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22 novembre 2017
Amnesia generale: Chi ha fatto gli accordi con i libici?
Prima era stato il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, adesso arriva una dura presa di posizione da parte delle Nazioni Unite sulle conseguenze degli accordi che gli stati europei hanno concluso in forme diverse con le milizie libiche e con alcuni sindaci, loro evidente espressione.
Tutti i media del mondo documentano da tempo la condizione anche schiavistica degli immigrati detenuti nei centri di detenzione in Libia dove nessun governo legalmente costituito è in grado di garantire la vita ed i diritti fondamentali delle persone arrestate a qualunque titolo dalle milizie e dalle forze di polizia affiliate ai clan locali. Una circostanza che non poteva essere ignorata o sottovalutata da chi ha concluso gli accordi con il governo Serraj, e con alcuni sindaci libici.
In Italia i mezzi di informazione hanno scoperto soltanto adesso tutto l’orrore dei centri di detenzione in Libia, e da ultimo i comportamenti illegali della sedicente Guarda costiera libica, argomenti tenuti ben nascosti per mesi durante la campagna di aggressione contro le ONG che operavano attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale.
In Italia i mezzi di informazione hanno scoperto soltanto adesso tutto l’orrore dei centri di detenzione in Libia, e da ultimo i comportamenti illegali della sedicente Guarda costiera libica, argomenti tenuti ben nascosti per mesi durante la campagna di aggressione contro le ONG che operavano attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale.
3 novembre 2017
Lettera di un italiano in Svizzera
Riceviamo e pubblichiamo
Sono un italiano: fin qui, nessuna colpa.
Appartengono alla “classe 1984”: nemmeno questa una colpa. Una “sfiga” forse si: quella di appartenere ad una generazione di mezzo, quella generazione “Y” nata a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90: né “figli dei fiori” (per lo più “figli di papà” in lotta per superbi ideali, almeno finché non entrati in banca o ottenuto un posto fisso); né figli della globalizzazione (svezzati a pane e smartphone e quanto mai “cittadini del mondo”). Una generazione “ibrida” cresciuta in un mondo jurassico ormai estinto, dopato da un benessere diffuso e indottrinato dal mito della crescita felice. “Studia e farai strada”, dicevano in tanti; “una laurea in Legge è meglio di un’assicurazione sulla vita”, aggiungevano altri.
Ed eccomi qui, a 33 anni, crocifisso dal mercato del lavoro, con una Laurea (cum Laude) in tasca e tanti sogni in un cassetto che non si aprirà mai… Il miraggio resta sempre lo stesso: né la fama, né il successo, né la ricchezza, nemmeno il famigerato “posto fisso”… Semplicemente un lavoro, un dignitosissimo lavoro, che consenta finalmente di esclamare: “ce l’ho fatta!”.
Sono un italiano: fin qui, nessuna colpa.
Appartengono alla “classe 1984”: nemmeno questa una colpa. Una “sfiga” forse si: quella di appartenere ad una generazione di mezzo, quella generazione “Y” nata a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90: né “figli dei fiori” (per lo più “figli di papà” in lotta per superbi ideali, almeno finché non entrati in banca o ottenuto un posto fisso); né figli della globalizzazione (svezzati a pane e smartphone e quanto mai “cittadini del mondo”). Una generazione “ibrida” cresciuta in un mondo jurassico ormai estinto, dopato da un benessere diffuso e indottrinato dal mito della crescita felice. “Studia e farai strada”, dicevano in tanti; “una laurea in Legge è meglio di un’assicurazione sulla vita”, aggiungevano altri.
Ed eccomi qui, a 33 anni, crocifisso dal mercato del lavoro, con una Laurea (cum Laude) in tasca e tanti sogni in un cassetto che non si aprirà mai… Il miraggio resta sempre lo stesso: né la fama, né il successo, né la ricchezza, nemmeno il famigerato “posto fisso”… Semplicemente un lavoro, un dignitosissimo lavoro, che consenta finalmente di esclamare: “ce l’ho fatta!”.
9 agosto 2017
L’Ungheria non è una dittatura
Il paese sta scivolando verso una tirannia? Secondo i media sì.
