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"LA TERRA CI NUTRE LA TECNOLOGIA CI GUIDA: COLTIVIAMO INSIEME IL FUTURO"
2 febbraio 2014
LO SPECCHIO
Fra
due mesi andrà in scena al Teatro Piccolo di Milano un dramma del celebre
drammaturgo norvegese Henrik Ibsen “I pilastri della società” che tratta alcune
tematiche cruciali per la società di ogni tempo. “I piliastri della società
dovrebbero essere la verità e la libertà, ma” così espone Lavia, regista e
attore dell’allestimento “non c’è verità senza libertà e non c’è libertà senza
verità.” Gli effetti dell’elusione di questi postulati sono devastanti:
l’ipocrisia, la corruzione morale e materiale, l’individualismo e l’egoismo
sfrenati, la bramosia di potere e di
ricchezza, l’imbroglio e, in definitiva la stessa disgregazione sociale, per
non parlare della mancanza di democrazia e della più elementare cognizione dei
diritti del cittadino. Ebbene è proprio questa la fotografia della nostra
piccola e decadente Italia repubblicana e contemporanea, senza tralasciare che
il resto del mondo non se la passa poi tanto bene... Restringendo il dettaglio
e guardando con attenzione ci si accorge che la verità e la libertà non sono
proprio di casa nel nostro paese con le note conseguenze che sono sotto gli
occhi di tutti...
Di HS
Alla
Corte d’Assise di Palermo si sta celebrando il famoso processo sulla cosiddetta
trattativa “Stato – Mafia” che dovrebbe quanto meno illuminare su alcuni
retroscena di quanto avvenne agli albori della disgraziata Seconda Repubblica. Alla
sbarra il consueto campionario delle più torbide vicende italiche e sicule:
oltre a mafiosi e rampolli di mafiosi di un certo calibro, ufficiali dei
carabineri presumibilmente “felloni”, ministri non troppo fedeli al proprio
mandato, politici e parlamentari riconducibili ai due schieramenti che hanno
preteso e pretendono di egemonizzare la vita civile e politica del paese senza
pagare lo scotto dei propri, reiterati “errori” – od “orrori”, a seconda dei
punti di vista – compiacendo i reali “poteri forti” interni ed internazionali
che condizionano ed orientano la rotta della nave “Italia”.
A partire dagli
anni Ottanta una parte non indifferente dell’opinione pubblica ha sempre
nutrito aspettative di palingenesi e resurrezione morale nell’azione dei
magistrati, di fatto delegando fondamentali scelte politiche su cui la società
civile doveva quantomeno meditare. Non che non siano mancati i magistrati
coraggiosi, quelli che sono stati assassinati dalle pistole e dai mitra di
mafiosi e terroristi o dalle autobombe, quelli che si sono avvicinati a realtà
molto scomode anche per quell’opinione pubblica che celebrava il loro operato. Personalmente
ritengo che sia fuorviante e perfino pericoloso coltivare queste illusioni.
Esclusi coloro che, nel peggiore dei casi sono stati eliminati fisicamente e
nel migliore sono stati destinati ad altre sedi o altri incarichi, quanti hanno
proseguito coraggiosamente sulla strada dei colleghi senza guardare in faccia
gli indagati e prestando fede a quell’antica e civile massima secondo cui la
“legge è uguale per tutti” ? Di fatto i grandi processi e le inchieste sui
grandi delitti italiani – nel senso più generale del termine, comprendendo le
stragi, i rapporti fra stato e mafia, i casi più clamorosi di corruzione e
concussione, ecc... – si sono sempre arrestate davanti alle mura del Palazzo.
Per
quel che concerne la grande criminalità mafiosa è sempre stata perseguita, piuttosto,
la componente “militare” e prettamente “delinquenziale”, lambendo difficilmente
i territori delle collusioni e delle complicità dei politici corrotti, degli
imprenditori compiacenti e dei finanzieri che si sono prestati a riciclare ed
investire i capitali “sporchi”, mentre molto spesso i politici – ministri,
parlamentari e amministratori locali – poi condannati, sono stati semplicemente
i meno scaltri o furbi o quelli avviati sul viale del tramonto e della
decadenza. Per non parlare poi dei grandi processi sulle stragi impunite e non
rivendicate e su varie vicende della “strategia della tensione” su cui solo la
malafede può far dire che rimangono episodi “misteriosi” della nostra storia,
mentre una discreta mole di documenti giudiziari o provenienti da varie
Commissioni Parlamentari d’Inchiesta (Antimafia, P2, stragi e terrorismo,
ecc...) concorre a comporre un quadro piuttosto preciso. Tuttavia troppo spesso
nelle aule di tribunale sono state pronunciate sentenze di assoluzione e
proscioglimento che, sotto certi aspetti, gridano vendetta... Si pensi alla
strage alla Banca dell’Agricoltura a Piazza Fontana, a quella della Questura di
Milano, a piazza della Loggia a Brescia, ecc...
