Doveva testimoniare, Mario Draghi, nel corso delle udienze al processo di Trani contro “Standard & Poor’s“. Era stato citato dal PM Michele Ruggiero, ma non verrà. Già, perché – ha detto – “è un momento delicato per l’economia mondiale” e “teme clamori mediatici“. Un altro modo per dire chepiù sali in alto, più sei intoccabile. E’ vero che l’imputato non era lui, ma l’agenzia di rating che il 21 maggio 2011 preannunciava in un report l’instabilità dell’Italia e che nel gennaio 2012 la declassava da A a BBB+, però nel corso di un’audizioneun teste viene interrogatoe potrebbe correre il rischio di rispondere a domande scomode, che poi verrebbero riprese dai giornali e – guarda un po’ – finirebbero in pasto all’opinione pubblica. Che non deve sapere, mi raccomando! Così bisognerà accontentarsi delle dichiarazioni che già aveva reso quando venne sentito, quattro anni fa a Roma, dal pm Michele Ruggiero e dalla Guardia di finanza di Bari in merito al pericolo di un contagio greco per il sistema finanziario italiano. Per l’occasione, aveva dichiarato che il sistema nazionale era solido (e quindi, perché declassarlo?).
Che cosa potrà pensare un Candido (*) scarsamente informato sulla situazione politica portoghese delle dichiarazioni diffuse dall’oligarchia mediatica europea e dei suoi grandi titoli sui risultati delle ultime elezioni politiche in Portogallo? Cominciamo con un breve florilegio.
Il presidente della Commissione Europea - Jean-Claude Juncker – peraltro esperto di evasione fiscale, si è felicitato con Pedro Passos Coelho “per la vittoria della coalizione portata avanti dal partito del primo ministro ”. E il portavoce della Commissione Europea ha rilanciato:
“I risultati di questo scrutinio confermano l’auspicio della maggioranza dei portoghesi di voler proseguire il cammino delle riforme ” (tradotto : il proseguimento della politica d’auterità).
L’inenarrabile ministro tedesco delle Finanze - Wolfgang Schäuble – afferma di vedere dei "segnali incoraggianti" nell’esito delle urne.
Questo messaggio, scritto a Cuba nel 1966, mentre il Che si stava preparando per andare a combattere in Bolivia, è stato pubblicato il 16 Aprile 1967 come supplemento speciale alla rivista Tricontinental, organo del segretariato esecutivo dell' OSPAAAL (Organizzazione di Solidarietà con i popoli dell'Africa, Asia e America Latina), a L'Avana, mentre Ernesto Che Guevara era già in Bolivia, dove organizzava la guerriglia e dove fu assassinato il 9 Ottobre 1967. Sono passati ventun anni dalla fine dell'ultima guerra mondiale e molte pubblicazioni, in lingue diverse, celebrano l'avvenimento, di cui è simbolo la sconfitta del Giappone. Un clima di apparente ottimismo regna in molti settori degli avversi campi in cui è diviso il mondo.
Ventun anni senza guerre mondiali, in questo tempo di grandi contrapposizioni, di scontri violenti e di trasformazioni repentine, sembrano molti. Ma, senza analizzare i risultati pratici (miseria, degradazione, sfruttamento sempre più intenso di enormi settori del mondo), di questa pace per la quale tutti noi ci dichiariamo disposti a lottare, bisogna chiedersi se essa è reale.
Un SU-30 entra di qualche centinaio di metri nello spazio aereo turco per solo un paio di minuti, sopra la provincia di Hatay, e ritorna nello spazio aereo siriano, dopo essere stato avvertito da un paio di F-16 turchi.Poi si scatena l’inferno, come se questo fosse il casus belli definitivo per uno scontro Russia-NATO. La NATO, prevedibilmente, ha tirato fuori tutte le sue armi retoriche. La Russia sta scatenando “immenso pericolo” e dovrebbe immediatamente smettere di bombardare quegli adorabili “ribelli moderati” che la coalizione dei loschi opportunisti si rifiuta di bombardare.