L’Ungheria è “tenuta ostaggio”” dal “tiranno” Orban, che sta facendo tornare il proprio paese al “totalitarismo”, scrive The New Statesman. L’International Business Times è preoccupato del “sinistro percorso ungherese verso la dittatura“. L’UE si sforza di contenere il “dittatore” , dice il Sydney Morning Herald. Orban è il “nemico ” in Europa, avverte il Financial Times. È il “nuovo dittatore europeor“, dice Politico.
L’Ungheria è “tenuta ostaggio”” dal “tiranno” Orban, che sta facendo tornare il proprio paese al “totalitarismo”, scrive The New Statesman. L’International Business Times è preoccupato del “sinistro percorso ungherese verso la dittatura“. L’UE si sforza di contenere il “dittatore” , dice il Sydney Morning Herald. Orban è il “nemico ” in Europa, avverte il Financial Times. È il “nuovo dittatore europeor“, dice Politico.
Questi titoli sono un’esagerazione totale. Certo, il governo non è perfetto, ma questa è una macchina del fango. Bruxelles ama fingere di promuovere la democrazia nei 28 Stati membri: quando tuttavia Orban inizia ad attuare politiche a lei sgradite (ma gradite agli ungheresi), il presidente viene sùbito attaccato. Vediamo degli esempi.
1 agosto 2017
Dopo la Brexit una “Polexit”?
I giovani polacchi hanno vinto una battaglia contro i conservatori
Dopo la Brexit si parlerà di una “Polexit” per la Polonia, o direttamente di una “Estexit” per l’eventuale scissione tra i vecchi paesi membri dell’Unione europea e quelli nuovi dell’Europa centrale e orientale?
La decisione presa il 24 luglio dal presidente polacco Andrzej Duda di apporre il veto su due delle tre riforme del sistema giudiziario proposte dal governo di Varsavia e adottate dal parlamento, allontana per il momento questa minaccia. Si tratta però soltanto di una tregua, una battaglia vinta nella guerra dell’autoritarismo combattuta in seno stesso all’Unione europea.
Il presidente Duda, al quale fino a oggi nessuno aveva attribuito una simile forza di carattere, ha detto di essere stato colpito dalle parole di Irena Zofia Romaszewska, 77 anni, anziana intellettuale associata all’epopea di Solidarność nell’era comunista.
2 maggio 2017
Le ONG nel business del microcredito ai migranti
Dopo le dichiarazioni del vicepresidente della Camera ed esponente del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, sulle responsabilità delle Organizzazioni Non Governative nel traffico di migranti, sono immediatamente cominciate sui media le esegesi alternative sul documento dell’agenzia europea Frontex che aveva dato origine a quelle stesse dichiarazioni. La parola d’ordine è “minimizzare”, ricondurre il rapporto Frontex al rango di lamentela per le inevitabili agevolazioni per il traffico di migranti che l’attività “umanitaria” delle ONG involontariamente determinerebbe. In questo senso si esprime, ad esempio, il quotidiano “La Repubblica”.
Nulla di più prevedibile di questa levata di scudi dei media a favore delle ONG, se si considera che le stesse ONG, le fondazioni ed in genere il settore del cosiddetto “non profit” (ovvero della non tassazione), con il loro imperialismo “umanitario” svolgono un ruolo decisivo, e complementare al ruolo delle multinazionali, sia nella circolazione internazionale dei capitali, sia nella destabilizzazione dei Paesi attraversati da quella circolazione. L’ultima “manovrina” del governo Gentiloni riconferma tra i suoi provvedimenti persino una “immunizzazione” dall’IVA già decisa lo scorso anno a beneficio delle ONG; ciò a riprova del potere lobbistico del “non profit” ad alibi umanitario.
Nulla di più prevedibile di questa levata di scudi dei media a favore delle ONG, se si considera che le stesse ONG, le fondazioni ed in genere il settore del cosiddetto “non profit” (ovvero della non tassazione), con il loro imperialismo “umanitario” svolgono un ruolo decisivo, e complementare al ruolo delle multinazionali, sia nella circolazione internazionale dei capitali, sia nella destabilizzazione dei Paesi attraversati da quella circolazione. L’ultima “manovrina” del governo Gentiloni riconferma tra i suoi provvedimenti persino una “immunizzazione” dall’IVA già decisa lo scorso anno a beneficio delle ONG; ciò a riprova del potere lobbistico del “non profit” ad alibi umanitario.
