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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
16 settembre 2016
La presa del potere
Un'interpretazione
maledettamente "complottista" e "fantapolitica"...
Avvertenza
per il lettore: come recita il sottotitolo, l'articolo che state per
leggere presenta una versione o un'interpretazione particolare e, se
vogliamo, pure discutibile della canzone di Giorgio Gaber, per cui si
invita il lettore a non scorrere queste pagine in maniera pedissequa,
ma con un sano spirito critico, nella speranza di offrire, comunque
sia, una fonte di riflessione e un'occasione altrettanto stimolante
per un'analisi critica. Buona lettura
Premesse
Tutto sommato, per ogni epoca ed ogni fase storica, si
incontrano ben pochi autori – intellettuali, uomini di cultura,
letterati, artisti, gente dello spettacolo, ecc... - in grado di
farsi interpreti della loro contemporaneità nonostante e anche
contro i loro contemporanei, rischiando, a più riprese,
l'isolamento, l'emarginazione e, soprattutto, un'incomprensione
derivata dall'ignoranza e, da quel che è peggio, dalla sordità
"intellettuale". Quella sordità di cui sono affette
soprattutto quelle anime belle convinte comunque di abitare nel
migliore dei mondi possibili.
A questa categoria, questa cerchia ristretta di uomini
di ingegno e di intelletto ha certamente appartenuto un artista
poliedrico e ricco di talento come Giorgio Gaber che troppo presto ci
ha lasciato quando forse aveva ancora molto da dire sull'Italia e
sugli italiani. Showman, autore, cantante, attore, mimo
dall'incredibile gamma espressiva, Gaber ha rinunciato a una sicura
carriera artistica dentro la comoda RAI per dedicarsi al teatro,
fondando un nuovo genere, il cosiddetto "teatro – canzone",
uno spettacolo in cui si alternano le canzoni, i monologhi e i
racconti per narrare l'Italia e gli italiani, la società, il
costume, la politica, ecc... Si deve riconoscere che quella era la
temperie e l'atmosfera del periodo compreso fra la fine degli anni
Sessanta e gli inizi dei Settanta, quando l'impegno sociale e
politico era entrato a far parte della quotidianità e anche delle
professioni di molte persone. Un tempo assai lontano da quest'epoca
postmoderna in cui dominano quell'autoreferenzialità, quel
solipsismo e quell'individualismo che hanno sancito la morte della
politica e la fine del cittadino tout court, disponibile sì a
firmare e appoggiare questa o quella petizione, ma incapace di
mobilitarsi ed impegnarsi per le questioni che veramente "contano".
Nonostante tutto, anche per l'epoca in cui, con la
collaborazione dell'amico Luporini, Gaber si impose all'attenzione
del pubblico e della critica con le prime perle del teatro –
canzone, l'artista milanese ha finito per rifuggire la generale
propensione a certo "ideologismo" di molti colleghi
rifiutando un'acritica visione che esaltava le sorti "progressive"
dell'Italia e del mondo in generale. Sono dovuti trascorre decenni
per capire che molte promesse e molte aspettative di benessere e
miglioramento delle condizioni intellettuali e materiali, non solo
sono state tradite, ma erano fallaci e celavano ben altri disegni e
ben altre tendenze. Convinto assertore della partecipazione
democratica e della "necessità della piazza", Gaber ha
narrato lo svilimento, la depressione, la pena del quotidiano vivere
in un mondo che, sempre più si allontanava dai valori e dai principi
della libertà e della democrazia èer abbracciare nuove forme di
dominio e di sopraffazione. Uomo di sinistra, ma non perfettamente
incasellabile in una particolare categoria ideologico – politica,
un strano oggetto non identificato e un eretico proprio come il
grande poeta e scrittore Pierpaolo Pasolini che, in quegli stessi
anni, si era gettato anima e corpo nella stesura di quegli "Scritti
corsari" in cui si descriveva la "totalitaria" e
"totalizzante" trasformazione antropologica dell'Italia e
degli italiani nella nuova società consumistica ed edonistica
qualificata come "nuovo fascismo" a scopo esemplificativo.
