese (….) che cerca di ricostituirsi dopo quasi tre decenni di guerre” giustifica Aleem Siddique, portavoce della Missione delle Nazioni Unite per l’Afghanistan (UNAMA) che aiuta il paese occupato ad organizzare le elezioni e “legittimare” internazionalmente la farsa.
“Distribuire il materiale elettorale confidenziale è una vera sfida in questo ambiente”, assicura come se l’Afghanistan fosse un paese in più del cortile latinoamericano.
Un’altra “sfida” è di “far prendere coscienza alla numerosa popolazione analfabeta dell’importanza delle elezioni e spiegare come funziona il processo elettorale”, aggiunge con totale impunità il demente Siddique.
Aldilà di qualsiasi considerazione politica o strategica dello scenario dell’occupazione militare, il solo fatto che gli afgani “eleggano democraticamente” in un’urna, chi li governerà, è un grande schiaffo alla logica e alla intelligenza umana.
Che l’impero capitalista (Con gli USA e l’UE in testa) esporti il “sistema democratico” con “elezioni libere” in un paese impoverito e oppresso militarmente è un segnale, o almeno un sintomo, che la salute mentale degli invasori ha toccato livelli estremi di decadenza e di deterioramento.
Ed in mezzo a questo caos, tra la demenza “democratica” e la criminalità degli invasori “globali”, i talebani stanno progettando la loro ombra combattente e fondamentalista su Kabul.
Con la scusa di contribuire allo sviluppo del pianeta, un piccolo gruppo di aziende controllano a livello mondiale i semi necessari per la semina. Con i transgenici e i loro brevetti, hanno la chiave della catena alimentare.
Mario R. Fernandez di Alternativa Latinoamericana, ha indagato sull’argomento.
In cosa consiste l’industria degli agroalimentari e cosa si nasconde dietro questo lavoro teorico di “contribuire allo sviluppo nel mondo”?
In primo luogo, l’industria degli agroalimentari è un' infrastruttura produttiva mondiale di alimenti, controllata da poche corporazioni private. Si basa su qualcosa di molto antico come l' agricoltura e la produzione di alimenti, qualcosa che forma parte del processo di sviluppo dell' umanità che si trasforma in raccoglitrice e produttrice di alimenti primari per tutti. Per questo si parla della “privatizzazione” di un bene comune (common in inglese); è un modo che pochi hanno di appropriarsi di qualcosa che appartiene storicamente a tutta l’umanità. E’ trasformare l' agricoltura in industria.
Questo grande affare inizia negli Stati Uniti con i fratelli Rockfeller, la loro idea era quella di mettere in moto un progetto di espansione mondiale, di diversificazione degli affari, di dominio, di potere e ovviamente di denaro. Sono loro quelli che iniziano la denominata “Rivoluzione Verde” che comincia negli anni 50 in Messico e che dopo si completa con l’altro loro progetto, quello chiamato “Rivoluzione Genetica”.
Per aiutare tutta questa espansione, si iniziano a diffondere due argomenti che poco a poco cominciano a prendere forza. Uno, problematizzare la crescita della popolazione mondiale, una prospettiva che già era iniziata con Malthus, e dall’altra parte, l’idea che solo un sistema di “libero mercato” poteva assicurare l’alimentazione a questa crescente popolazione. Altre alternative, come ad esempio il comunismo, sono state direttamente rifiutare dallo stesso Rockfeller, per la loro inefficacia nel riuscire ad “alimentare il mondo”.
“La Rivoluzione Verde è stata una rivoluzione chimica portata avanti da corporazioni petrolchimiche che hanno imposto l’uso di pesticidi e erbicidi a molti paesi poveri che non avevano la possibilità di comprarli senza i crediti agevolati della Banca Mondiale”.
Chi controlla oggi gli alimenti e in quale modo?
Al di fuori delle corporazioni che commercializzano gli alimenti, come la Cargyll che si dedica al grano e gli speculatori che operano in Borsa, il controllo degli alimenti è veramente in mano a 4 corporazioni.F. William Engdahl le chiama “i quattro cavalieri dell’apocalisse dei transgenici” e sono i seguenti: Monsanto Corporation, Du Pont Corporation e il suo Pioniere Hi-Brend International e Daw Agro Sciences, tutte americane e Syngenta, che è svizzera. Queste corporazioni utilizzano come la loro più grande arma i transgenici o semi geneticamente modificate.
Il Congresso degli Stati Uniti ha concesso a queste corporazioni un diritto esclusivo sul brevetto di questi semi e lo ha fatto, teoricamente, per proteggere questi semi ed evitare che fossero contaminati da ADN ( materiale genetico) estraneo al genoma della pianta, evitando che venissero trasformate i sostanzialmente alterate-.
Che ruolo gioca in tutto questo il “boom” dei semi geneticamente modificati?
Questi “semi modificati”, adesso brevettati, sono un prodotto che finisce sul mercato. Le corporazioni proprietarie di questi brevetti usano strategie per collocare il loro prodotto sul mercato globale. Engdahl, nel suo libro “Semi di distruzione”, spiega tre fasi strategiche nel collocare i semi modificati geneticamente da parte delle grandi corporazioni. La prima è quella di unirsi a ..., comprare compagnie locali di una certa importanza. La seconda è quella di assicurarsi di ottenere brevetti locali di tecniche di ingegneria genetica sulla varietà, o banche di semi rilevanti. Finalmente, devono vendere i loro semi agli agricoltori o contadini e facendolo fanno firmare loro un compromesso con il quale non possono tenersi i semi della seconda generazione ma dovranno comprare i loro semi per la prossima semina dalla corporazione, qualcosa che dovranno fare ogni anno a prezzi molto alti. Queste strategie sono legali, ma usano anche tattiche illegali per imporre i loro semi geneticamente modificati agli agricoltori, contadini o paesi. La coazione diretta o indiretta per forzare l’acquisto, o il contrabbando, sono alcune di esse.
“L' industria degli agroalimentari è un' infrastruttura produttiva mondiale di alimenti, controllata da poche corporazioni private”.
Esistono paesi che non sono caduti sotto l’” invasione” dei transgenici?
Può darsi, perché il meccanismo che queste corporazioni usano per introdurre i loro semi transgenici dipende, in qualche modo, dall' Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Quindi è possibile che non tutti si siano arresi ai transgenici. Ma è difficile saperlo con certezza. Ad esempio nel 2004, il 56% del fagiolo-germogli- di soia e il 28% del cotone nel mondo, erano transgenici. Nel Terzo Mondo questi semi si sono imposti fondamentalmente per il livello di vulnerabilità che questi paesi avevano e per la complicità dei loro governi ed elite, come nel caso dell’Argentina. Ma in altri luoghi sono stati imposti con la forza, come in Iraq dopo che era stata invasa, come parte della terapia di “shock economico”.
Durante un certo periodo l’UE non aveva permesso i transgenici per questioni scientifiche e di salute, si questionavano gli effetti di questi alimenti sulla popolazione, ma nel 2006 cambia idea. Non è facile sapere quanti transgenici esistono nè in quali paesi. Attualmente gli Stati Uniti, Canada e Argentina sono quelli che hanno il maggior indice di contaminazione di grano geneticamente modificato.
Quale ruolo ha svolto e svolge in tutto questo, l’Organizzazione Mondiale del Commercio e la Banca Mondiale?
L' OMC ha aiutato ad imporre il quadro legale nel modo in cui si brevettano i semi transgenici. Il quadro legale lo costituiscono i “Diritti di Proprietà Intellettuale Relazionati con il Commercio” ( Trade Related Intellectual Propriety Rights), delle norme che tutti i paesi membri della OMC dovevano accettare per proteggere i brevetti delle piante. E’ così i semi si sono trasformati in prodotti brevettati. Nel 2003, ascoltando una richiesta di Stati Uniti, Canada e Argentina ( i paesi più contaminati dai transgenici), un pannello preseduto dal giudice svizzero Christian Haberli emette una sentenza contro l’UE per “non adempiere ai suoi obblighi” come membri dell' OMC, e questo potrebbe supporre multe annuali di cento di milioni di dollari.