In un caso si è giunti
all’individuazione dei responsabili perchè uno dei colpevoli, l’ordinovista
Vincenzo Vinciguerra, l’autore della strage di carabinieri a Peteano, uno dei
pochi che ha contribuito a fare luce sul torbido mondo del neonazismo e
neofascismo italiano degli anni Settanta, confessò l’atto terroristico. Intendiamoci...
Non tutto può essere imputato all’operato di un potere giudiziario comunque in
massima parte troppo intrecciato a poteri dai connotati criminali, ma in buona
parte, all’impreparazione e alla mancanza di strumenti per fare fronte a
determinati fenomeni. Ad esempio i magistrati inquirenti non possedevano e,
forse, ancora, non possiedono una visione generale, ampia e complessiva di
quella che potremmo etichettare come “alta criminalità”. C’è stata la
persistente sottovalutazione dei rapporti, degli intrecci, delle relazioni fra organizzazioni,
associazioni, personaggi provenienti da ambienti diversi. Per fare un altro
esempio come mai non sono state approfondite alcune inchieste che hanno fatto
emergere curiosi contatti di carattere logistico fra le mafie nostrane, l’estremismo
“nero” e “rosso” e la delinquenza comune per l’attuazione di singole imprese
criminose come attentati e rapine. Senza contare le azioni di depistaggio, di
inquinamento, manipolazione, ecc... commesse per fuorviare il corso delle
inchieste più delicate e scottanti... Per quanto sia notevole l’impegno profuso
da singoli magistrati, il Potere non si farà mai processare in maniera
imparziale e proteggerà i suoi complici.
In questo senso è emblematica una
grande pellicola degli anni Settanta, quell’”Indagine su un cittadino al
disopra di ogni sospetto” in cui un grande Volontè – nei panni di un
commissario di polizia poco ortodosso – uccide la sua amante seminando prove ed
indizi schiaccianti a beneficio dei superiori che, però, non cesseranno mai di
coprirlo. Chi è delegato dal Potere – statuale, ma da intendersi anche in senso
più ampio come garanzia di un certo tipo di ordine e di “pace sociale” – non
potrà mai essere assicurato alla giustizia e sfugge al giudizio dei comuni
cittadini. In fondo in fondo è solo un funzionario che riceve – anche
implicitamente – il compito di sporcarsi le mani e, a tal fine, è edotto e
istruito...
Per
quanto mi sforzi di fare il tifo per i Pubblici Ministeri che rappresentano
l’accusa nel processo della cosiddetta “Trattativa Stato – Mafia” nella
speranza che vengano al pettine i nodi di rapporti inconfessati e, direi, quasi
istituzionalizzati, mi rendo conto che si tratta di una pia illusione... La
verità – quella vera, quella che chiarifica a trecentosessanta gradi – non la
troveremo mai in un’aula di Tribunale anche se, in fondo, sta sotto il nostro
naso... Il Potere non può processare sè stesso e , quando lo fa, non potrà
garantire la piena e autonoma imparzialità...
