2 dicembre 2010

Krugman, la Cina e la natura attuale del capitalismo occidentale finanziarizzato

"Gli attuali attacchi alla Cina assomigliano molto agli attacchi verso il Giappone ed altri paesi asiatici di fine anni 80, che riuscirono a demonizzare delle economie di successo per aver evitato di essere víttime delle pratiche predatorie che corrosero l'industria nordamericana, che 'finanziarizzarono' e post-industrializzarono la loro economia. La piramide del debito USA, iniziata negli anni 80, ha portato ad una guerra di classi con poca giustificazione economica. Quindi, dare la colpa agli stranieri –di arricchirsi, come hanno fatto gli Stati Uniti da quando il Nord ha vinto la Guerra Civile del 1865— equivale semplicemente a proporzionare un alibi politico per uno status quo economicamente sterile".
di Michael Hudson
SinPermiso

Ecco il dilemma in cui si trova l'economia degli Stati Uniti: la politica di quantitative easing della Fed –creare più liquidità affinchè le banche possano prestare di più— si propone di aiutare l'economia a "prendere in prestito il loro modello per uscire dal debito". Tuttavia, le banche non stanno prestando di più per il semplice motivo che un terzo dell'immobiliare statunitense si trova già tecnicamente in fallimento [patrimonio netto negativo: devono più di quanto valgano i beni ipotecati; T.], mentre la piccola e media impresa, che ha creato la maggior parte dei nuovi posti di lavoro in America negli ultimi decenni, ha visto restringersi il suo campo di azione (l'immobiliare e gli ordini di vendita). Come ci si può quindi aspettare che le banche prestino di più e contribuiscano a rialzare i prezzi degli attivi nell'economia, se i salari e i prezzi del consumatore continuano ad andare alla deriva verso il basso? 
Così, l'economia reale nel suo complesso non può che continuare a ridursi.

Quello che ha dato risalto all'argomento a favore della política della Fed la scorsa settimana, è stato lo scambio di opinioni tra repubblicani e democratici. Il deterioramento della situazione ha spinto un gruppo di economisti e strateghi politici repubblicani a pubblicare una lettera aperta al Presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, criticando la politica Quantitative Easing (QE2) della Fed, politica consistente nell'inondare l'economia di liquidità, che avrebbe ripercussioni sui mercati valutari facendo scendere il tasso di cambio del dollaro. Fin qui, questa considerazione non manca di essere saggia. Tuttavia, sfiora appena la superficie del problema.

Pensate a Paul Krugman, uno dei fautori più progressista della politica democratica. Nei suoi articoli sul New York Times egli rifiuta il ruolo dei repubblicani come difensori degli interessi di Wall Street e dei grandi imprenditori. Tuttavia, perdona ancor più: si aggiunge, ai maltrattamenti della Cina. "Accusare lo straniero", e non il sistema, normalmente è una risposta della Destra, ma Krugman sta accusando la Cina semplicemente perchè i cinesi stanno cercando di salvarsi evitando di essere vittime delle politiche di Wall Street, quelle stesse politiche che proprio Krugman critica quando, invece, le vittime sono i lavoratori nordamericani. Nell'incolpare la Cina, non solo egli lascia fuori fuoco il comitato direttivo della Federal Reserve e i suoi amici di Wall Street, ma addirittura, in pratica, arriva a dare la colpa al mondo intero; un mondo che, nel formare un fronte unito, ha dato due settimane fa a Seoul un sonoro e unanime schiaffo al nazionalismo finanziario di Obama nelle riunioni del G20.

E' triste che la colonna di Krugman di Venerdì 19 novembre del New York Times, dal titolo L'asse della depressione, mostri chiaramente come Krugman adotti delle soluzioni che non vanno oltre quello che permette concepire il superficiale, banale, strumentale, lato intellettuale del pensiero economico marginalista. La sua colonna giunge ad accettare il tentativo della Fed di rialzare, mediante il Quantitative Easing, la bolla immobiliare inondando i mercati con credito sufficiente per abbassare i tassi di interesse. Egli sostiene che ciò che la Fed pretende con ciò sarebbe la "creazione di posti di lavoro" e non principalmente, come è il nostro caso, salvare le banche proprietarie di ipoteche su immobili in bancarotta.

