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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
25 febbraio 2015
Malcom X aveva ragione sugli Stati Uniti
Malcolm X, a differenza di Martin Luther King non pensava che l'America avesse una coscienza. Per lui, non c'era contraddizione tra i nobili ideali della nazione - una frode ai suoi occhi - e il fallimento della giustizia per i neri. Aveva capito, forse meglio di King, i meccanismi inerenti all'impero. Non
si aspettava che i leader dell'impero si connettessero alla loro bontà
per costruire un paese libero da ingiustizie e sfruttamento. Ha spiegato che dopo l'arrivo della prima nave negriera fino alla comparsa del nostro vasto arcipelago di prigioni e delle nostre squallide, colonie interne,
dove i poveri sono rimasti intrappolati e sfruttati, l'impero
US-americano è stato inesorabilmente ostile a quelli che Frantz Fanon
chiamava i "dannati della terra". Questo, e Malcolm lo sapeva, non sarebbe cambiato prima della distruzione dell'impero.
"E' impossibile per il capitalismo sopravvivere,
soprattutto perché il sistema capitalistico ha un costante bisogno di
succhiare sangue", ha detto Malcolm. "Il capitalismo era un'aquila, ma ora è più come un avvoltoio. E' stato abbastanza potente da succhiare il sangue di chiunque, dei forti come dei deboli. Ma ora è diventato più vile, come l'avvoltoio, e può succhiare solo il sangue degli indifesi. Mentre le nazioni del mondo si liberano, il capitalismo ha meno potenziali vittime, meno da succhiare, e s'indebolisce. E' solo una questione di tempo prima che il crollo sia completo".
King ha ottenuto una vittoria legislativa attraverso il movimento per i diritti civili, come mostra il nuovo film "Selma". Ma
non è riuscito a realizzare una giustizia economica, e deviare
l'appetito vorace della macchina da guerra di cui era profondamente
consapevole della piena responsabilità degli abusi dell'impero sugli
oppressi all'estero come a casa. E 50 anni dopo l'assassinio di Malcolm X alla AudubonBallroom di Harlem da sicari della Nation of Islam, è chiaro che lui aveva ragione, non Martin Luther King. Siamo la nazione che Malcolm sapeva che eravamo. Gli esseri umani possono cambiare. Non gli imperi. Il nostro rifiuto di affrontare la verità sull'impero, di affrontare la moltitudine dei suoi crimini e atrocità, ha generato l'incubo che Malcolm aveva predetto. E
mentre l'era digitale e la società post-(il)letterata implementa una
amnesia storica terribile, questi crimini vengono cancellati più
rapidamente di come vengono commessi.
"A volte ho osato sognare ... che un giorno la
storia potesse dire che la mia voce - che ha disturbato la sufficienza
dell'uomo bianco, la sua arroganza e la sua compiacenza - che la mia
voce avrebbe contribuito a salvare l'America da una tomba, forse anche
da una mortale catastrofe", ha scritto Malcolm.
Malcom X circa 2 settimane prima del suo assassinio. Foto Victor Boynton/AP
L'integrazione delle élite di colore, tra cui Barack
Obama, nelle più alte sfere di strutture politiche e istituzionali non
ha modificato la natura predatoria dell'impero. Le politiche identitarie e di genere -
ci stanno per vendere un presidente donna nella forma di Hillary
Clinton - hanno incoraggiato, come aveva capito Malcolm, le frodi e i
furti di Wall Street, l'eviscerazione delle nostre libertà
individuali, la miseria di una sottoclasse in cui la metà dei bambini
nelle scuole pubbliche vive in povertà, l'espansione delle nostre guerre imperiali e lo sfruttamento profondo e forse irreversibile dell'ecosistema. E
finché ci rifiutiamo di ascoltare la voce di Malcolm X, fino a quando
non si lotta contro l'autodistruzione inerente al funzionamento
dell'impero, le vittime, in patria e all'estero, non cesseranno di
aumentare. Malcolm, come James Baldwin, aveva compreso che solo affrontando la verità su chi siamo come membri di una potenza imperiale, la gente di colore, come i bianchi, possono essere liberati. Questa verità è amara e dolorosa. Essa
richiede un riconoscimento della nostra capacità di fare del male, di
generare ingiustizia e sfruttamento, e richiede un pentimento. Ma ci aggrappiamo come bambini frivoli alle bugie che ci raccontiamo. Ci rifiutiamo di crescere. E a causa di queste bugie, propagate attraverso lo spettro culturale e politico, la liberazione non si verifica. L'impero ci divora.