In qualche modo in quell'analisi era giù presente la consapevolezza
del dominio del "pensiero unico", del neoliberismo, del
neoconservatorismo, del pragmatismo di marca "americana" o
anglosassone", ecc... Qualcosa che, forse a ragione, il buon
Pasolini descriveva come una sorta di "tecnofascismo"...
Sia pure da prospettive poetiche, linguistiche e politiche
differenti, il poeta friulano e il cantautore milanese erano giunti
alla medesima conclusione, dolente e disperata, apparentemente senza
via d'uscita.
Probabilmente Gaber non è stato mai tanto "pasoliniano"
– almeno per quanto riguarda i contenuti – quanto ne "La
presa del potere", una canzone allegorica che racconta una
singolare "invasione" e, in realtà, un apologo del potere
nelle sue forme "postmoderne", per dirla con Crouch...
"La
presa del potere" o il "vero Potere"
Quattro anni fa, quando il governo "tecnico"
del "bocconiano" – e non solo – Mario Monti incassò la
fiducia del Parlamento, a molti parve che si fosse realizzata una
presunta profezia contenuta nella piccola canzone di Gaber.
Ovviamente, come Pasolini a sua volta oggetto di simili commenti,
Gaber non era dotato di particolari capacità divinatorie, ma proprio
come il poeta e regista friulano, era un attento osservatore della
contemporaneità nella suo quotidiano inveramento e, si conseguenza,
era in grado di disegnare scenari e di fare previsioni piuttosto
puntuali e precise. Certamente Gaber pensava a quella "tecnocrazia"
a lui contemporanea di cui, certo, i Monti e i Draghi sono figli e
pupilli, ma, riconsiderando il contesto storico – politico in cui
venne licenziato il testo de "La presa del potere" (1973),
sono ban altre le ragioni di "sorpresa" e di interesse...
Nell'Italia di quegli anni covava una paura giustificata
e legittima da parte dei militanti dei partiti e dei movimenti di
sinistra e dei sindacalisti: alle nuove istanze e conquiste
democratiche, si sarebbe verificata una reazione
"controrivoluzionaria" mediante un colpo di stato affidato
agli Stati Maggiori militari che avrebbe liquidato la giovane e
fragile Repubblica italiana. Malgrado non manchi chi si sforza –
anche in buona fede – di dimostrare che questi timori erano
infondati e anche strumentali, non si può dimenticare che
nell'aprile del 1967 i colonnelli greci (Papadopulos e Pattkos)
attuarono un colpo di stato militare nella culla della civiltà
europea mentre in America Latina cadevano governi democraticamente
legittimati come quello del socialista cileno Salvador Allende
(settembre 1973). In pochi anni le dittature militari e di marca
fascista si imposero in paesi latinoamericani come il Brasile (1964)
e l'Uruguay (1973). In Argentina la giunta golpista dell'ammiraglio
Massera venne appoggiata e sostenuta dalla famigerata Loggia
massonica coperta Propaganda Due di Gelli e Ortolani che potevano
contare su un gran numero di iscritti fra i golpisti argentini.
Inoltre in Italia i progetti golpisti non sono mai mancati come il
famoso Piano SOLO del generale Giovanni De Lorenzo (1964), Comandante
generale dell'Arma dei carabinieri ed ex direttore del SIFAR, il
servizio segreto militare che si avvaleva della "sola"
mobilitazione dell'Arma dei CC.
Lo schema dei piani dei golpisti militari era sempre il
medesimo: reclutare e utilizzare membri di "corpi separati",
terroristi "professionali" e criminali più o meno comuni
variamente remunerati per creare uno stato di allarme seminando il
caos attraverso attentati indiscriminati o mirati, azioni
provocatorie, istigazione di scontri di piazza, atti delinquenziali,
ecc... in modo da far "scattare" i piani di mobilitazione
dell'esercito per ristabilire l'ordine pubblico. Tali progetti, oltre
ad avere il plauso delle classi agiate o privilegiate dei veri paesi,
erano inviariabilmente approvati dagli americani, dalla CIA, dal
Pentagono e dal Dipartimento di Stato, sempre molto attivi e presenti
quando si tratta di "difendere gli interessi economici,
finanziari e strategici" degli USA e delle sue multinazionali.
