Riceviamo e pubblichiamo un contributo di riflessione sull'alternanza scuola-lavoro da parte di un compagno che preferisce restare anonimo.
"Torniamo a educare i figli", recita il mantra degli adulti consapevoli. La nuova (vecchia) parola d'ordine dei genitori e degli insegnanti che hanno ancora un briciolo di sale in zucca, quelli che hanno resistito alla valanga di YouTube, Instagram e Spotify… è l'esercito dei padri che non prendono in mano il joystick della PS4, delle madri che non gareggiano con le figlie nell'indossare un abbigliamento giovanile e che non si sforzano di resistere al proprio inevitabile invecchiamento…
Ragazzini fuori controllo, irrispettosi, privi di profondità, incapaci di riflettere, persi nello scintillante mondo dell'iPhone. Preferiscono stare davanti a uno schermo piuttosto che andare a correre, chattare più che parlare davvero. Il mondo adulto disorientato e in preda al panico cerca risposte…
...ovviamente auguro Buon Natale con un'immagine che è simbolica... Il muro simbolo dell'oppressione israeliana sul popolo palestinese, rappresenta anche i tanti muri edificati dai media quando non parlano, o peggio ancora distorcono la verità sui tanti popoli oppressi come quello Mapuche, Rohingya, ecc., oppure le tantissime minoranze emarginate e dimenticate in tutto il mondo, vittime delle multinazionali, guerre, governi corrotti, capitalismo, globalizzazione... o semplicemente della nostra indifferenza...
In terra d'Africa non soffia buon vento. È recente la notizia della dichiarazione dei principali capi di governo europei, a margine del G5 Sahel, riunitosi nel castello di La Celle Saint-Cloud, vicino Parigi. Il G5 Sahel vede periodicamente riuniti i governi di cinque paesi dell'omonima regione, cioè di Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger. Nella conferenza stampa seguita all'incontro, i leader europei hanno annunciato la partecipazione dei rispettivi paesi a una forza congiunta dei 5 paesi, creata ufficialmente per il contrasto al terrorismo.
Le dichiarazioni dei leader europei
Fra le dichiarazioni spicca quella del Primo Ministro italiano Paolo Gentiloni, che annuncia che il Governo «si impegnerà seriamente, dopo l'approvazione in Parlamento, per l'addestramento di forze che possano contribuire alla stabilità e alla lotta contro il terrorismo nel Sahel. Partiremo con un'operazione bilaterale con il Niger che naturalmente ha un interesse specifico anche per quanto riguarda i flussi migratori dalla Libia». La cancelliera tedesca, Angela Merkel, definisce l'intervento "urgente":
«Non possiamo permetterci di aspettare, il terrorismo islamico si propaga rapidamente».
204 bombe atomiche contro le 66 principali città - L'attacco nucleare degli USA contro l'URSS pianificato durante la seconda guerra mondiale - Quando America e Unione Sovietica erano alleate
Secondo un documento segreto datato 15 settembre 1945, "il Pentagono aveva previsto di far saltare l'Unione Sovietica con un attacco nucleare coordinato diretto contro le principali aree urbane. Tutte le maggiori città dell'URSS erano incluse nella lista dei 66 bersagli "strategici". La tavola sottostante classifica ogni città in termini di area in miglia quadrate e il corrispondente numero di bombe atomiche necessarie ad annichilire ed uccidere gli abitanti di selezionate aree urbane. (www.businessinsider.com/the-pentagon-estimated-204-atomic-bombs-could-destroy-the-soviets-2014-10)
Prima pubblicazione 4 novembre 2017, revisioni al testo inglese 10 dicembre 2017 Sei bombe atomiche dovevano essere utilizzate per distruggere ognuna delle più grosse città, incluse Mosca, Leningrado, Tashkent, Kiev, Kharkov, Odessa.
