18 gennaio 2009

GUERRA DI RELIGIONE O DI GAS?


In un articolo intitolato “Guerra e gas naturale. L’invasione di Israele e i giacimenti di gas naturale al largo di Gaza”, Michel Chossudowsky propone un’interessante analisi che porta a leggere l’attuale invasione di Gaza come il culmine - pianificato con gelido cinismo - di un logorante braccio di ferro per ottenere il controllo delle riserve di gas naturale scoperte di recente al largo di Gaza, e quindi di proprietà palestinese.
La cosa paradossale è che a questo punto i palestinesi appaiono come un semplice disturbo aggiuntivo, la cui rimozione non sia il fine ultimo della crociata sionista, ma un mezzo per raggiungere li vero obiettivo, il totale controllo di quello che viene chiamato il "corridoio energetico levantino", nel bacino orientale del Mediterraneo.

Chossudowsky inizia dicendo che “l'invasione militare da parte dell'esercito israeliano della striscia di Gaza è direttamente correlata al controllo e al possesso delle riserve strategiche sottomarine di Gaza. Questa e una guerra di conquista. Ci sono grandi riserve di gas al largo di Gaza”.
Poi Chossudowsky spiega che “il British Gas Group” (BG) e la consociata greca Consolidated Contractors International Company (CCC), di proprietà delle famiglie libanesi Sabbagh e Koury, avevano ottenuto nel 1999 dall’Autorità Palestinese i diritti di sfruttamento per 25 anni dei fondali di Gaza. Questi accordi riservavano all’Autorità Palestinese il 10 % dei proventi complessivi.

L'accordo prevedeva la costruzione di un gasdotto per sfruttare i nuovi giacimenti, che sono contigui a quelli già esistenti, di proprietà di Israele.

La questione della sovranità territoriale sui fondali con riserve di gas
– prosegue Chossudowsky - è cruciale. Da un punto di vista legale...
... queste riserve appartengono alla Palestina, ma la morte di Arafat e il crollo dell'Autorità Palestinese hanno permesso ad Israele di stabilire un controllo de facto sulle riserve sottomarine di Gaza.

Il gruppo BG tratta direttamente con il governo di Tel Aviv, aggirando il governo di Hamas per tutto quel che riguarda i diritti di sfruttamento dei nuovi giacimenti.

L'elezione del primo ministro Ariel Sharon ha rappresentato, nel 2001, una svolta cruciale in questa vicenda.
Il diritto di sovranità sui giacimenti fu infatti contestato di fronte alla Corte Suprema di Israele, mentre Sharon dichiarava che Israele non avrebbe mai comperato gas dalla Palestina, affermando che le riserve al largo di Gaza appartengono a Israele. "

Provate a pensare a cosa succederebbe nel mondo se, ad esempio, l’Italia contestasse davanti alla propria Corte Costituzionale il diritto della Francia di sfruttare i suoi giacimenti al largo di Marsiglia, dicendo che sono nostri.
Nel 2003 Sharon pose il veto ad un accordo che avrebbe permesso alla BG di fornire a Israele il gas proveniente da Gaza.

La vittoria di Hamas nel 2006 portò alla disfatta dell'Autorità Palestinese, che restò confinata in Cisgiordania, sotto il governo-fantoccio di Mahmoud Abbas.
Nel 2006 la BG stava per firmare un accordo per spedire il gas all'Egitto, ma pare che il primo ministro inglese Tony Blair sia intervenuto a favore di Israele per sabotarlo."

Di fatto, sappiamo che quell’accordo non fu mai firmato.

"Nel maggio del 2007 prosegue Chossudowsky - il governo israeliano approvò la proposta del primo ministro Ehud Olmert di acquistare gas dalla autorità palestinese. Sul tavolo c'era un contratto da 4 miliardi di dollari, con utili nell’ordine di due miliardi, dei quali uno sarebbe andato ai palestinesi."
Sembrava una soluzione onorevole per tutti.

"Tel Aviv però non aveva nessuna intenzione di dividere gli utili con la Palestina. Una squadra di negoziatori fu messa in piedi dal governo di Israele per stilare invece un accordo diretto col gruppo BG, aggirando sia il governo di Hamas che l’Autorità Palestinese. "Le autorità della difesa israeliana – si giustificò allora il governo - vogliono che i palestinesi siano pagati in beni e servizi, ma insistono che il governo controllato da Hamas non debba ricevere soldi”.
Siamo quindi alle comiche: il Primo Ministro chiede un accordo, il Governo lo firma, ma la Difesa si oppone, accampando motivi di sicurezza che evidentemente nè il Primo Ministro nè il Governo avevano preso in considerazione. D'altronde, non è che siano abituati a vivere nella paranoia, da quelle parti.
“Lo scopo ultimo – conferma infatti Chossudowsky - era quello di nullificare il contratto iniziale del 1999, firmato dal gruppo BG con l'autorità Palestinese di Arafat.”
Ma il balletto non è finito, e le vere vittime della danza ipnotica continuano a ballare ignare del proprio destino: “Il nuovo accordo proposto alla BG nel 2007 prevedeva un gasdotto sotterraneo che portasse il gas direttamente allo snodo costiero israeliano di Askelon, trasferendo di fatto ad Israele il controllo delle vendite del gas naturale di Gaza.
Sembrava fatta, finalmente. Noi pompiamo - pensarono gli inglesi - loro vendono, e i palestinesi tornano a coltivare i cedri.
Ma l'accordo, che avrebbe comunque portato qualche soldo nelle tasche dei palestinesi, fallì per l’intransigenza del capo del Mossad, che “per motivi di sicurezza” riteneva necessario precludere ai palestinesi qualunque introito monetario derivante dalle vendite del gas.

A quel punto la BG si ritirò dalle trattative, e nel dicembre 2007 chiuse i suoi uffici a Tel Aviv."

A Israele non restava che invadere, e prendersi con la forza quello che l’intransigenza altrui le impediva di ottenere con regolare contratto.

Chossoudowsky infatti sottolinea che “il progetto d'invasione della striscia di Gaza, chiamato operazione Piombo Fuso, fu messo in moto nel giugno 2008, ma diverse fonti militari hanno rivelato che l’esercito fosse stato allertato già sei mesi prima”. Ovvero, dal momento in cui era “definitivamente” fallita la trattativa con la BG.

Tanto definitivo fu quel fallimento, che mentre Israele lustrava i cannoni qualcuno contattava segretamente il gruppo BG, “per riaprire le importanti trattative sullo sfruttamento del gas al largo di Gaza. Di fatto sappiamo – scrive Chossudowsky - che fossero in corso trattative fra BG e Israele nell'ottobre del 2008, due o tre mesi prima dell'inizio dei bombardamenti, avvenuto il 27 dicembre”.

Chossudowsky non sa dire a che punto siano oggi le trattative, ma sembra chiaro che Israele abbia previsto fin dall’inizio di mettere gli inglesi di fronte al fatto compiuto, obbligandoli a quel punto ad accettare le loro condizioni, pur di vedere qualche dollaro sgorgare finalmente dai loro prezzolati giacimenti.

Chossudowsky acclude una cartina che aiuta a comprendere meglio la lungimirante strategia di Israele, nella cruciale redistribuzione delle risorse energetiche attualmente in corso.
Perchè di questo si tratta, e di null’altro. Chi controlla l’energia, domani controllerà il mondo.
Nel frattempo appare evidente come i reali proprietari dei giacimenti rappresentino poco più di
un disturbo temporaneo nel grande quadro strategico di Israele. Se non camminassero e piangessero come tutti gli altri, il problema non sarebbe nemmeno mai sorto.

Talmente determinata appare Israele nell’aver perseguito questa strategia, che sembra non essersi fermata nemmeno di fronte ai propri padrini e alleati, quegli inglesi senza i quali oggi Israele sarebbe solo il nome di una antica tribù sperduta nel deserto.

Ma evidentemente non è questo il tempo di rendere i favori. Ora è necessario accaparrarsi al più presto tutte le risorse ancora disponibili, prima che inizi il grande Armageddon.

Massimo Mazzucco da luogocomune.net

17 gennaio 2009

IL SILENZIO RENDE COMPLICI



In tutto il mondo si susseguono appelli per la pace affinchè finiscano al più presto gli scontri a Gaza.
Tra gli appelli dei politici e quelli delle Nazioni Unite, molto simili nella loro ipocrisia, pubblichiamo questo comunicato di Adrian Salbuchi rivolto alle comunità ebraiche in Argentina, sperando che venga ascoltato da tutte le comunità ebraiche del mondo, perchè il genocidio subito dagli ebrei non può essere un movente per le barbarie sioniste che si stanno perpetrando in questi giorni nella striscia di Gaza dove gli unici a pagare il prezzo di questo orrore sono i civili palestinesi.
Come ha scritto Norman G. Finkelstein:
«Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi come i nazisti»

Comunicato di Stampa N°60-9 gennaio del 2009.

Il silenzio è complicità.
Nel nostro comunicato stampa n° 59 del 30/12/08 IL MSRA (Movimento per la Seconda Repubblica Argentina, abbiamo fatto un richiamo a tutta la comunità ebraica del nostro paese affinchè prendesse una posizione inequivocabile di fronte alla barbaria genocida che sta portando avanti il governo terrorista dello Stato di Israele contro il popolo palestinese a Gaza.
Nel gigantesco Auschwitz nel M.O.amministrato dallo Stato Terrorista Israeliano,che è la striscia di Gaza, in due settimane hanno assasinato quasi 800 palestinesi,altri quasi 400 sono feriti,di cui la maggior parte donne,bambini e anziani. Le bestie israeliane sono arrivate al colmo sparando contro veicoli dell'Onu che trasportavano aiuti umanitari.