D’altra parte la Banca Mondiale è stata fin dalla sua creazione, uno strumento di dominio dell’occidente, principalmente degli Stati Uniti. Le connessioni dell' elite nordamericana con la Direzione della Banca Mondiale, ha aiutato a finanziare progetti per sistemi di irrigazione, prese, ecc….elementi necessari per l’inizio della Rivoluzione Verde. La Rivoluzione Verde è stata una rivoluzione chimica portata avanti da corporazioni petrolchimiche che hanno imposto l’uso di erbicidi e di pesticidi a molti paesi poveri (o in via di sviluppo, come vengono chiamati) che non avevano la possibilità di comprarli senza i crediti dati dalla Banca Mondiale.
“Esistono strategie legali ma anche illegali per imporre i semi geneticamente modificati agli agricoltori, contadini o ai paesi”
Come possono reagire i popoli di fronte a tanto affronto? Cosa fare?
L’esempio della UE mostra che è legittimo resistere e che è possibile farlo anche se solo per frenare il processo e di creare una coscienza su questa imposizione dei transgenici, specialmente, quando non si conoscono le conseguenze che hanno sulla salute e sulla sovranità nazionale.
Vandana Shiva, premio Nobel Alternativa, ha organizzato la resistenza contadina in India ed ha contribuito alla conoscenza sui transgenici. Shiva ha scritto numerosi libri tra i quali “Monocultures of the NìMind” ( Monoculture della Mente), “Earth Democracy, _Sustainability and Peace (Democrazia della Terra. Giustizia, Sustentabilità e Pace) “India Dividia. Assedio alla diversità e alla Democrazia”. Shiva ha creato il movimento Nardanaya.
In America Latina, il movimento dei Lavoratori Rurali senza Terra del Brasile, che è uno dei movimenti più attivi e conosciuti a livello internazionale, ha lottato contro i transgenici per più di 25 anni.
A livello personale è importante che la gente sia informata. Scrittori come F. William Engdahl, con il suo libro “Semi di Distruzione. L' Agenda Nascosta della Manipolazione Genetica” hanno contribuito affinchè possiamo capire quale agenda ci vogliono imporre. Michel Chossudovsky ha mostrato ciò che si nasconde dietro la globalizzazione nel suo libro “Globalizzazione della Povertà e il Nuovo Ordine Mondiale”. Il professore Chossudosky ha anche un sito web, recentemente premiato con il Premio Internazionale di Giornalismo per la miglior homepage di investigazione internazionale www.globalresearch.ca
Per le nuove centrali nucleari Italiane lo Stato non darà alcun sussidio perché la loro costruzione sarà interamente finanziata dagli operatori privati. Lo ha dichiarato qualche giorno fa il ministro Scajola a margine dell'inaugurazione del cantiere di Mochovce, in Slovacchia, dove Enel sta costruendo due unità nucleari. Peccato che sia una menzogna. Il “nuovo” nucleare costerà molto alle indebitate casse dello stato ed Enel avrà tutti gli aiuti che servono. Anzi qualcuno l’ha già avuto. Per esempio, l’aver fatto pagare alle famiglie italiane un contratto che riguarda la messa in sicurezza di materiale radioattivo di sua proprietà. Negli anni 80 la Francia, la Germania e l’Italia si accordarono per sviluppare un progetto di reattori veloci che si sarebbero alimentati con le scorie prodotte da loro stessi. Fu usato il termine di centrali autofertilizzanti.
Di quel fallimentare progetto è rimasta una vecchia centrale a Cres Melville, in Francia, dove sono anche stoccate le barre di plutonio usate durante la breve vita dell’impianto. Un terzo di quel combustibile nucleare è di Enel che nel 1998 stipula un contratto per tenerle presso la centrale. Quel contratto aveva una clausola: entro il 2007 l’Enel doveva riprendersi le barre oppure pagare perché fossero ritrattate in Francia, trasformate in rifiuti radioattivi e quindi riconsegnate. Il 30 aprile dell’anno scorso il governo Berlusconi, usando l’azienda pubblica Sogin, perfeziona quell’accordo pattuendo il ritrattamento in 170 milioni di Euro. Il contratto prevede anche un ulteriore spesa di 133 milioni per la cessione a terzi del plutonio recuperato. Le scorie rienteranno entro il 2025.
Il problema è che nel definire il perimetro degli oneri nucleari il legislatore non aveva menzionato le scorie francesi. Quelle erano parte di un accordo di Enel con Edf che non rientrava nello smantellamento del sistema nucleare italiano. Eppure a maggio del 2008 la Sogin - per conto del governo - chiede all’Autorità per l’Energia ed il Gas, che ha il compito di erogarle i fondi per lo smantellamento, i soldi per onorare quel contratto. L’Autorità eroga quei soldi (del Arg/elt 57/09) “in via provvisoria” solo perché il governo le promette di sanare la situazione a posteriori modificando il decreto ministeriale del26 gennaio 2000, cioè la legge che definisce quali sono gli oneri nucleri
Nella sostanza: visto che il governo, maggior azionista di Enel, non vuol far pagare alla sua azienda quei soldi, li fa pagare alle famiglie italiane usando impropriamente fondi per lo smantellamento dei vecchi impianti nucleari. La legge non lo permette? Il governo sanerà la situazione a posteriori modificando a suo pro una vecchia legge. Funziona cosi la democrazia in Italia. Ma non è finita. Un’altro aiuto è arrivato solo qualche settimana fa grazie alla legge “Sviluppo” approvata dal Parlamento il 9 luglio. Con questa legge si ordina al Gestore della Rete Elettrica di immettere in rete “tassativamente” una determinata quota di energia prodotta dagli impianti nucleari “costruiti sul territorio italiano”.
Questo è possibile modificando retroattiva un legge del marzo 1999 - una consetudine ormai - che voleva favorire la produzione di energia da fonte rinnovabile. E’ infatti bastato aggiungere alla frase “fonti energetiche rinnovabili” le parole “energia nucleare prodotta sul territorio nazionale” ed il gioco è stato fatto. Inoltre con quella stessa legge le fonti rinnovabili vengono tassate indirettamente perché si costringe il produttore a pagare l’onere per la trasmissione e la distribuzione anche se la produzione e l’utilizzazione di quell’energia elettrica è sul posto. Una tassa occulta? Dire che il nucleare serve al paese è una bugia. Ed infatti nella sua ultima uscita il ministro Scaiola ha corretto il tiro. Ha detto che “sarà un’affare”. Siamo daccordo con lui. Sarà un affare. Per questo governo.
In una conferenza stampa nazionale il 22 luglio il Presidente americano Obama ha lanciato ripetuti appelli affinché si dia vita ad una "commissione indipendente di medici ed esperti sanitari" che prenda decisioni sui tagli alla spesa che il Congresso non è pronto a decidere. Ha parlato allarmato di "spese alle stelle" per Medicaid e Medicare (ovvero l'assistenza sanitaria fornita dallo stato agli indigenti ed agli anziani) dando a loro la colpa dei problemi di bilancio dell'America, ma evitando di menzionare i profitti e gli sprechi delle compagnie private di assicurazione sanitaria (HMO). Ha continuato ad inveire contro le procedure mediche "non necessarie", in particolare per gli anziani.
In una dichiarazione rilasciata subito dopo la conferenza stampa, l'economista e leader democratico Lyndon LaRouche, che dall'11 aprile aveva messo in guardia contro il "complesso neroniano" di Obama, ha dichiarato: "Il Presidente Obama a questo punto è suscettibile di impeachment perché ha proposto, di fatto, un disegno di legge che è l'esatta copia della legge per cui il regime di Hitler fu condannato al processo di Norimberga (quella sull'eutanasia). Si tratta di un reato soggetto a impeachment; proporre qualcosa del genere ai nostri tempi è un reato soggetto a impeachment".
In effetti, il Presidente Obama ha dichiarato espressamente la propria intenzione di violare la clausola della Costituzione americana che sancisce il General Welfare (il bene comune). Il suo direttore di Bilancio, Peter Orszag, ha già stilato un disegno di legge in questo senso per dar vita a quello che chiama IMAC (Independent Medicare Advisory Council), un Consiglio Indipendente sull'Assistenza Medica, che avrebbe il compito di stabilire (leggi: ridurre) i costi dei trattamenti medici. In un editoriale del 23 luglio sul Washington Post Barack Obama stesso ha chiamato la proposta "MedPAC a regime di steroidi", un riferimento al fatto che lui e i suoi consiglieri non pensano che l'attuale commissione di Medicare addetta ai costi abbia sufficiente mordente. Il nuovo Consiglio Indipendente sarà modellato sul sistema britannico NICE, che si è già dimostrato micidiale nel Regno Unito, e che viene proposto anche in altri paesi europei.
