24 giugno 2010

FUORIUSCITA DI PETROLIO NEL GOLFO: UNA PERFORAZIONE NEL MONDO

Di Naomi Klein

Tutti i partecipanti presenti alla riunione dell’assemblea comunale erano stati istruiti ripetutamente affinchè mostrassero civiltà verso i signori della BP e del governo federale. Questi distinti personaggi, avevano trovato tempo nelle loro agende fitte di impegni, per andare alla palestra della scuola superiore un marted sera, a Plaquemines Parish, Luisiana, una delle numerose comunità costiere dove il veleno marrone scivolando attraverso le paludi, è parte di ciò che è stato descritto come il più grande disastro ecologico nella storia degli USA.
“Parla agli altri come vorresti che parlassero a te”, ha chiesto il presidente della riunione l’ultima volta prima di dare la parola per il round di domande.


E per un momento, la moltitudine, formata principalmente da famiglie di pescatori, ha mostrato un notevole autocontrollo. Hanno ascoltato pazientemente Larry Thomas, un affabile agente di pubbliche relazioni della BP, mentre diceva che si impegnava a “fare meglio” nell'elaborare le domande per la perdita di reddito – dopo ha dato la parola, per i dettagli, ad un subappaltatore decisamente meno amichevole. Hanno ascoltato fino alla fine al damerino dell’Agenzia della Protezione Ambientale (EPA) mentre diceva che, contrariamente a quanto si era letto sulla mancanza di prove e che il prodotto era vietato in Gran Bretagna, il disperdente chimico spruzzato  in quantità massicce sul petrolio è veramente sicuro.

Ma la pazienza è cominciata a finire quando per la terza volta Ed Stanton, capitano dei guardiacoste, salì sul podio per tranquillizzarli con la dichiarazione che “i guardiacoste vogliono assicurarsi che la BP lo pulirà”.

“Mettetelo per iscritto”, urlò qualcuno. A questo punto l’aria condizionata aveva smesso di funzionare e nei frigoriferi la Budweiser cominciava a finire. Un pescatore chiamato Matt O’Brien si avvicinò al microfono. “Non abbiamo bisogno di sentire più di questo”, ha dichiarato con le mani sui fianchi. Non importa quali garanziee sono state offerte perché, ha spiegato, “noi non ci fidiamo voi ragazzi!”. E nell’ascoltarlo, hanno fatto un’ovazione che si sarebbe pensato che gli Oilers (lo sfortunato nome della squadra di calcio statunitense della scuola) avessero fatto un punto.

La resa dei conti è stata catartica, se non altro. Per settimane i residenti erano stati sottoposti a una raffica di colloqui di incoraggiamento e promesse stravaganti provenienti da Washington, Houston e Londra. Ogni volta che accendevano la loro tv vedevano il capo della BP, Tony Hayward, che dava la sua parola d’onore che “avrebbe sistemato”. Oppure il presidente Barack Obama esprime la sua fiducia assoluta che la sua amministrazione avrebbe "lasciato la costa del Golfo in una forma migliore di quanto non fosse prima", che si stava “assicurando” di “tornare ad essere più forte di quanto lo fosse prima della crisi”.

Tutto suona molto bene. Ma per le persone la cui sussistenza li mette a stretto contatto con la delicata chimica della palude, ha un suono completamente ridicolo, perfino doloroso. Una volta che il petrolio copre la base dell’erba delle paludi, come lo aveva già fatto a pochi km da lì, nessuna macchina miracolosa o miscuglio chimico può eliminarlo con totale sicurezza. E' possibile raccogliere il petrolio dalla superficie del mare aperto, ed è possibile rastrellarlo dalla spiaggia sabbiosa, ma una palude coperta da petrolio restà lì, prosciugandosi lentamente. Le larve di innumerevoli specie per le quali la palude è un luogo di vita- ostriche, pesci, gamberetti, granchi- risulteranno avvelenate.

Stava già succedendo. All'inizio di quel giorno, ho viaggiato attraverso le paludi nelle vicinanze in una barca in acque poco profonde. I pesci saltavano nelle acque circondate da barriere fluttuanti bianche, le strisce di cotone grosso e a maglie che la BP usa per assorbire il petrolio. Il cerchio di materiale inquinato sembrava stringersi intorno ai pesci come un cappio. Nelle vicinanze, un merlo dalle ali rosse appollaiato in cima ad un giunco inquinato dal petrolio di due metri di altezza. La morte saliva su per la canna, l’uccellino avrebbe potuto essere seduto su una dinamite accesa.