28 aprile 2017
Un Blogger ultra-€uro all’origine della fake news sulle ONG ?
Anatomia di un meme tossico. Da dove viene e come destrutturare una narrazione infamante senza prove sui soccorsi in mare...
Nessuna prova, ma la narrazione tossica delle organizzazioni umanitarie trasformate in «taxi» dai trafficanti di esseri umani continua a farsi largo. Il bostoniano Dan Dennett, uno dei più importanti filosofi cognitivi viventi, che molto ha da dire sul meccanismo delle fake news, lo definirebbe «un meme aggressivo». Per destrutturarlo bisogna trovarne la fonte o le fonti.
BLOGGER Come ha ammesso Nicola La Torre, presidente della commissione Difesa del Senato nella prolusione all’audizione – registrata e reperibile sul sito di Palazzo Madama – del direttore dell’agenzia Frontex Fabrice Leggeri, più che inchieste giornalistiche si parte da «blogger». In effetti Leggeri stesso non ha saputo circostanziare le sue accuse alle ong se non citando indistinti «racconti di migranti durante i nostri debriefing».
Neanche scartabellando il rapporto dell’agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere Risk Analysis 2017, pubblicato a metà febbraio, si trova alcun riferimento preciso su eventuali contatti tra le navi delle ong e i contrabbandieri in Libia.
20 marzo 2017
Il "Libro bianco", anzi bianchissimo, della Commissione Europea
I Cinque scenari per il 2025 della Commissione Europea. Ma il sesto, che manca, è quello più probabile...
Non sanno più cosa inventarsi. L'UE è in panne, ma non possono e non vogliono dirci il perché. Andare avanti però si deve, che ne va anche della loro poltrona. Ma come non si sa. E' così venuto fuori, quasi come un esercizio svolto giusto per ingannare il tempo, un curioso Libro bianco sul futuro dell'Europa redatto dalla Commissione come contributo ad un non meglio precisato «nuovo capitolo del progetto europeo».
Invitiamo tutti a leggerlo: lo sforzo richiesto è davvero modesto, mentre chi ancora si intestardisce a descrivere una UE che si rafforzerebbe proprio grazie alle sue crisi avrà forse qualche motivo per riflettere.
Per quelli invece che vanno di fretta, od hanno già le idee piuttosto chiare, possono bastare le noterelle che seguono.
Il Libro bianco è scritto in occasione del Sessantesimo dei Trattati di Roma, dunque la retorica la fa da padrona, con il mito di Ventotene contrapposto al dramma di Verdun, con la descrizione di un'Europa in cui regnerebbero pace ed uguaglianza come mai nella storia, come mai in altri luoghi.
Ad un tratto questa descrizione dell'Eden europeo si interrompe, si accenna a qualche nube all'orizzonte (le difficoltà economiche, le migrazioni, l'instabilità ai confini) e si da notizia, quasi fosse un trascurabile dettaglio, che «l'anno scorso uno dei nostri Stati membri ha votato l'uscita dall'Unione». «Uno», senza neppure nominarlo, come si faceva in una disgraziata tradizione comunista con i dissidenti. Interessante.
30 gennaio 2017
Il Muro di Trump: Un simbolo contro la classe lavoratrice
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Costruire un muro in un territorio che ha una storia di occupazione, di corruzione e di criminalità senza confini, è coerente con la logica di una borghesia determinata a vedere una minaccia in tutto ciò che è alieno. Specialmente quando c'è di mezzo il colore della pelle, la lingua e una cultura stanca di subire umiliazioni. In questo muro di Trump si coagulano tutte le perversioni del razzismo e tutte le follie dell'imperialismo. Il suo prototipo più evidente è in Israele . Costerà 25 miliardi di dollari. E vogliono che lo paghi il popolo messicano. Questo è il vero "castigo".