Non c'è alcun dubbio che una politica sanitaria che nega cure vitali a certe categorie della popolazione sia una politica di eutanasia, come quella di Hitler, destinata ad eliminare le cosiddette "bocche inutili da sfamare". Eppure essa viene ampiamente pubblicizzata dagli economisti comportamentali all'interno della Casa Bianca. Per dare un esempio, uno dei principali consiglieri di Peter Orszag, il Dott. Ezekiel Emanuel, ha scritto nel 1996 che i servizi sanitari non dovrebbero essere garantiti a persone "che sono irriversibilmente impediti dall'essere o diventare cittadini partecipanti. Un esempio ovvio è non fornire servizi sanitari ai pazienti affetti da demenza senile". Inoltre, nascosta nel piano di stimolo della Casa Bianca c'è una disposizione che obbliga le persone a cui è stata diagnostica una malattia terminale, come il cancro, ad incontrare il loro consulente sanitario, un dipendente dell'IMAC, per ricevere consigli su come rifiutare trattamenti che prolungherebbero la loro vita, sugli ospizi, il suicidio assistito e via dicendo.
Un numero crescente di americani, grazie al lavoro di informazione svolto da LPAC, il comitato politico che fa capo a LaRouche, si stanno rendendo conto del pericolo, inclusi molti congressisti che si vedono zittiti da tecnocrati "indipendenti" (e non eletti) e molti medici le cui decisioni mediche verranno dettate loro dalla stessa Commissione Indipendente (vedi nota seguente sulla rivolta al Congresso). LaRouche ha sottolineato che la priorità per la popolazione a questo punto è sconfiggere questo disegno di legge stile Hitler, che aprirebbe le porte al fascismo.
Benché Obama parli in termini populistici dell'esigenza di garantire l'assistenza sanitaria a tutti gli americani, è impossibile ridurre la spesa sanitaria del 30%, come pretende, estendendo al contempo l'assistenza medica a milioni di americani e continuando a fornire cure mediche di qualità. Soprattutto in tempi di grave crisi, quando la disoccupazione arriva alle stelle e l'economia reale continua a disintegrarsi.
Obama cerca di istituzionalizzare la detenzione a tempo indeterminato
di Tom Eley
Alcuni servizi stampa hanno rivelato che il governo Obama sta prendendo in esame la creazione su suolo americano di una prigione e di un complesso giudiziario destinati a sottoporre a processo e incarcerare sospetti di terrorismo presenti e futuri. Esso comprenderebbe una installazione per detenervi a tempo indeterminato persone incarcerate senza un giudizio e private del diritto a un processo come la costituzione impone.
I servizi mettono in evidenza i programmi profondamente antidemocratici dell’amministrazione Obama, la quale non solo sta continuando gli indirizzi indiscriminati e le imposizioni quasi dittatoriali dell’amministrazione Bush, ma sta addirittura cercando di istituzionalizzarli.
Dei funzionari governativi hanno parlato del progetto come di "un’aula di tribunale situata entro le installazioni carcerarie" da usarsi congiuntamente dai Dipartimenti della Difesa, della Patria Sicurezza, e della Giustizia. Essa abbinerebbe tribunali civili e commissioni militari,erodendo cosi’ ulteriormente il principio di un sistema giudiziario civile costituzionalmente indipendente. Cio’ segnerebbe un ennesimo attacco al granitico diritto democratico dell’habeas corpus, ossia al diritto di un cittadino a contestare in un tribunale la propria detenzione.
Il progetto e’ in corso di esame da parte di un gruppo presidenziale speciale che sta contemporaneamente occupandosi di altre possibili misure da applicarsi alle persone tuttora incarcerate a Guantánamo, in tutto 229 detenuti, come pure ad altri prigionieri catturati durante la cosiddetta "guerra al terrorismo". Tale unita’ speciale potrebbe rendere note alcune delle sue proposte entro questo mese.
Data l’insistenza con cui l’amministrazione Obama sottolinea che il presidente ha la prerogativa, quale comandante in capo, di ordinare l’arresto e l’incarcerazione di "sospetti di terrorismo" (cittadini americani compresi) il progetto di un carcere di massima sicurezza e di un complesso giudiziario e’ di un particolare cattivo augurio.
Mentre Obama ha lasciato cadere l’uso formale del termine "combattente nemico", il suo governo ha continuato in tutti i suoi particolari essenziali la politica dell’amministrazione Bush, come ha fatto notare un giudice federale in un recente giudizio riguardante il processo di Abdul Rahim al Janko. (Vedi:"Un semplice cambio di nome: l’amministrazione Obama abbandona l’uso della denominazione 'combattente nemico’ ").
In modo analogo il governo Obama difende la pratica [illegale] della cosiddetta "extraordinary rendition", mediante la quale supposti terroristi vengono rapiti da agenti del servizio segreto americano e trasportati in altri paesi per esservi interrogati e torturati [fuori dal territorio e dalle leggi degli Stati Uniti]. Si oppone inoltre a qualsiasi investigazione o azione legale nei confronti dei funzionari dell’amministrazione Bush che hanno approvato e soprainteso all’impiego della tortura a Guantánamo, nelle carceri americane in Irak e in Afghanistan, e nei "luoghi neri" segreti che la CIA mantiene in tutto il mondo.
Le fonti informative governative affermano che entro il progettato complesso carcere-tribunale i detenuti potranno essere sottoposti a processi penali federali, a commissioni militari, o a detenzione a tempo indeterminato senza processo. Questa terza categoria riguarderebbe prigionieri dichiarati pericolosi dall’amministrazione ma per i quali le prove di colpevolezza sono insufficienti o vennero raccolte con la tortura.
Inoltre potranno essere incarcerati nelle nuove installazioni anche i prigionieri prosciolti da tutte le imputazioni relative al terrorismo, ma che non trovino una nazione che li accetti.
L’indifferenza manifestata dalla classe politica americana e dai mezzi di informazione circa i diritti democratici e’ tale che un progetto destinato a tenere in carcere a tempo indeterminato anche coloro che vengono dichiarati innocenti dal governo solleva appena un borbottio di critiche, mentre il Washington Post osserva in modo sbrigativo che "una nuova installazione potrebbe comprendere un’unita’ di piu’ bassa sicurezza… per detenuti prosciolti da rilasciare."
Le fonti informative governative segnalano inoltre che se l’amministrazione Obama vorra’ portare avanti il progetto suddetto dovra’ procurarsi in qualche modo l’approvazione del Congresso, con lo scopo trasparente di dare una vernice democratica a delle politiche profondamente antidemocratiche che getterebbero le basi della soppressione in America di ogni dissenso politico e di una repressione su scala massiccia.
Il progetto rivela la natura emblematica e cinica dell’ordine esecutivo di Obama di chiudere Guantánamo emesso nella settimana della sua entrata in carica con grande clamore dei mezzi di informazione. Tale iniziativa era dettata dal desiderio di eliminare cio’ che era divenuto un simbolo internazionale della illegalita’ e della brutalita’ americane, con conseguenze negative per le mire imperialiste degli Stati Uniti nel mondo. Ma dietro gli sforzi miranti a migliorare l’immagine di Washington, la sostanza antidemocratica rimane. Il progetto del complesso tribunale-carcere e’ in linea con una generale affermazione da parte della amministrazione Obama di poteri esecutivi indiscriminati e virtualmente incontrollati. Il Dipartimento della Giustizia di Obama ha espresso chiaramente la sua determinazione di ampliare l’interpretazione giudiziaria del privilegio del "segreto di stato", sulla base del quale il governo e’ intervenuto per sospendere, in nome della sicurezza nazionale, procedimenti legali promossi da vittime delle politiche della amministrazione Bush riguardanti la famigerata "extraordinary rendition", la tortura, e lo spionaggio domestico.
Il mese scorso alcuni avvocati del Dipartimento della Giustizia hanno presentato una memoria – un cosiddetto "amicus curiae" - nel corso di un giudizio innanzi alla Corte Suprema riguardante il privilegio avvocato-cliente. Le ultime cinque pagine della memoria erano dedicate alla dottrina della difesa del segreto di stato, pur non avendo cio’ alcuna attinenza con il caso in esame.