Questi sono crimini di lesa umanità! Quanti altri assassini realizzeranno gli israeliani mentre l'ipocrita "comunità internazionale" si frotta i vestiti e avanza a passo di tartaruga?

Sappiamo molto bene che le organizzazioni Amia, Daia e Osa appoggiano queste misure criminose e con ciò stanno compiendo un atto di apologia del delitti.
Seguendo l'esempio dignitoso del Venezuela, il governo di Kirshner, dovrebbere espellere l'ambasciatore israeliano e sospendere i rapporti diplomatici con lo Stato Terrorista di Israele.Certamente non lo faranno, in quanto i Kirshner sono funzionali al sionismo e si sottopongono (e con loro l'intero paese) agli interessi sionistici internazionali e dello stato di Israele.
Per questo, una volta ancora, facciamo una richiesta a tutta la comunità ebraica in Argentina, facendo appello al suo senso di giustizia, equità e rispetto per i diritti umani di Tutti gli uomini, affinchè condanni apertamente, pubblicamente e vigorosamente questo nuovo episodio di genocidio compiuto dallo stato terrorista di israele contro la popolazione palestinese nel suo paese, invaso dalle forze militari di occupazione israeliana da oltre 70 anni.

Ogni argentino, dovrebbe comprendere che il silenzio è complicità con gli assasini.
Noi abbiamo già sofferto il terrorismo di stato e molti compagni e fratelli hanno sofferto la violazione dei loro diritti umani, in parte, dovuto al silenzio complice e codardo della maggioranza. Per questo, noi argentini abbiamo una responsabilità storica speciale e singolare di far sentire la voce di allarme e non tollerare passivamente genocidi di questo tipo Mai Più e in Nessun Luogo.

Sappiamo molto bene che la comunità ebraica argentina non è rappresentata onestamente dall'Amia(Associazione Mutuale Israeliana Argentina) nè dalla Daia (Delegazione di associazioni israeliane in Argentina) nè dalla Osa (Organizzazione Sionistica in Argentina), che si porpongono di "esaltare i vincoli con lo stato di Israele, rettificando la sua guida di centro spirituale della vita ebraica" (http://www.daia.org.ar/01QuiSom.html).
Da ciò il nostro richiamo ai settori moderati e sani della comunità ebraica affinchè eliminino e censurino gli assasini che in questo preciso momento porta avanti lo stato di Israele a Gaza e che le potentissime forze mondiali (globali) sionistiche e pro-sionistiche pretendono di giustificare invocando di farlo "in nome di tutti gli ebrei del mondo"
Gli ebrei argentini pacifici non devono permettere que questo si faccia "in loro nome", non devono accettare buonisticamente di rimanere legati e macchiati dal terrorismo israeliano.
Il silenzio della comunità ebraica oggi li trasformerebbe implicitamente in complici di questo vero olocausto che si svolge in Palestina sotto il comando militare israeliano. Argentini:in questi momenti trascendentali, osserviamo molto attentamente chi fa cosa....
Movimento per la Seconda Repubblica Argentina (MSRA)
Adrian Salbuchi.

16 gennaio 2009

FINE DEGLI STATI UNITI, INIZIO DEL GOVERNO MONDIALE

L'anno 2009 ha segnato l'inizio di quelli che saranno i quattro anni più drammatici della storia umana.
A partire da aprile-giugno 2009, la crisi economica potrebbe portare a una drammatica guerra sociale-civile negli Stati Uniti, che potrebbe portare alla divisione territoriale della nazione. Tale è la visione di Igor Panarin, Dott. di Scienze Politiche e Direttore del Dipartimento degli affari internazionali presso l'Accademia diplomatica del Ministero degli Affari Esteri della Russia, previsione fatta nel 1998. A quel tempo, le previsioni Panarin non sembravano essere realistiche, dal momento che gli Stati Uniti un decennio fa sembravano imbattibili: una superpotenza mondiale. Oggi, tuttavia, le stime del Dr. Panarin sembrano avvicinarsi a una realtà possibile.
Un paio di settimane fa, il sito russo Izvestia ha introdotto una versione aggiornata di questi eventi, attraverso una intervista televisiva, dove gli esperti hanno condiviso con Panarin le loro opinioni su temi come ad esempio, il motivo per cui negli Stati Uniti il crollo dell'economia e finanza è inevitabile, anche con Obama, e il motivo per cui ora è meglio per la Russia restare amica della Cina. Riportiamo alcune parti del colloquio:

Domanda: Sig. Panarin, dove ha avuto l'idea di una "rottura" degli Stati Uniti nel 1998 quando il paese prosperava ed era il leader mondiale incondizionato?

Risposta: Nel settembre 1998, c'è stata in Austria, una conferenza internazionale sulla guerra Informativa. In quel momento ho presentato i risultati della mia ricerca analitica. Tra i circa 400 partecipanti, 150 americani avevano cominciato a gridare nel pubblico, quando ho parlato nella mia presentazione del prossimo US frattura. Tuttavia, le mie argomentazioni erano ben fondate. A quel tempo era ovvio per me che le finanze e l'economia potevano essere le principali forze distruttive che incombevano sugli Stati Uniti. Il dollaro non era sostenuto da niente. Il debito estero del paese è cresciuto come una valanga, nonostante il fatto che non vi era alcun debito nei primi anni Ottanta. Nel 1998, quando ho fatto le mie previsioni, il debito era salito a $ 2.000.000.000.000 (due trilioni di dollari). Ora supera 11 miliardi di dollari ... Questa è una finanza a piramide può solo portare ad un collasso.

Domanda: Crollo, quindi dell'intera economia degli Stati Uniti?

Risposta: Si ricorda che ora è in pieno collasso. Tre delle cinque più grandi e più antiche banche di Wall Street hanno cessato di esistere in seguito alla crisi finanziaria, e altre due sono in pericolo. Le loro perdite sono le più grandi nella storia. Ora si parla di sostituire il sistema di regolamentazione del mondo e gli Stati Uniti non sarebbero più "IL" regolatore globale.

Domanda: Quale paese dovrebbe sostituire gli Stati Uniti, allora?

Risposta: Ci sono due paesi che possono rivendicare questo ruolo: la Cina con la sua enorme riserva e la Russia come paese che potrebbe svolgere il ruolo di regolatore del territorio.
Un evento davvero eccezionale ha avuto luogo durante il vertice del gruppo di G20 fatto a Washington. I partecipanti hanno proposto una nuova architettura finanziaria internazionale, che avrà un ruolo chiave presso il FMI (Fondo Monetario Internazionale).
Ma il Fondo monetario internazionale ha bisogno di fondi, i partecipanti hanno chiesto a Cina e Giappone di fornire questi fondi. Oggi, le riserve d'oro della Cina superano i $ 2 miliardi di euro e la Cina è il più grande creditore degli Stati Uniti, che oggi può esercitare forti pressioni sulle politiche del FMI. Per tutto questo, non credo sia un caso che il leader cinese Hu Jintao si è incontrato con altri due leader al vertice: il presidente russo Dmitri Mevdelev e il leader del Regno Unito Gordon Brown. Ora ci sono piani per condurre una nuova riunione del G20 in Inghilterra, e il ricongiungimento con la Russia come paese che propone i principi per la ricostruzione del sistema finanziario mondiale è inserito in una chiara visione del processo di riforma cinese.

Lo scheletro che mantiene la coesione e l'unità degli Stati Uniti è fragile
 
Domanda: Abbiamo le idee chiare nei confronti dei leader del mondo, ma al ritorno negli Stati Uniti, cosa vi fa pensare che il paese avrebbe una frattura territorialmente?

Risposta: Ci sono diverse ragioni. In primo luogo, i problemi finanziari negli Stati Uniti sono destinati a crescere. Aziende come General Motors e Ford sono sull'orlo del collasso, il che significa che interi villaggi resteranno disoccupati. I governatori di Stati membri UE Nortemericana si chiedono con sempre maggiore veemenza che il governo nazionale invii loro denaro. I reclami crescono. Finora sono stati limitati a causa delle elezioni presidenziali e la speranza che Barack Obama può fare un miracolo. Ma nella primavera del 2009, sarà diventato chiaro che il miracolo Obama non accadrà. Il secondo fattore riguarda la vulnerabilità del regime politico negli Stati Uniti. Non vi è alcun diritto uniforme per tutto il territorio nazionale di questo paese. Nemmeno per il traffico uniformemente a tutta la nazione. Lo scheletro che tiene gli Stati Uniti è di fragile unità e coesione. Anche le forze armate USA in Iraq hanno un elevato numero di membri che non sono cittadini statunitensi, ma sono lì per combattere, perché sono stati messi in cambio di cittadini statunitensi. Infine, la frattura dell'elite negli Stati Uniti è diventata qualcosa di particolarmente evidente nella crisi attuale.

Domanda: Come sarebbe fratturato il paese?. Ovviamente, il Messico si trova nel sud, ma che cosa vede?

Risposta: Credo che ci saranno sei parti in totale. La prima riguarderà la costa del Pacifico. Sono in grado di farvi un esempio: il 53% della popolazione di San Francisco è di origine cinese.
Il governatore di Stato di Washington, era di etnia cinese, la capitale di Seattle è conosciuta come la porta della Cina in materia di immigrazione verso gli Stati Uniti. La seconda parte, sarebbe sicuramente il sud del Messico. In alcune zone, il castigliano ed è diventata una delle lingue ufficiali. Poi lo Stato del Texas sta apertamente lottando per la l' indipendenza. La costa atlantica è completamente di diversa mentalità etnica rispetto al resto del paese.
Si potrebbe anche spezzare in due parti. E ci sarebbero due depressioni centrali; ricordi che i cinque Stati membri in cui risiedono le tribù indiane hanno annunciato la loro richiesta di indipendenza. Al momento, è stato percepito come uno scherzo - o una sorta di politica spettacolo - ma resta il fatto ed è una realtà che non può essere ignorata. Il Canada, a sua volta, sta esercitando una forte influenza al nord.

