La notizia è di qualche giorno fa, ma va ricordata in quanto apre una breccia in quella apparentemente inscalfibile facciata reputazionale di Bankitalia. Dai giornali difatti si apprende che la sentenza sullo stato di insolvenza di Carichieti: "ha stabilito che in atti non ci sono elementi che consentano di affermare l’esistenza di uno stato di insolvenza al momento dell’avvio della risoluzione, mentre l’insolvenza vi era al momento in cui è stato emanato il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa." Ed anche:
"Sempre a proposito della insolvenza i giudici avrebbero scritto che si basa su perdite scaturite da rettifiche di valore netto dei crediti di cui non è stata data alcune giustificazione. "
Che cosa vuol dire? Vuol dire che finalmente un tribunale ha messo in dubbio l'operato degli ultimi amministratori della banca tra cui i commissari di Bankitalia che hanno svalutato in modo eccessivo i famosi crediti deteriorati andando a intaccare in modo irreversibile il patrimonio, arrivando quindi al dissesto.
Siamo in epoca psicotica, non è la prima e non sarà l'ultima, nessuna apocalisse. Cos'è un'epoca psicotica? Come insegna Paul-Claude Racamier (1924-1996), la psicosi – tra gli altri sintomi familiari - è la negazione di qualsiasi tipo di conflitto. Nei sistemi psicotici “conflitto”, per definizione, significa “distruzione”. Bisogna far sempre finta che tutto vada bene. Nei momenti in cui il conflitto “si mostra” - come direbbe Wittgenstein - si mostra in termini distruttivi, unica sua possibilità, giacché il resto deve essere “dialogo”. Sintassi dei sistemi psicotici.Non è questo ciò che i politici chiamano totalitarismo? Sembra che i sistemi psicotici e il totalitarismo siano un unico soggetto visto da dentro e da fuori. Quando, di fronte a un conflitto, anziché aprire una discussione, ci si rivolge a un'istanza superiore, preposta, nella mente di chi lo fa, ad annientare la parte “altra” del conflitto, allora siamo ai capi scala della Germania Democratica, alla buca delle delazioni. Questo soggetto collettivo esiste e non è quel soggetto collettivo romantico che libererà l'umanità da ogni male. È narcisista e sadico. Però, questo soggetto, non è struttura patologica individuale, è sistema patologico.
Siamo ormai nella III Guerra Mondiale. Questa Guerra non si combatte con gli eserciti schierati ma col terrorismo, le banche, il depauperamento del suolo, lo sfruttamento dei popoli e delle nazioni meno abbienti. Le migrazioni dei popoli hanno assunto caratteristiche di esodo biblico. La cronaca degli avvenimenti è un susseguirsi frenetico di fatti gravissimi: attentati, stragi, bombardamenti, abbattimento di aerei di linea avvengono in tutte le parti del mondo: dal Medio Oriente, al Bangladesh, dal Messico, alla Nigeria, Sudan, Somalia, Turchia e nella “civilissima” Europa. Diventa sempre più attuale una celebre frase di Carl Von Clausewitz…”La guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi”. Le guerre moderne le fanno i servizi segreti, i contractor (mercenari), le multinazionali, le bande mafiose, le grandi banche. Ormai viviamo in una società dove politica e criminalità convivono o meglio la politica è spesso criminale e il crimine si fa politica. Assistiamo impotenti alle“migrazioni forzate”, le cui cause, molto spesso, possono essere attribuite ai governi europei e occidentali: il traffico di armi, gli interessi legati al petrolio e ai suoi derivati, l’espropriazione di vasti territori per gli interessi delle multinazionali, lo sfruttamento del sottosuolo. Questo avviene spesso con la complicità di regimi dittatoriali senza scrupoli, che reprimono con la violenza ogni forma di dissenso. Il caos regna sovrano.
Di Nazanìn Armanian In base alla scarsa informazione disponibile sui fatti del 15 luglio, mi vengono le seguenti idee:
1. Anche se il regime di Recep Tayyip Erdogan è capace di commettere un attentato di “falsa bandiera” (aveva progettato di distruggere il mausoleo dello Sha Solimano, fondatore della dinastia ottomana, situato in Siria e di lanciare un missile sui propri cittadini, incolpando di entrambi gli atti il governo di Bashar al Assad, come ha rivelato nel marzo 2014), non lo farebbe partendo dall’esercito. Sarebbe un’operazione troppo arrischiata, con armi reali, tramite un’istituzione in cui il presidente turco non ha fiducia.