Le armi israeliane alimentano le atrocità nel Sud Sudan, secondo un rapporto delle Nazioni Unite che getta una nuova luce sul commercio segreto di armi degli israeliani in Africa.
Redatto da un team di investigatori che lavorano per il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, il rapporto presenta prove fotografiche di fucili automatici prodotti dalle Industrie Militari Israeliane (IMI) rinvenuti negli arsenali dell'esercito e della polizia del Sud Sudan. Conosciuti con il nome di Galil ACE, i fucili sono utilizzati in particolare dalle guardie del corpo dei politici di alto rango e degli ufficiali superiori dell'esercito.
Il Sud Sudan ha ottenuto l'indipendenza nel 2011 dopo una guerra civile durata decenni. Dal giorno della sua nascita, personaggi dell'industria israeliana degli armamenti si sono precipitati a difendere e promuovere i loro interessi presso questo nuovo alleato e per contrastare l'influenza dell'Iran nel Sudan.
Dopo la secessione del 2011, il Sud Sudan si è diviso in fazioni politiche opposte.
L’intolleranza al glutine e la Celiachia stanno crescendo in maniera esponenziale in Europa, negli USA e nel resto del mondo tanto da essere in forma epidemica e si stima che il 5% della popolazione Europea e Statunitense siano affette da questa patologia.
Uno studio pubblicato sulla rivista Interdisciplinary Toxicology (1) mette in discussione l’origine delle malattia che viene definita secondo la medicina ufficiale una malattia autoimmune, i cui effetti sono collegati al consumo di alimenti contenenti glutine una proteina presente nei cereali come frumento, orzo , segale e avena. Lo studio sostiene che un maggior uso del diserbante a base di glifosate, conosciuto principalmente con il nome commerciale di Roundup, nella coltivazione dei cereali e non solo, potrebbe essere la causa della crescita dei casi di celiachia, intolleranza al glutine, come mostra questo grafico riportato nell’articolo, ma anche della sindrome dell'intestino irritabile.
Le bombe in Siria e le bombe in Afghanistan, la lettura occidentale e quella russa, tra ipocrisia e ironia. Mainstream in piena confusione...
Prendi, ad esempio, il Pompiere della Sera. Stamani il suo titolo principale, quattro colonne a centro pagina, è dedicato al "Teologo Gay, caso mondiale". Ah, dunque sarebbe questo il "caso mondiale"?
La "Strage nell'ospedale attaccato dagli aerei USA" è due colonne di spalla, con un articolo di Venturini ("La sindrome del Vietnam") che va a pescare farfalle.
E infine l'editoriale di apertura, del solito Panebianco, intitolato, strabiliantemente: "Difendere Israele sarà reato?" Ipotesi del tutto impossibile, nei secoli dei secoli, essendo vero proprio il contrario: che chi critica Israele è immediatamente definito antisemita. E, nel caso dell'Olocausto, chi si permette di dire che Netanyhau lo usa come arma contundente corre il serio rischio di essere subito definito "negazionista", con tutti i rischi annessi e connessi.
E la Siria? Sparita dalla prima pagina. Non arrivano istruzioni chiare da Washington. Hic sunt leones.
Sua eccellenza Signor Presidente, Sua eccellenza Vice Segretario, Distinti Capi di Stato e di Governo, Signore e Signori,
il settantesimo anniversario delle Nazioni Unite è una buona occasione per fare il punto della situazione sul passato e parlare del nostro comune futuro.
Yanis "Allstar" Varoufakis ha pubblicato un articolo sul Frankfurter Allgemeine Zeitung, l'organo centrale del PPT (Partito dei padroni tedeschi) un articolo che ci lascia sbalorditi, a cui si ritiene necessario rispondere.