Il punto è proprio questo: nel 1973, anno del golpe
cileno del generale Pinochet, Gaber accantona la paura per la
realizzazione di un golpe manu militare e con largo uso della forza
armata, per offrire una diversa visione della "presa di potere",
formalmente ineccepibile e forse anche "costituzionale" e,
soprattutto, indolore... Qualcosa che assomiglia molto a quel
famigerato Piano di Rinascita Democratica (1975 – 1976) attribuito
alla Loggia P2 che, con ogni probabilità potè giovarsi della
consulenza di "esperti" e consulenti americani, magari di
stanza presso l'Ambasciata di via Veneto. E, anche in questo senso,
Gaber esprimeva una posizione molto vicina a quella di Pasolini il
quale puntava il dito sul pericolo della "deculturazione"
provocata dal "nuovo fascismo" della società edonistica
dei consumi ritenendo ormai anacronistico il pericolo di un imminente
colpo di stato in Italia. In effetti, nell'arco di due o tre anni, in
tutta l'Europa, i regimi militari (Grecia) e le dittature
clericofasciste (Spagna e Portogallo) cadono miseramente, ormai prive
di qualunque tipo di consenso.
"La presa del potere" presenta un climax,
un'atmosfera tipicamente fantascientifica non diversamente da quella
che percorre pellicole come "L'invasione degli ultracorpi"
di Don Siegel, "Essi vivono" di John Carpenter e "Matrix"
dei fratelli Wachowski. In queste pellicole l'umanità viene
invariabilmente minacciata da razze aliene o extraterrestri o da
computer, cyborg e automi in grado di mimetizzarsi fra gli uomini
allo scopo di controllarli e dominarli. Ovviamente si tratta sempre
di grandi metafore sociali o sociologiche, di rappresentazioni
allegoriche che, in realtà, introducono i clichè fantascientifici
delle razze aliene o di mostri meccanici e teconologiche per indicare
un pericolo che proviene dall'"interno". L'umanità, la
democrazia, la libertà, ecc... sono messe in pericolo dai nostri
simili che, però, appartengono a una "razza", una
"categoria" o una "classe" diversa, avida di
potere, corrotta e corruttrice e dalle grandi capacità simulatorie e
di manipolazione. In effetti da "La presa del potere" si
sarebbe potuta ricavare una sceneggiatura cinematografica
accattivante e anche originale, ma il Belpaese non è mai stato molto
portato per questo genere di storie.
Ma chi sono i misteriosi e minacciosi individui che, con
i loro mastini tengono in scacco il paese e quale significato
attribuire a questo raggio verdastro ed elettrico che "lascia
tutti ipnotizzati". Ne parleremo in seguito, soffermandoci qui
su un aspetto che balza immediatamente all'occhio con ogni evidenza.
I mastini presentano un solo occhio in mezzo alla fronte proprio come
l'"Essere Supremo" o il "Grande Architetto" della
massoneria e ciò difficilmente può essere un caso...
Dunque la massoneria (la P2 ?) entra nel processo di
"presa del potere", ma resta da stabilire in quale veste:
da motore principale ? O da semplice strumento ?
Un'altra curiosità: precedentemente, negli scritti
sulle canzoni di Rino Gaetano, mi soffermavo sulla reiterata presenza
di un "cane" o del "cane" accostandolo al ruolo
della massoneria e, in particolare, a un potente ed individuato alto
dignitario della massoneria. In qualche modo, in maniera più netta e
marcata, anche Gaber rende il "cane" – anche se in veste
di creatura fantascientifica e meccanica – protagonista di una sua
canzone. Si tratta di un semplice caso o Rino Gaetano si è giovato
di una figura simbolica elaborata ed adattata da Gaber per conferirle
la stessa valenza e lo stesso signficato ?
E se il cane è il migliore amico dell'uomo, di quale
uomo è amico il "cane" di Gaber o di Gaetano ?
Di chi è servo e servitore fedele ?
Al di là di queste congetture ed illazioni,
incuriosisce, invece, come il testo de "La presa del potere"
rappresenti il processo di conquista del potere scandendone precise e
definite fasi...
Vediamole...
Fase
1: "...sono alle porte di Milano"
Perchè questo misterioso esercito di esseri in
doppiopetto si reca a Milano piuttosto che a Roma, la capitale
d'Italia e il centro politico – amministrativo della Repubblica ?