2. E’ dubbio anche che Fathola Gülen, il religioso sunnita turco felicemente residente negli USA abbia potuto, come indica Erdogan, mobilitare migliaia di militari di un esercito profondamente laico. Oltretutto il suo metodo è prendere il potere infiltrandosi nei luoghi chiave del potere, non patrocinare una rivolta di amateurs.
3. E’ possibile organizzare un colpo di Stato in un paese della NATO (che non solo è ubicato nella regione più strategica del mondo ma che è anche in guerra) senza che il Pentagono lo sappia e lo autorizzi? Gli almeno 1.500 militari USA presenti nelle basi in Turchia avrebbero dovuto sapere qualcosa dei piano di alcuni golpisti che, oltretutto, hanno agito come dilettanti.
Tre parole anglo-yankee vengono in mente per definire i recenti "incidenti" che hanno commosso l' US-America dell'alto e che hanno suscitato una virtuosa "condanna unanime" di tutte le star della blackitudine - le esecuzioni di poliziotti da parte di giovani neri, prima a Dallas e poi a Baton Rouge -: backlash, back-fire e/o blowback. Ritorno di fiamma, effetto di ritorno, effetto bumerang. Come possiamo sorprenderci nel vedere che dei giovani, ai quali è stata insegnata l'arte di uccidere dei nemici lontani, rivolgono le loro armi contro i "blu" - contro gli assassini impuniti di neri? DiFausto Giudice Фаусто Джудиче فاوستو جيوديشي Tlaxcala Sia a Dallas che a Boton Rouge, in entrambi i casi, gli autori - che non saranno mai processati perché adeguatamente "giustiziati"- di questi atti di rappresaglia contro una polizia negricida, erano dei veterani di guerra. Il tiratore di Dallas era un veterano dell'Afghanistan, il veterano di Baton Rouge dell'Iraq. Veterani di guerra, vale a dire gente che aveva imparato a uccidere veloce, molto e bene. Quello che fa di solito un buon cecchino. Proviamo per un momento a metterci al posto loro.
'A Verdade' ha intervistato Ivan Pinheiro, 70 anni, segretario-generale del Partito Comunista Brasiliano (PCB). Avvocato, Ivan ha iniziato la sua militanza politica fin dalla gioventù, nel movimento studentesco di Rio de Janeiro. Nel 1976, entrò nel PCB e fu eletto presidente del Sindacato dei Bancari, importante trincea di resistenza alla Dittatura Militare. In questa intervista, espone l'opinione del PCB sulla congiuntura nazionale, la lotta contro il governo golpista di Michel Temer e difende l'unità delle forze popolari nella costruzione di una alternativa a sinistra per la crisi capitalista.
Turchia. L’errore più grande: non essere riusciti a neutralizzare Erdogan. A Cipro nel 1974 i golpisti hanno bombardato a lungo il palazzo presidenziale per uccidere il Presidente Makarios. Lui è riuscito miracolosamente (non a caso era arcivescovo) a fuggire: il governo golpista è crollato dopo cinque giorni, non appena i turchi hanno invaso l’isola.Neanche i colpi di stato militari sono più quelli di una volta. Errori madornali, ingenuità, gravi, troppe negligenze hanno caratterizzato il tentato golpe in Turchia. Tanto che proprio la tecnica dilettantesca ne ha decretato anche il fallimento. Eppure, l’esercito turco ha una lunga storia di pronunciamenti militari, seguendo la gloriosa tradizione balcanica, che ha fatto scuola in Medio Oriente e in America Latina.
Breve discorso sul nostro orrore quotidiano e sui compiti dell'ora
Sintesi del discorso tenuto dal responsabile del Centro di ricerca per la pace e i diritti umani, Peppe Sini, la mattina di venerdi' 15 luglio 2016 nel piazzale di Santa Barbara a Viterbo.