Tale memoria mira a indurre la Corte Suprema ad emettere direttive in merito al segreto di stato sulla base del fatto che il privilegio trovasi radicato nella Costituzione (e’ il discutibile punto di vista che Obama continua a sostenere dopo Bush) e che percio’ va consentito che i ricorsi presso il governo da parte di tribunali di grado inferiore che rigettano richieste riguardanti il segreto di stato pervengano subito a tribunali di piu’ alto grado anziche’ attendere che il caso venga risolto in prima istanza.
La memoria degli avvocati del Dipartimento della Giustizia cita una decisione della Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Fourth Circuit in cui si approva che venga rigettata l’azione legale promossa da un cittadino tedesco, certo Khaled el-Masri, che denunciava di essere stato rapito e torturato dalla CIA. Un rapporto del Consiglio d’Europa aveva confermato le rivendicazioni di el-Masri, ma la sua istanza venne respinta sulla base della questione del segreto di stato sostenuta dal Dipartimento della Giustizia di Bush.
L’avvocato Jon B. Eisenberg ha definito il documento della amministrazione Obama una ricapitolazione "della buona e congenita vecchia teoria Bush-Cheney circa il potere presidenziale". L’avvocato Eisenberg rappresenta un istituto di beneficenza, la Fondazione Islamica Al-Haramain dell’Oregon, che denuncia di essere stata oggetto durante il governo Bush di sorveglianza elettronica sprovvista di mandato. I legali dell’amministrazione Obama hanno invocato il privilegio del segreto di stato nel tentativo di impedire ai legali della Fondazione dei prendere visione delle prove a carico dei loro clienti in possesso del governo.
Le implicazioni del segreto di stato sono chiarissime. Come scrive Adam Liptak, corrispondente legale del New York Times, "Concedendo al ramo esecutivo vicino al potere unilaterale la facolta’ di fare rigettare le pratiche per motivi di sicurezza nazionale, il privilegio puo’ diventare un mezzo per nascondere un comportamento doloso da parte del governo".
E qui viene di nuovo alla luce la retorica di Obama sul "cambiamento". Come fa ancora notare Liptak, "durante la campagna elettorale e nel corso di dichiarazioni piu’ recenti il Presidente Obama ha affermato che vuole limitare l’uso del privilegio del segreto di stato. Tuttavia nelle aule di tribunale ben poche prove si sono avute di nuovi atteggiamenti in tal senso". Comunque, Obama ha intensificato l’attacco del suo predecessore ai diritti democratici, e cio’ perche’, nel senso piu’ fondamentale, i principii democratici basilari sono incompatibili con le politiche centrali della classe americana al potere: all’estero l’espansione del militarismo e della guerra, e in patria una ulteriore redistribuzione di ricchezza dalla classe lavoratrice alla élite finanziaria.
Gli ultimi atti di Obama dimostrano ancora una volta l’impossibilita’ di difendere le liberta’ basilari entro il contesto dell’organizzazione politica ed economica esistente, e la necessita’ di un movimento politico della classe lavoratrice che difenda i diritti democratici.
La gente di sinistra deride The Wall Street Journal. In effetti le pagine editoriali contengono alcuni tra i più brutti e volgari commenti immaginabili. Le posizioni espresse negli editoriali potrebbero vincere il premio Benito Mussolini, se non Josef Goebbels.
Eppure i dati economici, le analisi e gli approfondimenti restano ineguagliati dagli altri principali quotidiani di informazione in lingua inglese, inclusi The Financial Times e The New York Times. Un amico una volta mi offrì questa spiegazione: "la classe dominante ha bisogno di fatti nudi e crudi per prendere decisioni informate, mentre la propaganda è lasciata a The New York Times e agli altri più importanti fogli di informazione". Forse è così, ma posso testimoniare che non ho ancora trovato migliore e puntuale fonte di informazione economica, anche sotto la proprietà di Rupert Murdoch. La motivazione risiede almeno in parte nella folta schiera di personale, costituita da 700 ricercatori, ridotta da Murdoch ma sorprendentemente libera da esigenze editoriali. Naturalmente un lettore deve scavare attraverso o dietro molti articoli per afferrare il significato delle analisi offerte, ma questo è compito del marxista diligente.
Un caso tipico è fornito da un recente articolo di Ellen E. Schultz, titolato Top Earners’ Pay Is Seen Eroding Social Security, pubblicato il 21 luglio 2009 (http://online.wsj.com/article/SB124813343694466841.html). Questo articolo pregevole si basa su un esame intelligente dei dati delle imposte per la previdenza sociale. In generale, i dati dei salari e degli stipendi non sono distinti per classi di reddito, quando presentati dagli esattori del nostro governo, amico dei capitalisti. Di conseguenza, separare il reddito per classi è controversa speculazione dei commentatori. Ma l'Istituto della Previdenza Sociale, nella sua saggezza, abbuona ai ricchi il pagamento delle imposte previdenziali per i redditi al di sopra di un certo livello (sostenendo che ciò costituirebbe un onere eccessivo per la classe agiata). I ricercatori del WSJ [The Wall Street Journal] usano tale livello come plausibile spartiacque tra "dirigenti e gli altri dipendenti con compensi elevati" e il resto di noi; illustrano quindi i dati sui redditi usando questo limite non ufficiale, ma capace di rappresentare in maniera quanto mai suggestiva la spaccatura tra classe operaia e classe proprietaria. Ecco le loro conclusioni:
* Più di un terzo di tutti i salari e stipendi va alla classe dei "dirigenti e degli altri dipendenti con compensi elevati", che costituisce il 6% dei lavoratori. Al restante 94% dei dipendenti salariati restano i due terzi.
* La quota per il 6% dei dirigenti è cresciuta dal 28% del 2002 al 33% del 2007, con una variazione di quasi il 18% in soli 5 anni!
* Gli stipendi del 6% dei dirigenti sono aumentati del 78% negli ultimi dieci anni, mentre il resto di noi ha ottenuto mediamente un aumento salariale del 61%.
- Nei 5 anni tra il 2002 e il 2007 – anni di forte "ripresa" economica – la classe dei "dirigenti e degli altri dipendenti con compensi elevati" ha goduto di un guadagno del 48%, mentre i salari della classe operaia sono cresciuti solo del 24%, la metà dell'aumento ottenuto dai ricchi.
* La crescita dell'aumento salariale del 6% dei dirigenti è di gran lunga sottostimata, essendo esclusi un insieme di interessi, partecipazioni, benefit e molte altre categorie reddituali nascoste.
* L'eliminazione del tetto al versamento dei contributi potrebbe garantire, secondo le proiezioni attuariali, la solvibilità dei Fondi della Previdenza per i prossimi 75 anni.
Dopo aver digerito lo shock dell'estrema disparità tra salari, occorre osservare in particolare la tendenza in crescita della sperequazione tra redditi, attestata dai dati dell'Istituto della Previdenza Sociale. Le disuguaglianze hanno ricevuto un'accelerazione negli ultimi dieci anni, in coincidenza con la "ripresa" dalla recessione della new economy e generando una ancor maggiore disparità tra salari. Si osservi che i dati illustrati non tengono conto della crisi economica del 2008/2009, ma la tendenza passata suggerisce chiaramente che è in serbo, per il 94% dei dipendenti salariati, una maggior disparità connessa a qualsiasi piano di recupero.
La traiettoria dei redditi monitorati nello studio di The Wall Street Journal attesta come una quota dei frutti del lavoro vada in misura decisa e crescente a favore della proprietà e dei suoi servi. In termini marxisti, questo fatto incontestabile è indice di un parallelo aumento del tasso di sfruttamento. Per i lavoratori, l'unico rimedio si trova nella risoluta e consapevole militanza di classe. Constatata la crescita del saggio di sfruttamento, non si può non concludere che la dirigenza sindacale e politica organizzata della classe lavoratrice non è riuscita a ridurre questa offensiva di classe contro il lavoro: l'approccio del passato è quindi fortemente inadeguato rispetto a quello necessario per conquistare la giustizia sociale per i lavoratori.
Occorre prestare attenzione all'ultimo punto esposto nell'articolo del giornale, che suggerisce una soluzione semplice e indolore all'inevitabile e spaventosa crisi della previdenza sociale: eliminare il limite al versamento delle imposte. Ogni giorno – guardando una spilla di un vecchio e stimato militante, Fred Gaboury – mi viene in mente la rivendicazione per la cancellazione del tetto sulle imposte per la previdenza. Sulla spilletta di Fred si legge: Taglia il Tetto. Quando la spilla è stata prodotta erano esenti dall'imposta i redditi superiori a 72.600 dollari annui. Oggi il limite è di 106.800 dollari. Sono passati anni e non siamo ancora riusciti a generare la volontà politica per intraprendere questo piccolo passo verso la giustizia e l'equità. Una vergogna per nostri politici dagli interessi corporativi...