È questa la logica delle "comunità chiuse", quelle che incantano la piccola borghesia, cosa che un magnate immobiliare sa gestire bene. Quel muro mette in evidenza le idee tanto care alla borghesia: "questo è mio", riafferma la "proprietà privata" e tiene lontano l'"altro". Chiarisce il concetto che "l'altro" è un "pericolo" e si cala in un ruolo di antidoto indelebile e simbolico,perché il mondo capisca da che parte sta il "potere". Quando il vero potere sta dalla parte del popolo ... anche se il popolo (per ora) questo non lo vede molto chiaramente.
16 novembre 2016
Disintegrazione dell’€uropa o processo costituente?
Crisi, governo dell’emergenza e prospettive di nuova invenzione democratica
Il testo che qui proponiamo in versione italiana nasce da una comune ricerca, intrapresa nel corso della prima metà del 2016 intorno alle “crisi multiple” del processo d’integrazione europea. È in corso di pubblicazione in tedesco nel volume curato da Mario Candeias e Alex Demirović, Europe – What’s Left? Die Europäische Union zwischen Zerfall, Autoritarismus, und demokratische Erneuerung, Münster, Westfälisches Dampfboot, 2017. Integrato con alcune considerazioni successive all’esito del referendum sulla Brexit, l’articolo è stato scritto ovviamente prima dei risultati delle elezioni presidenziali americane. Ancora non è dato sapere quale impatto possa avere Trump alla Casa Bianca sulle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico, all’interno del più generale sommovimento che su scala planetaria la sua vittoria andrà a produrre. Nondimeno riteniamo che già alcune delle tesi contenute in questo contributo – dal ruolo dell’Europa nel contesto capitalistico globale alla reale natura dei “sovranismi” di cui lo stesso Trump è certamente espressione, fino alla necessità di articolare molteplici e convergenti livelli d’iniziativa, sociale e politica, alternativa – possano contribuire al dibattito in corso. E a un suo ulteriore avanzamento, a partire dai nodi politici che il testo, e prima ancora la realtà contemporanea, lasciano irrisolti e aperti alla discussione collettiva.
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5 novembre 2016
Migrazione come rivolta contro il capitale
Il fatto che un gran numero di rifugiati, soprattutto da paesi che negli ultimi tempi hanno subito le devastazioni dell'aggressione e delle guerre imperialiste, stiano disperatamente tentando di entrare in Europa, è visto quasi esclusivamente in termini umanitari. Sebbene questa percezione sia indubbiamente valida, c'è un altro aspetto del problema che è sfuggito all'attenzione generale, vale a dire che per la prima volta nella storia moderna la questione delle migrazioni stia uscendo dal controllo esclusivo del capitale metropolitano. Fino ad oggi, i flussi migratori sono stati dettati esclusivamente dalle esigenze del capitale metropolitano. Ora, per la prima volta, le persone stanno violando i dettami del capitale metropolitano, tentando di dare seguito alle proprie preferenze rispetto a dove ci si desidera stabilire. Miseri e infelici, inconsapevoli delle conseguenze delle proprie azioni, questi rifugiati sfortunati sfidano l'egemonia del capitale metropolitano, che immancabilmente parte dal presupposto che le persone si sottomettano alle sue regole, anche rispetto alla questione di dove vivere.
24 ottobre 2016
Solidarietà con Mikaël Doulson, processato il 7 novembre a Boulogne-sur-Mer per aver appoggiato i migranti di Calais L’accusa : “Partecipazione ad una manifestazione illegale, con dissimulazione del viso”
Riceviamo e pubblichiamo questo messaggio del nostro amico Mikaël Doulson, vittima dell’arbitrarietà imperante a Calais oramai da troppo tempo.
Mi chiamo Mikaël Doulson e sono un giornalista impiegato da un media associativo.
Il primo ottobre alle ore 17.15 sono stato interpellato dalla polizia francese di Calais dopo aver partecipato ad una manifestazione di sostegno a favore dei migranti che vivono in un campo chiamato “la Giungla” e che verrà demolito nei prossimi giorni.