Eppoi ci sono le piante stesse, o la canna Roseau, come chiamano i lunghi steli e foglie. Se il petrolio penetra sufficientemente nella palude, non solo ucciderà le piante sul suolo ma anche le radici.Queste radici costituiscono la colonna portante della palude in quella zona.  Le paludi, a loro volta, impediscono a queste grandi distese di verde, piene di vita, di affondare nelle acque del Delta del Mississippi e del Golfo del Messico. Così luoghi come Plaquemines Paris non solo rischiano la perdita della loro industria peschereccia ma anche gran parte della barriera fisica che riduce l'intensità delle tempeste gravi come l'uragano Katrina. Ciò potrebbe significare perdere tutto.

Quanto ci vorrà perché un ecosistema così distrutto sia “restaurato e sanato” come promesso dal ministro degli Interni di Obama? In nessun modo è chiaro che esista una remota possibilità di riuscire ad ottenere una cosa del genere, almeno non in un arco di tempo che possiamo immaginare facilmente. Le attività di pesca dell'Alaska devono ancora riprendersi completamente dalla fuoriuscita 1989 Exxon Valdez e alcune specie di pesci non sono mai ritornate.  Scienziati del Governo hanno calcolato adesso che una quantità di petrolio uguale a quella del Valdez sta entrando nelle acque costiere del Golfo ogni 4 giorni. Una prognosi ancora peggiore emerge dal versamento della Guerra del Golfo nel 1991 quando si calcola che 11 milioni di barili di petrolio furono gettati nel Golfo Persico- il maggior riversamento di tutti i tempi. Questo petrolio è entrato nelle paludi ed è rimasto lì, scavando sempre più e più profondamente grazie ai buchi scavati dai granchi. Non è un paragone perfetto, dato che così poca bonifica, ma secondo uno studio fatto 12 anni dopo il disastro, quasi un 90% delle paludi e mangrovie colpite erano ancora profondamente danneggiate.

Sappiamo che: Lungi dall’essere “sanata” è più probabile che la costa del Golfo sarà malata. Le sue ricche acque e affollati cieli saranno meno vivi che adesso. Lo spazio fisico occupato oggi da molte comunità nelle cartine geografiche diminuirà, grazie all’erosione. E la cultura leggendaria della costa diminuirà e appassirà. Dopo tutto, le famiglie di pescatori  in tutta la costa non raccolgono solo alimenti. Mantengono un’intricata rete che include tradizione familiare, cucina, arte e lingue in pericolo- come le radici delle piante che sostengono le terre nella palude. Senza la pesca quelle culture uniche perdono il loro sistema di radici, il terreno stesso nel quale si trovano. (La BP, da parte sua conosce perfettamente i limiti di ciò che si può recuperare. Il piano di reazione della compagnia è quello di istruire i funzionari affinchè non promettano che la proprietà, l’ecologia o qualsiasi altra cosa saranno ripristinate alla normalità. Che senza dubbio è il motivo per il quale i suoi funzionari preferiscono usare parole come “sanare”).

Se Katrina ha svelato la realtà del razzismo negli USA, il disastro BP svela qualcosa di molto più occulto: quanto poco controllo abbiamo, anche il più geniale di tutti noi, sulle impressionanti forze naturali intricatamente  interconnesse con quelle con cui interferiamo con tanta indifferenza. 
La BP non può chiudere il foro che ha fatto nella Terra. Obama non può ordinare che le specie di pesci sopravvivano, o che i pellicani bruni non non si estinguano (non importa a quale culo calci). Nessuna quantità di denaro- ne i 20.000 milioni di dollari promessi dalla BP né 100.000 milioni- possono rimpiazzare una cultura che ha perso le sue radici. E mentre i nostri politici e dirigenti corporativi devono ancora scendere a patti con queste verità umilianti, le persone la cui aria, acqua e mezzi di sussistenza sono stati contaminati stanno perdendo le loro illusioni velocemente. 

“Tutto muore”, ha detto una donna quando l’assemblea generale giungeva al termine. Come potete dirci onestamente che il nostro Golfo è elastico e si riprenderà? Perché nessuno di voi ha la minima idea di quello che succederà al nostro Golfo. Siete seduti qui con la faccia seria e vi muovete come se sapeste tutto quando invece non sapete”.