"Siamo contro la demonizzazione, contro l'oppressione, contro il linciaggio", ha detto Malcolm. "Non si può essere contro queste cose senza essere contro l'oppressore e il linciatore. Non si può essere anti-schiavitù e pro-schiavitù; non si può essere anti-crimine e pro-criminale. Inoltre,
il signor Muhammad spiega che se l'attuale generazione di bianchi
studiasse la propria razza alla luce della vera storia, loro stessi sarebbero anti-bianco".
Malcolm una volta disse che se fosse stato un nero
della classe media, incoraggiato ad andare a scuola di diritto,
piuttosto che un povero bambino in una casa di correzione, che ha
lasciato la scuola a 15 anni, "Oggi probabilmente farei parte della
borghesia nera di qualche città, sorseggiando un cocktail vantandomi di
essere io stesso un portavoce e leader della sofferenza delle masse
nere, mentre la mia preoccupazione principale sarebbe quella di
raccogliere qualche briciola di falso consiglio di un bianco irascibile
che avrei supplicato per la mia "integrazione".
La famiglia di Malcolm, povera e in difficoltà, è
stata cinicamente perseguitata da agenzie statali secondo un modello ad
oggi invariato. Tribunali, scarsa istruzione, un
appartamento malsano, paura, umiliazione, disperazione, povertà,
avidità dei banchieri, dei datori di lavoro abusivi, polizia, carceri,
ufficiali giudiziari, hanno assolto la loro funzione allora come oggi. Malcolm
ha visto l'integrazione razziale come un gioco politico sterile,
sviluppato da una classe media nera ansiosa di vendere l'anima per
essere parte essa stessa dell'impero e del capitalismo. "L'uomo che getta vermi nel fiume", ha dichiarato Malcolm, "non è necessariamente un amico del pesce. Tutti i pesci che lo prendono per un amico, che non pensano che i vermi sono esche, di solito finiscono in padella" [...]
"Martin [Luther King Jr.] non ha avuto il fuoco
rivoluzionario che Malcolm aveva, fino alla fine della sua vita", dice
Cornel West nel suo libro scritto insieme a Christa Buschendorf "Il fuoco nero profetico". «E
per fuoco rivoluzionario intendo comprendere il sistema in cui viviamo,
il sistema capitalista, i tentacoli imperialisti, l'impero americano,
il disprezzo per la vita, la volontà di infrangere la legge, che sia
nazionale o internazionale. Malcolm aveva capito, fin
dall'inizio, e colpì Martin così forte che diventò rivoluzionario a suo
modo, secondo la sua morale, più tardi nella sua breve vita, mentre
Malcolm ha avuto questo fuoco rivoluzionario molto presto nella sua
vita".
Ho incontrato Goldman - che, come reporter per un giornale a St. Louis e in seguito per Newsweek incontrò e scrisse di Malcolm - in un bar di New York. Goldman
faceva parte di un piccolo gruppo di giornalisti che Malcolm
rispettava, e di cui faceva parte Charles Silberman di "Fortune" e MS
"Mike" Handler del New York Times, di cui Malcolm una volta ha detto che non aveva "nessuno dei pregiudizi abituali o sentimentalismi circa i neri".