Strano
paese è questa Italia che nelle intenzioni dei padri costituenti doveva essere
evolvere verso una Repubblica democratica e parlamentare avanzata e, invece, è
stata pian piano demolita da una serie di “colpetti di stato” compiuti da soggetti
che spesso avevano e hanno una caratura criminale. In quanto ad “alta
criminalità” abbiamo assistito a tutto e al suo contrario: una mafia – quella
siciliana, poi rimpiazzata dai calabresi – in grado di dettare legge in Sicilia
e la progressiva occupazione dell’Italia meridionale da parte di altre mafie e
organizzazioni criminali, potenti logge massoniche che hanno condizionato la
vita politica, economica e civile del paese per soddisfare interessi
particolarissimi, servizi segreti apparentemente senza controllo impegnati a
portare a compimento “false flag operations” e “dirty jobs”, forme di
scientifica e brutale repressione poliziesca, il “golpismo” usato come costante
arma di ricatto, la compresenza di fenomeni eversivi ed “estremistici”
apparentemente distanti e non assimilabili come il “golpismo bianco”, “lo
stragismo nero” e il “brigatismo rosso”, la presenza di vasti settori di
borghesia parassitaria, lo strapotere di classi dirigenti – economiche,
politiche, finanziarie e imprenditoriali – afflitte di un’avidità senza limiti,
una corruzione e un clientelismo che in forme sempre nuove e aggiornate
immobilizzano il paese, ecc... Per quanto, invece, riguarda i “grandi crimini”,
quelli riconducibili allo stragismo, all’alta mafia, al terrorismo, ecc...,
quelli che attengono le responsabilità nelle varie “strategie della tensione” e
del “terrore” e negli attentati eccellenti mirati emergono giorno dopo giorno
indizi e prove testimoniali e documentali, di carattere più o meno storico, di
collegamenti sempre più precisi e stringenti.
Enrico Mattei
Forse non dovremo aspettare
molto, ma verrà il tempo che scopriremo con nostro rammarico e amaro in bocca
che episodi apparentemente “misteriosi” che ci sono uno o più fili che uniscono
la strage di Portella della Ginestra, l’”incidente” mortale occorso al
Presidente dell’ENI Enrico Mattei, la strage di Piazza Fontana e gli altri
attentati inseriti nel programma della “strategia della tensione”, il caso
Moro, i tentativi golpisti, ecc... Apparentemente gli attentati bombaroli e “mafiosi”
del biennio 1992 – 1993 (quelli in cui persero la vita i giudici Falcone e
Borsellino e gli uomini delle loro scorte così come gli attentati al patrimonio
artistico, monumentale e storico di Roma, Milano e Firenze) e la presunta
trattativa fra organi dello Stato e mafia per interrompere la catena
terroristica costituiscono un’individualità. Così come i tentativi di depistare
alcune indagini come quella della strage di via D’Amelio a Palermo attraverso
un falso “pentito” peraltro costretto a rendere testimonianza sotto pressione
e, perfino, tortura.
Non è così... Si tratta di prassi, quasi norma in
Italia... Precisamente è accaduto questo: in seguito ai più eclatanti casi di
alta criminalità mafiosa e terroristica – e verrebe da dire, statuale – sono
scattati precisi meccanismi... Il depistaggio e l’inquinamento delle indagini,
la sottrazione di reperti o prove, la “creazione” di colpevoli di comodo da
dare in pasto all’opinione pubblica oppure di capri espiatori, singoli soggetti
entrati in un gioco più grande di loro, la manipolazione dell’opinione pubblica
con le techiche di disinformazione previste dai manuali di “guerra psicologica”
imbeccando a dovere stampa e televisione, l’eliminazione dei testimoni scomodi
simulando “suicidi”, malori, incidenti, ecc... Per limitarsi alla costruzione
dei “falsi colpevoli” creati ad arte, degli innocenti su cui far ricadere le
gravissime responsabilità di aver compiuto stragi o attentati i casi sono
veramente tanti...
Licio Gelli
Ricordo che all’indomani dell’attentato che costò lavita a
tre carabinieri a Peteano sul confine jugoslavo il 31 maggio del 1972, i militi
dell’Arma del carabinieri prima accusarono Lotta Continua, la più nota delle
formazioni extraparlamentari di estrema sinistra, per poi concentrarsi su un
inconsistente ed inesistente pista “gialla” accusando alcuni balordi locali. Ci
volle la confessione del terrorista “nero” Vincenzo Vinciguerra a mettere in pò
a posto le cose... Intanto furono processati per depistaggio alti ufficiali
della Divisione Pastrengo di Milano comandata dal Generale Giovan Battista
Palumbo, uomo di solide convinzioni di destra e iscritto alla loggia P2. Si
tratti di carabinieri, di ufficiali dei servizi segreti militari come i
generali Miceli, Maletti, Santovito e Musumeci o funzionari dell’Ufficio Affari
Riservati del Ministero degli Interni come il questore D’Amato, i depistatori
che dovrebbero comunicare le informazioni in loro possesso alla magistratura, sono
quasi tutti muniti della tessera della famosa loggia ultratlantica coperta di
Licio Gelli.