La crisi del Golfo ha a che fare con molte cose, la corruzione, la deregolamentazione, la dipendenza da combustibili fossili- Ma sotto tutto questo, ha a che vedere con quanto segue: la pretesa terribilmente pericolosa della nostra cultura di possedere un intendimento ed un controllo così completo della natura da poterla manipolare e modellare radicalmente con minimo rischio per i sistemi naturali che ci alimentano. Ma come ha mostrato il disastro della BP, la natura è sempre  più imprevedibile di quanto i modelli matematici e geologici più sofisticati possano immaginare. Nel corso della sua testimonianza davanti al Congresso Giovedi, Hayward ha dichiarato:Le migliori menti e la più profonda competenza professionale si stanno applicando” nella crisi, e che “con la possibile eccezione del programma spaziale degli anni 60, è difficile immaginare la riunione in un solo luogo in tempi di pace, di una squadra più grande, più competente tecnicamente”. Eppure, di fronte a ciò che il geologo Jill Schneiderman ha descritto come un “pozzo di Pandora”, sono come gli uomini di fronte a questa palestra: agiscono come se sapessero, ma non sanno.

Dichiarazione della missione della BP

Nell’arco della storia umana, la nozione che la natura sia una macchina che possiamo modificare secondo la nostra volontà è una credenza relativamente recente. Nel suo innovatore libro del 1980, The Death of Nature, la storica ecologista Carolyn Merchant ha ricordato ai lettori che fino al 1600, la Terra era in vita, di solito sotto forma di una madre. Gli europei- come gli indigeni nel mondo- credevano che il pianeta era un organismo vivo, pieno di poteri vivificatori ma anche di umori irascibili. Per questo c’erano dei forti tabù contro le azioni che deformavano e profanavano “la madre”, inclusa la miniera.

La metafora è cambiata sradicando alcuni (ma non tutti) i misteri della natura durante la rivoluzione scientifica del 1600. Essendo ora la natura presentata come una macchina, privata del mistero o della divinità, i suoi componenti potevano essere arginati, estratti e rifatti impunemente. La natura ancora appariva come una donna, ma facilmente dominata e sottomessa.
Sir Francis Bacon ha incapsulato meglio il nuovo spirito quando nel 1623 scrisse in De dignitate et augmentis scientiarum che la natura deve essere “limitata, modellata e fatta come se fosse nuova per l’arte e la mano dell’uomo”.

Queste parole potrebbero essere anche state le dichiarazioni della missione corporativa della BP. Occupando audacemente quello che la compagnia ha chiamato “la frontiera energetica”, si dilettava a sintetizzare microbi che producono metano e ha annunciato che "una nuova area di indagine" sarebbe Geoingegneria. E naturalmente si vantò del fatto che, nel suo giacimento Tiber nel Golfo del Messico, adesso aveva “il pozzo più profondo mai perforato dall’industria del petrolio e del gas”- tanto in profondità sotto il fondale marino, quanto i jet volano sopra la testa.

L’immaginazione e la preparazione per quel che sarebbe successo se questi esperimenti nell’alterazione degli elementi fondamentali della vita e della geologia andavano male hanno occupato poco spazio nell’immaginario dell’azienda. Come tutti abbiamo scoperto, dopo che la piattaforma di Deepwater Horizon è esplosa il 20 aprile, la società non aveva posto in atto sistemi per rispondere efficacemente a questa situazione. Spiegando il motivo per cui non ha fallito la cupola di contenimento, un portavoce della BP, Steve Rinehart, ha detto “Non penso che qualcuno abbia previsto la circostanza che ora dobbiamo affrontare”. Apparentemente, “sembra inconcepibile” che la valvola di sicurezza fallisse, quindi “per quale motivo prepararsi?”.