Domanda: Che cosa succederà allora al dollaro?

Risposta: Nel 2006, c'è stato un accordo segreto tra il Canada, il Messico e gli Stati Uniti per preparare l'attuazione del programma "Amero", come nuova moneta della regione. Ciò potrebbe significare la sostituzione del dollaro. Allo stesso tempo, essi potrebbero "congelare" i dollari con cui gli Stati Uniti hanno letteralmente invaso il mondo. Può essere usato come un pretesto, per esempio, che "molti gruppi terroristici hanno forgiato i biglietti, e quindi la necessità di verificare l'autenticità di uno".

Domanda: Che cosa possiamo dire circa il divario che si è verificato all'interno della leadership americana detta élite?. E 'i democratici contro i repubblicani?

Risposta: No. Non è così. Ci sono due gruppi tra i protagonisti. Il primo potrebbe essere descritto come quello mondialeo addirittura trotzkyistas. Leon Trotzky aveva già messo questa idea, all'inizio del secolo scorso: non è necessario per la Russia, ma avevano bisogno di una rivoluzione. La Russia sovietica è stata percepita come una semplice trotzkyistas di base da cui partire per esercitare il controllo su tutto il mondo. Il secondo gruppo è costituito da stataliste che desiderano la prosperità per il loro paese. Siamo in grado di trovare i rappresentanti di questi due "clan" all'interno del Partito Repubblicano e nelle file del Partito Democratico. Ad esempio, il voto è avvenuto dopo poche settimane dal piano anti-crisi del Segretario del Tesoro Henry Paulson, che è stato proposto dal repubblicano Bush, tuttavia, i primi a respingerlo al Congresso erano proprio repubblicani stessi.

Quest'intervista condotta da Izvestia il 25-nov-08 ed è stata ampiamente ripresa in Occidente dalla CNN, Bloomberg, The Guardian e The Telegraph di Londra, FoxNews, e altri.

15 gennaio 2009

C'E' CRISI PER TE!



Il Beige Book della Federal Reserve registra un deterioramento del quadro economico in tutti i distretti degli Stati Uniti. Le condizioni dell'economia americana sono ulteriormente peggiorate.
Citigroup vendera' le attivita' di investment banking a JP Morgan a a Wall Street temono per lo stato di salute della principale banca americana che non riesce a trovare compratori per le attivita' di credito al consumo.
La forte flessione (-2,7%) delle vendite al dettaglio in America a dicembre a completato il quadro negativo e il flusso di vendite sui mercati azionari ha assunto la fisionomia di un fiume in piena.
I crolli del comparto bancario e la forte flessione dei consumi negli Stati Uniti affondano i mercati azionari, le borse europee bruciano quasi 210 miliardi di euro.
La Deutsche Bank annuncia che il quarto trimestre del 2008 si chiudera' con un rosso da quasi 5 miliardi di euro e l'8% della banca sarà rilevato dalla Deutsche Postbank, nell'ambito dell'operazione di aumento di capitale.
Tra i bancari i maggiori ribassi. Deutsche Postbank ha accusato un crollo del 18,70%, e se mpre a Francoforte Commerzbank accusa un tonfo del 10,40% e DEutsche Bank di oltre il 9%.
A Londra le cose sono andate anche peggio per i bancari.
Barclays cede il 15%, Hbos -11%, Hsbc -10%, Lloyds -9,60%, Old Mutual -13% ma la peggiore performance e' stata di Royal Bank of Scotland con un crollo del 17%.
Anche a Parigi i bancari guidano la list dei ribassi. Soc Gen accusa un calo del 10,50%, Dexia -9,75%, Bnp Paribas -7,90% e Credit Agricole -7,35%. Sempre a Parigi tra le blue chip maglia nera Axa con un tonfo dell'11%.
Profondo rosso anche a Wall Street. A meta' seduta il Dow Jones accusa uno scivolone del 3% e il Nasdaq sulla stessa linea con Citigroup che sprofonda con un -15,50%.
Complessivamente Wall Street perde quasi 370 miliardi di dollari capitalizzazione.

Fonte: ASCA

13 gennaio 2009

CNN: E' STATO ISRAELE A ROMPERE LA TREGUA



I media occidentali ripetono incessantemente che «Hamas ha rotto la tregua» durata sei mesi lanciando i primi razzi su Israele. La quale giustifica il mostruoso attacco a Gaza con la necessità di difendersi.

Questa versione è stata ripetuta, ovviamente, anche da CNN. Fino al 6 gennaio. Quando il giornalista Rich Sanchez, dopo aver sentito il deputato palestinese Mustafa Barghouti che sosteneva che era stato Israele a infrangere la tregua, ha promesso agli ascoltatori che avrebbe fatto una ricerca con la redazione internazionale del network, per appurare i fatti.

Ed effettivamente, Rick Sanchez ha detto in trasmissione: Israele ha violato per prima i termini della tregua, e precisamente il 4 novembre, con un attacco dentro il territorio di Gaza che ha ucciso 6 palestinesi (6).
fuocopuro

GAZA (2002): IL MASSACRO DI JENIN



Questo è un film fatto di grandi assenze: Bakri ha potuto infatti raggiungere Jenin solo a massacro avvenuto, il 26 aprile 2002, giorno in cui l'Esercito ha lasciato il campo. Ci è rimasto cinque giorni, ritornando solo un'altra volta per alcune rifiniture fotografiche. Ma è stato sufficiente: scheggia su scheggia si ricostruisce una storia, un'unità fatta di rovine. E di dolore. È questo che il suo autore vuole sviscerare in tutte le sue infinite variazioni. Ne risulta dunque un film sulla sofferenza umana: "su un'anima ferita, un cuore spezzato, un albero sradicato, una casa demolita, un fiore spezzato.".
È un dolore così forte, che non ha quasi bisogno di parole. Il primo, sorprendente testimone è un muto. Ma nessuno meglio di lui sarebbe capace di mimare efficacemente gli eventi, a cui ha assistito. I fatti sono talmente enormi che, appunto, non serve una dialettica particolare. Quindici secondi serratissimi racchiudono tutto: gli agguati, gli scontri, le barricare, le esecuzioni. Al primo piano, che puzza di morte e ha perso l'uso del linguaggio, si contrappone un secondo piano più vitale. La città continua a respirare: i vagiti, i canti, i rumori, le ombre raccontano di una comunità che è stata colpita al cuore, ma non è umanamente degradata. Ricomincia sempre da capo. E, soprattutto, non si arrende.
RESISTERE, NONOSTANTE TUTTO


Gentili lettori, questa è la prima parte di 6, del documentario sul massacro di Jenin del 2002 a Gaza. Invitiamo a vedere tutto il film.

«Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi come i nazisti»

10 gennaio 2009

ISRAELE HA PORTATO GAZA SULL’ORLO DI UNA CATASTROFE UMANITARIA

Si può trovare un senso all’insensata guerra di Israele contro Gaza solo capendo il contesto storico. La creazione dello stato di Israele nel 1948 fu causa di un’enorme ingiustizia verso i Palestinesi. I politici britannici mal tollerarono la faziosità degli Stati Uniti verso il neonato stato. Il 2 giugno 1948, sir John Troutbeck scrisse al ministro degli esteri che gli Statunitensi erano responsabili della creazione di uno stato canaglia guidato da «un gruppo di capi del tutto privo di scrupoli». Pensavo che questo giudizio fosse troppo duro, ma la brutale aggressione di Israele al popolo di Gaza, e la complicità dell’amministrazione Bush, ha riaperto la questione.

Chi scrive prestò servizio con fedeltà nell’esercito israeliano a metà degli anni Sessanta e non ha mai messo in discussione la legittimità dello stato di Israele secondo i confini di prima del 1967. Ciò che respingo senz’altro è il progetto coloniale sionista al di là della Linea verde. L’occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza da parte di Israele dopo la guerra del giugno 1967 ha assai poco a che fare con la sicurezza. È solo una questione di espansionismo territoriale. L’obiettivo era quello di creare una Grande Israele attraverso un permanente controllo politico, economico e militare dei territori palestinesi. E il risultato è stata una delle più lunghe e brutali occupazioni militari dei tempi moderni.

Quarant’anni di controllo israeliano hanno provocato danni incalcolabili all’economia della Striscia di Gaza. Con una folla di profughi del 1948 stipati in una sottile striscia di terra, senza infrastrutture e senza risorse naturali, il futuro di Gaza è sempre stato buio. Ma Gaza non è solamente un caso di sottosviluppo economico, ma un caso, unico e crudele, di regressione pianificata dello sviluppo. Per usare un’espressione biblica, Israele ha fatto regredire il popolo di Gaza a tagliatori di legna e portatori d’acqua, a una fonte di manodopera a basso costo e a un mercato prigioniero per i beni di Israele. Lo sviluppo dell’industria locale è stato attivamente ostacolato affinché fosse impossibile ai Palestinesi rompere il vincolo di subordinazione a Israele e creare le fondamenta economiche necessarie per una vera indipendenza politica.