Nella lunga conferenza stampa del presidente del Consiglio c’è stata una sorta di apoteosi per quanto fatto in questo scorcio di legislatura. Partendo dalla solita filippica contro chi ha tentato e sta tentando, senza riuscirvi, di fermare la sua marcia, il leader del Pdl si dice convinto di restare a Palazzo Chigi per altri 4 anni. E’ ovvio che la sua irritazione e rabbia è legata alla questione delle feste a luci rosse che gran parte dei media di centrosinistra gli rimproverano. Ma a noi questo aspetto interessa poco. Quello che maggiormente ci preoccupa è il programma politico e strategico di questo governo di centrodestra, a cominciare dalla questione prioritaria del lavoro sempre più afflitto dalla precarizzazione. Il Cavaliere in un eccesso di entusiasmo e di megalomania si vanta di aver messo a segno una serie infinita di successi, dall’accordo con Gheddafi per fermare i clandestini alla questione sicurezza con i militari al controllo delle strade. Senza dimenticare il ruolo avuto nel terremoto abruzzese, dove il suo attivismo sarebbe alla base della ripresa e della ricostruzione dell’Aquila e dei paesi circostanti. Ha parlato di consegna delle prime case, costruite con sistemi antisismici, a breve che saranno impreziosite “da giardini, prati, fiori e alberi ad alto fusto e arricchiti con delle sculture. Le case saranno già arredate, segno della cura e dell’amore cui si procede”. Non vorremmo essere irrispettosi ma ci sembra che il progetto del Cavaliere non sia quello di ridare l’Aquila agli aquilani ma sia quello di costruire tante piccole villa Certosa. E questo vorrebbe dire cancellare le radici storiche e culturali di tanta gente, legata alla città delle 99 fontane, delle 99 piazze, delle 99 chiese.
Indubbiamente il G8 all’Aquila è stata una mossa azzeccata e soprattutto è stata indovinata la mossa di rendere ogni presidente che via ha partecipato responsabile di qualche progetto, come quello della ricostruzione dei monumenti o delle chiese o delle piazze. Ma la via della realizzazione di una nuova città su modello di piccoli centri commerciali ci sembra fuori luogo, perché segnerebbe la fine di una identità storica come quella rappresentata dall’Aquila. Nella sua mega conferenza stampa il presidente del Consiglio si è vantato della cosiddetta politica del cucu che avrebbe permesso di istaurare con gli altri leader europei e mondiali rapporti di amicizia, stima e simpatia. “La fiducia in Silvio Berlusconi -dice- era al 72% dopo il terremoto, forse gli italiani avevano apprezzato quelle 44 ore di non dormire che mi erano costate 21 caffè. Oggi è al 68,2%. E’ un record assoluto”. Indubbiamente la simpatia del Cavaliere è alla base di questo consenso ma non per le cose fatte bensì per la nullità degli esponenti della sponda opposta.
Se gli italiani debbono decidere tra Prodi, D’Alema, Veltroni, da una parte, e Berlusconi, dall’altra, è chiaro che scelgono l’uomo di Arcore. I loro governi non hanno lasciato traccia anzi purtroppo l’hanno lasciata nel lavoro con il pacchetto Treu, in politica estera con il bombardamento di Belgrado e con le missioni di guerra in altri paesi. Ma con Berlusconi a Palazzo Chigi la politica non si è poi tanto distaccata da quelle linee tracciate da Prodi e company, con la legge Biagi e con la partecipazione alla guerra in Iraq e in Afghanistan. Tra le tante cose dette dal presidente del Consiglio nella sua lunga e ridicola conferenza stampa c’è da annotare la sua promessa di non avere scheletri nell’armadio, tali da essere ricattabile. Purtroppo lo scheletro della sovranità svenduta è presente in tutti gli armadi, anche in quello di Berlusconi.
La crisi finanziaria nord-americana produce un onda d'urto nel contesto dell'economia globale. Le risorse dei paesi in via di sviluppo si prosciugano, mentre il costo del denaro sale. Una nuova crisi del debito è imminente. Economie emergenti possono essere travolte da questa ondata. Qui la questione non è se i banchieri dei paesi ricchi ricevono il loro bonus, ma come le popolazioni nei paesi poveri possono sopravvivere.
Anche se rappresenta una quota molto importante del bilancio statale [1], il rimborso del debito pubblico tra il 2004 e il 2008 non è stato un grosso problema per la maggior parte dei paesi a medio reddito e per paesi esportatori di materie prime in generale. Infatti, la maggior parte dei governi di questi paesi hanno trovato prestiti a tassi di interesse storicamente bassi che hanno permesso loro di trovare i fondi necessari. Tuttavia, la crisi del debito privato scoppiati nella maggior parte dei paesi industrializzati nel 2007, ha radicalmente modificato le condizioni di indebitamento dei "Paesi in via di sviluppo" (PED), che si dirigono verso una nuova crisi del debito.
Un pò di storia... Nel corso degli ultimi due secoli della storia del capitalismo, diverse crisi internazionali del debito sono scoppiate (tre nel 19° secolo, e due nel 20° [2]). Essi sono direttamente interessati al destino dei Paesi emergenti [3]. Le origini della crisi e i momenti in cui si verificano sono strettamente connessi al ritmo dell'economia mondiale, soprattutto a quello della maggior parte dei paesi industrializzati. Ogni crisi del debito è stata preceduta da un periodo di surriscaldamento delle economie del Centro nel corso del quale vi è stata una sovrabbondanza di capitale che è stato riciclato nelle economie della "periferia". La crisi di solito è generalmente provocata da una recessione o un crac improvviso che interessano alcune delle principali economie industrializzate. La crisi scoppiata nel 2007-2008 nella Triade [4] conferma questa "regola".
Tra il 2004 e il 2008, gran parte dei paesi in via di sviluppo hanno visto i loro proventi d' esportazione fortemente aumentati a causa di aumento dei prezzi delle merci che vendute sul mercato mondiale: gli idrocarburi (petrolio e gas), minerali e prodotti agricoli. Ciò ha contribuito a disegnare su queste entrate di valuta estera per rimborsare il debito ed avere sufficiente credibilità per fare nuovi prestiti.
Inoltre, le banche commerciali del Nord, che avevano notevolmente ridotto i loro prestiti alla fine degli anni '90 in seguito alle crisi finanziarie nei paesi in via di sviluppo, hanno progressivamente aperto le porte ai prestiti a partire dal 2004 al 2008 [5]. Altri gruppi finanziari privati (fondi pensione, compagnie di assicurazione, hedge fund) hanno dato credito a paesi in via di sviluppo attraverso l'acquisto di buoni da emettere sulle principali piazze finanziarie. Alcuni Stati hanno anche aumentato l'offerta di credito ai paesi in via di sviluppo, dalla Cina che ha fatto prestiti a 360° al Venezuela, che finanzia l'Argentina e paesi dei Caraibi. In generale, i tassi applicati sono decisamente più favorevoli rispetto a quelli che hanno prevalso fino agli inizi del 2000. Vi è anche l'abbondante credito concesso ai paesi in via di sviluppo locale dalle banche estere che operano nel sud.
Il passaggio del 2007 Un cambiamento è stato fatto con la crisi del debito privato, nella maggior parte dei paesi industrializzati nel 2007 [6]. L'esplosione della bolla speculativa nel mercato immobilare degli Stati Uniti ha portato al crollo di diversi mercati del debito per i privati (mercato subprime, di ABCP [7], CDO [8], il LBO [9], CDS [10], ARS [11] ...). Questa crisi è lungi dall'essere conclusa e il mondo è sta scoprendo le sue numerose implicazioni.