La Commissione Federale sulla Comunicazioni (FCC) [statunitense] ha votato per revocare la neutralità della rete, nonostante un prevalente sostegno del pubblico alla disciplina che prescrive che i fornitori di servizi internet come Verizon e Comcast distribuiscano l’accesso alla rete equamente e in modo uguale a tutti, indipendentemente da quanto pagano o da dove si trovino. Nonostante richieste dell’ultimo minuto di rimandare il voto del 14 dicembre da parte di alcuni membri repubblicani del Congresso la votazione ha avuto luogo come previsto grazie al sostegno di una lista molto più lunga di Repubblicani a favore della revoca e che avevano sollecitato che la votazione si tenesse senza ritardi. Come era previsto largamente da mesi il voto è stato diviso su tre contro due secondo le linee di partito, con il presidente della FCC Ajit Pai e gli altri membri Repubblicani Michael O’Rielly e Brendan Carr che hanno votato per la revoca e i membri della commissione Democratici Mignon Clyburn e Jessica Rosenworcel che hanno votato per proteggere la disciplina.
Ajit Pai, l’ex legale di Verizon che è presidente della FCC, si è spinto troppo in là giovedì scorso nel minare internet quando ha guidato lo smantellamento delle norme sulla neutralità della rete. In conseguenza ha fornito l’energia necessaria per proteggere i diritti relativi alla rete. E’ tempo di mosse da judo, dove l’energia creata dall’esagerazione della FCC è trasformata in un’energia non solo per invertire la decisione della FCC ma anche per creare l’internet di cui abbiamo bisogno nel ventunesimo secolo.
Nel corso degli ultimissimi mesi sono emersi un’epica mobilitazione di massa a sostegno della neutralità della rete e un consenso nazionale con un sondaggio dell’Università del Maryland che ha rilevato l’83 per cento di sostegno a che internet sia aperta e uguale per tutti. C’è stato un numero record di commenti alla FCC su questo tema nel corso dell’estate. Più di 1,2 milioni di chiamate e 12,5 milioni di email sono state dirette al Congresso attraverso il sito della coalizione Battle for the Net e il 7 dicembre sono state tenute più di 700 proteste in tutto il paese a difesa della neutralità della rete. Internet è importante per tutti noi e i politici che non si schierano con la gente pagheranno un pesante prezzo politico.
Gli effetti delle radiazioni del triplo crollo della centrale nucleare di Fukushima Daiichi si fanno sentire in tutto il mondo. Sia che intacchino la vita marina che gli esseri umani, si accumulano nel tempo. L’impatto si sta lentamente attenuando solo per mostrare i suoi veri colori in una data futura imprevedibile. È così che funzionano le radiazioni, lente ma sicuramente distruttive; serve tempo per identificarne i rischi, nel senso che una fusione nucleare ha l’impatto, per decenni, di 1.000 incidenti industriali regolari, forse di più. Di Robert Hunziker Counterpunch Sono passati sei anni da quando il triplo crollo totale si verificò a Fukushima Daichii l’11 marzo 2011, al giorno d’oggi soprannominato “311”. Col passare del tempo, è facile per il mondo in generale perdere la cognizione delle gravi implicazioni del più grande disastro industriale del mondo; fuori dal campo visivo funziona così. Secondo le stime del governo giapponese e della TEPCO (Tokyo Electric Power Company), lo smantellamento andrà effettuato di decennio in decennio – molto probabilmente quattro decenni – con un costo fino a 21 trilioni di ¥ (189 miliardi di dollari). Tuttavia, questa è la parte più semplice da comprendere sulla storia del disastro nucleare di Fukushima.
OVERCAST è un documentario innovativo su un fenomeno che molti di noi riterrebbero normale: le scie degli aerei che si allargano fino a diventare nuvole, coprendo il cielo e bloccando l’irradiazione solare. Per alcune persone tuttavia, queste scie costituiscono il più grande crimine ambientale nella storia dell’umanità.
