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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
2 gennaio 2012
MONTI E L'UOMO DEL BANCO DEI PEGNI
Nei periodi di crisi l’uomo del banco dei pegni e l’usuraio, sono figure odiate e temute nello stesso tempo. Odiate
perché si appropriano, approfittando delle disgrazie altrui, dei pochi
gioielli di famiglia, dei beni o degli oggetti cari a prezzi irrisori
che spesso rimangano di proprietà del banco. Temute
perché possono anche rifiutarsi di ritirare gli oggetti o i prestiti
nel momento in cui si ha più bisogno, col rischio di vedersi sprofondare
sempre di più.
Il lavoro, la
salute, la scuola, la vita e la morte sono diventate merce con un loro
mercato e fonte di profitto per gli speculatori e gli sfruttatori che
lucrano sulle disgrazie umane.
Nel
capitalismo moderno la "globalizzazione", parola nuova coniata per
ammorbidire e rendere più digeribile il significato di imperialismo, ha
scatenato da anni una campagna ideologica e politica contro il
socialismo e il comunismo rappresentandolo come l’impero del male.
Un "impero del
male" dove tutti però, nonostante i giudizi anche più critici, non
possono nascondere la verità storica che tutti avevano un posto di
lavoro, una casa, l’università e la sanità gratuita. Oggi qualunque
lotta operaia contro il sistema capitalista, il governo e le sue
istituzioni che cancellano i diritti dei lavoratori, ogni operaio che
lotta per difendere i suoi interessi ostacolando la pacifica
accumulazione del capitale, è immediatamente considerato un nemico e
come tale il sistema lo criminalizza. Le regole in cui si deve svolgere
il conflitto operaio e sociale oggi sono riscritte a favore degli
interessi del grande capitale e si riscrivono insieme al concetto di
legalità e illegalità.
Come è
successo con il falso in bilancio sotto il governo Berlusconi, anche
oggi con il governo Monti - nuovo comitato d’affari della grande
finanza, delle banche e degli industriali - ciò che ieri era illegale
diventa norma. Si rimettono in discussione e si cambiano le leggi e le
regole (ad esempio le pensioni, i contratti nazionali e l’art. 18)
riscrivendole perché siano più funzionali alle mutate esigenze del
grande capitale.
Rappresentare
il sistema capitalista come il migliore dei mondi possibili, un sistema
senza alternativa, da salvare ad ogni costo proprio oggi che si sta
sgretolando sotto i colpi della crisi economico-finanziaria e politica è
sempre più arduo. Per ritardare la resa dei conti e allontanare il
pericolo del crollo si cambiano il lessico e le parole.
Gli apologeti
del capitalismo, dopo aver teorizzato e sostenuto per anni la scomparsa
della classe operaia, sono arrivati a cambiare i nomi e le categorie.
Gli operai sono diventati "risorse umane" o "capitale umano"; i padroni, "datori di lavoro"; gli omicidi e gli assassinii dei lavoratori sui posti di lavoro "morti bianche", la rapina imperialista delle risorse e le invasioni di paesi sovrani le hanno chiamate "guerre preventive". I massacri e i crimini contro l’umanità sono diventati "aiuti umanitari".
Sulla stessa
scia, oggi il governo Monti - sostenuto da tutti i partiti presenti
negli schieramenti di centrodestra e centrosinistra, (salvo poche
eccezioni) e dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
-chiamano "salvare l’Italia" la macelleria sociale che colpisce gli
strati bassi della popolazione a vantaggio del salvataggio delle banche e
della finanza, degli speculatori e dei grandi capitalisti responsabili
del disastro.
I sacrifici di ieri imposti da Berlusconi, passati senza alcuna opposizione hanno portato a quelli attuali.
Oggi senza
un’opposizione di piazza e scioperi reali, (non rappresentazioni
virtuali) nei luoghi di lavoro e nel territorio, in mancanza di
un’opposizione nei singoli paesi a livello nazionale e internazionale,
non c’è alcun argine e non possiamo che aspettarci altro che sacrifici e
ancora più guerre.
Nella crisi
internazionale, la concorrenza si fa sempre più agguerrita e in ogni
paese i padroni cambiano le leggi e le costituzioni (ad esempio con
l’inserimento della clausola del pareggio di bilancio) per rendere lo
sfruttamento degli operai più intensivo. Oggi si sfrutta la crisi per
smantellare lo stato sociale, dare un duro colpo al welfare e con le
privatizzazioni di beni dello stato il governo lascia via libera al
capitale privato anche nei servizi, gonfiando le tasche degli
industriali e dei banchieri.