Gaza è il classico caso di sfruttamento coloniale nell’era post-coloniale. Le colonie ebraiche nei territori occupati sono immorali, illegali. Sono un ostacolo insormontabile alla pace. Sono allo stesso tempo strumento di sfruttamento e simbolo dell’odiata occupazione. A Gaza, i coloni ebrei erano soltanto ottomila nel 2005, a fronte di un milione 400mila nativi. Eppure quei coloni controllavano un quarto del territorio, il 40 percento della superficie coltivabile e facevano la parte del leone delle scarse risorse idriche. A gomito a gomito con questi stranieri intrusi, la maggioranza della popolazione locale viveva in condizioni meschine, in inaudita povertà. Ancora oggi l’ottanta percento vive con meno di due dollari al giorno. Le condizioni di vita nella Striscia rimangono un affronto ai valori della civiltà, un’importante causa scatenante della resistenza e un fertile terreno per il proliferare dell’estremismo politico.

Nell’agosto del 2005 il governo del Likud di Ariel Sharon ritirò unilateralmente i coloni da Gaza, richiamando tutti gli ottomila coloni e distruggendo le case e le fattorie che si lasciavano alle spalle. Hamas, il movimento di resistenza islamica, fu il protagonista della campagna che portò gli Israeliani a uscire da Gaza. Il ritiro fu un’umiliazione per le Forze di difesa israeliane. Sharon presentò al mondo il ritiro da Gaza come un contributo al processo di pace, basato sulla soluzione di due stati. Ma l’anno dopo, 12mila Israeliani colonizzarono la Cisgiordania, riducendo ulteriormente le dimensioni di uno possibile stato palestinese indipendente. Impossessarsi della terra e trattare la pace sono cose inconciliabili. Israele era in grado di scegliere, e scelse la terra invece della pace.

Il vero scopo di quella mossa fu quello di ridisegnare unilateralmente i confini di una Grande Israele inglobando le principali colonie della Cisgiordania nello stato di Israele. Il ritiro da Gaza, perciò, non fu affatto il preludio a un accordo di pace con l’Autorità palestinese, ma fu il preludio a un’ulteriore espansione sionista in Cisgiordania. Fu una decisione unilaterale di Israele presa in favore di quello che fu visto, erroneamente per conto mio, come l’interesse nazionale israeliano. Ben radicato in un rifiuto di fondo dell’identità nazionale dei Palestinesi, il ritiro da Gaza fu parte di iniziativa di lungo termine per negare al popolo palestinese un’esistenza politica indipendente sulla propria terra.

I coloni israeliani furono sì ritirati, ma i soldati di Israele continuarono a controllare tutti gli accessi alla striscia di Gaza per terra, per mare e per cielo. Gaza fu trasformata da un giorno all’altro in una prigione a cielo aperto. Da allora in avanti l’aviazione israeliana fu libera di sganciare bombe senza nessuna limitazione, di provocare boati sonici volando a bassa quota e rompendo il muro del suono, e di terrorizzare gli sventurati abitanti di questa prigione.

Israele si compiace di rappresentarsi come un’isola di democrazia in un mare di autoritarismo. Eppure Israele non ha mai fatto niente nella sua storia per promuovere la democrazia nei territori arabi, anzi a fatto molto per indebolirla. Israele collabora segretamente da lungo tempo con i regimi reazionari arabi per sopprimere il nazionalismo palestinese. Malgrado tutti questi ostacoli, il popolo palestinese riuscì a costruire la sola autentica democrazia del mondo arabo, con l’eccezione, forse, del Libano. Nel gennaio del 2006, libere e corrette elezioni per il Consiglio legislativo dell’Autorità palestinese portarono al potere un governo guidato da Hamas. Israele, però, rifiutò di riconoscere il governo democraticamente eletto, sostenendo che Hamas non è nient’altro che un’organizzazione terroristica.

Gli Stati uniti e l’Unione europea si unirono a Israele nell’emarginare e demonizzare il governo di Hamas e nel cercare di farlo crollare negando le entrate erariali e gli aiuti umanitari. Si creò così una situazione surreale: una parte significativa della comunità internazionale impose sanzioni economiche non contro l’occupante ma contro l’occupato, non contro l’oppressore ma contro l’oppresso.

Come spesso è accaduto nella tragica storia della Palestina, le vittime furono incolpate delle loro stesse disgrazie. La macchina propagandistica di Israele ha diffuso con insistenza l’idea che i Palestinesi siano terroristi, che rifiutino la coesistenza con lo stato ebraico, che il loro nazionalismo non sia nient’altro che antisemitismo, che Hamas sia soltanto un branco di fanatici religiosi e che l’Islam sia incompatibile con la democrazia. Ma la verità è che i Palestinesi sono un popolo normale con aspirazioni normali. Non sono migliori né peggiori di altri popoli. Ciò a cui aspirano è soprattutto un pezzo di terra per sé su cui vivere dignitosamente e liberamente.

Come altri movimenti radicali, le posizioni di Hamas sono diventate più moderate con la salita al potere. Dal rifiuto ideologico contenuto nel loro statuto, sono passati alla pragmatica soluzione di compromesso dei due stati. Nel marzo del 2007, Hamas e Fatah formarono un governo di unità nazionale pronto a negoziare un duraturo cessate-il-fuoco con Israele. Israele, però, rifiutò di negoziare con un governo che includesse Hamas.

Continuò a giocare al buon vecchio divide et impera tra fazioni palestinesi rivali. Verso la fine degli anni '80, Israele aveva sostenuto la nascente Hamas per indebolire Fatah, il movimento nazionalista laico guidato da Yasser Arafat. Adesso Israele ha iniziato ad incoraggiare i corrotti e plasmabili leader di Fatah a destituire i lori rivali politico-religiosi e a riprendersi il potere. Alcuni aggressivi neo-con statunitensi hanno partecipato al sinistro complotto per istigare una guerra civile palestinese. La loro intromissione è stata tra le maggiori cause del crollo del governo di unità nazionale e nel condurre Hamas a prendere il controllo di Gaza nel giugno 2007 per prevenire un colpo di stato di Fatah.

La guerra scatenata da Israele contro Gaza il 27 dicembre è stata l’apice di una serie di scontri e battaglie col governo di Hamas. Essa è però, in senso lato, una guerra fra il popolo palestinese e il popolo israeliano, perché la gente ha eletto il partito di Hamas. L’obbiettivo dichiarato della guerra è quello di indebolire Hamas e di fare sempre più pressioni affinché i suoi leader acconsentano a un cessate-il-fuoco alle condizioni di Israele. L’obbiettivo non dichiarato è quello di assicurare che i Palestinesi di Gaza siano considerati dal mondo solo come un problema umanitario, vanificando così la loro lotta per l’indipendenza e la creazione di un loro stato.

Il momento giusto per la guerra è stato determinato dall’opportunità politica. Le elezioni politiche sono in programma per il 10 febbraio e, nella corsa alle elezioni, tutti i principali concorrenti cercano di procurarsi l’opportunità di provare la loro durezza. Gli alti ufficiali dell’esercito scalpitavano per assestare un tremendo colpo a Hamas al fine di cancellare la macchia sulla loro reputazione provocata dalla guerra contro gli Hezbollah in Libano nel luglio del 2006. I cinici leader di Israele potevano contare pure sull’apatia e sull’impotenza dei regimi arabi filo-occidentali e sul cieco sostegno del presidente Bush in scadenza di mandato alla Casa bianca. Bush è subito corso a servizio degli Israeliani, scaricando la colpa della crisi su Hamas, ponendo il veto alle proposte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu di un immediato cessate-il-fuoco e dando il via libera a un’invasione terrestre di Gaza da parte israeliana.

Come sempre, la potente Israele pretende di essere la vittima dell’aggressione palestinese, ma l’impressionante asimmetria di forza tra le due parti lascia poco spazio al dubbio su chi sia la vera vittima. Questo, infatti, è un conflitto fra Davide e Golia, ma al contrario, con la piccola e indifesa Palestina nel ruolo di Davide che affronta un Golia israeliano armato fino ai denti, spietato e arrogante. La risorsa della forza militare bruta è accompagnata, come sempre, dalla petulante retorica del vittimismo e dalla manfrina dell’autocommiserazione ricoperta di una pretesa superiorità morale. In ebraico si chiama sindrome di bokhim ve-yorim, “piangere e fottere".

Certo, Hamas ha la sua parte di colpe in questo conflitto. Privato del frutto della vittoria elettorale, davanti a un avversario senza scrupoli, ha fatto ricorso all’arma dei deboli, il terrore. I militanti di Hamas e della jihad islamica hanno continuato a lanciare razzi Qassam contro le colonie israeliane vicino a confine con Gaza finché l’Egitto non ha mediato un cessate-il-fuoco di sei mesi lo scorso giugno. Il danno provocato da questi rudimentali ordigni è minimo, ma l’impatto psicologico è immenso, tanto che i cittadini hanno preteso la protezione del governo. Date le circostanze, Israele aveva il diritto di difendersi, ma la sua risposta alla seccatura dei razzi è stata del tutto sproporzionata. Le cifre parlano da sole. In tre anni, dopo il ritiro da Gaza, undici israeliani sono stati uccisi dai razzi. D’altro canto, nel solo triennio 2005-2007, le Forze di difesa israeliane hanno ucciso 1.290 Palestinesi a Gaza, compresi 222 bambini.

Ma al di là delle cifre, uccidere civili è sbagliato. Questa regola si applica tanto agli Israeliani quanto ad Hamas, ma le cronache parlano di un’incontenibile e incessante brutalità verso gli abitanti di Gaza. Israele, inoltre, ha mantenuto l’embargo su Gaza dopo che entrò in vigore il cessate-il-fuoco, il che, secondo i leader di Hamas, vuol dire violare l’accordo. Durante il cessate-il-fuoco, Israele ha impedito le esportazioni dalla Striscia, violando manifestamente un accordo del 2005 e causando un violento calo delle possibilità di impiego. Ufficialmente, infatti, il 49,1 percento della popolazione è disoccupato. Ma al contempo Israele ha limitato drasticamente l’ingresso a Gaza di automezzi carichi di cibo, carburante, bombole di gas per uso alimentare, pezzi di ricambio per impianti sanitari e idrici, e medicinali. Mi risulta difficile capire come affamare e congelare i civili di Gaza possa voler dire proteggere i cittadini israeliani che vivono sul confine. Ma anche se fosse, sarebbe lo stesso immorale, una forma di punizione collettiva che è severamente proibita dal diritto internazionale.