Mentre il denaro del credito continua a fluire fino a luglio 2007, varie fonti si sono prosciugate improvvisamente al Nord.Le banche private completamente invischiate nella barcollante montatura di debiti hanno cominciato a diffidare le une delle altre e sono diventate riluttanti a prestare denaro. Ci sono voluti il governo degli Stati Uniti, dell' Europa occidentale e del Giappone per iniettare liquidità massiccia e ripetuta (più di 2 000 miliardi di dollari e di euro nel 2007-2009) per evitare la paralisi del sistema finanziario del Nord. Nel frattempo, le banche private che si finanziano con la vendita di titoli non garantiti non hanno più trovato acquirenti nei mercati finanziari del Nord.Hanno iniziato a consolidare i loro conti ammortizzando le enormi perdite causate dalle loro operazioni avventurose degli ultimi anni. Per uscirne, hanno dovuto fare affidamento sui trasferimenti di denaro. Questo denaro è stato previsto inizialmente dai fondi sovrani dei paesi asiatici e del Golfo Persico. Poi, gli Stati del Nord Stati sono accorsi in massa per il salvataggio. Le banche che non hanno trovato in tempo nuovi capitali sono state acquisite da altre (Bear Stearns [12] e WAMU sono state acquistate da JPMorgan) o dallo Stato (in Gran Bretagna, Northern Rock Bank, Royal Bank of Scotland e il credito ipotecario Bradford & Bingley, il governo dei Paesi Bassi ha acquistato ABN Amro, il governo belga ha acquistato Fortis Bank temporaneamente per poi rivendere a BNP Paribas, il governo degli Stati Uniti ha "nazionalizzato" Freddie Mac e Fannie Mae e AIG [13], ecc) .. La nazionalizzazione di Freddie Mac e Fannie Mae è un perfetto esempio di privatizzazione dei profitti in tempi di prosperità economica e sociale, e socializzazione delle perdite nei periodi di depressione. Queste due istituzioni sono state privatizzate nel momento in cui producevano grandi profitti. Con la crisi nel settore immobiliare che ha avuto inizio nel 2007, la situazione della Freddie Mac e Fannie Mae è drammaticamente peggiorata. Così aveva distribuito dividendi ai propri azionisti privati nel 2007, le due istituzioni improvvisamente assediate hanno chiesto il soccorso dello Stato perchè si facesse carico delle loro perdite. Il loro portafoglio di mutui ipotecari è pari a 5 300 miliardi di euro (vale a dire l'equivalente di quattro volte il debito pubblico estero di tutti i paesi in via di sviluppo). L' editoriale del neoliberale The Economist, del 30 agosto 2008 ha dichiarato: "Questo è l'aspetto peggiore del capitalismo: significa che gli azionisti e i dirigenti godono dei profitti, mentre i contribuenti pagano quando ci sono perdite". In un primo tempo, la maggior parte dei paesi in via di sviluppo non ha sofferto.
Nel 2007, la borsa valori di una serie di paesi in via di sviluppo hanno visto l'afflusso di fondi speculativi che fuggivano dall'epicentro del sisma finanziario, cioè il Nord America. I capitali liberati dall' esplosione della bolla immobiliare che ha attraversato l'Atlantico da ovest a est (Irlanda, Gran Bretagna, in Spagna sono stati particolarmente colpiti e l'elenco è cresciuto nel corso del tempo) si sono gettati in altri mercati: le scorte di materie prime e alimentari che si trovano nel Nord (aumentando in tal modo l'aumento dei prezzi) e alcune Borse del sud. Ma questo non durò a lungo: nel 2008, tutte le borse del sud sono state le grandi perdenti. Alcune di esse si sono divise gli aumenti di nuovo nel 2009 (Cina, Taiwan, Brasile, Russia ...), ma per quanto tempo?
Inoltre, la decisione della Federal Reserve degli Stati Uniti, di abbassare ripetutamente i tassi di interesse ha alleviato temporaneamente l'onere del debito del sud. Ma la situazione è cambiata radicalmente a metà del 2008 quando i paesi a rischio sono aumentati bruscamente e quando le banche del Nord hanno limitato la fornitura di nuovi prestiti per rifinanziare il pagamento del debito. Allo stesso modo, gli investitori istituzionali (fondi pensione, compagnie di assicurazione, banche ...) hanno ridotto l'acquisto di obbligazioni del Sud in primo luogo per l'acquisto dei buoni del Tesoro degli Stati Uniti. I prezzi delle materie prime, che erano rimasti alti fino a luglio 2008, hanno iniziato un forte declino. Inoltre, nel 2008-2009, le valute dei paesi latino-americani si sono svalutate nei confronti del dollaro. Questo aumenta di nuovo il costo del debito estero, che è pagato per la maggior parte in dollari.
La Banca dei regolamenti internazionali (BRI) afferma: "La crisi economica e finanziaria ha colpito le economie emergenti "(ECEM) nell'ultimo trimestre del 2008. Il fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008 è stato seguito da un declino senza precedenti della domanda per le esportazioni, che ha coinciso con una diminuzione significativa di prestiti bancari a livello internazionale e degli investimenti di portafoglio all'estero. Il tasso di cambio in molti paesi è svalutato, il valore delle azioni è diminuito e il costo del finanziamento esterno è aumentato drammaticamente. Con il rallentamento della spesa per consumi e gli investimenti nelle economie avanzate, la domanda di esportazioni delle Economie emergenti è crollata, ciò ha accentuato l' inversione dei flussi di capitali e si è concluso un lungo periodo esportazione guidata e sostenuta dalla crescita dell'afflusso di fondi [14]. "
Il calo delle riserve valutarie di paesi in via di sviluppo 2008-2009 Sempre secondo la BRI, le riserve in valuta estera dei paesi in via di sviluppo hanno iniziato a scendere: "La scorta di valuta straniera, dopo un picco nel 2008, è fortemente diminuita in molti paesi emergenti, per un importo di oltre 4 300 miliardi [di dollari] per l'intero gruppo nel gennaio 2009. […] Così, nel primo trimestre del 2009, il livello delle riserve di valuta estera era scesa all' 80% di quello del giugno 2008 in Corea e India, circa il 75% in Polonia e il 65% in Russia. In caso di persistenza di shock esterni, queste forature sollevano delle questioni, anche se restano abbondanti scorte, in base ai tradizionali indicatori [15]. "
Il rallentamento della crescita economica, chiaramente visibile in Nord America, Europa e Giappone, si è tradotto in una riduzione delle esportazioni di prodotti, soprattutto da parte della Cina, Messico e altri paesi asiatici. La domanda sul mercato interno cinese non sarà in grado di compensare la riduzione della domanda esterna.
Il reflusso dell' attività economica nei paesi industrializzati, in Cina e in altri paesi asiatici grossi consumatori di materie prime (Malesia, Tailandia, Corea del Sud ...) e la riduzione del capitale a disposizione per speculare ial rialzo sui mercati del futuro, hanno portato ad una riduzione dei prezzi di petrolio e di quasi tutte le altre materie prime (compresi i prodotti agricoli): "Il calo della spesa per beni di consumo durevoli in paesi avanzati nel corso del secondo semestre del 2008 ha pesato fortemente sulle esportazioni dell'industria automobilistica e delle tecnologie dell'informazione (IT). Per l'automobile, che rappresenta una parte significativa del PIL in molte economie emergenti (3% in Turchia, 6% in Messico, 8% in Corea e della Thailandia e oltre il 10% in Europa centrale), le esportazioni sono diminuite, ad esempio del 45% in Messico, nel febbraio 2009 e il 54% in Turchia, nel primo trimestre del 2009. […] Inoltre, il rallentamento della crescita globale ha fatto precipitare i prezzi dei prodotti di base. Tra il luglio 2008 e marzo 2009, il prezzo del petrolio è calato del 65% e quelli di altre materie prime, del 34%. Ma le materie prime rappresentano oltre il 40% delle esportazioni in America Latina (oltre il 20% in Messico) [16]."
A ciò va aggiunta una significativa riduzione del flusso di migranti verso i loro paesi di origine. I lavoratori messicani, ecuadoriani, boliviani che lavorano nel settore delle costruzioni negli Stati Uniti e la Spagna sono direttamente colpiti dalla crisi degli immobili e in massa perdono il loro lavoro.
Inasprimento delle condizioni di prestito Mentre calano le entrate dello Stato, la spesa per il rimborso del debito aumenta. Le banche stanno riducendo la loro offerta di credito ed esigono premi di rischio più elevati. Le perdite che le banche dovevano assorbire sono state costantemente elevate dal 2007. Il numero di mancati pagamenti è aumentato nel Nord. Il mercato dei CDS, gli strumenti derivati non regolamentati che avrebbero dovuto tutelare i detentori di titoli di debito nei confronti del rischio di mancato pagamento, è immerso nell' incertezza quanto le somme in gioco che sono enormi [17].