Non sarebbe più logico stabilirsi nella capitale per infiltrarsi e
controllare i gangli vitali dello Stato ? Evidentemente questo passo
può essere fatto solo dopo averne effettuato uno più importante e
decisivo: la conquista del settore finanziario – economico deve
precedere l'occupazione dello Stato perchè anche quest'ultima possa
avere pieno successo. Infatti Milano non è tanto la declamata
"capitale morale", ma è soprattutto la sede della Borsa,
il luogo in cui, in Italia si possono effettuare le operazioni
speculative e finanziarie che determinano lo stato generale
dell'economia. Non solo si può operare sui mercati borsistici,
azionari e valutari per trarne un profitto speculativo sui
differenziali, ma anche per acquistare quelle quote di titoli
azionari necessarie a consolidare operazioni monopolistiche od
oligopolistiche in determinati settori strategici (siderurgia,
chimica, energia, banche e finanza, trasporti e comunicazioni,
editoria, ecc...) o anche per destabilizzare un sistema economico –
industriale e determinare una grave crisi. In effetti pare che talune
manovre "speculative" attuate negli ultimi quarant'anni
siano anche servite a provocare gravissimi crack finanziari che hanno
consolidato determinate posizioni. All'epoca – nei primi anni
Settanta – avevano suscitato scalpore le incursioni di veri e
propri "corsari della finanza" come il banchiere mafioso
Michele Sindona, il quale aveva creato un grande impero finanziario
internazionale o come il manager Eugenio Cefis che aveva sfruttato la
propria posizione in un grande ente pubblico come l'ENI per
accaparrarsi la più grande industria petrolchimica del paese, la
Montedison con l'intenzione di imporre un grande monopolio "privato
– pubblico" nel settore dell'energia. L'elemento di maggiore
interesse è che questi due grandi "corsari" e speculatori
sono stati veriamente associati alle trame "golpiste" di
quegli anni e alla Loggia P2 in veste di probabili finanziatori di
talune inconfessabili operazioni finalizzate ad affossare la
Costituzione repubblicana.
L'estensione e il livello di "apertura" dei
mercati azionari di quel periodo non era minimamente paragonabile a
quello dei nostri giorni, ma talune ficcanti incursioni ed iniezioni
di capitali dovevano essere sufficienti a raggiungere certi scopi.
Dunque, perchè i "signori" affacciati alle porte di Milano
avrebbero l'interesse di giocare in Borsa: per speculare sui
differenziali ? Per consolidare talune posizioni monopolistiche e
creare grandi imperi economico – finanziari ? Forse tutto questo,
ma anche quello di trarre la potenza economica necessaria a
"corrompere" alle radici il sistema istituzionale e
politico.
Una lettura un pò forzata del testo di Gaber ? Forse,
ma andiamo avanti...
Fase
2: "...stanno occupando i posti chiave/tengono in pugno la
questura"
Ultimata la prima fase o, comunque, potendo contare
sulla forza e sui capitali di grandi monopoli od oligopoli
imprenditoriali, industriali, finanziari e bancari, si possono
concentrare le forze sulla capitale per "occupare i posti chiave
dello Stato italiano". Ministeri, Tribunali, Prefetture, ecc...
Ora si possono reclutare gli elementi adatti ad infiltrare gli
organismi istituzionali e strumentali dello Stato italiano
strategicamente più importanti. Manager di Stato, alti funzionari
delle burocrazie ministeriali, magistrati, Capi di Stato Maggiore,
Comandanti dell'Arma dei CC, prefetti, ecc.. La macchina statale,
burocratico – amministrativa, deve necessariamente funzionare con
una certa continuità che travalica gli ambiti della politica
istituzionale che deve essere legittimata dal punto di vista
elettorale per poter governare. Ma se i capi di governo, i politici,
passano, i funzionari rimangono, per cui è meglio concentrarsi
innanzitutto su questi ultimi se si vuole occupare lo Stato in
maniera agevole e rapida. Il problema delle legittimità democratica
ed elettorale viene affrontato solo successivamente. L'affinità con
i progetti piduisti è piuttosto lampante e il temine "Questura"
è una sineddoche che indica la macchina ammnistrativa - ma anche
repressiva e sanzionatoria – nella sua generalità. Non credo che
la successione presente nel testo de "La presa del potere"
sia casuale, anzi...