La brutalità dei soldati israeliani fa il paio con la propensione alla menzogna dei suoi portavoce. Otto mesi prima che scoppiasse la guerra contro Gaza, Israele creò il Consiglio per l’Informazione nazionale. La sostanza dei messaggi alla stampa di questo organo è che Hamas ha violato il cessate-il-fuoco; che l’obiettivo di Israele è la difesa della sua popolazione; che le forze di Israele stanno facendo tutto il possibile per non fare del male ai civili innocenti. I velinari di Israele sono riusciti a trasmettere il messaggio. Ma, in sostanza, la loro propaganda non è altro che un insieme di bugie.

C’è un enorme divario tra la realtà delle azioni di Israele e la retorica dei suoi portavoce. Non è stato Hamas a rompere il cessate-il-fuoco, ma le Forze di Difesa israeliane. Il 4 novembre fecero un incursione a Gaza uccidendo sei uomini di Hamas. L’obiettivo di Israele non è solamente la difesa della sua popolazione, ma il rovesciamento finale del governo di Hamas a Gaza, mettendo il popolo palestinese contro i suoi governanti. E altro che cercare di non far del male ai civili: Israele è colpevole di bombardamenti indiscriminati e di un embargo ormai triennale che ha portato gli abitanti di Gaza, attualmente un milione e mezzo, sull’orlo di una catastrofe umanitaria.

Il precetto biblico dell’occhio per occhio è già abbastanza crudele. Ma la dissennata offensiva israeliana contro Gaza sembra seguire la logica dell’«occhio per ciglio». Dopo otto giorni di bombardamenti, con un bilancio di più di 400 Palestinesi uccisi contro quattro Israeliani, il governo guerrafondaio ha ordinato l’invasione di terra di Gaza, le cui conseguenze sono incalcolabili.

L’inasprimento dell’impiego dell’esercito non potrà far guadagnare a Israele l’immunità dal lancio di razzi da parte dell’ala militare di Hamas. Ad onta della morte e della distruzione che Israele ha inflitto loro, essi continuano la loro resistenza e continuano a sparare razzi. Si tratta di un movimento che glorifica il vittimismo e il martirio. Semplicemente: non c’è una soluzione militare allo scontro fra due comunità. Il problema del concetto di sicurezza di Israele è che esso nega persino la più elementare sicurezza all’altra comunità. C’è un solo modo per garantirsi la sicurezza, e non è sparare, ma discutere con Hamas, che si è più volte detto disposto a negoziare un cessate-il-fuoco duraturo con lo stato ebraico entro i confini di prima del 1967, un accordo che duri venti, trenta o addirittura cinquanta anni. Israele ha respinto l’offerta per la stessa ragione per cui ha rifiutato con sdegno il progetto di pace della Lega araba nel 2002, che è ancora sul tappeto: perché comporta concessioni e compromessi.

Questo breve excursus sulla cronaca di Israele degli scorsi quarant’anni non può che portare alla conclusione che esso è ormai diventato uno stato canaglia con «un gruppo di capi del tutto privo di scrupoli». Uno stato canaglia viola abitualmente il diritto internazionale, possiede armi di distruzione di massa e pratica il terrorismo, cioè l’uso della violenza contro i civili per scopi politici. Israele soddisfa tutti e tre questi criteri; le calzano a pennello. La vera mira di Israele non è una coesistenza pacifica coi vicini palestinesi, ma il dominio militare. Rende più grave gli errori del passato aggiungendone di nuovi e più disastrosi. I politici, come chiunque altro, sono certamente liberi di ripetere le menzogne e gli errori del passato. Ma non sono obbligati a farlo.
AVI SHLAIM

Fonte: http://www.guardian.co.uk/world/2009/jan/07/gaza-israel-palestine
www.comedonchisciotte.org

9 gennaio 2009

IL PROGETTO EBRAICO

Abbiamo aspettato inutilmente nei giorni scorsi che almeno qualcuno dei politici, in America, in Europa, in Italia, qualcuno dei Capi di Governo o dei Ministri dell’Economia denunciasse, facendone i nomi e destituendoli dalle cariche, gli operatori finanziari responsabili dell’immensa truffa messa in atto. Una truffa mai avvenuta in precedenza almeno in queste proporzioni e che ha provocato il crac delle più importanti Banche, il crollo delle Borse mondiali, la perdita dei propri investimenti e risparmi per coloro che glieli avevano affidati convinti che fossero degni della massima fiducia, e che adesso si trascina dietro il fallimento di innumerevoli grandi e piccole industrie. Sembra incredibile: cosa fa la magistratura? Mette in carcere, come al solito, chi ruba un etto di parmigiano al supermercato? E cosa facevano i vari Istituti di controllo e di valutazione, le Agenzie di rating, i Presidenti delle Banche Centrali, a cominciare da quella europea dal cui pulpito un ineffabile Trichet ogni giorno straparla del proprio dovere di tenere stretti i cordoni della borsa? Non si erano accorti di nulla? Dobbiamo per forza pensare che, o sono del tutto incapaci di fare il proprio mestiere, oppure che sono corresponsabili delle avventure criminose messe in atto. In ogni caso avrebbero dovuto essere rimossi e condannati. Invece, nulla. Silenzio assoluto. La Borsa è una istituzione “sacra” il cui andamento, anche quando è azzardato al massimo, non può in nessun modo essere oggetto di censure in quanto, secondo le norme che la guidano, è sufficiente che l’investitore sia a conoscenza del fatto che opera in zona “rischio”; più o meno come chi gioca alla roulette .

E’ fallito adesso anche il maggiore finanziere americano, Bernie Madoff, provocando un terribile terremoto in quanto gli avevano affidato le proprie ricchezze i più grandi capitalisti d’America. Ricchezze andate in fumo a causa della incredibile “catena di S. Antonio” messa in atto da Madoff con la vendita di prodotti finanziari inesistenti. In un particolareggiato articolo su questo argomento pubblicato nel suo sito (e che non possiamo riprodurre perché accessibile soltanto agli abbonati) il giornalista Maurizio Blondet ha messo l’accento sulla responsabilità di una particolare “visione del mondo” nelle attuali disavventure delle Banche e delle Borse, quella degli Ebrei. Di fatto sono quasi tutti ebrei gli operatori della finanza, compreso il Madoff e i capitalisti di cui sopra, e come è noto lo sono sempre stati anche quando le Borse e le Banche non esistevano, ed erano loro che prestavano soldi ad alto interesse ai poveri, piazzandosi con piccoli “banchetti” vicino ai mercati, mentre ai Re e Papi fornivano il denaro per le guerre e le conquiste in cambio di ipoteche su intere città. Gli Ebrei non amano ricordarlo, ma uno dei motivi che ha contribuito alla formazione dell’immagine negativa che li ha accompagnati lungo lo scorrere della storia è stato proprio il loro arricchirsi attraverso il commercio di denaro. Del resto il primo Monte di Pietà è nato in Italia ad opera di S. Bernardino da Feltre con il preciso scopo di prestare denaro ai poveri senza richiedere “interesse”, per sottrarli all’usura dei banchi ebraici cui non erano in grado di far fronte e che spesso li faceva finire nella prigione prevista per i debitori insolventi. Lo Statuto dei Monti di Pietà era un modello di tutela giuridica per coloro che vi si rivolgevano tanto da vietare espressamente che fossero accettati “in pegno” gli strumenti di lavoro (erano quasi tutti contadini e artigiani i lavoratori del tempo) e qualsiasi oggetto necessario alla vita quotidiana.

Perché ci si trova oggi a dover precisare l’identità ebraica dei manipolatori della finanza mondiale? Perché esiste appunto una “visione del mondo” che li guida, un progetto di vita sul quale si fondano i dogmi che tutti noi, non ebrei, siamo stati obbligati a condividere dalla fine della seconda guerra mondiale: il primato dell’Economia nella struttura della società, il Mercato come massimo e quasi unico valore (non dimentichiamoci che anche Marx era ebreo). In realtà il “progetto” ebraico riguarda gli “altri”, tutti gli “altri” perché gli Ebrei per quanto riguarda sé stessi hanno sempre messo al primo posto la propria identità come “Popolo” e non si sono dati pace fino a quando non hanno ottenuto, con Israele, il proprio territorio, la propria patria, il proprio Stato. Ma agli altri popoli questo è negato. L’Europa del nazismo, del fascismo, della persecuzione razzista doveva pagare, o meglio non aveva diritto a sopravvivere se non cancellando la sua storia, la sua identità, i suoi sentimenti, i suoi valori, perfino la sua configurazione geografica, per abbracciare totalmente il modello ebraico. E’ così che è nata l’Unione Europea: eliminando la vecchia Europa.

L’Unione Europea, perciò, è stata fondata sul “progetto ebraico”: il Mercato come unico legame fra i popoli e fra le Nazioni; la Moneta come cemento per la unificazione. Non si è parlato di altro dalla firma del Trattato di Maastricht in poi; tutto quello che è stato deciso dai governanti e messo in atto aveva come suo unico scopo l’incremento del Mercato, la libertà assoluta del Mercato, l’abbattimento di ogni frontiera, di ogni ostacolo al Mercato, sventrando montagne e spianando vie per “ l’alta velocità”, in una frenesia parossistica per giungere a realizzare il massimo sogno: una Europa-Mercato. Il prototipo utopistico, non più di una Città del Sole, ma di un Continente del Sole-Mercato.