Come Kador, il cane dei Bidochon, Varouf è dunque un lettore di Kant. Questo lo sapevamo dallo scorso febbraio, quando, appena nominato ministro delle Finanze, una volta aveva citato il filosofo di Königsberg, ma con una buona dose di ironia. Questa volta, tutta l'ironia è scomparsa. Nel suo articolo, da leggere come un omelia dominicale - pubblicato nell'edizione di domenica di FAZ - Varouf si lascia andare a una inverosimile lucidatura di scarpe berlinesi. Ai nostri lettori, essendo in genere gente di corsa e indaffarata, offriamo una sintesi del messaggio kantiano di Varouf, seguito da un breve commento. I lettori che hanno il desiderio e tempo possono leggere l'intero articolo, pubblicato in inglese, tedesco, italiano, portoghese e francese.
Innanzitutto una premessa: non abbiamo aspettato che il Magnifico Yanis diventasse famoso nel mondo, dopo la sua nomina a ministro da Tsipras lo scorso febbraio, per pubblicare e tradurre suoi articoli. Lo abbiamo pubblicato da settembre 2012; e da allora, Tlaxcala ha pubblicato non meno di 134 testi di Varoufakis in varie lingue. Ci si può accusare di tutto, ma non di essere i suoi nemici. Ma quando è troppo è troppo. Andiamo avanti.
A pensarci bene, questa Europa costituisce il compimento del post-moderno in ambito politico-istituzionale ed economico. Letteralmente, di ciò che “viene dopo”. Ma “dopo” che cosa?Non c’è dubbio: “dopo” la stagione in cui lo Stato ha tentato di “contenere” e governare il capitalismo, di addomesticarne le crisi ed influenzarne le scelte, mediante la “politica economica”, la programmazione, l’intervento pubblico in economia. D’altro canto, per tutto il secolo XIX e parte degli anni venti, per dirla con James K. Galbraith, «il grande problema del capitalismo era stato la crescente gravità dei cicli economici, tra rapide espansioni e dure recessioni»[1], alle quali, salvando il capitalismo stesso, si era reagito, per l’appunto, con l’interventismo pubblico ed il welfare state. In ambito teorico, parliamo, più semplicemente, del salto di qualità dall’analisi di ciò che è (economia politica) all’elaborazione di ciò che deve essere (politica economica)[2].
Nonostante i mezzi di comunicazione borghesi abbiano riservato poco spazio alla notizia, gravi eventi stanno sconvolgendo in questi giorni il Burkina Faso, dove mercoledì scorso si è materializzato un Colpo di Stato ad opera dei militari della Guardia Presidenziale guidati da Gilbert Diendéré, legati al dittatore Blaise Campaoré destituito dopo 27 anni in seguito alla sollevazione popolare del 30 e 31 ottobre 2014 (1) da cui si avviò un “periodo di transizione” verso le elezioni previste per il prossimo 11 ottobre.
Gli interessi imperialisti nel paese sub-sahariano e la presunta “transizione democratica”
Il Burkina Faso è situato in Africa Occidentale a nord della Costa d’Avorio. Ha una popolazione di circa 18 milioni di abitanti, ma nonostante sia uno dei principali produttori di oro a livello mondiale e possegga grandi risorse minerarie ha un Pil pro-capite pari a 1.500 dollari, il che lo rende uno fra i paesi più poveri del mondo, con un’aspettativa di vita media di circa 50 anni e un’età media della popolazione di poco inferiore a 17, oltre ad essere tra i primi paesi al mondo per mortalità infantile (2).
Viene posta la parola “fine” a una vicenda piuttosto grottesca ma che ha tutti i caratteri della connotazione politica nella lotta contro il movimento No Tav. I “presidi” No Tav sono luoghi di comunicazione, condivisione e informazione che il movimento ha messo in opera sul territorio. Le strutture sono piuttosto semplici e artigianali. Consentono di tenere alta l’attenzione sull’attività che il governo – locale e nazionale – compie senza informare i cittadini, in particolare per quanto riguarda l’Alta Velocità.