Tre anni dopo - in Sicilia
ad Alcamo Marina, nella locale stazione dei CC - venne compiuta un’altra strage,
meno nota, di militi dell’Arma. Sullo
sfondo i traffici di armi ed esplosivi fra mafiosi e neofascisti sul litorale,
evidentemente sotto gli occhi complici delle autorità. Come da copione, le
indagini dei carabinieri puntarono su alcuni giovani del luogo le cui
confessioni vennero estorte con la violenza come è stato accertato
recentemente. Quel che dovrebbe sconvolgere il lettore che vuole informarsi e
documentarsi è il fatto che i carabinieri, invece, di assicurare alla giustizia
gli assassini dei loro commilitoni, inquinano le indagini creando ad arte false
piste senza trascurare il ricorso alla violenza e alla tortura per ottenere le
confessioni dagli occasionali e sfortunati malcapitati. Non è scandaloso il
caso di Vincenzo Scarantino in sè quanto il ripetersi di questo schema...
Il
discorso non cambia per quel che concerne la presunta “trattativa” con la mafia
corleonese. Perchè uno Stato autorevole dovrebbe rinunciare alle sue
prerogative e abbassarsi a trattare con feroci criminali coinvolti in una serie
piuttosto impressionante di stragi ed omicidi ? Cosa mette sul piatto Cosa
Nostra per trattare la propria impunità o lo smantellamento della legislazione
Antimafia (41 bis, legge Rognoni – La Torre, ecc...) ? Chi erano i referenti
dei boss Riina e Provenzano nella finanza, nell’imprenditoria, in vari settori
dello Stato e della Pubblica Amministrazione? Sotto certo aspetti la vicenda
della cosca corleonese ricorda quella di Salvatore Giuliano e della sua
banda... La “banda Giuliano” – sicuramente collegata con le cosche palermitane
e trapanesi – venne istigata a compiere omicidi e attentati terroristici come
la strage di Portella della Ginestra e a sparare sui comunisti in cambio
dell’amnistia per tutti i suoi membri che, peraltro, erano gravati da
precendenti penali come l’omicidio, il sequestro di persona e la rapina a mano
armata.
Qualcuno non mantenne i patti se poi Giuliano ordinò ai suoi di
“giustiziare” alcuni eminenti membri della locale DC. Esattamente come Riina –
con il probabile concorso di altri soggetti – lanciò una campagna di attentati
contro quegli autorevoli esponenti della DC e del PSI eletti in Sicilia. Non si
da poi veramente come è andata a finire, ma sembra che una trattativa fu
realmente avviata con la mediazione dei capimafia. E Giuliano è veramente morto
? Forse siamo nel campo della “fantapolitica” ma gli storici Giuseppe Casarrubea e Mario
Josè Cereghino non ne sono convinti e hanno fatto aprire un procedimento
giudiziario per appurare se il cadavere rinvenuto a Castelvetrano fosse
relamente quello del bandito – terrorista. In ogni caso circola la voce
insistente che quest’uomo che ha causato la morte di circa quattrocento persone
fosse riuscito ad espatriare prima in Spagna e poi negli Stati Uniti d’America
ove suo padre aveva soggiornato per circa vent’anni.
E’, comunque, chiaro che serpeggiava la paura
che Giuliano si decidesse a fare i nomi dei suoi ispiratori e mandanti nelle
“alte sfere”. E nel caso di Riina & c. ? Un altro probabile caso di
“trattativa” ancora tutto da indagare ed esplorare è quello fra i brigatisti e gli
ignoti soggetti interessati alla sorte dell’onorevole Moro e a certi documenti
in suo possesso. Un negoziato che potrebbe essersi protratto durante gli anni
successivi alla morte di Moro e alla cattura dei suoi presumibili carnefici. Invece
è curioso come, secondo ipotesi formulate recentemente da persone accreditate,
una struttura supersegreta e clandestina come l’ANELLO o “Noto Servizio” faccia
capolino in entrambe queste oscure vicende della nostra storia...