Fase
3: "Dagli occhi chiari dei mastini/parte una luce molto
intensa/che lascia tutti ipnotizzati"
E'
assolutamente la fase centrale del progetto di "presa del
potere", quello che assicura al "nuovo potere" una
legittimità sia pure surrettizia e "non attiva".
Un'operazione volta a intorpidire le masse, a renderle indolenti,
docili, apatiche e disimpegnate... Dagli occhi dei mastini parte
questa luce "verdastra ed elettrica" molto intensa che
lascia tutti ipnotizzati, canta Gaber con buona cognizione di causa.
In questo caso si sottolinea il ruolo attivo e fondamentale
dell'industria culturale, dell'informazione, della comunicazione, dei
mass media, dello spettacolo e dell'intrattenimento, un vasto settore
che, non solo genera enormi profitti, ma che assume una pregnanza
eminentemente "politica". La loro funzionalità non si
limita a fornire la necessaria "distrazione di massa" e a
diffondere il disimpegno e l'indifferenza, ma anche a favorire quel
processo di trasformazione antropologica della popolazione in forma
di vera e propria "deculturazione", di sradicamento dalle
radici culturali e di dissoluzione della memoria storica. Un processo
inevitabile nella "società edonistica e dei consumi"
dominata dal linguaggio televisivo e pubblicitario. Il disimpegno
politico è solo l'effetto più superficiale e, forse, meno
pernicioso di tutto l'armamentario.
Da un lato la diffusione
incontrollata dai media (televisione e stampa) e dei nuovi media
digitali (internet e cellulari), dall'altro, come intuì Debord, il
trionfo dello spettacolo e della rappresentazione... Oggi l'eroe
giovanile o giovanilistico non è più Che Guevara, ma lo showman
televisivo o il cantante pop di successo o il divo cinematografico o
il calciatore di qualche grande club europeo o il pilota di Formula
1, ecc... Come recitavano i latini "Panem et circenses", ma
il problema non è lo spettacolo in sè, quanto lo strapotere e
l'invadenza dello spettacolo e della rappresentazione per cui il
"virtuale" si impone sul "reale". Il filtro dei
media e anche dei nuovi media digitali si invera e si fa esso stesso
realtà. In questo modo anche la disinformazione giornalistica o la
voluta distorsione delle notizie diventa pane quotidiano, molto più
diffusa in un mondo in cui le notizie corrono alla velocità della
luce.
Dunque,
se la lettera del testo gaberiano non tradisce, i ciclopici mastini
meccanici simboleggiano le nuove tecnologie massmediatiche e della
comunicazione la cui cura è affidata alla massoneria o a personaggi
della massoneria. Proprio a partire da quegli anni -o, meglio, dalla
fine degli anni Settanta – comincia a far parlare di sè un
costruttore edile e tycoon milanese di nome Silvio Berlusconi,
naturalmente iscritto alla P2 e, a quanto pare, con ottimi agganci
mafiosi. Fra canali televisivi privati, grandi case editrici,
giornali di opinione, case di produzione e di distribuzione
cinematografica, blasonate squadre di calcio, ecc... riesce a fondare
un imponente impero privato dell'industria culturale e dello
spettacolo dall'enorme fatturato. La parabola politica del Cavaliere
è nota, ma poco ci si è soffermati su quanto il suo network
televisivo abbia inciso nel forgiare il nuovo carattere degli
italiani.
Si
dovrebbero aprire molti capitoli, così come dovrebbero essere
scritte ancora pagine su pagine di saggi di sociologia della
comunicazione per analizzare più in profondità i meccanismi della
società dello spettacolo e del funzionamento dei mezzi di
comunicazione di massa (o strumenti di manipolazione mentale e
"culturale" ?)
Fase
4: "...hanno occupato anche la RAI/le grandi industrie, gli
operai/anche le scuole e i sindacati"
Fase
5: "...anche le maschere van giù/ormai non ne han bisogno
più/son già seduti in Parlamento"
"...sono
bellissimi e hitleriani/sono i tecnocrati italiani
Conclusioni:
a futura memoria
HS
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