I presidi sono stati sovente oggetto di devastazioni da parte di “ignoti” sino ai casi di incendio doloso per scoraggiare, con un metodo chiaramente mafioso, il movimento No Tav che contrasta la devastazione della Valle da parte dei cantieri e dei progetti della Tav. Il movimento non ha mai ceduto di fronte a simili minacce, nemmeno si è piegato al ricatto dei rimborsi per presunti “danni” materiali richiesti dalle aziende concessionarie dell’opera. I presidi sono sempre risorti con grandi azioni di volontariato.
«Storica» visita del segretario generale della Nato Stoltenberg, il 21/22 settembre, in Ucraina, dove partecipa (per la prima volta nella storia delle relazioni bilaterali) al Consiglio di sicurezza nazionale, firma un accordo per l'apertura di un'ambasciata della Nato a Kiev, tiene due conferenze stampa col presidente Poroshenko. Un decisivo passo avanti nell'integrazione dell'Ucraina nell'Alleanza. Iniziata nel 1991 quando, appena divenuta Stato indipendente in seguito alla disgregazione dell'Urss, l'Ucraina entra nel «Consiglio di cooperazione nordatlantica» e, nel 1994, nella «Partnership per la pace».
Nel 1999, mentre la Nato demolisce con la guerra la Jugoslavia e ingloba i primi paesi dell'ex Patto di Varsavia (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria), viene aperto a Kiev l'«Ufficio di collegamento Nato» e formato un battaglione polacco-ucraino per l'operazione Nato di «peacekeeping» in Kosovo.
L'ex-ministro delle finanze greco Varoufakis ha risposto oggi con un "messaggio" a Matteo Renzi, dopo che il nostro premier aveva parlato di lui come di un "ostacolo" dal quale ci siamo liberati (lett: "Se lo semo tolti...").
Il primo ministro italiano M. Renzi (qui il suo discorso) si è rallegrato per essersi "liberato di me", citando la mia "rimozione" dalla scena come un segnale che gli "apostati" (ovvero coloro che dividono il proprio partito) alla fine vengono scacciati. Il suo è un inganno illusorio. Lo scorso luglio "loro" si sono liberati di qualcosa molto più importante di me. Ecco il mio messaggio al primo ministro italiano.
Il signor Renzi mi dipinge come un'apostata che ha abbandonato Syriza e che ora brancola nella foresta politica. A differenza di molti miei compagni, io sono rimasto fedele alla piattaforma di Syriza, che ci ha eletto il 25 gennaio come un partito unito che ha portato speranza per i greci e per i popoli europei. Speranza di che cosa? Speranza di mettere fine una volta per tutte alla spirale infinita dei prestiti di salvataggio, che condannavano la Grecia ad una depressione permanente e che preannunciavano politiche fallimentari per il resto dell'Europa.
Il motivo per cui la maggioranza (relativa) dei cittadini greci ha dato nuovamente il voto a un partito che l’aveva appena tradita rimane un mistero. O forse no: a ben ragionare conferma tutti i dubbi (di chi ne aveva) riguardo la bontà delle cosiddette "democrazie mature" o, ancora più specificatamente, delle reali capacità delle maggioranze di scegliere per il meglio. Un fenomeno che dalle nostre parti conosciamo da numerosi decenni...
Resta il fatto che ci rimane difficile immaginare - o forse anche solo concepire - il singolo soggetto, il singolo cittadino greco, che non più di solo qualche mese addietro concedeva la preferenza a Tsipras e a Syriza sposando lo slogan "fuori la Troika dalla Grecia" e che oggi torna a votare lo stesso uomo e lo stesso partito che alla Troika hanno concesso ancora maggiore cittadinanza, e ancora più reale potere esecutivo, sulle macerie del disastro che conosciamo tutti.
Insomma con la nuova schiacciante vittoria di Syriza, alla terza tornata elettorale greca in soli nove mesi, vince lo stesso partito pur presentando un programma (e avendo già offerto esempi eclatanti) in direzione diametralmente opposta alla prima affermazione elettorale. Come dire: o l’elettore tipo aveva sbagliato prima, oppure adesso o, ancora, il programma con il quale si presenta un partito alle elezioni alla fine del conti è del tutto irrilevante.