Malcolm X uno dei "campioni di umanità" del monumento di Mario Chiodo a Oakland
Goldman e sua moglie, Helen Dudar, anche lei
giornalista, incontrarono Malcolm per la prima volta nel 1962 al
Shabazz Frosti Kreem, uno snack bar di musulmani neri del ghetto nord a
St. Louis. Durante l'incontro, Malcolm versò un po' di panna nel caffè. "Il caffè è l'unica cosa di cui mi piace l'integrazione", commentò. E continua: "Il negro medio non lascia nemmeno che un altro negro sappia quello che pensa, è così diffidente. Si tratta di un acrobata. È stato costretto a sopravvivere in questa civiltà. Ma
io prima di essere un musulmano, sono prima di tutto un nero, i miei
modi di vedere sono neri, la mia devozione è nera, tutti i miei
obiettivi sono neri. Da Musulmano, non sono interessato a essere
usamericano, perché gli USA non si sono mai interessati a me”.
Ha detto a Goldman e Dudar: "Noi non odiamo. L'uomo bianco ha un complesso di colpa - sa di aver fatto qualcosa di sbagliato. Sa che se avesse sofferto per mano nostra quello che abbiamo sofferto noi dalla sua, ci odierebbe". Quando
Goldman ha detto a Malcolm che credeva in una società in cui la razza
non avesse importanza, Malcolm rapidamente rispose: Voi ragionate in
termini di fantasia. Bisogna ragionare con i fatti".
Goldman ricorda, "Era il messaggero che ci ha portato la cattiva notizia, quella che nessuno voleva sentire". Nonostante la "cattiva notizia" di quel primo incontro, Goldman
avrebbe continuato ad avere molti più colloqui con lui, interviste che
spesso duravano due o tre ore. Lo scrittore ora rende omaggio a Malcolm per la sua "ri-educazione".
Goldman fin dall'inizio è stato colpito dalla
immancabile cortesia di Malcolm, il suo sorriso smagliante, la sua
integrità morale, il coraggio, e, a sorpresa, la sua dolcezza. Goldman
ricorda il giorno in cui lo psicologo e scrittore Kenneth B. Clark e
sua moglie accompagnano un gruppo di studenti delle scuole superiori,
per lo più bianchi, a vedere Malcolm. Arrivarono e lo videro circondato dai giornalisti. La
signora Clark, pensando che l'incontro con i giornalisti fosse più
importante, disse a Malcolm che gli adolescenti avrebbero aspettato. "La cosa importante sono questi ragazzi", disse Malcolm alla signora Clark chiamando gli studenti a sé. "Non
ha visto nessuna differenza tra i bambini bianchi e bambini", ha
scritto Goldman nel suo libro, riportando le parole di Kenneth Clark.
Anche James Baldwin scrisse sulla profonda sensibilità diMalcolm. Lui e Malcolm parteciparono ad un programma radiofonico nel 1961 con un giovane attivista del movimento per i diritti civili che era appena tornato dal Sud."Se sei un cittadino degli Stati Uniti", dice Baldwin, ricordando una domanda di Malcolm al giovane, "perché devi lottare per tuoi diritti di cittadino? Essere un cittadino significa che hai i diritti di un cittadino. Se non hai i diritti di un cittadino, allora non sei un cittadino"."Non è così semplice", rispose il giovane. "Perché no?" chiese Malcolm.
Durante questo scambio, Baldwin scrisse, "Malcolm capiva il ragazzo e gli parlò come se stesse parlando con un fratello più giovane, con una cortese attenzione. Quello
che mi colpì maggiormente è che non stava cercando di convincere il
ragazzo: voleva spingerlo a pensare ... non dimenticherò mai Malcolm e
il ragazzo faccia a faccia, e la dolcezza straordinaria di Malcolm. E questa è la verità su Malcolm: E' stata una delle persone più dolci che abbia mai incontrato".
"Una delle frasi di Malcolm che preferisco è: 'Io sono l'uomo che tu credi di essere', ha detto Goldman. "Ciò che intendeva con questo, era, se tu mi colpisci, ti colpirò anch'io". Ma dopo una più stretta conoscenza cdi lui sono arrivato a pensare che significava: "se tu mi rispetti, io ti rispetterò".