1. Ovunque è Hiroshima
In ogni luogo si può essere sterminati. Esistono armi cui non si può sfuggire, e poteri assassini disposti ad usare quelle armi contro chiunque. L'umanità e unificata nel segno del dolore e della paura. E questa violenza che dall'alto incombe su tutti, tutti contagia, e dagli eserciti passa alle milizie, dalle milizie alle mafie, e dai criminali ai reietti, dagli emarginati senza speranza alle persone fino a ieri integrate o equilibrate che un giorno il delirio offusca o la sventura abbatte e precipita nella sofferenza più inesorabile e nel rancore che null'altro desidera se non che altri soffrano anch'essi, che anche ad altri sia strappato ogni bene, e di ogni bene il fondamento: la nuda vita. E questa violenza trova sempre un'ideologia, infinite ideologie, che la giustifichino, che la glorifichino; e che effettualmente inducono esseri umani oppressi e infelici, o illusi e avidi, a farsi assassini.
«Di fronte alle sfide senza precedenti provenienti da Est e da Sud, è giunta l'ora di dare nuovo impeto e nuova sostanza alla partnership strategica Nato-Ue»: così esordisce la Dichiarazione congiunta firmata l'8 luglio, al Summit Nato di Varsavia, dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.
Una cambiale in bianco per la guerra, che i rappresentanti dell'Unione europea hanno messo in mano agli Stati uniti. Sono infatti gli Usa che detengono il comando della Nato – di cui fanno parte 22 dei 28 paesi dell'Unione europea (21 su 27 una volta uscita dalla Ue la Gran Bretagna) – e le imprimono la loro strategia.
Enunciata appieno nel comunicato approvato il 9 luglio dal Summit: un documento in 139 punti – concordato da Washington quasi esclusivamente con Berlino, Parigi e Londra – che gli altri capi di stato e di governo, compreso il premier Renzi, hanno sottoscritto a occhi chiusi.
Con
una formula felice i periti della Commissione Parlamentare stragi
Silvio Bonfigli e Jacopo Sce intitolarono un loro vecchio saggio "Il
delitto infinito" (Edizioni KAOS) ad indicare un caso di delitto
politico che sembra non esaurire mai "sorprese" e
retroscena inediti. In circa quarant'anni di pubblicazioni dedicati
all'affaire Moro – a partire dall'omonimo saggio licenziato dal
grande scrittore siciliano Leonardo Sciascia, sono stati scritte
decine e decine di testi caratterizzati da notevoli differenza per
stile ed ipotesi.
Secondo
il politologo Giorgio Galli – uno dei maggiori studiosi della
storia del Partito Armato – ogni vicenda, ogni singolo dettaglio o
episodio del caso Moro è così denso di quesiti ed implicazioni da
meritare un volume a parte, corposo per capitoli ed argomenti. In
effetti, in tutti questi decenni abbiamo letto e visionato svariati
libri relativi ai più importanti e scabrosi risvolti sul caso Moro,
senza mai incontrare il testo definitivo, quello capace di
ricostruire i "misteri" del caso Moro nella sua essenza,
facendo sintesi di quanto accadde nei più tragici e funesti giorni
della nostra singolare Repubblica. Perchè – e non bisogna
dimenticarlo – ogni singolo episodio, ogni dettaglio, ogni risvolto
più o meno segreto va a formare quelle tessere che potrebbero
conferire una forma comunque completa e definita a questo enigma che,
certo, non combacia con la semplice storia di un gruppo di intrepidi
guerriglieri metropolitani che rapisce il più eminente esponente
della classe politica ed istituzionale democristiana, ma, forse, è
una storia molto meno complicata di quella che qualcuno vorrebbe
raccontare, magari cercando di confondere le idee a qualcuno.
“Si può uscire dal baratro senza l’Europa che alimenta la turbofinanza”
Nino Galloni
Negli anni Ottanta, da funzionario, fu isolato per le sue posizioni ostili ai trattati e critiche su euro, sistema finanziario e banche. Oggi le sue teorie vengono prese a prestito anche da chi lo avversava. "Bisogna ribaltare i paradigmi senza venire a patti con le istituzioni: sono parte del problema e non hanno soluzioni", è la sua ricetta. Ai Cinque Stelle che attingono alle sue tesi dice: "Sono disponibile, ma per un progetto senza compromessi" Alle cronache dell’epoca era passato come “l’oscuro funzionario che fece paura a Helmut Kohl”. Da una posizione di vertice al ministero del Bilancio dell’Italia anni Ottanta aveva osato avversare apertamente i trattati europei. Profetico, a tratti perfino eversivo nelle sue teorie macroeconomiche, metteva già in discussione le politiche neoliberiste, il futuro della moneta unica, il dogma degli investimenti senza debito. E ora, a distanza di trent’anni e di molti libri e conferenze, anche chi governa nei consessi internazionali, perfino chi manovra la nave dell’eurozona alla deriva, inizia a parlare la sua strana lingua.