Il
grande filosofo ateniese Socrate dovrebbe insegnare: la sola consapevolezza che
abbiamo è quella di non sapere, ma chi sa di non sapere è in una posizione di
vantaggio rispetto a coloro che vivono nella presunzione di avere la conoscenza
in tasca. Perchè possono porsi le domande “giuste”, le domande più scomode... Perchè
uno Stato o chi per esso dovrebbe mantenere il segreto su gravissimi espisodi
terroristici o criminali come le stragi ? Perchè dovrebbe depistare, inquinare
e insabbiare le indagini ? Perchè dovrebbe proteggere i responsabili o trattare
con loro ? A tali risposte possono essere date solo due risposte razionali:
perchè quei crimini sono stati ispirati e commessi da un alleato straniero,
oppure perchè vi sono coinvolti i vertici dello Stato interessato o personaggi
altolocati che vi fanno riferimento. Oppure si può rispondere che una
circostanza non esclude necessariamente l’altra, concependo una complicità fra
forze “esogene” ed “endogene”...
A
mio giudizio non si può prescindere da due aspetti essenziali e, secondo me,
non smentibili dai documenti setacciati negli archivi americani, inglesi e
italiani...
In
primo luogo durante il secondo conflitto mondiale l’Italia è stata occupata
dagli Alleati angloamericani ed è passata sotto la loro sfera di influenza con
la progressiva sostituzione del ruolo americano a quello britannico. Ciò ha
comportato che il nostro paese – peraltro uscito formalmente sconfitto dalla
guerra – dovesse necessariamente aderire al Patto Atlantico, stretto fra gli
USA e i principali paesi dell’Europa Occidentale nel 1949, anche se con qualche
anno di ritardo. Non si conoscono ancora i contenuti delle clausole segrete
degli accordi, ma molti esperti sono concordi nel ritenere che dovessero
prevedere la sottrazione di una consistente fetta di sovranità con inevitabili
riflessi anche sugli sviluppi della giovane democrazia. Insomma per volontà
degli angloamericani l’Italia si trasformava in paese “controllato”, a
sovranità limitata e a “democrazia monca”. Solo un capo di uno degli stati
europei aderenti all’Alleanza, il Presidente francese De Gaulle che pure come
leader della Resistenza antinazista francese aveva agevolato e affiancato le
operazioni militari degli alleati angloamericani, denunciò il contenuto
“segreto” di quegli accordi e fece ritirare le truppe francesi dalla NATO la
cui sede fu trasferita da Parigi a Bruxelles nel 1966.
Come è noto De Gaulle
era il bersaglio della campagna terroristica dell’organizzazione colonialista e
di estrema destra OAS che vantava collaboratori nella CIA. In Italia non si è
mai levata alcuna voce del genere...
Ogni
tanto è opportuno cogliere ciò che qualcuno dei protagonisti delle nostre
storie sussurra nel corso di qualche audizione nell’ennesima Commissione o in
un’intervista. Il generale Maletti, già capo piduista dell’Ufficio di
controspionaggio del SID, condannato per aver favoreggiamento di alcuni
imputati delle prime inchieste sulla strage di piazza Fontana e per il
procacciamento di documentazione riservata in merito all’affare del petrolio
Mi. Fo. Biali. (traffici di armi e petrolio fra Italia e Libia) ha fatto
qualche timida ammissione... In merito al terrorismo neofascista di stampo
stragista ha puntato il dito contro la CIA americana responsabile di aver
sostenuto un aggressivo nazionalismo di destra in funzione anticomunista e ha
asserito che gli organi di intelligence e di sicurezza lasciarono che le BR
agissero indisturbate, senza intervenire... Ma soprattutto ha dovuto ammettere
che il compito dei nostri servizi di intelligence non era quello di
salvaguardare la democrazia italiana, ma, piuttosto di rispondere alle esigenze
dell’Alleanza egemonizzata dagli americani.
In sostanza i servizi italiani –
evidentemente in buona compagnia degli altri alleati – dipendeva dalle
direttive di quelli americani a cui, aggiungo io, interessava soprattutto
organizzare l’apparato di “guerra al comunismo”. Quanto hanno affermato Maletti
e altri è riconducibile al contenuto delle “clausole segrete” della NATO.