Cone sottolinea questo punto in "Martin & Malcolm & America":
Malcolm X è il miglior rimedio contro ogni genocidio. Egli ci ha mostrato con l'esempio e la predicazione profetica che nessuno è costretto a stare nel fango. È possibile risvegliarsi; è possibile alzarsi e iniziare la lunga marcia per la libertà. La libertà è anzitutto un riconoscimento interiore, il rispetto di sé, è comprendere che nessuno è stato messo sulla terra per essere un nessuno. Drogarsi e uccidersi a vicenda sono i peggiori modi di essere meno di niente. I nostri antenati hanno combattuto grandi piagne (schiavitù, linciaggio, segregazione), ma non si sono autodistrutti. Alcuni
sono morti combattendo, altri ispirati da questi esempi, hanno
continuato a muoversi verso questa terra promessa della libertà,
cantando "non permetteremo a nessuno di distoglierci". Gli afro-americani possono fare le stesse cose oggi. Siamo in grado di lottare per la nostra dignità e il rispetto di sé. Essere fieri di essere nero non significa essere contro i Bianchi a meno che i bianchi non siano contro il rispetto per l'umanità dei Neri. Malcolm non aveva nulla contro i bianchi; era per i Neri e contro il loro sfruttamento.
Goldman deplora la perdita di voci come quella di Malcolm, queste voci impregnate di una comprensione delle verità storiche e culturali e dotate del coraggio di parlare in pubblico.
"Non leggiamo più"? ha detto Goldman. "Non impariamo più. La storia sta scomparendo. La gente parla di vivere il momento come se fosse una virtù. Questo è un vizio orribile. Tra twitter e canali d'informazione 24h su 24 la nostra storia scompare. La storia diventa qualcosa di noioso che si deve sopportare al liceo, e poi ci liberiamo di essa. Poi si va al college, si studia la scienza della finanza, contabilità, affari, gestione o informatica. Restano dannatamente pochi studenti che studiano arte e materie umanistiche come disciplina principale. E questo ha cancellato la nostra storia. La personalità più nota degli anni '60 era, naturalmente, Martin Luther King. Ma ciò che la maggioranza degli americani sa di MLK è che ha fatto un discorso in cui ha detto: "Ho un sogno", e che il suo nome è collegato a un giorno di riposo".
Malcolm, come MLK, ha compreso il prezzo da pagare per essere un profeta. I due uomini pagarono quel prezzo tutti i giorni.
Malcolm, come scrive Goldman, ha
incontrato il giornalista Claude Lewis non molto tempo prima del suo
omicidio il 21 febbraio 1965. Aveva già sperimentato diversi attentati
alla sua vita.
"Questa è un'epoca di ipocrisia", ha detto Lewis. "Quando
i bianchi dicono di volere che i negri siano liberi, e i negri
fingono di credere ai bianchi quando dicono che vogliono che siano
liberi, è un'era di ipocrisia, fratello. Tu mi prendi in giro e io prendo in giro te. Tu sostieni di essere mio fratello, e io faccio finta di credere che sei mio fratello".
Disse a Lewis che non sarebbe vissuto fino alla vecchiaia. "Se leggete, vi renderete conto che pochissime persone che la pensano come penso io, vivono abbastanza a lungo da invecchiare. Quando dico con tutti i mezzi necessari, voglio dire con tutto il mio cuore, la mia mente e la mia anima. Un uomo di colore dovrebbe dare la sua vita per essere libero, e dovrebbe anche essere in grado, ed essere disposto a prendere la vita di coloro che vogliono prendere la sua.Quando si pensa così, non si vive a lungo".
Lewis ha chiesto come avrebbe voluto essere ricordato. "Sincero", ha risposto Malcolm. "In tutto ciò che ho fatto o detto. Anche se ho fatto degli errori, è stato in tutta sincerità. Se ho sbagliato, ho sbagliato sinceramente. Penso che la cosa migliore che si possa essere è essere sincero".
"Il prezzo della libertà", ha detto Malcolm poco prima di essere ucciso, "è la morte".
"La fine violenta di un uomo chiamato Malcolm", Life, febbraio 1965
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