L’abolizione
dei contratti nazionali, la riduzione e cancellazione dei diritti
costituzionali è legalizzata e propagandata come modernità (vedi la Fiat
di Marchionne e Agnelli).
Il profitto è
ormai l’unico diritto riconosciuto e tutti gli altri"diritti" sono
concessi solo se non ostacolano l’accumulazione capitalista e se sono
compatibili con essa. Il profitto, il dio denaro, è l’unico
riconosciuto universalmente dagli sfruttatori di tutto il mondo, siano
essi credenti, atei, o agnostici.
Da sempre le
lobbies cercano di imporre i loro interessi particolari, corporativi,
come generali, ma oggi siamo al massimo. Tutti i partiti politici in
parlamento e le istituzioni, a cominciare dal capo dello stato, parlano
della necessità e inevitabilità dei sacrifici per tutti, a cominciare
dalle "classi meno abbienti", raccomandando però di farli purché EQUI.
Il governo dei
banchieri e del grande capitale, il governo tecnico di Monti, dopo aver
salvato gli interessi delle finanziarie delle multinazionali ha fatto,
con una prima manovra, il "lavoro sporco", sostenuto dai partiti di
centrodestra e centrosinistra. Dopo aver rinunciato alla patrimoniale,
alle tasse sui grandi patrimoni privati (il clero, le sedi sindacali e
bancarie sono esenti dal pagamento dell’IMU), il governo colpisce i
soliti con una manovra di lacrime e sangue contro proletari (operai,
lavoratori, precari, pensionati, disoccupati).
Ora una parte
di questi partiti - dopo averla votata in parlamento perche "salvava
l’Italia" - criticano la manovra perché ancora troppo "iniqua". Le varie
frazioni della classe borghese organizzata in tutti i partiti politici e
organizzazioni cercano di difendere gli interessi del loro elettorato
di riferimento. Da destra rivendicano più risorse per la "crescita",
cioè meno tasse e più agevolazioni o aiuti per i capitalisti e i loro
reggicoda.
La "sinistra"
(il P.D. ?), sventolando la bandiera dei sacrifici necessari purché
equi, è completamente impotente, come anche i sindacati concertativi.
Che oggi i
lavoratori degli strati bassi, i proletari siano anche senza una
rappresentanza sindacale oltre che politica è dimostrato dal fatto che
gli stessi sindacati confederali CGIL-CISL-UIL-UGL hanno organizzato
scioperi non contro la manovra antioperaia del governo, ma solo
per rendere i sacrifici più equi, per scaglionare o plasmare in modo più
graduale tali sacrifici a cominciare dall’aumento dell’età
pensionabile.
Per noi proletari il problema non è quello di rivendicare sacrifici equi, e non ci basta più neanche che anche i "ricchi paghino"
(cosa che, in questo paese, sarebbe già una novità). E’ arrivato il
momento di mettere in discussione un sistema sociale basato sullo
sfruttamento che, dopo aver incassato migliaia di miliardi di interessi,
ha creato una voragine, un debito pubblico che oggi addebita e fa
pagare a noi e alle prossime generazioni di proletari.
Ormai anacronistico non è che i ricchi non pagano.
Anacronistico
è che esistano i ricchi che diventano sempre più ricchi mentre gli
operai, i lavoratori occupati e licenziati, i pensionati, siano ridotti
all’indigenza e in molti casi alla fame.
Noi
dichiariamo apertamente che siamo contro un modello sociale che
privatizza i profitti e socializza le perdite scaricandole sui più
poveri.
Noi siamo per un altro modello di società in cui si socializzino le ricchezze e il benessere, non la miseria.
Noi siamo contro la società capitalista che produce guerre fame miseria e lutti.
Oggi la nostra
opposizione al governo Monti sostenuto da Berlusconi - Bersani - Casini
- Fini - Rutelli non è uguale a quella dei sindacati confederali. La
nostra lotta oggi non si accontenta dei sacrifici equi, mantenendo
inalterato il sistema responsabile di questa crisi. Non ci basta che i
sacrifici siano spalmati meglio o resi più equi.
La nostra
lotta vuole eliminare alla radice le cause dello sfruttamento. Noi
lottiamo per una società in cui si produca per soddisfare i bisogni
degli esseri umani, che elimini la fame, la sete, la schiavitù, lo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Una società, che non saccheggi la
natura ma che viva in sintonia con essa, cominciando a riparare i danni
che i capitalisti hanno finora provocato in centocinquant’anni di
sfruttamento bestiale. Un paese dove tutti lavorano, una società che dia
pala e piccone in mano anche agli ex capitalisti dandogli la
possibilità di riparare almeno in parte i danni che hanno creato.
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