Adesso, però, il crollo delle Borse, la crisi dell’economia, segnala il fallimento del progetto prima ancora che fosse completato. Non sembra che i governanti si siano fermati neanche un momento a riflettere se non fosse il caso di cambiare direzione, anzi. Invitano a consumare, consumare in funzione del circolo perverso del Mercato che alimenta se stesso, e si affrettano a conformare il territorio dell’Europa a inestricabile intrico di vie di comunicazione. Ma tocca ai cittadini resistere. Troppe volte nella storia si è ceduto alla volontà di governanti accecati dai propri insani disegni. L’Italia, l’Europa, non sono fatte per scambiare merci, per vivere di mercati. Già da molti anni sono state spinte al silenzio le intelligenze creative, affogate nell’arido mare del commercio. Non è questo che possiamo e dobbiamo dare al mondo. Il fallimento dei grandi finanzieri ci invita a liberarcene.
Ida Magli

8 gennaio 2009

LA FINE DELLE NAZIONI


Nei giorni scorsi la Svezia ha ratificato per via parlamentare la Costituzione europea, il cui nome è stato cambiato, con i soliti metodi truffaldini di cui è costellata la costruzione dell’UE, in “Trattato di Lisbona” per farla accettare a quei popoli che, come “Costituzione”, l’avevano bocciata. Anche se non ci sono state le maggioranze assolute che accompagnano di solito le questioni europee, tuttavia i politici svedesi hanno approvato con notevole entusiasmo la rinuncia alla sovranità e all’indipendenza del proprio Stato: 243 “sì”, 39 “no”, 13 astensioni e 54 parlamentari assenti. Due piccolissimi partiti di opposizione, quello della Sinistra (i Comunisti) e quello dei Verdi, avevano tentato di far rinviare di un anno la ratifica; ma le quattro formazioni della coalizione governativa di centro-destra insieme al principale partito di opposizione, quello socialdemocratico, si sono uniti nel sostenere con tutte le loro forze i benefici di una immediata approvazione e l’hanno avuta vinta.

Dobbiamo dunque prendere atto, per l’ennesima volta, che la costruzione dell’impero europeo sta a cuore in modo talmente esorbitante ai politici di ognuno degli Stati chiamati a farne parte, da non ammettere neanche una minima pausa di riflessione, tanto meno una pausa che insinui una qualsiasi perplessità nei cittadini, neanche laddove vige un perfetto regime socialista come in Svezia. Il fatto è che i parlamentari svedesi non dimenticano che sono stati i cittadini, votando “No” tutte le volte che si è fatto un referendum, a impedire l’adesione della Svezia alla moneta unica, e dunque sapevano bene che, se avessero potuto, gli Svedesi si sarebbero opposti anche alla Costituzione.

Dobbiamo tenere sempre bene a mente questa constatazione perché uno dei punti più importanti dell’esame che faremo sarà proprio questo: l’Impero europeo è stato ideato in modo misterioso, segreto, da qualcuno fra i massimi detentori del potere il cui nome ci è sempre stato tenuto nascosto, ed è stato realizzato a poco dai governanti dei singoli Stati tenendo il più possibile all’oscuro i cittadini degli scopi da raggiungere. Una oscurità che si è protratta per anni, con il consenso dei mezzi di informazione, in quanto tutti, politici e giornalisti, erano consapevoli che si trattava di una operazione contraria ai sentimenti e agli interessi dei popoli. Quale popolo, infatti, sarebbe così stolto da voler rinunciare a possedere un proprio territorio, una patria? Quale popolo potrebbe desiderare di non essere libero, di non conoscere neanche la lingua di coloro che lo governano, insomma di dipendere da stranieri sui quali non può incidere in nessun modo?

Il Parlamento europeo è pura finzione, come i politici sanno bene, in quanto non ha alcun potere reale sulla volontà della Banca Centrale, dei Capi di governo e dei Commissari, i quali sono tenuti, in base al trattato di Maastricht, a “non sollecitare e a non accettare istruzioni da alcun Governo né da alcun organismo”(Art.157). Nessuno, perciò, ha il diritto di affermare che in Europa vige la democrazia. La costruzione dell’Unione Europea è semmai la prova irrefutabile di come si possa, con innumerevoli sotterfugi, astuzie e stratagemmi formali, ingannare l’opinione pubblica ed esautorare qualsiasi presidio democratico. Del resto se ne è avuta l’ennesima conferma proprio in questi giorni: dall’ultima ricerca svolta sul gradimento dell’Unione fra le popolazioni d’Europa è risultato che soltanto il 35% degli Italiani è favorevole. Importa forse qualcosa ai governanti che la maggioranza dei cittadini non voglia l’unificazione?

Vanno avanti allegramente a programmarsi le votazioni per il Parlamento europeo, assegnando i posti, riccamente retribuiti, ai candidati che vogliono togliersi di torno perché difficilmente collocabili in Italia a causa della loro ignobile condotta politica (come è noto si è fatto il nome di Bassolino e della Jervolino) tanto è sicuro che così non potranno più disporre di nessun potere: il parlamento europeo e il nulla si equivalgono. Scriveva nel 1997 Enrico Letta in un volume di incitamento all’accettazione dell’euro intitolato “Euro sì”, che “sarebbe necessario che cambiasse l’idea che l’approdo a Bruxelles debba seguire la sconfitta in qualche scontro interno di partito o sia l’anticamera del pensionamento rispetto a lunghe carriere politiche nazionali”. Sono passati undici anni, l’Europa imperversa, ma i criteri di scelta dei parlamentari sono rimasti gli stessi, per il semplice motivo che oggi come allora il parlamento europeo è esclusivamente un comodo sedile a disposizione dei partiti.

La cosa più grave, però, è che i governanti non si sono fermati a riflettere sul fallimento del Progetto neanche di fronte all’attuale crisi economica, al crollo delle Banche e delle Borse, fenomeni che segnano il punto culminante del disastro del Progetto stesso, il segnale che tutto l’edificio sta per crollare. Non si può sbagliare, infatti, davanti all’evidenza: non sono le corruzioni, i furti, le truffe, gli errori dei singoli operatori e dei singoli amministratori delegati delle grandi industrie ad aver provocato la catastrofe, ma l’Idea che ne è stata all’origine e che per la sua stessa natura permette o addirittura provoca questi comportamenti.

Quale era questa Idea? Creare un mondo tutto uguale, in funzione del dogma della globalizzazione, senza frontiere, senza dazi, senza confini, senza Stati, senza distinzioni di popoli, di culture, di razze, di territori, di lingue, di costumi, di leggi, di religioni, di governi, di monete: un immenso, unico mare di “uguali” sul quale il Dio Mercato potesse navigare in assoluta libertà. L’Unione Europea (non si è voluto, infatti, che si chiamasse “Stati Uniti d’Europa” in quanto gli Stati non debbono sussistere) doveva esserne il perfetto prototipo, la realizzazione esemplare, quella che il resto del mondo avrebbe dovuto ammirare ed imitare per raggiungere la felicità. Non dimentichiamoci che è questo che promette ai popoli la costituzione europea: la felicità, commisurata al PIL, al prodotto nazionale lordo.

Un'idea del tutto folle, naturalmente, come la situazione attuale ha dimostrato e sta ancora dimostrando. Nessuno aveva mai pensato in precedenza che si potessero mettere in funzione dei “sistemi” privi di qualsiasi interruttore, di una qualsiasi valvola o chiusura di sicurezza; nessuno aveva mai ritenuto che gli uomini fossero “oggetto dei bisogni del mercato” invece che soggetto agente dei propri bisogni. E’ in base a questi principi che il crollo delle Borse ha contagiato tutto il mondo: era stato eliminato, in nome della libertà del mercato e della sua capacità di autoregolarsi, ogni forma di controllo. Ed è in base a questi stessi principi che i governanti oggi, invece di chiedersi in che cosa il sistema fosse sbagliato e cominciare a cambiarlo, insistono nell’esortare i cittadini a spendere in funzione del mercato, annientando così perfino quel buon senso che di solito guida l’uomo intuitivamente verso la salvezza prima di cadere nell’abisso. La formula: “dato che non avete soldi e prevedete che domani ne avrete ancora di meno, spendete più che potete” apparirebbe, come di fatto è, quella di suicidi sul punto di spararsi se non fossero i governanti a proclamarla. Ma l’aspetto più terribile di questa situazione è che siamo costretti a presupporre che una parte almeno dei governanti sia in buona fede, e che non si accorga che i “fondamentalismi” dell’Occidente sono altrettanto distruttivi quanto quelli del terrorismo orientale. E’ infatti fondamentalismo allo stato puro la certezza dei governanti d’Europa che le leggi sulle quali si fonda il Mercato siano inamovibili, identiche a quelle della Fisica, e che gli uomini, identificati esclusivamente come “consumatori”, debbano necessariamente piegarvisi. La verità è, invece, che la legge: consumare sempre più merci per produrre sempre più merci, annienta l’Uomo. Il pensiero, l’anima, il sentimento, il valore, tutto ciò che fa dell’uomo l’Uomo.
Ida Magli 15.12.2008

7 gennaio 2009

L' IMPOTENZA DELLA PACE

“E cosa sta facendo la nostra gente in Palestina? Erano servi nelle terre della Diaspora e d'improvviso si trovano con una libertà senza limiti, e questo cambiamento ha risvegliato in loro un'inclinazione al dispotismo. Essi trattano gli arabi con ostilità e crudeltà, gli negano i diritti, li offendono senza motivo, e persino si vantano di questi atti. E nessuno fra di noi si oppone a queste tendenze ignobili e pericolose.”
Ahad Ha'am – Zionism: the Dream and the Reality – Harper and Row – New York – 1974.