Questo rifiuto di considerare il fallimento evidentemente arrivava dai vertici. Un anno fa, Hayward disse ad un gruppo di studenti della Stanford University che ha una targa sulla sua scrivania che dice: "Se tu sapessi che non si può fallire, che cosa proveresti?". Lontano dall’essere una buon aforisma inspiratore, era veramente la descrizione esatta di come la BP ed i suoi concorrenti si sono comportati nel mondo reale. Durante recenti udienze  a Capitol Hill, il deputato del Massachussets Ed Markey interrogò rappresentanti delle principali compagnie petrolifere e di gas sul modo in cui avevano destinato risorse. Per tre anni avevano speso “39.000 milioni di dollari  per la prospezione di petrolio e nuovi giacimenti di gas. Tuttavia, l'investimento medio in ricerca e sviluppo per la sicurezza, la prevenzione degli incidenti reazione agli sversamenti miserabili erano 20 miliardi di euro l'anno".

Queste priorità sono molto utili per spiegare perché il piano iniziale di esplorazione che la BP ha presentato al governo federale per il mal riuscito pozzo di Deepwater Horizon si legge come una tragedia greca sull’arroganza umana. La frase “poco rischio” appare 5 volte. Anche se vi fosse stata una fuoriuscita, predice fiduciosamente la BP, grazie “alla squadra e alla tecnologia approvata”, le conseguenze sarebbero minime. Presentando la natura come un socio minore (forse subappaltatore) prevedibile e piacevole,  la relazione spiega allegramente che nel caso si verificasse una fuoriuscita, “le correnti e la degradazione microbiotica eliminerebbero il petrolio della colonna d’acqua o diluirebbero i componenti a livello d’ambiente”. Gli effetti sui pesci, nel frattempo, “probabilmente sarebbero sub letali” per la capacità dei pesci di evitare una fuoriuscita (e) di metabolizzare idrocarburi”. (Nella versione della BP più che una minaccia terribile, una fuoriuscita sembra un self-service per la vita acquatica).

La cosa migliore è che se si verificasse una fuoriuscita importante, esiste, sembra, “poco rischio di contatto o d’impatto con la costa” per la reazione veloce progettata dalla compagnia (!) e “a causa della distanza (dalla piattaforma) alla riva”- circa 77 km. E’ l’affermazione più sorprendente di tutte. In un golfo che spesso ha venti a più di 70 km all’ora, per non parlare degli uragani, la BP aveva così poco rispetto per la capacità dell'oceano di flusso e riflusso, di scendere e salire, che non pensava che il petrolio poteva fare un misero viaggio di 77 km (la settimana scorsa, un frammento di Deepwater Horizon è apparso su una spiaggia nel Florida a 306 km di distanza).

Tuttavia, nulla di tutto questo sarebbe stato possibile, se la BP non avesse presentato le sue predizioni ad una classe politica ansiosa di credere che la natura era stata veramente domata. Alcuni, come la repubblicana Lisa Murkowski, era più ansiosa di altri. La senatrice dell’Alaska era così impressionata dall’ingegneria sismica quadrimensionale che ha proclamato che ha proclamato che la perforazione in acque profonde aveva raggiunto la massima artificialità controllata. “E’ meglio di Disneyland in termini di come si possono usare le tecnologie ed andare alla ricerca di risorse di 1000 anni fa e farlo in modo ecologicamente sano”, ha detto al comitato dell’energia del Senato solo 7 mesi fa.

Perforare senza pensare è stato, certamente, la politica del partito dei repubblicani da maggio del 2008. Con i prezzi della benzina che salivano a livelli senza precedenti, il leader conservatore Newt Gringrich ha scoperto lo slogan “Perfora qui, perfora ora, paghi meno”- con particolare attenzione per l' "ORA". La campagna molto popolare è stata un grido contro la cautela, contro lo studio, contro l’azione misurata. Nella storia di Gringrich, la perforazione avveniva ovunque il petrolio e gas potrebbero essere- nello scisto del Rocky Mountain, nell'Arctic National Wildlife Refuge (ANWR), e in alto mare - era una strada sicura per ridurre il prezzo delle benzine, creare posti di lavoro e dare filo da torcere agli arabi, tutto allo stesso tempo. Di fronte a questa triplice vittoria, la cura per l'ambiente era per femminucce: come ha detto il senatore
Mitch McConnell “In Alabama, nel Mississippi, nella Louisiana e nel Texas, pensano che le piattaforme petrolifere siano bellissime”. Quando c’è stata la convention nazionale repubblicana: “Perfora, baby, perfora!” di triste fama, la base del partito sentiva tale frenesia per il combustibile fossile made in USA, che avrebbe perforato sotto il suolo della convention se qualcuno avrebbe portato una perforatrice sufficientemente grande.