E siamo solo all'inizio dell'inasprimento delle condizioni. Nel giugno 2008, la BRI ha scritto: "Anche se i premi sovrano (ad esempio, premi di rischio che le autorità pubbliche devono pagare ai finanziatori) restano ben al di sotto dei livelli osservati nel corso dei precedenti episodi di turbolenze finanziarie, sono molto più elevati rispetto al primo semestre del 2007, così le tensioni sui finanziamenti potrebbero diventare vincolanti "[18]. La BRI ha detto di più: "Per quanto riguarda il recente aumento dei premi di rischio sulle obbligazioni è stato spesso superiore ai premi sovrani, il che lascia supporre che alcuni mutuatari cominciano a sentire gli effetti dell' irrigidimento delle condizioni di credito, dopo molti anni di facile debito [19]." Eppoi: "Nel contesto delle turbolenze che affliggono le banche nelle economie avanzate, la seconda principale fonte di vulnerabilità per alcune economie emergenti è il rischio che diminuiscano le entrate di capitali bancari. In passato, questi flussi si sono invertiti bruscamente in diverse occasioni, come nei primi anni del 1980 per l'America Latina e nel 1997-1997 per i paesi emergenti in Asia [20]. "
Nella versione seguente del suo rapporto, nel 2009, la BRI, ha dichiarato: "In America Latina, per esempio, nel primo trimestre del 2009, diverse grandi banche internazionali non hanno rinnovato il 50-60% delle linee di credito commerciale concesse nel 2008. Inoltre, i rimpatrio degli utili sono notevolmente aumentati, in alcuni casi, perché, come le banche internazionali, molte multinazionali hanno bisogno di liquidità nel loro mercato. Secondo il Centro per lo sviluppo dell'OCSE, il rimpatrio dei fondi verso le società madri spiegano il calo degli utili non distribuiti e dei prestiti. Dal momento che l'attuale crisi è accompagnata da una contrazione senza precedenti a livello mondiale delle attività economiche, è estremamente difficile prevedere quando e in quale misura il capitale privato tornerà verso le economie emergenti [21]."
Conclusioni
La conseguenza della crisi che è scoppiata nella maggior parte dei paesi industrializzati, è che le condizioni di prestito si sono già notevolmente inasprite nei paesi in via di sviluppo. Le grandi riserve di valuta estera che avevano accumulato nel corso degli ultimi anni sono state uno shock per gli effetti di questo inasprimento, ma probabilmente non basta a proteggerli completamente. Alcuni anelli deboli nella catena del debito del Sud sono direttamente colpiti dalla riduzione dei costi delle materie prime. C'è ad esempio il caso dell' Ecuador (calo dei prezzi del petrolio) e dell'Argentina (calo del prezzo della soia esportati).La situazione non è sotto controllo e si deve agire con decisione per garantire che questa non è la gente che paga ancora una volta il prezzo elevato [22].
Eric Touissant è presidente del CADTM Belgio (Comitato per l'annullamento del debito del Terzo Mondo). Ultimo libro pubblicato: Banque du Sud et nouvelle crise internationale, CADTM / Syllepse, 2008.
NOTE: [ 1 ] Tra il 20 e il 35% del bilancio dello Stato è rivolto al rimborso del debito pubblico in molti paesi. Nel caso del Brasile, la quota del bilancio dello Stato per il rimborso del debito pubblico interno ed esterno è quattro volte superiore alla somma delle spese per l'istruzione e la salute! Vedi Rodrigo Vieira de Ávila, "Brasile: La dette publique est toujours bien là!"
[2] Vedi Eric Toussaint, La Finance contre les peuples, CADTM-Syllepse-Cetim, 2004, capitolo 7. Vedi anche Eric Toussaint, Banca mondiale: il colpo di Stato permanente. L'ordine del giorno del Consenso di Washington, CADTM-Syllepse-CETIME, 2006, capitolo 4.
[3] Nel 19 ° secolo, hanno agito specialmente dall' Argentina, Egitto, Tunisia, Cina e Impero Ottomano.
[4] Si chiama Triade del Nord America, Europa e Giappone.
[5] "I crediti transfrontalieri delle banche dichiarati al BRI sulle economie emergenti è stato stimato in 2600 miliardi di euro nel 2007, con un incremento di 1.600 miliardi di euro in cinque anni", Banca dei regolamenti internazionali (BRI), 78a Relazione annuale, Basilea, giugno 2008, p. 44.
[6] Per un'analisi dettagliata dell'esplosione della crisi e del contesto internazionale, si veda Eric Toussaint, Banque du Sud et nouvelle crise internationale, CADTM-Syllepse, Liegi-Parigi, 2008, capitoli 9 e 10.
[7] Le carte commerciali Nord-americane (asset backed commercial paper, ABCP) sono titoli di debito emessi da banche o altre società del mercato finanziario per un breve periodo (da 2 a 270 giorni). Questi titoli di debito non sono garantiti da una controparte (una proprietà, per esempio). Essi si basano sulla fiducia che l'acquirente di carta commerciale ha nei confronti della banca o la società che lo vende.
[8] Collateralized Debt Obligation.
[9] Debito Leveraged Buy-Out. Operazioni di acquisizione di società finanziata da debiti.
[10]Credit Default Swap. L'acquirente di un CDS intende acquisire la protezione contro il rischio di mancato pagamento di un debito. Il mercato del CDS è cresciuto considerevolmente a partire dal 2002. Gli importi coinvolti nel CDS èsono stati moltiplicati per 11 tra il 2002 e il 2006. Il problema è che tali polizze assicurative vengono vendute senza alcun controllo delle autorità pubbliche. L'esistenza di questi CDS ha incoraggiato le imprese a prendere più rischi. Credono di essere protetti nei confronti di un difetto di pagamento, i finanziatori concedono prestiti senza verificare la capacità di rimborso del mutuatario.
[11]Auction Rate Securities. Questi titoli venduti negli Stati Uniti rappresentano prestiti ai comuni, le università (per le borse di studio per gli studenti) e agli ospedali. Ogni settimana, i clienti possono acquistare o vendere tramite un sistema di vendita all'asta. Nel giugno-luglio 2008, il mercato è crollato e le banche che avevano commercializzato i debiti per l'acquisto hanno chiesto ai loro clienti di pagare le ammende allo Stato. I relativi importi sono stimati a 330 miliardi di dollari e le ammende pagate da UBS ($ 150 milioni), Citigroup (100 milioni), JPMorgan, Morgan Stanley ... pari a diverse centinaia di milioni di dollari.
[12]Bear Stearns, la 5° banca degli Stati Uniti, è rimasta completamente travolta dal mercato dei CDS.
[13]AIG, il principale gruppo assicurativo mondiale, è stato anch'esso completamente impantanato nel mercato dei CDS.
[17] "In particolare, molte società brasiliane, coreane, polacche e società messicane erano entrate in contratti derivati con le banche locali o straniere nel 2007 e nel 2008, per proteggere i loro proventi da esportazione nei confronti di un forte apprezzamento della moneta locale e anche, talvolta, per speculare su un ulteriore aumento. Queste posizioni non sono generalmente incluse nel bilancio. Quando i tassi di cambio sono diminuiti rispetto al dollaro o l'euro, hanno subito pesanti perdite stimate intorno al 0,8% del PIL della Corea e di oltre l'1% in Polonia. "Fonte: BRI, 2009, Op. cit ., p. 89.
[18] BRI, 2008, cit. p. 55.
[19] La BRI scrive: "Il credito bancario del settore privato si è sviluppato enormemente negli ultimi cinque anni: a partire da 7 punti percentuali in termini di PIL, in America Latina e 30 punti percentuali nei paesi dell' Europa centrale e orientale. Non è impossibile che questa espansione ha superato la capacità delle istituzioni di valutare e monitorare la loro esposizione in modo efficace ... "cit., p. 57.