In questi giorni di sgomento e rabbia, incredulità ed angoscia, stiamo osservando l’ennesimo capitolo dell’infinito tormento palestinese, che già sappiamo non sortirà effetto alcuno, né fra i palestinesi – che si ritroveranno uniti per qualche tempo, per poi ricominciare l’eterno dissidio interno – né per gli israeliani, i quali non potranno rimanere a Gaza – sarebbe come riportare il morto in casa – e s’accontenteranno di qualche anelito di vittoria: vera, presunta, addomesticata dai media, velleitaria e che provocherà altri dissidi interni.

3 gennaio 2009

NUCLEARE: LA RISPOSTA SBAGLIATA


L'Enel oramai ha la ricetta pronta per il ritorno al nucleare entro il 2020, in barba ad un referendum dove la volontà dei cittadini si è espressa contraria, ma in Italia dove oramai vige la dittatura, lo stato non siamo noi cittadini.
L'amministratore delegato dell'Enel Fulvio Conti, è stato di grande aiuto alla "nobile" causa del nucleare, rilasciando interviste a vari quotidiani della casta, dove parla di blackout: "Rischiamo di restare al freddo e al buio".
Dietro questa preoccupazione per noi cittadini, si nascondono sempre interessi economici con molti ma molti zeri.
L'UBS la grande banca svizzera privata (legata a filo doppio con Clearstream) con il suo eccellente cast di analisti esperti in paradisi fiscali e riciclaggio di denaro, ha stimato dal progetto dell'Enel sul nucleare un aumento del titolo dall'attuale 7 a 9 € entro la fine dell'anno.
La valutazione deriva dal prezzo pagato da E.On per le centrali di Endesa Italia che sono state valutate circa 8 miliardi di euro per un valore implicito di 1.108 euro per kW di potenza installata.
Quindi come ha dichiarato il ministro Scaiola: "Entro 5 anni la prima pietra delle nuove centrali italiane nucleari"...e di questo affare colossale.
L'Enel parla di "centrali di terza generazione" e di "terza generazione migliorata" con 2 iter di autorizzazioni per un super contesto normativo ancora da "allestire"...
Questo vuol dire che i criteri delle norme sono ancora da definire, ma ricordiamoci che al di là della sicurezza, che può venir meno di fronte ai grandi interessi economici, il grande problema delle centrali nucleari non è la sicurezza ma gli scarti: le scorie radioattive. oramai non si sa più dove metterle, a meno chè non trovi un posticino la criminalità organizzata, grande esperta del settore...
Gli Stati Uniti hanno investito 8 miliardi di dollari in 18 anni per stoccare i residui all’interno delle montagne Yucca, lì dovrebbero essere al sicuro per 10 mila anni… ma hanno già cominciato a contaminare l’area.
Inoltre gli studi dell’agenzia internazionale per l’energia atomica dicono che l’uranio comincerà a venir meno dal 2025-2035, come il petrolio, e i prezzi, quindi, andranno su. Si potrebbe usare il plutonio, peccato che si presti divinamente a farci le atomiche.
Il nucleare ha bisogno di troppa acqua. Il il 40% dell’acqua potabile francese serve a raffreddare i reattori. 5 anni fa molti anziani morirono per il caldo, e scarseggiò l’acqua per raffreddare gli impianti, sicché fu ridotta l’erogazione di energia elettrica. E morirono ancora più anziani per mancanza di aria condizionata.
Come dice Roberto Saviano: "le organizzazioni criminali non sono mai all'opposizione".
Cosa ci dobbiamo aspettare da uno stato governato dagli interessi personali di onorevoli "abusivi" che sono lì di prepotenza perchè nessuno ha avuto la possibilità di votare?
L'abitudine non è mai una bella cosa, fa sembrare normale anche ciò che non lo è. Siamo abituati all'illegalità dopo mani pulite ora viviamo tranquillamente l'era di "mani sporche". Vediamo la delinquenza negli "stranieri" ma non nei nostri governati.
E' vero: "quando c'è la salute c'è tutto", ma proprio per questo ci dobbiamo pensare dicendo NO alle centrali nucleari...e ad altro, ma ne parleremo la prossima volta!

28 dicembre 2008

L' UNIONE EUROPEA...DELLE BANCHE



I mali dell'Italia hanno cause profonde e ben radicate:
il potere della malavita e il grande potere delle banche che confluiscono entrambi nei governi, grazie alle strutture clienterali dei partiti. Il reale potere politico non sta nel parlamento.
Ogni anno uno stato che fa parte dell'UE e che ha adottato l'euro come moneta, preleva "TOT" miliardi in carta-moneta e a fronte di questo prelievo s'indebita del 2,5% con la BCE.
Alla fine dell'anno la BCE fa un bilancio e la differenza tra il costo di stampa della moneta e il suo valore nominale lo riparte tra gli stati membri.
Non si capisce per quale motivo, oltre la forte presenza massonica, di questa ripartizione debba beneficiare anche la Banca d'Inghilterra che non ha adottatol'euro.
Per quale motivo deve beneficiare dei profitti provenienti dall'indebitamento di altri stati?

24 dicembre 2008

UN NATALE PER RIFLETTERE....



Cosa non va nel mondo, mama?
Le persone si comportano come se non avessero una madre.
Credo che non possiamo più fare a meno di eventi drammatici siamo solo attratti da quello che ci può provocare un trauma, negli altri paesi si che cerchiamo di fermare il terrorismo mentre nel nostro, gli Stati Uniti, i terroristi ci vivono ancora, la grande CIA, i teppisti, le sette occulte e il Klu Klux Klan.
Ma se ami solo la tua razza allora lasci spazio solo alla discriminazione e la discriminazione crea solo odio e quando si odia si finisce con l'arrabbiarsi e la follia ne è la conseguenza ed è proprio così che funziona la cosa man, c'è bisogno d'amore solo per iniziare a sistemare tutto dobbiamo essere padroni della nostra mente, meditare e lasciare tutti che le nostre anime gravitino attorno all'amore. c'è gente che uccide gente che muore, i bambini che soffrono, li sentiamo piangere
vogliamo mettere in pratica le teorie che predichiamo o preferiamo porgere l'altra guancia?
Padre aiutaci: mandaci un segnale dall'alto che ci serva da guida le persone mi fanno riflettere e pensare...dov'è l'amore?
Non è più la stessa cosa con tutti i cambiamenti i nuovi giorni sono strani se tutto funzionasse nello stesso modo se l'amore e la pace sono cosi forti perché i pezzi dell'amore non s'incastrano?
I paesi buttano le bombe, i gas tossici riempiono i polmoni dei bambini e le sofferenze continuano mentre i giovani sono giovani e allora, poniamoci la domanda, l'amore è davvero scomparso?
e allora posso chiedermi veramente che cosa è andato storto in questo nostro mondo
continuiamo ad arrenderci e a prendere le decisioni sbagliate guardando solo il nostro profitto personale senza rispettarci, negando il proprio fratello.
C'è una guerra ma i motivi sono nascosti la verità è tenuta nascosta e messa nel dimenticatoio
se non si conosce mai la verità non si conoscerà mai l'amore, dov'è l'amore?
Io non lo so dov'è la verità, io non lo so dov'è l'amore.
Sento il peso del mondo sulle spalle, mentre invecchio tutta la gente diventa più fredda, la maggior parte pensa solo a fare soldi l'egoismo ci sta portando a seguire la direzione sbagliata,
i media ci comunicano le notizie sbagliate dare un'immagine negativa è il prerogativo contaminando le giovani menti più velocemente dei batteri i ragazzi vogliono imitare quello che vedono nei film.
Dove sono finiti i valori umani?
Dove sono finiti la correttezza e l'uguaglianza?
Invece di spargere amore, spargiamo animosità, da questa nostra posizione portandoci lontano dall'unità ed è per questo che a volte mi sento sopraffatto, ed è per questo che a volte mi sento giù.
Non mi meraviglio se a volte mi sento sopraffatto devo tener vivo il ritmo finchè l'amore non si trovi.

(Black Eyed Peas)


Voci Dalla Strada augura a tutti un Buon Natale.

22 dicembre 2008

LEGGE MARZIALE E FAME GLOBALE


Poche persone avevano previsto la crisi finanziaria, o quanto meno la sua gravità. Cosa prevedono ora?

Schiff, il manager con oltre $ 1 miliardi in investimenti, dice che gli Usa entreranno in un lungo periodo che potrebbe essere peggiore della Grande Depressione.
Schiff ritiene anche che la crisi economica potrebbe portare alla legge marziale.
Pensa che Asia ed Europa, dopo un periodo di calo economico, si 'disaccoppieranno' dagli Usa, ed infine godranno di grande prosperità molto prima che gli Usa si riprendano.
Schiff ha ammesso di non aver previsto l'attuale corsa al rialzo del dollaro, ed i suoi investitori --a lungo sui mercati azionari asiatici ed europei-- sono molto sotto.
Schiff era il principale consigliere economico di Ron Paul durante la sua campagna elettorale. Paul stesso ha previsto da molti anni la crisi, e ha avvertito che l'America sta spendendo più di quanto non si possa permettere. Paul ha ripetutamente messo in guardia contro la legge marziale.

21 dicembre 2008

L' ULTIMO REFERENDUM PER LA LIBERTA' DEI POPOLI



Il Trattato di Lisbona è quasi la fotocopia della Costituzione Europea che nel 2005 la Francia e l'Olanda avevano bocciato. E' stato cambiato quanche segno di punteggiatura, è stato cercato qualche altro sinonimo, ed ecco che si ripresenta per il 96% uguale a prima.