Keep Talking Greece pubblica la lettera di un bambino greco di una scuola elementare di Patrasso, nella quale chiede a Babbo Natale molto cibo. La lettera è stata rilanciata via Facebook da un’organizzazione umanitaria, scatenando una gara di solidarietà. Ma la triste situazione, come ricordano i volontari, è che quella lettera rappresenta la situazione di oltre un terzo dei bambini in Grecia, un paese in cui la fame è tornata a essere un pericolo concreto. (N.d.T.)
Tutti i bambini a cui è stato chiesto di scrivere una letterina per Babbo Natale hanno chiesto probabilmente la cosa più ovvia: i giocattoli. Ad eccezione di un bambino, Alexis, di 8 anni. "Caro Babbo Natale, sono Alexis e sto facendo la quarta elementare. Sono stato un bambino bravo. Quest’anno vorrei che mi portassi molto cibo, così la mia mamma non dovrà più piangere. Non ha il lavoro. Se non puoi, vorrei che portassi un giocattolo a mio fratello che sta male. Ti voglio tanto bene“, ha scritto il ragazzino.
La Terra non può soddisfare il nostro bisogno e l'avidità di cibo. Dobbiamo cambiare la nostra dieta prima che sia troppo tardi
La Brexit, l’annientamento della democrazia da parte dei miliardari; il successivo crollo finanziario, un presidente canaglia negli Stati Uniti: nulla di tutto questo mi tiene sveglio di notte, e non perché non mi importi; mi importa moltissimo. E’ soltanto perché ho una domanda più grossa in mente. Da dove arriverà il cibo?
A metà secolo ci saranno altri due o tre miliardi di persone sulla terra. Ognuno dei problemi che sto per elencare potrebbe contribuire ad accelerare l’inedia di massa. E questo prima di considerare come potrebbero interagire.
Il problema comincia dove comincia ogni cosa: con il suolo. La famosa proiezione dell’ONU che, con gli attuali tassi di perdita del suolo al mondo rimangono 60 anni di raccolti sembra che sia appoggiata da un nuovo insieme di cifre. In parte come conseguenza del degrado del suolo, i raccolti stanno già diminuendo sul 20% dei terreni coltivabili del mondo.
Nel sistema educativo sembra non esserci più cittadinanza per la pace. Quella vera, disarmata e giusta. Nessuna intenzione di riflettere sul ruolo della Sicilia negli scenari di guerra planetari, sull’iperdronizzazione di Sigonella o sul MUOStro di Niscemi. Da Messina a Trapani, Catania o Comiso, “militari Usa brava gente”. E l’inno dei sommergibilisti prende piede. Sembrava avessimo chiuso con la retorica colonial-fascista-razzista e subito ci si imbarca nel sommergibile, pattugliatore o nave o velivolo da guerra con istruttori del 60° Stormo. Non mancano esercitazioni e addestramenti. Si osservano i droni militari. Torna prepotente il mito del supereroe combattente. Musica e propaganda bellica, scuola e forze armate: binomi utili e perfetti da replicare ovunque con la compiacenza di generali e ammiragli, presidi e docenti. Si aspettano tempi migliori per l’educazione alla pace.
10 giugno 2017, base militare della Marina militare di Terravecchia, Augusta, sede del Comando Marittimo Sicilia. Nel salone-teatro si esibiscono, uno dopo l’altro, i cori degli istituti scolastici di una delle cittadine più militarizzate d’Italia.
Una storia dell’occupazione israeliana in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza analizza quali meccanismi militari vengono usati per controllare le vite dei palestinesi.
La guerra dei Sei Giorni del 1967 tra Israele e gli eserciti arabi ha portato all’occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.
Israele ha spacciato la storia di questa guerra come se fosse stata accidentale. Ma nuovi documenti storici e verbali d’archivio dimostrano che Israele l’aspettava da tempo.
Nel 1963 elementi dell’amministrazione militare, legale e civile israeliana frequentarono un corso presso l’università ebraica di Gerusalemme per stendere un piano complessivo per gestire i territori che Israele avrebbe occupato quattro anni dopo e per controllare un milione e mezzo di palestinesi che ci vivevano.
