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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
11 giugno 2013
MONSANTO SCONFITTA...A METÀ
«È controproducente combattere contro i mulini a vento»:
così il capo delle relazioni pubbliche per la Monsanto in Europa, in
un’intervista al Tageszeitung, ha annunciato una ritirata strategica:
«Non faremo più lobby per i coltivi in Europa», e la ditta non ha
«attualmente» in corso progetti pere far approvare dagli stati sementi
geneticamente modificate. L’incredibile successo della «Marcia contro Monsanto» ha lasciato il
segno. La marcia ha avuto luogo in 400 città di 52 Paesi, e dovunque i
manifestanti hanno protestato contro i loro governi, troppo compiacenti,
diciamo, davanti agli argomenti Monsanto a favore dei suoi OGM. La
protesta chiedeva esplicitamente il «labeling»: che gli ingredienti
geneticamente modificati siano segnalati nelle etichette, come si fa per
gli zuccheri e i grassi. Ai consumatori, poi, la scelta. Una misura che la ditta ha contrastato sempre e con tutte le sue
forze lobbystiche, che sono notoriamente irresistibili quando si
esercitano sull’eurocrazia. Monsanto ha condotto una campagna a tutto
campo contro le etichettature, sostenendo che sarebbero troppo costose
(sic), che danneggerebbero i produttori poveri, che l’etichetta non
serve a niente dato che i cibi geneticamente modificati sono senza
rischi per il consumo umano, eccetera.
Recentemente lo Stato ungherese ha ordinato la distruzione di almeno
500 ettari a granturco risultato geneticamente modificato, che non
avrebbero dovuto trovarsi lì, dato che il Paese vieta l’uso di OGM ed
anche nel 2011 aveva fatto bruciare centinaia di ettari di coltivi
contaminati da sementi ingegnerizzate, per evitare ibridazioni
accidentali (i pollini si disperdono nell’aria) del mais «buono» con
quello OGM. E siccome l’Unione Europea adotta le norme più liberali
sulla libera circolazione (anche) di sementi, Budapest non ha diritto di
indagare come, da quali Stati membri, quelle sementi siano arrivate sul
suo territorio. «Ciò non ci impedirà di investigare a fondo su questa
faccenda entro i nostri confini», ha minacciato il ministro
dell’agricoltura Lajos Bognar.
Hanno proprio ragione l’eurocrazia e la stampa servile a bollare il
governo ungherese di «liberticida», populista, fascista e antisemita. Ma
finché si tratta della piccola e fascistoide Ungheria, passi. Il peggio
è successo quando in Oregon s’è scoperto che grano geneticamente
modificato stava crescendo in un’azienda agricola, che non l’aveva
coltivato; e la contaminazione è stata confermata dall’USDA (US
Department of Agricolture). Era una cosa che la Monsanto aveva
assicurato non sarebbe mai avvenuta. Le coltivazioni sperimentali di
questa semente ingegnerizzata erano terminate nel 2004, senza che si
fosse conclusa con l’approvazione per la vendita e il consumo. Ora si è
scoperto che Monsanto aveva fatto le sue sperimentazioni in campi
aperti, innescando un inquinamento genetico assai vasto. La reazione è stata rovinosa per gli agricoltori statunitensi. Il
competente ministero del Giappone ha bloccato le importazioni di grano
«western white» e da mangime «con effetto immediato da oggi», e ha fatto
pressioni sullo USDA per avere i dettagli delle sue indagini (indagini
che lo USDA, fortemente ammanicato con l’agribusinnes genetico, non fa
volentieri); l’import di grani americani, ha detto il ministro
giapponese, sarà sospeso fino a quando non si disporrà almeno di un «kit
di prova» per identificare quel frumento geneticamente modificato.
(Japan halts imports of U.S. wheat after USDA’s shock finding of genetic
pollution from GMOs)
La Corea del Sud, che importa circa metà del suo fabbisogno granario
dagli Usa, ha annunciato una simile sospensione. A questo punto, anche
l’authority europea per la difesa dei consumatori ha dichiarato che
qualunque carico di granaglie che risultasse positivo OGM non potrebbe
essere venduto in Europa. Altri Paesi hanno fatto lo stesso, specie in
Asia, come Cina e Filippine: tutti grandi importatori di frumento (si
accaparrano un terzo della esportazione mondiale); e dove si scopre che i
consumatori sono ancor più contrari ai cibi geneticamente modificati di
noi europei, spesso bollati come irragionevoli schifiltosi negazionisti
riguardo ad OGM ottimi e sanissimi.