E' stata presentata come l'Europa del popolo: una grande nazione, ma se sarà ratificato il Trattato di Lisbona sarà solamente decretato il passaggio di un popolo dallo stato di "sovrano" quello di SERVO, o per essere più realistici: di SCHIAVO.

Siamo già schiavi della moneta emessa da una banca privata senza il controllo degli Stati nazionali. Ma la globalizzazione deve andare avanti, il mercato deve prevalere su tutto e la cosa migliore da fare in questa direzione è mettere al governo di questa "nuova europa-stato" dei banchieri. Ma forse ci sono già, hanno solo bisogno di maggiori poteri. L'unico lato positivo (?) del Trattato di Lisbona, è che ora possiamo tranquillamente parlare di "NUOVO ORDINE MONDIALE" senza essere accusati di essere pazzi, visionari e complottisti: con questo Trattato le menti nascoste che tengono i mano i fili delle nostre vite e di questo pianeta da intere generazioni, hanno confessato!

Questo Trattato è stato presentato come una svolta così importante e decisiva per il futuro dell'Europa che prevedeva fosse approvata all'unanimità, tutti gli stati dovevano essere d'accordo. Dopo il No dell'Irlanda invece è stato detto che 3 milioni di irlandesi sono solo l'1% della popolazione europea, quindi si va avanti lo stesso con le ratifiche dei vari paesi, un bel segnale di coerenza vero? Hanno già dimenticato i referendum popolari di Francia e Olanda? In un'Europa libera e democratica ogni stato ha il diritto di avere un referendum ed ogni governate onesto ha interesse a conoscere l'opinione di chi lo ha eletto.
Che senso ha fare i referendum se poi non si tiene in considerazione la volontà dei popoli?
"L'opinine del Paese dovrebbe legalmente, normalmente rivelarsi al governo intorno ad ogni cosa che tocca di più" (Aurelio Saffi).
La democrazia non ha solo il compito di rappresentare la maggioranza, ma ha il dovere di tener conto delle minoranze. Ma in una situazione di totale disinformazione sul Trattato di Lisbona non si può nemmeno parlare di minoranze. Quando ogni singolo cittadino potrà essere informato ed esprimere la propria opinione, allora si potranno sapere dove sono le maggioranze a favore o contrarie.
E' stato affermato che nel Trattato di Lisbona "non c'è trasferimento di sovranità" ma ogni trattato europeo determina un passaggio di sovranità dalle capitali e dai parlamenti nazionali verso Bruxelles, più poteri in comune e meno competenze ai singoli stati membri.
Il vero problema è che non si capisce quali siano i veri obiettivi dell'Unione Europea: uno stato federale tipo Usa? Perchè non è possibile un dibattito pubblico in parlamento Europeo, dove ogni stato può esporre il suo dissenzo o la sua approvazione? Invece si segue la linea dell'ambiguità e della disinformazione assoluta.
La Costituzione italiana sarà vanificata perchè il Trattato di Lisbona conferirà poteri straordinari alla Commissione dell’Unione Europea in quasi tutti gli aspetti della vita dei cittadini, in particolare su questioni di politica economica e di difesa, privandoci della nostra sovranità. Ricordate l'Art. 1: "la sovranità appartiene al popolo"?
L'Art. 11 recita:"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" sarà annullato dal "patto di solidarietà" del Trattato di Lisbona che prevede l'obbligo di un paese membro a scendere in guerra nel caso un altro paese membro venga attaccato. Inoltre sarà annullato il diritto alla neutralità e quindi o Svizzera, Svezia, Malta, Austria e Finlandia ci rinunciano o sono fuori dall'Europa: bell'esempio di democrazia no?!
Nel terzo millennio, dopo tanta strada fatta verso la "civiltà" sarà reintrodotta la pena di morte. Ma "loro" dicono che non è così, perchè sarà solo "per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un'insurrezione" e "per atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di guerra", ed è un passo davvero inquietante perchè siamo già in guerra con l'Iraq e siamo in "pericolo imminente" di un'altra guerra...quella con l'Iran. Inoltre cosa s'intende per sommose e insurrezioni? Una manifestazione davanti ad una discarica è un'insurrezione contro lo stato?
E' stato detto, anche da famose emittenti come la BBC, che gli Irlandesi hanno votato No perchè non abbastanza informati, benissimo, questa è la strada da seguire: non accettare un contratto a tempo indeterminato senza leggerlo e senza sapere cosa prevede. E' stato un atto di saggezza il NO del popolo irlandese.
Il Trattato di Lisbona ha dei lati ambigui ed oscuri, perchè come Costituzione dovrebbe solo stabilire i principi intorno ai quali ci si riconosce, i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini, le linee guida lungo le quali si deve muovere un'intera comunità; invece si preoccupa di aspetti della vita dei singoli cittadini e del funzionamento dell'amministrazione.
Il cittadino dovrebbe essere al primo posto, invece il Trattato di Lisbona si preoccupa solo di stabilire le regole del mercato, regole economiche, finanziarie che riguardano solo le banche.
L'esercito è in fondo solo un mezzo con cui il mercato deve espandersi.
La globalizzazione è in crisi, ha bisogno di un esercito per sopravvivere?
Si vuole per forza imitare modelli quali la Cina e gli Usa dove la propria potenza è basata sullo sfruttamento e la sopraffazione? I cittadini europei non sono merci, ma non lo sono nemmeno quelli di altri continenti più poveri che non hanno nessuna possibilità di poter esportare le loro merci in Europa, perchè è un circolo chiuso, che aiuta solo se stessa.
Il Trattato di Lisbona non è un progetto politico, ma economico.
I cittadini non sono persone, ma merci delle banche.
Non c'è politica nella visione europea del trattato di Lisbona, e sarebbe importante una' unione nella condivisione di veri ideali, anche economici, ma senza la legge del più forte, la globalizzazione dovrebbe essere politica prima di tutto, ma questo succederà solo quando le banche smetteranno di governare il mondo, opprimendo i più deboli con un debito pubblico che non potranno mai risanare. I politici hanno dato alle banche il potere di autogovernarsi, senza nessun controllo esterno e adesso o ne paghiamo le conseguenze oppure dobbiamo alzare la testa, con l'informazione e con i diritto a decidere del nostro futuro.
Ci sono solo 2 stati che non hanno ancora ratificato il Trattato di Lisbona, di questi la Rep. Ceca ha dichiararto che lo ratificherà solo se lo farà anche l'Irlanda. Ci saranno pressioni di ogni genere sull'Irlanda per costringerla a firmare, solo qualche settimana fa la notizia della carne irlandese alla diossina...
Una coincidenza? Il tempismo è di certo impeccabile!

20 dicembre 2008

NATALE NELL' INDIFFERENZA



La ricchezza delle 4 persone più ricche del mondo, è superiore al prodotto interno lordo dei 47 paesi più poveri del mondo.
La ricchezza delle 80 persone più ricche del mondo, è superiore al PIL della Cina cioè la ricchezza di 1 miliardo e 300 milioni di persone.
Il 4% della ricchezza delle 200 persone più ricche del mondo sarebbe sufficiente per i primi interventi dal punto di vista sanitario, scolastico, alimentare, idrico dell'intera umanità.
Questo vuol dire che il mondo è gestito da 2-300 persone o poco più.
I G8 non servono a niente perchè queste persone hanno già deciso, quelle che saranno le politiche economiche, sociali, finanziarie per il mondo intero, cioè per 6.000.000.000 di persone...ripeto: 6 MILIARDI di persone...
Ma questo non è tutto. Noi paesi "ricchi" ci siamo impegnati a versare lo 0,7% del nostro PIL per aiutare i paesi poveri, ma sono pochi quelli che danno questa percentuale, solo la Svizzera, l'Olanda e la Danimarca ad esempio danno l'1%, altri paesi come l'Italia e gli Usa danno molto meno dello 0,7% e alla fine la media è dello 0,22% del prodotto interno lordo, una cifra che si aggira sui 70 miliardi di dollari.
Ma siccome i paesi ricchi non riescono a dare questo 0,7% hanno deciso di dare a questi paesi la possibilità di esportare i loro prodotti nel nostro "mercato" per un valore pari allo 0,7%. Sembrerebbe un'idea geniale ed anche altruistica se non fosse che facciamo pagare di dazi 4 volte tanto ai paesi in via di sviluppo, mentre i dazi pagati tra i paesi considerati ricchi (cioè tra di "noi")sono un quarto di meno.
E' difficile orientarsi con le cifre, facciamo un piccolo riassunto:
Diamo a loro lo 0,22% per interventi di sostentamento e sviluppo 70 miliardi di dollari.
Loro...(paesi poveri) ci danno: 140 miliardi di dollari.
Quindi noi paesi ricchi "altruisticamente" facciamo grandi affari con la miseria del terzo mondo.
Al G8 di Toyako, questi farabutti responsabili della fame nel mondo, con l'aumento dei prezzi del mais e altri alimentari, e di tante altre speculazioni sulla pelle dei più deboli hanno detto:
"E' urgente rimuovere le restrizioni sull'export che intralciano i rifornimenti umanitari di cibo"
"Chiediamo inoltre a tutti quei Paesi che hanno abbondanti stock di cibo di rendere possibile l'accesso a una parte delle proprie riserve per quei Paesi bisognosi in questo momento di crisi dovuta all'aumento significativo di prezzi"
Tutto questo 5-6 mesi fa e nel frattempo le cose sono di gran lunga peggiorate.
Queste parole lasciano l'amaro in bocca sapendo che la morte, la sete e la fame sono un grande business per gli 8 (ora 20)paesi padroni della Terra.
Cifre e dati da www.stefanosalvi.it
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