La ragione stava nella fallimentare gestione israeliana dei palestinesi a Gaza durante la breve occupazione nel periodo della crisi di Suez del 1956 [in cui l’esercito israeliano, affiancando inglesi e francesi, combatté contro l’Egitto di Nasser, che aveva nazionalizzato il canale, ndt.].
Per circa due decenni gli USA hanno tenuto una lista di nazioni nemiche da affrontare, attaccare, indebolire e rovesciare. Lo sforzo imperialista di rovesciare i paesi nemici è stata operativa a diversi livelli di intensità, in dipendenza da due considerazioni: il livello di priorità e il grado di vulnerabilità per un'operazione di "cambio di regime".I criteri per qualificare un "paese nemico" e la sua posizione nella lista degli obiettivi prioritari nell'impegno degli USA per un maggior dominio globale, così come la sua vulnerabilità ad una vittoriosa operazione di cambio di regime saranno l'argomento di questo saggio. Concluderemo discutendo le prospettive realistiche per le future opzioni imperialiste.
La priorità dei nemici degli USA
Gli strateghi dell'imperialismo considerano criteri politici, economici e militari nell'identificare i nemici ad alta priorità. I paesi che seguono sono a priorità alta nella lista dei nemici:
I governanti europei - dalla rappresentante esteri dell'Unione europea Federica Mogherini, al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, dal presidente francese Macron alla cancelliera Merkel - hanno preso formalmente le distanze dagli Stati uniti e da Israele sullo status di Gerusalemme. Si sta creando una frattura tra gli alleati? I fatti mostrano il contrario.
Poco prima della decisione di Trump su Gerusalemme capitale di Israele, quando già essa era preannunciata, si è svolta la Blue Flag 2017, la più grande esercitazione internazionale di guerra aerea nella storia di Israele. Alla quale hanno partecipato Stati uniti, Italia, Grecia e Polonia e, per la prima volta alla terza edizione, Francia, Germania e India.
In un recente articolo sul suo blog, Paul Craig Roberts torna a parlare dell’America e del progetto del Deep State, il complesso militare e della sicurezza, di riedificare una nuova, irresponsabile e pericolosissima Guerra Fredda con la Russia, che potrebbe terminare in una guerra nucleare. Tutto questo con il consapevole appoggio dei media prezzolati e col presidente Trump che, sotto scacco per la montatura del Russiagate, si è rimangiato tutte le sue promesse elettorali di normalizzare i rapporti con la Russia e si è ridotto ad un burattino, utile esempio per i futuri candidati alla presidenza, perchè capiscano chi controlla veramente Washington, ed evitino di appellarsi al popolo. L’ostilità orchestrata verso Russia, Cina, Iran e Corea del Nord protegge il budget annuale di 1.000 miliardi di dollari del complesso militare/della sicurezza, convincendo l’opinione pubblica americana che gli Stati Uniti sono minacciati da nemici. Mantiene anche vive le speranze del Partito Democratico che Trump possa essere rimosso dal suo incarico, e ha impedito al presidente Trump di normalizzare le relazioni con la Russia.
Nino Galloni, economista, per molti anni direttore generale del Ministero del Lavoro, torna nuovamente su Byoblu.com, nel servizio di Eugenio Miccoli.
Nino, secondo Roberto Napoletano, ex direttore del Messaggero e del Sole 24 Ore: “La Francia ha un disegno di conquista strategico e militare sull’Italia: indebolirne le banche, prenderne i gioielli, conquistare il Nord e ridurre il sud a una grande tendopoli“. (Corriere della Sera, 4.12.2017 p.10). Cosa ne pensi?