La verità è che rialzare i prezzi degli immobili non faciliterà certo i salariati e gli acquirenti a raggiungere i loro obiettivi. L'abbassamento dei tassi di interesse rigonfierà i prezzi degli immobili ("creazione di ricchezza", allo stile di Alan Greenspan), il quale aumenterà il livello del debito nel quale dovranno incorrere gli acquirenti per acquistare i beni. E maggiore è il servizio da pagare del debito, tanto meno disponibilità rimarrà per spendere in beni e servizi (l'"economia reale"). Il lavoro si ridurrà in una spirale finanziaria di austerità economica.
Purtroppo, la maggior parte degli economisti sono offuscati dalla formula DV = PT. L'idea è che più denaro (D) porti all'aumento dei prezzi (P), presumibilmente dei prezzi di consumo e dei salari. (Si può ignorare la velocità, "V", che è semplicemente un residuo tautologico). "T", sono le "operazioni" e vale per il PIL, a volte chiamato anche in uscita, prodotto.
Circa il 99,9% della moneta e del credito non viene speso per beni di consumo (la "T" in DV = PT). Ogni giorno, un volume superiore all'intero PIL annuo passa attraverso la Clearing House di New York e per il Chicago Mercantile Exchange per prestiti bancari, azioni e obbligazioni, mutui impacchettati, strumenti finanziari derivati e altri beni e interessi economici in gioco. Di modo che, l'effetto del Quantitative Easing della Fed –l'inflazione monetaria— sarà quello di rialzare i prezzi degli attivi, non quelli dei beni di consumo e di altre mercanzie.

La dinamica chiave del capitalismo finanziario dei nostri giorni 

Questa è la dinamica chiave del capitalismo finanziario dei nostri giorni. Trascina le economie con un debito e, quando il servizio del debito supera l'eccesso a partire dal quale questo debito può essere pagato, la banca centrale cerca il "rialzo per uscire dal debito", creando credito: nuovo "denaro" sufficiente a rivalorizzare beni immobili, azioni e obbligazioni (sufficiente, cioè, affinchè i debitori possano continuare a pagare i loro interessi dovuti). Questo è il deus ex machina, il flusso del credito, dall'esterno verso l'interno, in grado di consentire che le economie finanziarizzate operino come degli schemi Ponzi piramidali su larga scala. Tale dinamica è stimolata tramite tassazione dei guadagni speculativi (del "capitale") per abbassare le aliquote marginali imposte sui salari e sui profitti delle imprese. Stando così le cose, perché gli investitori dovrebbero finanziare gli investimenti in capitale tangibile, se possono tranquillamente cavalcare l'onda dell'inflazione dei prezzi degli attivi? L'economia della bolla sfocia nella "creazione di ricchezza" speculativa.

Può funzionare così? Fino a quando continueranno degli investitori creduloni ad investire in uno schema piramidale sviluppato a ritmi esponenziali impossibili, sfruttando una fittizia "creazione di ricchezza" mentre i banchieri saturano l'economia con ulteriore debito? Fino a quando la gente comune crederà che l'economia è effettivamente in crescita, quando invece i banchieri prestano ad una economia sempre pur controllata da agenzie di regolamentazione, pilotate da "caotici personaggi" ideologizzati?

L'ideale dei banchieri è che tutta l'eccedenza che si trovi al di sopra del margine della pura sussistenza, sia versata sotto forma di interessi e commissioni: tutti gli ingressi personali, tutti i flussi di cassa impresariali e di tutto l'immobiliare. Cosicchè, quando la politica di Quantitative Easing della Fed abbassa i tassi di interesse sui mutui, quello che ottiene non è che gli acquirenti di case finiscano per pagare di meno, ma ciò che fa è piuttosto consentire semplicemente l'aumento del tasso di capitalizzazione del valore del reddito già esistente.