Bangladesh, perchè la firma Rita Katz Stavolta non c’è dubbio alcuno: a compiere il massacro di Dhakka è stato l’IS. Quello vero. Quello che pubblica la rivista DABIQ, patinata, hollywoodiana, tutta in inglese: che infatti ha pubblicato le foto dei morti ammazzati, di cui nove italiani e 7 giapponesi – il che vuol dire che lo IS era lì coi suoi inviati. Non c’è dubbio che è stato lo IS: lo assevera Rita Katz, unica fonte che l’ANSA adotta come certa, diramando addirittura le foto con il logo del SITE, la ditta Katz. Il capo dell’IS in Bangladesh è uno nato nell’Ontario, Canada.
Solo il governo del Bangladesh, come hanno rilevato i nostri media con giusta riprovazione, insiste a dire che l’IS non c’è nel paese, e che si tratta di avversari interni e internazionali. Ha addirittura imbastito una polemica con Rita Katz, che è sempre la prima a pubblicare le foto dei morti ammazzati dell’IS da quado detto IS è in Bangladesh; e Rita Katz ha risposto per le rime, come si evince da questo comunicato.
Il motivo per cui l’IS – quello vero – s’è dovuto espandere anche in Bangladesh è presto detto: questo stato di quasi 10 milioni di abitanti s’è fortemente legato a Pechino. Appoggia esplicitamente e “fortemente” la pretesa cinese sulle isole disputate del Mar Cinese Meridionale.
Vediamo: 25 marzo 1957, nasce la CEE (Comunità Economica Europea). L'Inghilterra, meglio dire la Gran Bretagna, non c'era. In prospettiva non ci sarà più. Ma vista la china cui sta scivolando la UE (Unione Europea) di adesso, arriveremo ancora a qualcosa di simile alla forma del 1957? Non ci possiamo giurare ma potrebbe essere ancora così.
È chiaro che in questi primi giorni dal delirio annunciato è difficile mettere ordine definitivo in quello che sta accadendo e in quello che le parti in causa, a favore o contro la disgregazione dell'Europa Unita, in un tempo più o meno ravvicinato, vorrebbero fosse.
I segnali della disgregazione si sono fatti però inquietanti, per chi vorrebbe tenere assieme questo nonsense di 28, ora 27, Paesi saldamente uniti. Ebbene è proprio questa saldezza politica che non è mai esistita. Forse in altri tempi, quando erano pochi gli Stati appartenenti all'Unione. Ma forse a guardare bene le cose, neppure allora. Insomma il capitalismo europeo dei centri forti e trainanti si è inventato molte forme amministrative, allargando in continuazione i membri partecipanti, pur di funzionare al meglio, per loro. Basti dire che nell'UE c'è pure Cipro!?!
Ora che gli elettori britannici hanno detto addio a Bruxelles, lo scenario logico dovrebbe essere:
1- Un nuovo referendum dovrebbe essere organizzato per chiedere agli elettori se vogliono rimanere nel Regno "unito".
Non solo agli Scozzesi, ma agli Irlandesi del nord, ai Gallesi, ai Cornovagliesi e agli Inglesi propriamente detti.Alla fine, la "Gran Bretagna" dovrebbe scomparire a favore di una confederazione in cui gli elettori dovrebbero scegliere di aderire o meno. La Scozia indipendente, l'Irlanda del Nord indipendente, seguita da Galles, Cornovaglia e Inghilterra, con Londra, dovrebbe scegliere tra diversi scenari: far parte di una confederazione di paesi "Britannici", dell'UE, o di entrambi. L'Irlanda del Nord dovrebbe scegliere tra l'indipendenza pura e semplice, l'unificazione con la Repubblica d'Irlanda, un nuovo Commonwealth e/o l'Unione europea.
