IL RICATTO DELLA FINANZA INTERNAZIONALE CONTRO L'ARGENTINA
Recentemente una decisione della Corte suprema USA ha respinto
il ricorso presentato dal governo argentino che chiedeva di non poter
pagare oltre 1,3 miliardi di dollari ai fondi speculativi (hedge funds) che detengono bond del Paese sudamericano. La presidentessa Cristina Kirchner ha affermato inizialmente in un discorso alla nazione, che l’Argentina non può permettersi di pagare tutti i debiti entro due settimane come richiesto dalla Corte Suprema, definendo queste pressioni come un’estorsione.
Ultimamente la stessa Kirchner ha fatto un piccolo passo indietro, aprendo alla negoziazione con i fondi speculativi, pretendendo però condizioni eque.
La presidentessa ha anche messo in guardia dagli “avvoltoi” della
finanza, “coloro i quali volteggiano” sull’ Argentina non solo sul
fronte finanziario, “ma anche sulle nostre risorse naturali”, in
particolare sulle ingenti riserve degli idrocarburi.
Difatti l’alta finanza internazionale ora è nuovamente intenzionata a
mettere le mani sull’Argentina per imporre i propri diktat. Come scritto da Andrìa Pili in un articolo su You-ng.it, gli hedge-funds “intendono
ottenere l’intero valore dei titoli di Stato argentini che acquistarono
durante gli anni’90 (valore complessivo pari a 1.3 miliardi di dollari)
prima che il Paese andasse in default, nel 2002, e quindi varasse un
programma di ristrutturazione del debito“.
Sempre nello stesso articolo, si ricorda che l’oneroso debito argentino nacque negli anni novanta sotto l’amministrazione Menem,
che attuò una politica fortemente neoliberista in linea con i dettami
del Fondo Monetario Internazionale e della stessa finanza
internazionale.
Infatti, la politica di Menem portò a una lunga serie di privatizzazioni
a buon mercato del 90% del settore pubblico, e a durissimi costi
sociali con il licenziamento di 700000 lavoratori.
In seguito, nel 1994 il governo di Menem firmò a New York il Fiscal
Agreement Agency con il Bankers Trust locale, ovvero l’atto che stabiliva l’emissione di bond argentini regolati secondo la legge degli Stati Uniti.
La situazione si fece ancora più disastrosa con il successore di Menem, Fernando De la Rua, che tagliò ulteriormente la spesa sociale e provocò tumulti popolari con la decisione di limitare i prelievi bancari.
Arrivati alla soglia del nuovo millennio, l’Argentina si trovava con più
della metà ( il 54 percento) della popolazione in povertà e totalmente
alla mercè della finanza internazionale e delle sue misure draconiane.
Ma con l’inizio dell’era Kirchner le cose cambiarono completamente.
Nestor Kirchner, proveniente dalle fila dalla corrente di sinistra del movimento peronista,
promosse una radicale politica sociale che ridusse la povertà dal 54 al
20% e la disoccupazione dal 24 al 7%, e avviò il processo di
rinegoziazione del debito.
Sua moglie Cristiana migliorò la situazione, avviando inoltre una
politica fortemente basata sull’ampliamento di diritti sociali e civili.
Ora, la finanza internazionale esige che l’Argentina paghi per le
politiche scellerate fatte da un suo stesso “burattino”, e ciò
richiederebbe una nuova era di lacrime e sangue per il popolo argentino,
e un ritorno ai tempi bui che sembravano passati.
Difatti, come ricorda ancora Pili, “appare chiaro come una sentenza
legittima sul piano formale sia decisamente ingiusta sul piano sociale
ed umano”, visto che il popolo argentino è “chiamato oggi ad essere di
nuovo una vittima delle politiche neoliberali, varate da governi e
uomini già condannati dalla storia e puniti dal popolo nelle urne
elettorali; mentre il governo di Cristina Kirchner è chiamato a pagare
le conseguenze di un atto scellerato da esso non voluto” .
Insomma, una situazione veramente complicata e scomoda per l’Argentina e il suo popolo.
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