Questo autunno potrebbe accadere di vedere in Portogallo, Spagna e Italia un aumento di potere delle coalizioni anti-austerità, mentre in Francia il Fronte Nazionale di Marine le Pen spinge per la totale uscita dall'eurozona. Questi paesi devono affrontare un problema comune: come resistere alla devastazione economica che la BCE, il Consiglio Europeo e il FMI (la “troika”) hanno inflitto alla Grecia e che adesso intendono estendere all'Europa meridionale.
Per resistere alla depressione, l'indebitamento e all'inflazione che la troika intende aggravare, bisogna tenere a mente le dinamiche che rendono il FMI non suscettibile di riforma. Il ruolo distruttivo che ha giocato in Grecia costituisce una chiara lezione per i paesi dell'Europa meridionale relativa a come essi debbano rifuggire dal FMI e dalla sua orda di ideologi. Esattamente allo stesso modo in cui i paesi del terzo mondo hanno imparato ad evitarlo nel maggio 2013, l'anno in cui la Turchia ha dato il tocco finale alla liberazione del mondo dai “consigli” del FMI.
Quali lezioni si possono trarre dall'esperienza greca degli ultimi otto anni?* Sottopongo alla riflessione e al dibattito qualche (ipo)tesi che questa esperienza mi suggerisce:
1. La zona euro è una gabbia di ferro. Non si democratizzano le gabbie. Si distruggono.
2. Il potere è detenuto dalle grandi banche tedesche, francesi, inglesi e olandesi.
3. Un governo nazionale da una maggioranza parlamentare non ha alcun margine di manovra, nessun potere reale. Può solo applicare le direttive di Bruxelles, Berlino e Francoforte (1).
4. La sovranità nazionale oggi non ha più nessun senso. La sovranità popolare sì, ma a certe condizioni.
Dopo essere stato dal 2009 al 2014 segretario generale della Nato (sotto comando Usa), Anders Fogh Rasmussen è stato assunto come consulente internazionale dalla Goldman Sachs, la più potente banca d’affari statunitense. Il curriculum di Rasmussen è prestigioso. Come primo ministro danese (2001–2009), si è adoperato per «l’allargamento della Ue e della Nato contribuendo alla pace e prosperità in Europa». Come segretario generale, ha rappresentato la Nato nel suo «picco operativo con sei operazioni in tre continenti», tra cui le guerre in Afghanistan e Libia, e, «in risposta all’aggressione russa all’Ucraina, ha rafforzato la difesa collettiva a un livello senza precedenti dalla fine della guerra fredda». Rasmussen inoltre ha sostenuto il «Partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP)» tra Stati Uniti e Ue, base economica di «una comunità transatlantica integrata». Competenze preziose per la Goldman Sachs, la cui strategia è allo stesso tempo finanziaria, politica e militare. Suoi dirigenti e consulenti, dopo anni di lavoro alla grande banca, sono stati messi in posti chiave nel governo Usa e in altri: tra questi Mario Draghi (governatore della Banca d’Italia, poi presidente della Banca centrale europea) e Mario Monti (nominato capo del governo dal presidente Giorgio Napolitano nel 2011).
Ai senza fissa dimora detenuti nel campo Fema dellaNorth Carolina è stata posta la scelta se rimanere o se andarsene, ma solo a condizione che gli venga impiantato un chip. L’Rfid (Radio-frequency identification) servirebbe a monitorarli e a tenerli sotto controllo, in cambio di benefici di sopravvivenza, cibo, coperte, vestiario.
La notizia si è diffusa, per diverse ragioni: intanto il monitoraggio, e di fatto la limitazione delle libertà personali di uomini e donne che sono detenuti senza aver commesso reati, ma solo perché homeless, senza fissa dimora, e senza occupazione. Ma ha riportato alla ribalta di nuovo anche la gestione della disoccupazione negli Usa. Campi Fema. A chi ricorda il romanzo di John SteibeckFurore e il film che ne venne tratto non sarà difficile farsene un’idea.