Obama ha finito per cedere, come fa sempre. Scegliendo una data cosmicamente inopportuna, solo tre settimane prima che scoppiasse la Deepwater Horizon, il presidente aveva annunciato che avrebbe aperto zone previamente protette del paese alle perforazioni in mare aperto. La pratica non era così rischiosa come si pensava, spiegò. “generalmente le piattaforme petrolifere non causano fuoriuscite. Sono tecnicamente molto avanzate”. Ma questo non bastò a Sarah Palin che scherniva i piani dell'amministrazione Obama per condurre ulteriori studi prima di perforazione in alcune zone. “Dio mio! Amici, queste aeree sono state studiate fino alla morte”, ha detto durante la conferenza sulla leadership repubblicana del sud, a New Orleans, solo 11 giorni prima dell’esplosione. "Perforiamo, baby, perforiamo, non aspettiamo, baby, perforiamo!”. E ci fu grande giubilo.

Nella sua testimonianza al Congresso, Hayward ha detto: “Noi e tutta l’industria impareremo da questo terribile evento” . E si potrebbe immaginare che una catastrofe di questa grandezza certamente avrebbe ispirato un nuovo senso d’umiltà ai sostenitori del “perfora ora”. Ma, non ci sono segnali che sia questo il caso. La risposta al disastro - a livello aziendale e governativo - è stata diffusa con il marchio preciso di arroganza e le previsioni eccessivamente sognatrici che hanno creato il disastro, in primo luogo.

L’oceano è grande, può resistere, l'abbiamo sentito dire ad Hayward all’inizio. Mentre il portavoce John Curry insisteva sul fatto che microbi affamati avrebbero consumato tutto il petrolio che era nel sistema acquatico, perché “la natura ha un modo per risolvere la situazione”. Ma la natura non sta facendo il loro gioco. Il pozzo dalla profondità del mare ha rovinato tutte le cisterne, cupole di contenimento e le iniezioni spazzatura della BP. I venti e le correnti dell’oceano hanno ridicolizzato le barriere fluttuanti leggere che la BP aveva messo per assorbire il petrolio. “Lo abbiamo detto”, ha detto Byron Encalade, presidente dell’Associazione delle Ostriche della Luisiana, “il petrolio sarebbe passato sopra le barriere fluttuanti o sotto”. Certamente lo ha fatto. Il biologo marino Rick Steiner, che ha seguito da vicino i lavori di pulizia, calcola che “il 70 o l’80% delle barriere non stanno facendo assolutamente nulla”.
E dopo esistono i controversi disperdenti chimici: più di 37 milioni di galloni pompati con l’atteggiamento proprio della compagnia: “cosa può andare storto?”. Come hanno segnalato giustamente i furiosi abitanti durante l’assemblea di Plaquemines Parish, sono stati fatti pochi studi ed esiste poca ricerca su ciò che quella quantità di petrolio farà alla vita marina. Non c’è neanche modo di pulire il miscuglio tossico del petrolio e di prodotti chimici sotto la superficie. Sì, i microbi che si moltiplicano rapidamente divorano petrolio in mare aperto, ma così facendo assorbono anche l'ossigeno dall'acqua, creando una nuova minaccia per la vita marina.

La BP aveva anche osato immaginare che poteva impedire che le immagini poco attraenti delle spiagge e degli uccelli coperti di petrolio scappassero dalla zona del disastro. Quando mi trovavo sull’acqua con un’equipe televisiva, per esempio, ci si avvicinò un’altra imbarcazione ed il capitano chiese: “Lavorate per la BP?”. Quando abbiamo detto di no, la risposta- in mare aperto- è stata: “Allora non potete stare qui”. Ma ovviamente queste maldestre tattiche, come tutte le altre, sono fallite. Semplicemente c’è troppo petrolio in troppi luoghi “Non si può dire all’aria di Dio dove circolare e andarsene, e non si può dire all’acqua verso dove deve fluire e andarsene”, mi ha detto Debra Ramirez. Era una lezione che aveva imparato vivendo in Mossville, Louisiana, circondato da 14 impianti petrolchimici lancio problemi, che lasciano emissioni, e nel vedere come le malattie si diffondono da vicino a vicino.