Dovete ricordarvi che establishment è soltanto un nome che definisce il male. Al mostro non importa se uccide tutti gli studenti o se c’è una rivoluzione. Non pensa inseguendo una logica, è fuori controllo. – John Lennon (1969) La resistenza militante non violenta funziona. Le proteste pacifiche, prolungate funzionano. I movimenti di massa con un enorme numero di partecipanti funzionano. Sì, America, è possibile usare le occupazioni e la disobbedienza civile per opporsi alle politiche governative e causare un cambiamento al di fuori dei confini dell’urna elettorale. E’ stato fatto prima. Può essere fatto di nuovo. Per esempio, nel maggio del 1932, più di 43.000 persone, dette Bonus Army, cioè i reduci della I Guerra mondiale e le loro famiglie, dimostrarono a Washington. Disoccupati, indigenti e con famiglie a cui dar da mangiare, più di 10.000 reduci hanno preparato delle tendopoli nella capitale della nazione, rifiutandosi di andarsene fino a quando il governo non accettava di pagare loro i titoli di stato gratuiti come ricompensa per i loro servizi.
L’eliminazione definitiva dell’Isis in Iraq ed in Siria è vicina, ma, benché possa essere la sconfitta di questi mostruosi movimenti, è stata raggiunta solo a costo di grandi distruzioni e perdite di vite umane. Questa è la nuova faccia della guerra che i governi cercano di nascondere: un numero limitato di truppe da combattimento a terra chiama devastanti attacchi aerei compiuti dagli aeroplani, dai missili e dai droni, siano essi americani o russi, per spianare la strada alla loro avanzata. Di Patrick Cockburn I governi fingono che le guerre aeree oggi siano molto diverse dal Vietnam mezzo secolo fa quando le città erano notoriamente “distrutte per poter essere salvate”. In questi giorni le forze aeree – siano gli americani in Iraq, i russi in Siria od i sauditi in Yemen – affermano che queste distruzioni di massa non avvengono più grazie alla maggiore precisione delle loro armi: usando un singolo cecchino, una stanza in una casa può presumibilmente essere colpita senza danneggiare una famiglia che si accovaccia terrorizzata nella stanza accanto.
La vendita di armi di alta precisione molto costose a paesi come l’Arabia Saudita è persino giustificata come misura umanitaria volta a ridurre le vittime civili.
Abbiamo parlato con Antom Santos, un militante nei movimenti popolari ed ex prigioniero galiziano indipendentista.
Antom Santos
Tra novembre e dicembre del 2011, un'operazione di polizia condotta in Galizia si è conclusa con diversi attivisti indipendentisti imprigionati e accusati di appartenenza alla Resistenza Galiziana.Tra i detenuti c'era Antom Santos, con il quale abbiamo parlato dell'esistenza di prigionieri politici in Spagna, del processo di indipendenza che vive la Catalogna, dell'irruzione di Podemos nella sinistra e del progetto dell'indipendentismo galiziano.In un contesto in cui si inizia a mettere in discussione la repressione politica nello Stato spagnolo, abbiamo ritenuto necessario ascoltare la voce di un militante indipendentista, che ha trascorso cinque anni della sua vita in prigione a causa del suo progetto per la Galiza. Ci sono prigionieri politici nello Stato spagnolo? Si, ci sono prigionieri politici nello Stato spagnolo.Ci sono stati durante tutto il franchismo, ci sono stati durante la Transizione o la riforma politica e quella realtà arriva fino ai nostri giorni.
Matteuccio nostro lo ha impostato come slogan della nuova Leopolda. «Termineremo la giornata lottando contro le fake news. Il New York Times ha pubblicato un pezzo su quello che sta avvenendo in Italia: sono state oscurate pagine con sette milioni di like che spargono veleno e falsità contro di noi».
In realtà un’accozzaglia elettoralmente utile di siti e profili che avrebbero sparso notizie e immagini false sul Pd. L’articolo, naturalmente non è solo farina del sacco del NYT, ma è stato suggerito da un fantomatico «Rapporto», redatto indovinate da chi? Ma da Andrea Stroppa, fondatore di Ghost Data e consigliere di Renzi per la Cybersicurezza.