L'alibi della Fed è che il Quantitative Easing beneficia gli acquirenti riducendo loro il costo del debito che devono sostenere. Tuttavia, se ciò fosse vero, il loro guadagno significherebbe una perdita per le banche, e le banche sono la base principale della Fed. Per la Federal Reserve, il "problema" economico consiste nel fatto che alcuni prezzi di case popolari (ossia, quelli piu accessibili) stiano ammazzando i bilanci contabili delle banche. Quindi, il vero obiettivo della Fed è ri-gonfiare il mercato immobiliare e nel contempo, già che c'è, se ci riesce stimolare una fetta del mercato azionario.

Una colonna di Andy Kessler sul Wall Street Journal (Venerdì 19 novembre, la stessa data che è apparsa sopra la colonna di Paul Krugman) indirizzava a questo, pero riconoscendo che la Fed naufragherebbe disastrosamente presso l'opinione pubblica se dovesse affrontare in un confronto diretto la questione per dare spiegazioni in merito e spiegare che il motivo del suo nuovo ciclo di quantitative easing, era quello d'invertire la caduta dei prezzi degli immobili. "Bernanke provocorebbe il panico, se dicesse pubblicamente che se non fosse per il polverone magico sollevato dal dollaro, i beni immobili cadrebbero nell'abisso"; e se ammettesse che, in tal caso, i bilanci contabili delle banche continuerebbero a soffrire per "prestiti immobiliari e derivati finanziari tossici". Però, il carattere in gran parte fittizio di solvibilità della banca riconosciuto ufficialmente si riflette nel fatto che il valore del mercato azionario di Bank of America (che ha acquistato Countrywide Finanze) è solo la metà di ciò che è nei loro libri, mentre quello di Citibank è esagerato del 20%.

I pignoramenti, inutile dirlo, sono un male per i proprietari di abitazione, ma sono ancor peggio per le banche, a causa del sistema di credito a Piramide Ponzi, costruito sul valore dei mutui spazzatura degli ultimi dieci anni. Il problema con l'analisi di Krugman è la sua accettazione, in partenza, che il Quantitative Easing –pensato per ri-gonfiare il mercato immobiliare— sia invece buono per risolvere il problema lavoro e anche per rinnovare la competitività americana, e non di pensarne, come è il caso, tutto il contrario.
Nel concentrarsi su commercio e lavoro, ammette implicitamente che il dollaro si stia indebolendo solo a causa del déficit commerciale, non a causa del deficit militare e della fuga di capitali! E parte dal presupposto che, rialzare il mercato inmobiliario –obbiettivo esplicito della Fed— renderà più competitive le esportazioni nordamericane, e non il contrario! Con tutta serietà, scrive nella sua rubrica del 19 novembre che "la ragione essenziale dell'attacco mosso verso la Fed, è l'egoismo puro e semplice. Cina e Germania vogliono che l'America rimanga poco competitiva".

Non è questo che ho sentito in Cina e in Germania. Cinesi e tedeschi vogliono semplicemente evitare disagi e instabilità nel loro commercio e produzione nazionale, per evitare di subire perdite nelle loro riserve internazionali (riserve, per inciso, mantenute in buona parte da un'inerzia che viene fin dalla I e II Guerra Mondiale, quando gli Stati Uniti incrementarono fino a un 80% la loro partecipazione nelle riserve auree del mondo). Il Tesoro nordamericano vorrebbe che le banche e gli speculatori statunitensi guadagnassero facilmente 500 miliardi di dollari a spese della Banca Centrale cinese, speculando astutamente sul commercio di valuta. La Fed vorrebbe far rivivere l'economia americana tramite il saccheggio delle altre economie.