Il limite umano è stato una costante di questa catastrofe. Dopo due mesi, non abbiamo ancora idea di quanto petrolio è fuoriuscito, né quando si fermerà.
La società sostiene che i pozzi di soccorso saranno completati alla fine di agosto, qualcosa ripetuta da Obama nel suo discorso dallo Studio Ovale, quello che molti scienziati considerano un bluff. La procedura è rischiosa e potrebbe non riuscire, e vi è una reale possibilità che il petrolio continui a fuoriuscire nel corso degli anni.
Il flusso degli spettacoli di diniego non sono neanche segnali da sminuire. Politici della Louisiana si oppongono indignati al congelamento temporaneo delle perforazioni in acque profonde, accusando Obama di distruggere l’unica industria importante che esiste adesso quando la pesca ed il turismo sono in crisi. Palin rifletteva su Facebook che "nessuna attività umana è sempre, senza rischio", mentre il congressista repubblicano del Texas John Culberson ha descritto la catastrofe come una "anomalia statistica". Di gran lunga la reazione più sociopatico, tuttavia, proviene da veterano commentatore Washington Llewellyn King: invece di voltare le spalle a rischi della grande  ingegneria, dovremmo fermarci e “meravigliarci del fatto che possiamo costruire macchine così notevoli che possono scoprire un mondo sotterraneo"

Fermare il sanguinamento 

Fortunatamente, molti stanno prendendo una lezione molto diversa da quella catastrofe, e non restano meravigliati di fronte al potere dell’umanità di ridisegnare la natura, ma di fronte alla nostra impotenza di fare fronte alle feroci forze naturali che scateniamo. C’è anche un’altra cosa. E’ il sentimento che il buco in fondo all’oceano è più di un incidente d’ingegneria o una macchina rotta. E’ una violenta ferita in un organismo vivo, che è parte di noi. E grazie al materiale in diretta dalle camere di BP, tutti possiamo vedere  come sgorgano le budella della Terra in tempo reale, 24 ore al giorno.

John Wathen conservatore della Waterkeeper Alliance, uno dei pochi osservatori indipendenti che sono andati sul posto nei primi giorni del disastro, dopo aver filmato le grosse macchie di petrolio alle quali i guardiacoste si riferiscono cortesemente come "splendore arcobaleno", ha segnalato quello che molti avevano sentito: “Il Golfo sembra sanguinare”. Queste immagini appaiono più e più volte in conversazioni e interviste. Monique Harden, avvocato di diritto ambientale a New York, ha rifiutato di descrivere il disastro come "marea nera" e dice invece: "Abbiamo un' emorragia." Altri parlano del bisogno di “fermare il sanguinamento”. Ed io mi sono sentita personalmente impressionata, sorvolando il tratto di oceano dove è affondata la Deepwater Horizon, con i guardiacoste degli USA perché le forme vorticose che l’oceano faceva nelle onde dell’oceano assomigliavano alle pitture rupestri: un polmone piumoso respirava a fatica, gli occhi che guardano in su, uccello preistorico. Messaggi dal profondo.
E questa è sicuramente la svolta più strana della saga della costa del Golfo: sembra sia per noi il risveglio della realtà che la Terra non è mai stata una macchina. Dopo 400 anni data per morta, e in mezzo a così tanta morte, la Terra si anima.


L'esperienza di seguire i progressi del petrolio attraverso l'ecosistema è una specie di corso intensivo in ecologia profonda. Ogni giorno impariamo di più come qualcosa che sembra essere una parte isolata nel mondo, si irradia in realtà in modi maggior parte di noi non avrebbero mai potuto immaginare. 
Un giorno sentiamo che il petrolio poteva arrivare a Cuba- dopo in Europa. Dopo abbiamo sentito che i pescatori sopra l’Atlantico, nell’isola Prince Edward, Canada, sono preoccupati perché i tonni di pinne blu che pescano di fronte alle loro coste nascono a mille di km in quelle acque del Golfo inquinate dal petrolio. E veniamo a sapere anche che, in quanto ad uccelli, le zone umide della costa del Golfo sono l’equivalente di un attivo centro di connessioni aeree- sembra che tutti abbiano una sosta: 110 specie di uccelli canori migratori e il 75% di tutti gli uccelli acquatici migratori degli Stati Uniti.