L’ordine di Cartagine è inappellabile. La cosiddetta “Banca d’Italia” deve continuare a lucrare ai danni dei cittadini italiani tutti. Naturalmente praticando, attraverso la “casa madre” Bce, un tasso di usura – il cosiddetto tasso di sconto – per la stampa di ogni euro (ma come? La moneta non era un semplice mezzo di scambio equivalente alla ricchezza prodotta dai cittadini di una nazione? Perché allora un semplice stampatore deve imporre un surplus di guadagno percentuale su una ricchezza non propria? Eh, già: queste sono le delizie del sistema capitalistico occidentale…). E altrettanto “naturalmente” impedendo ogni tassazione di plusvalenze sullo stesso patrimonio, solo virtualmente, dunque, “nazionale”. Non c’è sovranità di governo che tenga. E infatti, la Banca centrale europea ha lanciato il suo ukaze contro la tassazione delle plusvalenze sulle riserve auree della Banca d’Italia. Una misura contenuta nel decreto Tremonti prevista in primo luogo per le banche italiane e di riflesso – ahiahiahi - anche per Via Nazionale in considerazione del fatto che, negli ultimi 12 mesi, le riserve d’oro sono notevolmente aumentate di valore in conseguenza dell’incremento del valore del metallo giallo che ormai quota 960 dollari l’oncia. Se le banche devono pagare la tassa sulla plusvalenza, è stato il sacrosanto ragionamento di Tremonti, perché lo stesso non dovrebbe valere per la Banca d’Italia? Ma il governatore della Bce, il francese Jean-Claude Trichet, da questo orecchio non ci vuole sentire ed è subito corso in soccorso del caro amico e compagno Mario Draghi. La Bce, ha tuonato Trichet nel corso di una conferenza stampa - un’occasione scelta appositamente per dare più imperio e ufficialità alle sue parole - è “contraria” alla tassazione delle plusvalenze sulle riserve auree e la misura presa dal governo italiano suscita “serie preoccupazioni”. Oltretutto, ha osservato minacciosamente il governatore centrale europeo, “noi stimiamo che queste misure pongano dei problemi dal punto di vista del diritto comunitario” in quanto impedirebbero a Via Nazionale di perseguire “i compiti istituzionali” che le sono proprii, come quello di contribuire ad assicurare la stabilità del sistema finanziario europeo (sic).
La Bce ha così già presentato due pareri negativi al governo italiano tanto che sia Berlusconi che Tremonti hanno già annunciato la preventivata e decisa marcia indietro affermando che la tassazione non sarà applicata se la Bce resterà contraria. E Trichet ha infatti confermato il suo no. La presa di posizione del banchiere internazionale - suddito delle direttive della Bri, la Banca-Spectre dei “regolamenti internazionali” partecipata, sarebbe quasi inutile sottolinearlo, dai maggiori istituti speculativi di Wall Street e della City - è a dir poco incredibile e conferma, come se poi ce ne fosse bisogno, che la sovranità politica del nostro Paese è pari a sotto zero. Infatti quando la Bce fissa il livello del tasso di sconto, in maniera del tutto autonoma e svincolata dal parere dei singoli governi, non solo condiziona pesantemente qualsiasi misura finanziaria presente e futura presa dai governi, ma opera di fatto un trasferimento di risorse e di ricchezza a suo esclusivo vantaggio.
Adesso, non contenta, la Bce si permette anche di sindacare una misura di politica economica interna che rappresenta semplicemente un segnale di equità. Quella che Trichet non sa nemmeno dove sia di casa visto che ha prestato (in realtà lo abbiamo fatto noi) ben 442 miliardi di euro al tasso dell’1% alle banche in difficoltà a causa delle proprie speculazioni usuraie. E allora, chi è che destabilizza, Tremonti o Trichet? E cosa sono mai trecento milioni di euro che Via Nazionale dovrebbe pagare all’Italia in confronto alle migliaia che la Banda Trichet & Co, arraffa da sempre nelle nostre tasche per regalarle graziosamente ai propri azionisti?
In America Latina, alcuni gruppi e potenti famiglie controllano i mezzi di comunicazione, la chiudendo e bloccando lo spazio politico e democratico. Un' egemonia che i governi progressisti eletti democraticamente vogliono affrontare in modo approfondito.
Il continente latino-americano ha avviato un cambiamento politico che cerca di rompere con un passato di sudditanza alle regole imposte da Washington e dal FMI. I nuovi governi hanno adottato una progressiva torsione, con sfumature, come la discussione di un gruppo più radicale che include il Venezuela, Ecuador, Bolivia, Nicaragua e in paesi come Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay o addirittura l'Honduras.
L'opposizione reagisce in modo diverso a seconda del caso, a volte, non esita ad optare per forme violente, come nel tentativo secessionista con la Bolivia e il colpo di Stato in Honduras. La destra trova nella stampa un alleato che spesso compensa le debolezze di un settore che ha perso la sua credibilità. La destra e i grandi gruppi mediatici denunciano la censura, gli attacchi alla libertà di espressione quando un Rafael Correa in Ecuador, un Hugo Chavez in Venezuela nationalizzano un canale TV o quando in Argentina Cristina Fernandez, propone una legge audio-visiva che sostituirà l' eredità della dittatura del 1976. Che cosa accade veramente? L'America Latina è l'unica regione del mondo dove l'economia è concentrata nelle mani di una manciata di gruppi che operano nel settore agro-alimentare e dell' informazione. Per quanto riguarda quest'ultima, sembra che alcune famiglie, Azcárraga, Slim in Messico, Noble in Argentina, controllano la stampa scritta, audiovisiva, internet, l' editoria; in Honduras quattro gruppi si condividono lo spazio informativo, come in Colombia dove opera la famiglia Santos, di cui due membri sono al governo di Álvaro Uribe (uno Vice Presidente, l'altro ha lasciato il ministero della Difesa per lanciare la sua campagna presidenziale per il 2010). Questo fenomeno ha dato origine al termine "Latifondo di informazioni?. In mancanza di una legislazione chiara, la stampa utilizza i media poco compatibili con l'etica, minacciando così anche il diritto dei cittadini all'informazione. Per quanto riguarda l'Honduras, gli spettatori in America Latina ha ricevuto solo il primo giorno del golpe le immagini della CNN che mostravano le manifestazioni e le opinioni favorevoli al colpo di stato, prima di vedere i reportages di Telesur creati dal governo venezuelano come alternativa al monopolio privato, ma quest'ultimo non raggiunge tutti i paesi.
In Venezuela, durante l'ultimo referendum che modifica la Costituzione, uno studio dimostra che il 76% delle informazioni è pendente nei confronti del "NO" alla riforma promossa dal governo contro il 22% a favore di "SI" che in ultima analisi, prevarrà.. E si ricorda l'appoggio della stessa stampa per il colpo di stato contro il Presidente Chavez nel 2002. In Bolivia, la stampa in quasi tutta la sua totalità ha supportato l'opposizione rappresentata dai grandi proprietari terrieri, che cercano di imporre la divisione del paese. In Perù, durante le elezioni presidenziali, la maggior parte dei mezzi di comunicazione ha sostenuto nel primo turno i candidati della destra prima di sostenere il socialdemocratico Alan García al secondo turno contro il candidato indigeno che invocava Evo Morales e/o Rafael Correa. In Argentina, la stampa scritta e radiotelevisiva di proprietà per 85% di gruppi privati che sono stati la punta di lancia dell' oligarchia agraria desiderosa di abbassare le tasse di esportazione nel corso del conflitto che opponeva questo settore al governo. E ha ricordato il ruolo svolto in passato da parte della Mercurio in Cile nel 1973, incoraggiando e sostenendo il golpe del generale Pinochet.
In risposta, Rafael Correa ha proposto la creazione di un organo di controllo per tutelare il diritto di informazione per i cittadini. Conviene precisare quali sono i loro poteri e il loro campo di azione. In Paraguay, il Presidente Lugo ha creato la prima agenzia nazionale di stampa come un controfuoco per la media privati.
Questi dati riflettono le preoccupazioni dei governi democraticamente eletti, spesso ricorrendo al referendum popolare, la cui politica, tuttavia, è contestata da una parte di un potere non eletto che trae la propria legittimità dalla sua posizione dominante nel campo dell' informazione. Questi grandi gruppi mediatici denunciano attacchi alla libertà di espressione, ricevendo spesso l'appoggio dai loro colleghi europei, quando viene violato il diritto alla libertà di espressione minimamente equilibrata che questi mezzi violano in assenza di un organo di regolamentazione.
Tutti i potenti fino ad ora, i latifondi di informazioni si trovano di fronte alla volontà di governi desiderosi di rompere con la loro egemonia. Questo aspetto del confronto è parte di una più ampia lotta per il pluralismo dell'informazione e della vera e propria democratizzazione della società.