Sono stato accusato di aver “partecipato ad una manifestazione illegale, dissimulando il mio viso”.
Ma in verità ero venuto a Calais solamente per animare dei workshop di percussioni coi migranti e per scrivere un articolo sulla manifestazione, della quale non sapevo che non fosse stata autorizzata. Inoltre avevo certamente coperto la mia bocca e il mio naso con una sciarpa per proteggermi dagli effetti deleteri dei gas lacrimogeni utilizzati tantissimo dalla polizia quel giorno, come prova anche il video che segue.
Mi chiamo Mikaël Doulson e sono un giornalista impiegato da un media associativo.
Il primo ottobre alle ore 17.15 sono stato interpellato dalla polizia francese di Calais dopo aver partecipato ad una manifestazione di sostegno a favore dei migranti che vivono in un campo chiamato “la Giungla” e che verrà demolito nei prossimi giorni.
Sono stato accusato di aver “partecipato ad una manifestazione illegale, dissimulando il mio viso”.
Ma in verità ero venuto a Calais solamente per animare dei workshop di percussioni coi migranti e per scrivere un articolo sulla manifestazione, della quale non sapevo che non fosse stata autorizzata. Inoltre avevo certamente coperto la mia bocca e il mio naso con una sciarpa per proteggermi dagli effetti deleteri dei gas lacrimogeni utilizzati tantissimo dalla polizia quel giorno, come prova anche il video che segue.
8 settembre 2016
Il ladro ha cattivi pensieri...
29 luglio 2016
Micael Moore: Trump può vincere
Amici,
Mi dispiace di essere messaggero di una brutta notizia, ma ve l’ho data già l’estate scorsa quando vi dissi che Donald Trump sarebbe stato il candidato Repubblicano alla presidenza. E ora ho per voi una notizia ancora più terribile e deprimente: Donald J. Trump vincerà in novembre. Questo miserabile, ignorante, pericoloso clown a tempo parziale e sociopatico a tempo pieno, sarà il nostro prossimo presidente. Presidente Trump. Avanti, dite queste parole, perché le pronuncerete nei prossimi 4 anni: “PRESIDENTE TRUMP.”
Mai in vita mia ho voluto essere smentito più di adesso.
Posso vedere che cosa state facendo proprio adesso. State scuotendo furiosamente la testa: “No, Mike, non accadrà!” Purtroppo vivete in un bolla dove c’è una camera dell’eco dove voi e i vostri amici siete convinti che gli Americani non voteranno un idiota come presidente. Passate dall’essere sconvolti da li al ridere di lui a causa della sua ultima folle osservazione o dalla sua imbarazzante posizione narcisistica su ogni cosa perché tutto riguarda lui. E poi ascoltate Hillary e vedete la nostra prima presidente donna, una donna che tutto il mondo rispetta, che è brillante e che si preoccupa dei ragazzi, che continuerà l’eredità di Obama perché è questo che chiaramente vogliono gli Americani! Altri quattro anni così!
Mi dispiace di essere messaggero di una brutta notizia, ma ve l’ho data già l’estate scorsa quando vi dissi che Donald Trump sarebbe stato il candidato Repubblicano alla presidenza. E ora ho per voi una notizia ancora più terribile e deprimente: Donald J. Trump vincerà in novembre. Questo miserabile, ignorante, pericoloso clown a tempo parziale e sociopatico a tempo pieno, sarà il nostro prossimo presidente. Presidente Trump. Avanti, dite queste parole, perché le pronuncerete nei prossimi 4 anni: “PRESIDENTE TRUMP.”
Mai in vita mia ho voluto essere smentito più di adesso.
Posso vedere che cosa state facendo proprio adesso. State scuotendo furiosamente la testa: “No, Mike, non accadrà!” Purtroppo vivete in un bolla dove c’è una camera dell’eco dove voi e i vostri amici siete convinti che gli Americani non voteranno un idiota come presidente. Passate dall’essere sconvolti da li al ridere di lui a causa della sua ultima folle osservazione o dalla sua imbarazzante posizione narcisistica su ogni cosa perché tutto riguarda lui. E poi ascoltate Hillary e vedete la nostra prima presidente donna, una donna che tutto il mondo rispetta, che è brillante e che si preoccupa dei ragazzi, che continuerà l’eredità di Obama perché è questo che chiaramente vogliono gli Americani! Altri quattro anni così!