Innanzitutto i nostri servizi dovevano avviare un’intensa attività spionistica
nei confronti dei soggetti di un certo “interesse” – socialcomunisti o loro
simpatizzanti e altri sospetti – e trasmettere copia delle informative a
Washington e Langley. Proprio in quello scorcio finale degli anni Quaranta i
servizi segreti italiani vennero riorganizzati sotto l’impulso degli americani
e ad opera di fiduciari come il Ministro della Difesa Randolfo Pacciardi,
rapubblicano anticomunista già aderente della Mazzini Society, circolo di esuli
antifascisti con agganci nel Dipartimento di Stato americano e il Ministro
degli Interni Mario Scelba, democristiano di destra e protagonista non
secondario dei fatti che coinvolsero la banda Giuliano. I nuovi servizi segreti
– quello militare il SIFAR e quello del Viminale l’Ufficio Affari Riservati – vennero
istituiti tramite semplici circolari amministrative ministeriali senza alcun
tipo di controllo parlamentare. Che, infatti, non interessava...
La continuità
con il passato regime fascista è lampante ed evidente: il personale è lo stesso
che aveva maturato la propria esperienza sul campo nel SIM (il servizio di
intelligence militare fascista) e nell’OVRA (la polizia politica per la
repressione degli antifascisti). Si tratta di prevalentemente di militari e
carabinieri di fede monarchica e di funzionari convintamente fascisti, ossia di
soggetti che hanno qualche problema a riconoscersi in uno stato repubblicano e
democratico fondato sull’antifascismo. Tradizionalmente leale alla monarchia
sabauda e informata a un tradizionale spirito di corpo l’Arma dei CC, che
rimpolpa buona parte del personale dell’intelligence militare, offre garanzie
di affidabilità nell’azione di contrasto nei confronti dei socialcomunisti. Non
è senza significato che, proprio presso i Ministeri della Difesa e degli
Interni, venissero costituiti gli USPA – Uffici Sicurezza Patto Atlantico -,
anelli di collegamento fra gli organismi di informazione e di sicurezza
nostrani e quelli “atlantici” diretti dagli americani. Cosa succedeva in
occasione di determinate manifestazioni terroristiche e criminali ? Quali
dispositivi scattavano ?
Si
suole ripetere che questo sistema di “difesa, informazione e di sicurezza” fu
allestito per difendere il mondo libero e occidentale dall’espansionismo
sovietico e dalle loro quinte colonne comuniste, ma nessuno riesce a spiegare
perchè, terminata la “Guerra Fredda”, non venne sciolto. La risposta la diede
già nel 1947 il Presidente repubblicano Truman quando enunciò al Congresso
l’omonima dottrina. Gli USA avevano vinto la guerra e rivendicavano il diritto
di interferire negli affari degli altri stati. Una dichiarazione di egemonia
bella e buona, egemonia e dominio da difendere e conservare tramite un apparato
e un sistema bellico e di intelligence quale mai si era mai visto fino ad
allora, potendo contare sull’investimento di milioni e milioni di dollari. Occorreva
difendere ed espandere l’American Way of Life calpestando che vi si fosse
opposto, comunista, socialista o nazionalista che fosse... A partire da un
certo periodo la presenza del gigante sovietico risultò poi utile per
giustificare il mantenimento di questa poderosa “macchina da guerra”
internazionale. In questo contesto, con la sua posizione al crocevia del
Mediterraneo, la posizione strategica dell’Italia ne faceva la grande base
aeronavale degli americani e della NATO per le operazioni sul teatro
mediorientale e balcanico.
Ma
che razza di guerra è quella che per cui gli USA e i loro alleati edificano
questo imponente sistema internazionale. Ovviamente non si tratta del conflitto
tradizionale e territoriale, bensì di quello “totale” ed “immateriale”, che non
prevede più campi di battaglia definiti, ma si propone di conquistare le
coscienze... Con tutti i mezzi possibili: militari, paramilitari, economici,
finanziari, politici, diplomatico, psicologici, propagandistici, culturali,
massmediatici, ecc... In questi anni proprio negli ambienti atlantici si
diffondono le teorie e la pratica della “guerra non ortodossa”, della “guerra a
bassa intensità”, della “guerra psicologica”, ecc... Il vero campo di battaglia
e di conquista è l’opinione pubblica che deve essere “persuasa” ad aderire e
preferire quella ideologia neoliberista e neocoservatrice che sta alla base
della democrazia di stampo anglosassone.
Sul
piano del settore dedicato alle operazioni paramilitari, di guerriglia e
terroristiche vorrei solo ricordare che già prima della fine della guerra gli
americani erano molto attivi sul piano della “lotta di contrasto al comunismo”.
Ovviamente protagonisti erano i servizi segreti: l’OSS, nella persona del
leggendario capo della sezione X2 James Jesus Angleton e i servizi di
controspionaggio militari – i CIC – diretti dall’italoamericano Philip Corso.