Una cosa è sentirsi dire da un teorico del caos incomprensibile che una farfalla che batte le ali in Brasile può scatenare un tornado in Texas. Un’altra è vedere come la teoria del caso si concretizza di fronte ai tuoi occhi. Carolyn Merchant descrive la lezione come segue: “Il problema, come la BP ha scoperto tragicamente e troppo tardi, è che la natura è una forza attiva che non si può limitare”. I risultati prevedibili sono poco usuali nei sistemi ecologici, mentre “gli eventi imprevedibili, caotici (sono) usuali”. E nel caso che ancora non l’avessimo capito, pochi giorni fa, un fulmine è caduto su una barca della BP come un punto esclamativo, obbligandola a sospendere i suoi sforzi di contenimento. E non c’è neanche bisogno di dire quello che un uragano farebbe con la minestra tossica della BP.

C'è, va sottolineato, qualcosa di unico su questo contorto percorso particolare per l'illuminazione. Dicono che gli statunitensi imparano dove ci sono i paesi esteri bombardandoli. Adesso sembra che tutti stiamo imparando sui sistemi circolatori della natura, avvelenandola.

Alla fine degli anni '90, un gruppo isolato indigeno in Colombia aveva fatto scalpore nel mondo, con un conflitto quasi "avataresco". Dalla loro remota casa nelle foreste andine nuvolose, gli U’wa hanno fatto sapere che sa la Occidental Petroleum realizzava piani per perforare la loro terra in cerca di petrolio, avrebbero commesso un suicidio rituale massivo saltando da un precipizio. I loro anziani hanno spiegato che il petrolio forma parte della ruiria, “il sangue della Madre Terra”. Credono che tutta la vita, la loro compresa, fluisce dalla ruiria, quindi estrarre petrolio porterebbe alla loro distruzione. (Oxy ha finito con l’allontanarsi dalla regione, dicendo che non c’era tanto petrolio come credeva).

Praticamente tutte le culture indigene hanno miti sugli dei e spiriti che vivono nel mondo naturale - in rocce, montagne, ghiacciai, foreste - come ha fatto la cultura europea prima della rivoluzione scientifica. Katja Neves, antropologo presso la Concordia University, sottolinea che la pratica serve a uno scopo pratico. Chiamare “sacra” la Terra è un altro modo di esprimere umiltà di fronte alle forze che non comprendiamo nella loro totalità- Quando una cosa è sacra essa richiede che si proceda con cautela. Anche con timore reverenziale.

Se finalmente impariamo questa lezione, le implicazioni possono essere profonde. L’appoggio pubblico per altre perforazioni in mare aperto diminuisce bruscamente, è sceso un 22% dal picco della frenesia del “Perfora ora”. Tuttavia, la questione non è scomparsa. E’ solo questione di tempo prima che il governo di Obama annunci che, grazie ad un’ingegnosa nuova tecnologia e strette regole, adesso è completamente sicuro di perforare il fondo dell’oceano, anche nell’Artico, dove una pulizia sotto il ghiaccio sarebbe infinitamente più complessa di quella che ha luogo nel Golfo. Ma forse questa volta non saremo così facilmente rassicurati, così pronti a giocare con i pochi paradisi ancora protetti.

Lo stesso vale per la Geoingegneria. Man mano che le negoziazioni per il cambiamento climatico continuano, dobbiamo essere preparati ad ascoltare di più il Dr Steven Koonin, sottosegretario di Obama di energia per la scienza.
Egli è uno dei principali sostenitori dell'idea che il cambiamento climatico può essere combattuta con trucchi tecnici rilasciando particelle di solfato di alluminio nell' atmosfera - e naturalmente è tutto perfettamente sicuro, proprio come Disneyland! Succede anche che è l’ex scienzito capo della BP, l’uomo che solo 15 mesi fa ancora visionava la tecnologia dopo la presunta sicura offensiva della BP nella perforazione in acque profonde. Forse questa volta opteremo per non permettere l’esperimento del buon dottore con la fisica e la chimica della Terra, e scegliere invece di ridurre il nostro consumo e passare alle energie rinnovabili che hanno la virtù del fatto che, quando falliscono, falliscono in piccole dimensioni.
Come ha descritto il comico statunitense Bill Maher: “Sapete cosa succede quando i mulini a vento cadono in mare? Un tonfo”. 