22 luglio 2016
La III Guerra Mondiale è in atto
Siamo ormai nella III Guerra Mondiale. Questa Guerra non si combatte con gli eserciti schierati ma col terrorismo, le banche, il depauperamento del suolo, lo sfruttamento dei popoli e delle nazioni meno abbienti. Le migrazioni dei popoli hanno assunto caratteristiche di esodo biblico. La cronaca degli avvenimenti è un susseguirsi frenetico di fatti gravissimi: attentati, stragi, bombardamenti, abbattimento di aerei di linea avvengono in tutte le parti del mondo: dal Medio Oriente, al Bangladesh, dal Messico, alla Nigeria, Sudan, Somalia, Turchia e nella “civilissima” Europa. Diventa sempre più attuale una celebre frase di Carl Von Clausewitz…”La guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi”. Le guerre moderne le fanno i servizi segreti, i contractor (mercenari), le multinazionali, le bande mafiose, le grandi banche. Ormai viviamo in una società dove politica e criminalità convivono o meglio la politica è spesso criminale e il crimine si fa politica. Assistiamo impotenti alle“migrazioni forzate”, le cui cause, molto spesso, possono essere attribuite ai governi europei e occidentali: il traffico di armi, gli interessi legati al petrolio e ai suoi derivati, l’espropriazione di vasti territori per gli interessi delle multinazionali, lo sfruttamento del sottosuolo. Questo avviene spesso con la complicità di regimi dittatoriali senza scrupoli, che reprimono con la violenza ogni forma di dissenso. Il caos regna sovrano.
28 giugno 2016
19 giugno 2016
Medici Senza Frontiere non prenderà più fondi dall'UE e dai suoi stati membri
MSF ha annunciato oggi a livello internazionale che non prenderà più fondi da parte dell'Unione Europea e dei suoi stati membri, in opposizione alle loro dannose politiche di deterrenza sulla migrazione e ai sempre maggiori tentativi di allontanare le persone e le loro sofferenze dalle frontiere europee. Questa decisione avrà effetto immediato e si applicherà ai progetti di MSF in tutto il mondo.
In Italia MSF non riceve fondi istituzionali e tutti i fondi raccolti provengono da donazioni private di individui, fondazioni e imprese selezionate. A livello internazionale, i fondi raccolti da MSF derivano per il 92% da donazioni private, mentre una parte minoritaria di risorse, che vengono utilizzate in programmi specifici, proviene anche da fondi istituzionali.
16 maggio 2016
FRONTEX nel ghetto di Varsavia
Il quartiere di Muranów a Varsavia, è oggi una parte della città in piena trasformazione. Si vedono nuovi edifici, gru di costruzioni e uffici di agenzie, che si mescolano ai vecchi edifici che furono alzati dalla Polonia socialista sulle rovine del ghetto ebraico distrutto dai nazisti, dopo l'orrore della Seconda Guerra Mondiale.
Vicino alla fermata della metropolitana di Rondo Daszyńskiego c'è l'edificio Warsaw Spire. Lì si trova la sede di Frontex, la polizia di frontiera dell'Unione europea, un corpo controverso la cui funzione principale al di là della propaganda ufficiale, è quella di evitare che arrivino rifugiati in Europa.
Nel perimetro del ghetto, che fu demolito a fondo dai nazisti, racchiuse tra le mura sorvegliate dalle SS, ammassarono quattrocentomila persone, un terzo degli abitanti di Varsavia, che furono vittime di malattie, fame e deportazione nei campi di sterminio. Laddove i nazisti usarono i lanciafiamme per bruciare chi resisteva nascondendosi in edifici e scantinati distrutti, e per bruciare gli edifici, si è insediata la polizia di frontiera dell'Unione Europea, Frontex, una di quelle agenzie che di solito non sono controllate dai governi, né dalla maggior parte dei partiti politici, né dalla stampa, e né tanto meno, dai cittadini.