Il primo divenne il famoso direttore del controspionaggio della CIA in
collegamento anche con i servizi israeliani e inglesi. Conosciuto come il
“liberatore” del principe “nero” Junio Valerio Borghese, comandante del reparto
della X Mas al servizio della RSI, Angleton si diede da fare per reclutare
tutti gli elementi anticomunisti più utili e, quindi, estremisti e viscerali.
Ufficiali dell’esercito e dei carabinieri, funzionari di polizia, monarchici,
neonazisti e naofascisti, repubblicani pacciardiani, partigiani “bianchi” come
il filoamericano e filoinglese Edgardo Sogno, un soggetto a metà strada fra i
monarchici badogliani e i rapubblicani pacciardiani, “azionisti di destra”...
Così
fiorì una miriadi di associazioni e gruppi armati: ex militi della X Mas e dei
Nuotatori Paracadutisti, i partigiani “bianchi” anticomunisti della Brigata
Osoppo e della Divisione Julia, i gruppetti del “clandestinismo fascista” come
le SAM e il FAR, i carabinieri della UPM (monarchici), l’ECA di Nino
Buttazzoni, l’Armata Italiana della Libertà, gli Atlantici d’Italia, ecc...
Questa costellazione di sigle celava un grande esercito di riserva formato da
civili e militari spesso disponibili all’azione terroristica e a sparare sui
“comunisti”, ovvero sui loro compatrioti. Evidentemente parte di questi nuclei
verrà assorbita dalla sezione italiana della STAY BEHIND, l’esercito
clandestino atlantico ideato e organizzato dagli americani e dagli inglesi,
un’altra parte manterrà un piede negli organismi statali e uno fuori, un’altra
ne rimarrà convenientemente fuori... A queste unità bisogna aggiungere la mafia
che non solo può essere convenientemente utilizzata per le operazioni
paramilitari e terroristiche, ma è un soggetto in grado di controllare l’Italia
meridionale e la Sicilia e di indirizzare opportunamente consistenti pacchetti
elettorali. A fianco della mafia si muove l’armata “separatista” della Sicilia,
l’EVIS, e la banda Giuliano, con collegamenti con il “clandestinismo fascista”.
A completare il quadro, invece, i CIC reclutarono e ingaggiarono soggetti
convintamente nazisti come il maggiore Hass, l’industriale bulgaro Vesselinoff
e un certo Licio Gelli, futuro capo della P2. Gli agenti nazisti dei CIC rimandano
alle torbide operazioni di salvataggio di notissimi criminali nazisti come
Mengele, Priebke e Barbie, il boia di Lione che, con la complicità dei servizi
vaticani, dal porto di Genova approdarono indisturbati in America Latina e,
soprattutto, a Buenos Aires. Le unità dei CIC si insediarono presso le basi
NATO ove furono costituite logge massoniche che, probabilmente, dovevano
coprire l’attività dei servizi di intelligence. La stessa loggia P2 dovrebbe
essere fatta risalire a questa rete e ricondotta ai servizi del Pentagono. E un
certo Theodore G. Shackley, per alcuni anni responsabile per le operazioni
speciali della CIA in Italia e promotore delle operazioni MANGOOSE a Cuba e
PHOENIX in Vietnam, cominciò la sua carriera proprio nei CIC...
See
proprio bisogna rintracciare le origini della “strategia della tensione”, di
tanti presunti misteri, della rete di rapporti fra servizi americani –
israeliani – inglesi - italiani, massoneria, Cosa Nostra, Vaticano, alta
finanza e impresa e classi dirigenti politiche filoatlantiche è lì che bisogna
cercare...
In
secondo luogo bisogna tener conto delle dinamiche e della dialettica interna
fra poteri finanziari, politici, economici, militari, ecc... con le loro
cordate e società... Anche i conflitti “interni” non risparmiano l’uso di ogni
tipo d’arma: pressione, ricatto, minacce, corruzione, violenza fisica, ecc...
Un campo minato che, però, ha certo il suo peso nella storia repubblicana...
Alla
fine di questo faticoso viaggio non so se i miei argomenti sono stati realmente
convincenti. Per la vostra libertà e dignità, cercate la verità e munitevi di
un grande specchio per poter guardare chi siete...
Per
poter guardare chi siamo...
Forse
per capire e poter finalmente cambiare...
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