Non sarà così. Lo schema del collasso del dollaro per la finanza internazionale sarà un grave colpo, non appena gli altri paesi siano in grado di sostituire il dollaro con una valuta reciprocamente accettabile nei loro scambi, un processo che in questo momento stanno portando avanti i paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina). Il Sud Africa è appena entrato come quinto membro in questi paesi, e in quelli esportatori di petrolio, dalla Nigeria al Venezuela e Iran, si stanno associando fra di loro per cercare di rendere il sistema monetario internazionale meno ingiusto e meno sfruttatore. Joseph Stiglitz, co-Nobel con Paul Krugman, ha avvertito (in modo apparentemente ironico, perchè lo ha fatto in una rubrica del Wall Street Journal):  
  • "Si presume che questo denaro [del Quantitative Easing] rivitalizzerà l'economia degli Usa, ma, ben lontano da questo, quello che farà sarà invece ripercorrere il pianeta in cerca di economie che sembrino funzionare bene, provocandone la catastrofe."
La Fed e il Congresso hanno esortato la Cina a rivalutare la sua moneta, di un un 20%. Questo obbligherebbe il governo cinese e la sua banca centrale ad assorbire una perdita di mezzo miliardo di dollari dei 2,6 miliardi in riserve che hanno accumulato. Queste riserve non provengono solamente dalle esportazioni, molto meno da quelle operate verso gli Stati Uniti. Sono fughe di capitali realizzati dai gestori di fondi satunitensi, arbitraggisti di Wall Street, speculatori internazionali e altre persone che cercano di comprare i beni cinesi. E sono il risultato della spesa militare statunitense nelle le sue basi, in Asia e altrove, dollari che i paesi destinatari fanno circolare e spendono in Cina. 

Le autorità cinesi hanno cercato di mettere in chiaro che ciò che è discutibile per loro è la politica degli Stati Uniti di creare "credito elettronico sullo schermo del computer" a uno 0,25% per comprare poi dopo ovunque beni ad alto rendimento (e, qualunque attivo straniero, è quasi sempre di maggior rendimento). La riunione del G20 la scorsa settimana in Corea del Sud ha accusato gli Stati Uniti di svalutazioni competitive della moneta e di aggressione finanziaria, e alcuni paesi hanno iniziato ad evitare il dollaro e anche ad evitare di incorrere in surplus commerciali e di pagamenti simili.

Il punto è che non c'è modo che Stati Uniti possano difendere il deprezzamento del dollaro in termini che obblighino altri paesi ad accettare perdite nei loro titoli. Gli nvestitori di tutto il mondo hanno perso la fiducia nel dollaro e in altre monete di carta, e si stanno muovendo verso l'oro o, semplicemente, stanno chiudendo le loro economie. Nel corso dell'anno passato –dalle riunioni BRIC in Ekaterinburg, in Russia, nell'estate del 2009— la loro risposta è stata quella di evitare l'uso del dollaro per proteggersi dall'aggressiva fuga di capitali statunitensi che stanno cercando di attaccare di sorpresa le loro banche centrali per poter comprar le loro imprese, materie prime e beni con "carta di credito" (e, così facendo, in verità permettere anche un aumento delle spese militari).

Invece di sostenere questo sforzo –un movimento con conseguenze positive per la pace nel mondo, perché tende a limitare l'avventurismo militare degli Stati Uniti (come la guerra del Vietnam costrinse il dollaro a rilasciare i legami sull'oro nel 1971)— Krugman si serve della crisi per attaccare la Cina come se il successo di questa fosse quello che sta danneggiando i lavoratori americani non, le politiche statunitensi postindustriali e ProFinance che hanno gonfiato il mercato immobiliare, privatizzato l'assistenza sanitaria senza opzione pubblica –senza nemmeno uno sconto per l'acquisto di farmaci pubblici nordamericani— o l'impossibilità di ammortizzare il debito ipotecario e di altri debiti verso banche ed offrire loro la possibilità di pagare.

Gli attuali attacchi contro la Cina sono molto simili a quelli verso il Giappone e altri paesi asiatici di fine anni 80, che riuscirono a demonizzae economie di successo per aver evitato, queste, l'essere vittime delle pratiche depredatorie che corrosero l'industria nordamericana, che "finanziarizzarono" e post-industrializzarono la loro economia. La piramidalizzazione del debito statunitense che partì negli anni 80 è sfociata in una guerra di classi con appena giustificazioni economiche. Quindi, dare la colpa agli stranieri –di arricchirsi, come hanno fatto gli Stati Uniti da quando il Nord ha vinto la Guerra Civile del 1865— equivale semplicemente a proporzionare un alibi politico per uno status quo economicamente sterile.