7 maggio 2016
Renzi sulle orme di Trump?
In arrivo nuovi lager per gli immigrati
Capitalismo e immigrazione sono due fenomeni strettamente connessi, e nessun analista serio potrebbe analizzarli separatamente: l’economia del nord del mondo costringe le popolazioni del “sud” del mondo ad abbandonare la loro terra d’origine per sfuggire (a) alla rapina delle proprie risorse e materie prime, perpetrate dalle multinazionali occidentali, e (b) alle continue guerre che le potenze imperialiste, capitanate dagli Usa, scatenano per soddisfare gli insaziabili appetiti delle classi dominanti.
L’Italia, come molti lettori sanno, è un paese aderente alla Nato quindi, volente o nolente, deve sottostare al sistema di “sicurezza” (meglio dire repressione e organizzazione della guerra imperialista) coordinato dall’imperialismo americano. Sarà per questo che la borghesia stracciona di casa nostra, supina nei confronti della lobby sionista e dei grandi uomini d’affari americani, ha dichiarato guerra ai migranti africani e magrebini che fuggono dalla miseria più nera; un gioco interno al capitalismo di cui questa classe dirigente inetta e fellona è in buona parte responsabile.
3 aprile 2016
Idomeni: La vergogna dell’Europa, in immagini...
Alle porte dell’Europa ricca, principalmente in Grecia, sono oltre 50.000 i rifugiati arenati ("stranded") in seguito alla chiusura della “rotta balcanica” l‘8 marzo. 12 000 di loro stanno crepando a fuoco lento nel campo di Idomeni, alla frontiera con l’ex repubblica iugoslava di Macedonia, aspettando l'attuazione dell’accordo della vergogna tra l’UE e la Turchia. Disegnatori provenienti da tutto il mondo hanno rappresentato questa tragedia in immagini. Eccovi le immagini scelte da Tlaxcala.
9 febbraio 2016
Tunisia: “Abbiamo perso le nostre illusioni, i nostri sogni sono realistiˮ
Rym Ben Fraj, 31 anni, è tunisina, blogger, traduttrice, editrice, diplomata precaria, membro della rete di traduttori Tlaxcala. Lavora come giornalista freelance. La ringrazio per aver risposto alle nostre domande.
Milena Rampoldi: Quali sono i problemi principali della nuova generazione in Tunisia?
Rym Ben Fraj: La marginalizzazione economica, sociale e dunque politica e culturale.
La gioventù che ha fatto la rivoluzione non ha alcuna rappresentanza in parlamento o al governo. Ci sono almeno 250.000 diplomati disoccupati.
In certe regioni la disoccupazione raggiunge l’80% dei giovani.
La sola alternativa possibile – l’immigrazione clandestina – viene resa impossibile dal muro elettronico di Frontex nel Mediterraneo.
I giovani che si rifiutano di farsi reclutare dallo Stato Islamico non hanno più altro obiettivo che la rivolta.
Ma anche se organizzano una rivolta, lo stato non è in grado di soddisfare le loro rivendicazioni: una delle condizioni poste dalla Banca mondiale per i crediti concessi alla Tunisia consiste nel blocco delle nuove assunzioni nel settore pubblico.
Milena Rampoldi: Quali sono i problemi principali della nuova generazione in Tunisia?
Rym Ben Fraj: La marginalizzazione economica, sociale e dunque politica e culturale.
La gioventù che ha fatto la rivoluzione non ha alcuna rappresentanza in parlamento o al governo. Ci sono almeno 250.000 diplomati disoccupati.
In certe regioni la disoccupazione raggiunge l’80% dei giovani.
La sola alternativa possibile – l’immigrazione clandestina – viene resa impossibile dal muro elettronico di Frontex nel Mediterraneo.
I giovani che si rifiutano di farsi reclutare dallo Stato Islamico non hanno più altro obiettivo che la rivolta.
Ma anche se organizzano una rivolta, lo stato non è in grado di soddisfare le loro rivendicazioni: una delle condizioni poste dalla Banca mondiale per i crediti concessi alla Tunisia consiste nel blocco delle nuove assunzioni nel settore pubblico.
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