Il risultato più positivo possibile di questo disastro sarebbe non solo un'accelerazione delle fonti di energia rinnovabili come l'eolico, ma un supporto completo per il principio di precauzione nella scienza. Come opposto, il credo di “se lo sai non puoi fallire” di Hayward, il principio preventivo sostiene che “quando un’attività implica minacce di danni all' ambiente o alla salute umana” dobbiamo andarci piano, come se la falla fosse possibile, addirittura probabile. Forse potremmo anche ottenere una nuova targhetta per la scrivania di Hayward perché la contempli mentre firma assegni di compenso. “Agisci come se tu sapessi, ma non sai”.

Naomi Klein ha visitato la costa del Golfo insieme alla squadra di riprese di Fault Lines, un programma documentario presentato da Avi Lewis su Al-Jazeera English Television. L’hanno consultata per il film.

Fonte: http://www.guardian.co.uk/theguardian/2010/jun/19/naomi-klein-gulf-oil-spill 

Traduzione per Voci Dalla Strada di VANESA 

3 commenti:

  1. ...Non sonno avezzo a fare tanti commenti su cose di importanza vitale per l'umanità...! So che il mondo di oggi è mal guidato ed ancor peggio governato...! Non so e non posso chiudere il 'buco' in fondo al mare... ma so con la più ampia sicurezza possibile COME RACCOGLIERE FINO ALL'ULTIMA GOCCIA DI IDROCARBURO DISPERSO E GALLEGGIANTE...! So che questo scritto mi metterà in ridicolo e non servirà a nulla... ma ho sentito il dovere di farlo...!
    Ci vorranno anni... molti anni... e milioni di Euro o dollari per far tornate le acque 'pulite' e chiare...! Ci vorrà umiltà e tanta modestia da parte degli addetti ai lavori... Ci vorrà tanto spirito di collaborazione... ma alla fine vinceremo contro l'inquinamento da idrocarburi...! Le mie ricerche sono durate anni...! Le mie prove pratiche di raccolta hanno dato risultati indiscutibili sotto ogni profilo... ma sono troppo piccolo per parlare con i grandi...!
    Questo messaggio è indirizzato al signor Obama che tanto si sta dando da fare per la soluzione al problema, ma lui non è un tecnico, e i suoi consiglieri non hanno le soluzioni che a lui servono...!
    Auguri a tutti... e che Dio ci protegga...!
    Filippo Bonifacio - Torino -
    Tel. 339+710.18.23
    Mail: bonifacio.filippo@fastwebnet.it

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  2. "so con la più ampia sicurezza possibile COME RACCOGLIERE FINO ALL'ULTIMA GOCCIA DI IDROCARBURO DISPERSO E GALLEGGIANTE...!"
    ????
    credo che il rendere pubblico e fruibile questo metodo sia necessario.
    Ho provato a cercare su internet il nome di filippo bonifacio, ma a parte continui commenti a qualsiasi cosa, non ho trovato l'ombra di un metodo così miracoloso. Spero di aver sbagliato la mia ricerca ma se davvero conosci il metodo ti prego, rimargina la ferita e "diffondilo!"

    RispondiElimina
  3. Carissimo 'anonimo' del 29.06.2010.
    Ribadisco che SO COME RACCOGLIERE SINO ALL'ULTIMA GOCCIA DI IDROCARBURO GALLEGGIANTE... ma ripeto che se ne parlassi per 'diffonderlo', come tu suggerisci, faremmo solo un altro... 'buco nell'acqua'...!
    I 'Potenti' sono capaci di tutto pur di ottenere quello che vogliono...!
    Del petrolio in acqua e di altre scempiaggini commesse o ancora da commettere... non glie ne frega un bel niente...! Vedi, caro anonimo, tu sei l'unico che ha visto il mio commento e mi chiedi perchè non lo diffondo. La risposta è semplice:
    nessuno lo prenderebbe sul serio!
    Le cose 'serie' sono quelle che escono dalle Università o dalle SPA collegate alla politica...
    Il mio sistema non esce da tali siti... ma da un modesto locale (o laboratorio...) dove si ricerca per passione... per il piacere della vittoria dell'uomo sugli eventi disastrosi...! Ho dedicato dieci anni della mia vita per una 'vittoria' che morrà con me...!
    Ora ho 72 anni... e sono stanco di un mondo che va alla deriva ridendo e giocando...!
    Avrei ancora altro da dire... ma non intendo annoiare oltre...
    Ciao. Filippo Bonifacio.

    RispondiElimina

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