Ai due partiti nordamericani e ai loro leader politici risulta più facile demonizzare politiche che vanno oltre il puramente marginale (e che, appunto per questo e in nessun caso, può affrontare la soluzione di problemi strutturali centrali). Il dibattito politico finisce così incitando diferenze politiche insignificanti. Difficilmente si avrà coscienza, in questo modo, che il problema che ha davanti a sè la disoccupazione industriale nordamericano è che i salariati devono guadagnare abbastanza come per pagarsi la casa più cara del mondo (la FDIC [Federal Insurance Corporation di depositi, il suo acronimo in inglese] sta cercando di limitare i mutui affinchè non assorbano più del 32% del bene ipotecato del debitore), l'assistenza sanitaria e la sicurezza sociale più costosa del mondo (con un 12,4% delle deduzioni, come disposizioni della FICA [Legge federale di assicurazione dei contributi, per la sua sigla in inglese], elevatissimi livelli di debito personale con le banche e le rapaci società di carte di credito (circa il 15%) e uno spostamento della carica fiscale dalle proprietà e i più ricchi verso le entrate precedenti del lavoro e verso i beni di consumo (un altro 15%, più o meno). L'obiettivo dei banchieri è andare a calcolare quanto pagano i loro clienti, che è definito come qualsiasi importo superiore al costo della vita di base e le spese "non discrezionali", che vadano a bloccare il settore FIRE [Finance, Insurance e Real Estate, la sua sigla in inglese].

Questo è suicidio postindustriale, ed è il percorso alla schiavitù del debito per i lavoratori dipendenti ed i consumatori americani. La Cina ha creato un'economia che è riuscita –fino ad oggi— ad evitare la finanziarizzazione delle proprie imprese. Lo Stato possiede più della metà delle azioni delle sue banche commerciali. Secondo il ministro delle finanze cinese, gli attivi di tutte le imprese statali nel 2008 rappresentavano circa $ 6 miliardi di dollari (pari al 133% della produzione economica annuale). Ciò comporta che, quando si concedono prestiti alle imprese nazionali –specialmente a quelle di proprietà totalmente o parzialmente statali—, gli interessi e i redditi finanziari fluiscano verso il settore pubblico, e ciò rende inutile, innecessaria, la tassazione fiscale del lavoro.

Come si può comprendere, la Cina sta cercando di difendere questo sistema. Tuttavia, l'amministrazione Obama (imitata dai repubblicani fondamentalisti del libero mercato) critica questo, particolarmente la sua sovvenzione pubblica verso l'energia solare, un investimento volto a rallentare l'inquinamento e il riscaldamento globale. Il Wall Street Journal, Mercoledì scorso, ha dato un esempio quasi comico di questo attacco ipocrita (Jason Dean, Andrew Browne y Shai Oster: "China's 'State Capitalism' Sparks a Global Backlash" ["Il capitalismo di Stato cinese innesca una reazione globale"]), denunciando l'accelerazione degli investimenti cinesi nel settore dell'energia solare per emancipare la propria economia (e la sua atmosfera) delle importazioni di petrolio e dalle emissioni di carbonio. "Approfitta del controllo statale del sistema finanziario per canalizzare capitale a basso costo verso le industrie nazionali (e verso nacioni straniere ricche di risorse combustibili fossili e minerarie, che la Cina necessita per mantenere il suo rapido tasso di crescita)".

Questa politica cinese ha portata Charlene Barshefsky, rappresentante del commercio estero americano sotto Clinton, che ha contribuito a negoziare l'ingresso della Cina nell'OMC nel 2001, a lamentarsi che "economie vigorosamente dirette dallo Stato, come la Cina o la Russia, (...), possano decidere che 'interi rami industriali siano creati dallo Stato', (...) fatto che squilibra il campo di gioco, penalizzando il settore privato". Questo è precisamente ciò che ha fatto il Giappone per promuovere l'industrializzazione: fornire credito pubblico al fine di promuovere gli investimenti in capitale tangibili, non il latrocinio dei contributi finanziari. "Vaste frangie industriali sono ancora controllate da imprese statali, strettamente limitate agli stranieri", si lamentano gli autori dell'articolo del Wall Street Journal. "Lo stato possiede le banche principali in Cina, le sue tre grandi compagnie petrolifere, i tre servizi di telecomunicacioni e le principali imprese di mezzi di comunicazione".