Una nuova sentenza riapre il tema sul tanto discusso legame tra vaccini e autismo.
Il Tar della Sicilia ha condannato il ministero della Salute a risarcire un ragazzo autistico di Agrigento che nel 2014 aveva effettuato la vaccinazione tetravalente (contro difterite, pertosse, tetano ed epatite B); già nel 2014 il tribunale ordinario aveva chiarito che vi fosse un rapporto di causa-effetto tra la vaccinazione e la patologia, riconoscendo un danno alla famiglia di 250mila euro; il ministero però non aveva adempiuto, e ora il giudice amministrativo impone il pagamento, interessi compresi, altrimenti si procederà al commissariamento ad acta.
Potrebbe essere arrivata l'ora della verità per la Banca popolare di Vicenza. Questa mattina sono scattate perquisizioni della Guardia di Finanza nella sede dell'istituto. «la Banca è indagata per responsabilità amministrativa per fatti penali dei suoi dirigenti perché rispetto ai reati contestati evidenziava un modello organizzativo e di controllo inadeguato o di fatto inattuato», spiegano le carte. Il riferimento è ai manager indagati della vecchia gestione: il presidente Giovanni Zonin, i consiglieri di amministrazione Giuseppe Zigliotto e Giovanna Maria Dossena, il direttore generale Samuele Sorato, i due vice Emanuele Giustini e Andrea Piazzetta. Noi del M5S avevamo denunciato da tempo uno “Schema Zonin”, oggi al centro delle indagini. E' grazie alla nostra coerenza che domenica scorsa sono potuto andare a testa alta, unico politico, al funerale di Antonio Bedin, il piccolo azionista suicidato proprio a causa di questo schema, attraverso il quale la cricca di BpVI ha bruciato i suoi risparmi di una vita. Ho guardato negli occhi la gente lì presente, siamo la loro unica speranza mi hanno detto. La mia promessa è che non molleremo mai fino a che giustizia non sarà fatta.
«Il 24 giugno è San Giovanni, patrono di Torino. Quindi per la città è giorno di festa, e succede che si passi una serata con amici e conoscenti, a chiacchierare del più e del meno e a guardare i fuochi d’artificio. Quest’anno però era diverso, a tenere banco erano solo due argomenti: la caduta di Fassino per mano di una neo-sindaca grillina (Chiara Appendino), e il capitombolo dell’Europa sotto i colpi del Brexit. E i discorsi? Un po’ di tutto, ma quello che più mi ha colpito, un po’ girando per i siti un po’ parlando con le persone che conosco (quasi tutte favorevoli a Fassino e al «Remain»), è il tratto che li accomunava: l’animosità contro il suffragio universale. Il discorso più moderato che ho sentito suggeriva che i referendum dovrebbero essere indetti solo su materie semplici e comprensibili (tipo: sei pro o contro i matrimoni gay?) e che il referendum sul Brexit proprio non si doveva fare.
I più estremisti suggerivano drastiche limitazioni del suffragio: per votare si dovrebbe almeno avere la licenza media (ma c’è anche chi dice: la laurea); oppure: per votare si devono avere meno di 70 anni. In breve: a vecchi e ignoranti bisognerebbe togliere il diritto di voto.
Dopo lo shock mattutino, che ha regalato al mondo una imprevista uscita della Gran Bretagna dall'Europa, tutti gli europeisti più convinti (in mala o buona fede che siano) hanno dedicato la giornata a metabolizzare questa fragorosa legnata sui denti.
Il risultato di questa metabolizzazione si può riassumere in due diverse correnti di pensiero: la prima dice, sostanzialmente, che "l'Europa deve cambiare se non vuole morire". Questo ovviamente non significa nulla, perché l'Europa per come è stata costruita, con un Parlamento senza alcun reale potere esecutivo, non sarà mai in grado di modificare se stessa. E' stata creata apposta come una gabbia per convogliare e controllare i consensi, e quello dell' "Europa che deve cambiare" è soltanto lo slogan disperato di coloro che si rendono conto che il loro "sogno europeo" ha ormai imboccato la china del tramonto. La seconda corrente di pensiero invece è molto più interessante, poiché era più difficile da prevedere: c'è infatti un diffuso senso di insoddisfazione - o quasi di rancore, si potrebbe dire -verso "le masse che non sono in grado di decidere".