Insomma, un danno economico ingentissimo per i coltivatori americani
che si vedono rifiutare i loro prodotti, anche se magari hanno avuto
cura di usare sementi naturali; e tutto a causa di Monsanto e dei suoi
reggicoda a Washington. È una replica di quel che accadde nel 2006,
quando il raccolto del riso a grano lungo americano risultò contaminato
da una semente ingegnerizzata, questa volta dalla BayerCropScience,
concorrente di Monsanto. Anche allora Europa e Giappone decretarono
l’embargo sul riso statunitense, ciò che costò al settore agricolo Usa
750 milioni di dollari. E il riso è piccolo commercio, in confronto
all’export di frumento. Bayer,
BASF e Syngenta, i concorrenti europei, hanno già rinunciato a
promuovere i semi OGM in Germania ed altri Stati membri: i coltivatori,
ha detto il portavoce di Monsanto, «hanno scarso interesse» ai presunti
vantaggi miracolosi delle sue sementi; che senso ha coltivare un
prodotto che è poi praticamente invendibile, dato il massiccio rifiuto
dei consumatori? La ministra dell’agricoltura tedesca, Ilse Aigner (che è
riuscita a bandire la semente MON810 nel 2009), ha detto: «Per
l’agricoltura europea, le promesse paradisiache dell’ingegneria genetica
non si sono avverate».
La resa di Monsanto è solo parziale , forse, apparente. In Spagna,
Portogallo e Romania, dove le leggi sono più di manica larga e i
consumatori meno sensibili al tema OGM, Monsanto continua a forzare la
diffusione della sua semente MON810 rafforzata da un gene microbico
tossico come pesticida «interno». E sta ancora energicamente facendo
lobby a Bruxelles perché gli eurocrati permettano l’importazione di
grani OGM per l’alimentazione animale.
Bisognerà vigilare, conoscendo l’eurocrazia (e i politici distaccati
presso il centro di potere europeo). Tanto più che le idee della gente
comune sulla pericolosità degli OGM – derisa dagli «esperti» – sta
trovando sempre più conferme a livello scientifico. Vedi il caso di
Thierry Vrain, un ricercatore al dipartimento dell’agricoltura canadese;
da sempre convinto promotore della innocuità delle sementi
ingegnerizzate, ora ha cambiato idea dopo un’analisi accurata della
letteratura scientifica, che gli ha rivelato – oh meraviglia! – che né
le autorità federali Usa, né quelle del Canada, hanno mai condotto test
indipendenti sulla innocuità degli OGM. «Tutto quel che abbiamo sono gli
studi di Europa e Russia, che dimostrano che i ratti alimentati con
cibo geneticamente modificato muoiono prematuramente», dice Vrain. Interessante la motivazione che il dottor Vrain dà della sua nuova
diffidenza:
«L’ingegneria genetica è vecchia di 40 anni. Ed è basata su
una teoria vecchia di 70 anni, quella “un gene=una proteina”, ossia che
ogni singolo gene codifica (e produce) una singola proteina. È
un’ipotesi che il Progetto Genoma Umano ha dimostrato sbagliata dal
2002. Ora sappiamo che un singolo gene è capace di produrre più di una
proteina, e che inserendo un gene estraneo in una pianta si finisce per
creare proteine che non conosciamo, e impreviste. Ed è ovvio che alcune
di queste proteine siano allergizzanti o tossiche».
Gli studi europei e russi, aggiunge Vrain, «dimostrano che le
proteine prodotte dai vegetali OGM sono differenti da quel che
dovrebbero essere. Inserire un gene estraneo come si fa con l’attuale
tecnologia dà luogo a proteine danneggiate. La letteratura scientifica è
piena di studi che mostrano come il mais e la soya geneticamente
modificati contengono proteine non volute, e tossiche».
Ragion per cui, conclude il genetista canadese, «rigetto la pretesa
delle ditte biotecnologiche che le loro sementi modificate producono di
più, che richiedono minori irrorazioni con pesticidi, che non hanno
alcun impatto sull’ambiente circostante e che sono senza rischi per la
nutrizione». (Former Pro-GMO Scientist Speaks Out on the Real Dangers of
Genetically Engineered Food)
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