Ci sono due idee molto diverse su ciò che dovrebbe essere il ruolo del sistema finanziario. In Occidente, negli ultimi trent'anni, le banche commerciali hanno creato la maggior parte del credito per la speculazione e l'inflazione dei prezzi dei beni, non per finanziare la formazione del capitale e dell'industria. L'idea direttrice di una panca pubblica è promuovere l'investimento a lungo termine per aumentare la produttività, la produzione e l'impiego. E questo è quello che ha permesso alla Cina di trionfare con tanta rapidità, mentre le economie occidentali si "finanziarizzavano" e degradavano. I paesi baltici, Islanda ed ora Irlanda sono esempi del disastro che il neoliberalismo finanziario causa quando ha le mani libere.

La morale della favola è che il successo bancario cinese –ed il suo proposito di difendersi dall'assalto della moneta statunitense e della speculazione arbitraggista che cerca di saccheggiare le sue riserve straniere—, lontano da meritare l'accusa di promuovere la guerra economica, meriterebbe essere emulato. Emularlo è, precisamente, quello che i paesi BRIC dichiarano ora di voler fare. L'amministrazione Obama ed i politici europei urtano, certamente, sicuramente i nervi quando urgono alla Cina di incentrarsi più nel proprio mercato interno ed ad accelerare l'aumento dei propri livelli di vita. È chiaro che i mercati interni di USA ed Europa si stanno avvilendo, man mano che avanza la deflazione per debito.

La Cina non è tanto autosufficiente come gli USA in risorse naturali ed acqua. Questo significa che un incremento dei suoi livelli di vita esigerà spendere buona parte dei risparmi internazionali che sono arrivati a tesoreggiare. Ma almeno si trova sul sentiero giusto. La stessa cosa, può forse dirsi del Nordamerica? A cosa serve attaccare e accusare la Cina? Non dovremmo domandarci piuttosto perché la sua produttività, il suo investimento di capitale ed i suoi livelli di vita stanno crescendo, mentre declinano i nostri?

La domanda stessa, suggerisce la risposta: il sistema finanziario cinese è concepito per promuovere una crescita dell'eccedenza, non per succhiare l'eccedenza esistente. Un effetto collaterale di questo è l'aumento dei prezzi negli immobili e nelle borse valori, ma quest'aumento riflette qui incrementi di investimento di capitale e progresso, non un divertimento dell'investimento per alimentare lo svuotamento degli attivi [asset stripping], come è successo invece negli USA per l'avidità arrogante imperante lì, negli ultimi 30 anni.

Quello che dovrebbe preoccupare Krugman ed altri economisti che patrocinano per i salariati e per il congiunto dell'economia, è il pericolo che la Fed intraprenda un altro riscatto mascherato dai suoi amici di Wall Street. Ebbene; Kessler suggerisce che la Fed dovrebbe fare precisamente questo: "trasladare il debito tossico nei libri contabili della FDIC [Corporazione federale di sicuri di depositi, per le sue sigle in inglese] e della Fed, e riassestare le banche di capitale fresco affinchè possano aprire di mattina presto" magari già il prossimo lunedì!
Non si può bisasimare la Cina per quello che sta facendo!

Michael Hudson ha lavorato come economista in Wall Street ed attualmente è Distinguished Professor nell'University of Misoury, Kansas City, e presidente dell'Institute for the Study of Long-Term Economic Trends (ISLET). La sua consacrazione ai problemi delle economie postsovietiche, e specialmente la Lettonia, gli ha portato ad essere commissionato recentemente, da parte della coalizione di sinistra lettone Centro dell'Armonia, come economista capo della Reform Task Force Latvia, un think tank incaricato di elaborare una politica economica alternativa per questo paese baltico. È autore di vari libri, tra i quali emergono: Super Imperialism: The Economic Strategy of American Empire, nuovo ed., Pluto Press,2003, e Trade, Development and Foreign Debt: How Trade and Development ti Concentri Economic Power in the Hands of Dominant Nations (ISLET2009). 

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