Al ricevimento della prigione di Belmarsh, questa mattina dell'ottobre 2023, la dipendente ha immediatamente emesso il suo verdetto. Il “prigioniero Julian Assange” non avrà diritto al libro che gli ho portato, ne ha già troppi. Come puoi avere troppi libri? Un detenuto che legge troppi libri rappresenta un pericolo maggiore per la società? Penso alle migliaia di libri della mia biblioteca personale che hanno travolto così tanti traslochi, e mi chiedo cosa ne direbbe l'amministrazione. Non c'è tempo per fare troppe domande, devo continuare con le formalità. Il mio passaporto viene controllato, la mia prova di residenza registrata, la mia mano timbrata con inchiostro invisibile.
“Puoi tenere solo questo con te". Questo: un foglio amministrativo che funge da lasciapassare e un piccolo cartello da tenere attaccato al collo, recante la scritta “visitatore sociale” e il numero 658462. E tutto il resto – dispositivi elettronici, penne, documenti, portafoglio, taccuino, giacca, fazzoletti, borraccia, borse, giornali… – vai nell’armadietto. Oh sì, posso tenere con me un massimo di 25 sterline – sterline, non libri che leggiamo. Mi sgravio di tutto, inserisco la moneta da 1 sterlina nella chiave dell'armadietto, aspetto con calma che qualcuno mi faccia un segnale. Pronti per entrare in un nuovo territorio.
Una prigione è un mondo a sé. Con il suo tempo e il suo spazio, i suoi passi, la sua cultura, la sua amministrazione, i suoi equilibri di potere, la sua economia. I prigionieri britannici hanno il loro diario interno, pieno di resoconti di fughe fallite, errori giudiziari e notizie dalle carceri di altre parti del mondo. E tra pochi istanti entrerò nella prigione britannica più famosa, la prigione di Sua Maestà Belmarsh, un tempo soprannominata “Guantanamo britannica”. Una delle dieci carceri di altissima sicurezza (categoria A) in Gran Bretagna. Ospita alcuni dei terroristi e serial killer più ricercati e, più in generale, persone la cui fuga “rappresenterebbe un serio rischio” per la società. È qui che sopravvive Julian Assange, il giornalista più decorato del 21° secolo.
«Vedi la prima porta aperta laggiù nel grande edificio dall'altra parte del cortile? Puoi andare".
Perquisizione del cane
Siamo una decina di noi visitatori di tutte le età questa mattina che sono entrati da questa porta. Verifica di documenti e impronte digitali. Aspettando sotto scorta. Barriera. Controllo di sicurezza in stile aeroportuale (non c'è molto da lasciare, ma ancora scarpe e cintura). Cerca con un metal detector. Ricerca di suole di scarpe. Perquisizione corporea. Esame della gola, della parte inferiore della lingua, delle orecchie. Attacca il cane, che viene a saltarti addosso come se fosse traboccante di affetto. Esamina i tuoi accessori.
“I braccialetti sono religiosi? Potresti rimuoverli?"
I miei braccialetti d'accesso al Festival “Huma”? Oh no, non la definirei una religione. Ad ogni modo, non posso rimuoverli a meno che non li tagli. Viene consultata una superiore, mi autorizza a trattenere i braccialetti sospetti.
Passo successivo. Una porta. Un cortile incorniciato da mura altissime. Una porta, due porte. Stiamo in silenzio, in fila dietro una guardia, come piccoli anatroccoli educati dietro la mamma. Urla da qualche parte, di qualcuno sull'orlo di una crisi di nervi. Nei corridoi, grandi manifesti incitano i detenuti, con il primo piano del volto di una madre la cui vita si è fermata, di una bambina abbandonata. E se hai
farmaci o articoli proibiti, questa è la tua ultima possibilità di consegnarli, le conseguenze potrebbero essere terribili se non lo fai.
Infine, dopo l'ultima porta, ecco il salotto. Si tratta di un refettorio con una cinquantina di tavoli, disposti secondo una griglia regolare, fissati al pavimento e circondati da sedie. Le pareti sono decorate con parole “sociali” – fede, famiglia, amicizia… Recito a bassa voce una poesia di Aragon, dicendomi che probabilmente è la prima volta che se ne parla tra queste mura e che è anche la nostra missione per diffondere la poesia. Esame delle mie carte, delle mie impronte, per l'ennesima volta.
“Quello sarà il tavolo C1, vedi, laggiù".
I prigionieri non sono ancora arrivati. Dovranno restare al tavolo loro assegnato, con la fascia gialla al braccio che ne indicherà lo status. Avrai la facoltà di muoverti all'interno della sala visite per acquistare piccole bevande al punto ristoro. Per un'ora e mezza sarai la loro boccata d'aria fresca, il loro collegamento con la società umana.
Non so davvero cosa vorrà Julian, inizierò nel modo più semplice possibile. "Due caffè, per favore." » Queste sono le macchine da caffè più lente che abbia mai visto in tutta la mia vita, e i dipendenti lo ammettono senza lamentarsi. Tanto più esasperante dal momento che il “mio” prigioniero è appena arrivato e ha preso il suo posto. Diciamo questo: la prima volta che è apparso, non c'è stato nessun momento di luce tra noi, nessun momento magico di Hollywood in cui mi sono gettato tra le sue braccia. In quel momento ero bloccato nella piccola realtà, battendo i piedi in attesa che i nostri caffè venissero espressi da una tecnologia ordinaria.
Una prima volta, sì! Non è la prima volta che mi trovo nel mondo carcerario, tutto tra fredde lentezze e barriere - lì ho già tenuto convegni di divulgazione scientifica, o fatto visita a un parlamentare -, ma è la prima volta che visito qualcuno che per me conta prigione.
L'aria di un saggio dai racconti di Tolkien
Probabilmente dovrò abituarmi: il mondo ha più prigionieri che mai: 11 milioni, secondo gli osservatori, i due maggiori fornitori sono i due grandi imperi economico-tecnologici, Cina e Stati Uniti d'America. L’ultimo premio Nobel per la pace, Narges Mohammadi, languisce in una prigione iraniana; uno dei miei colleghi matematici si è dilettato nelle carceri turche; e il mio cammino ha incrociato non pochi giornalisti e intellettuali scappati di prigione, per non parlare degli attivisti ambientalisti che venivano regolarmente presi in custodia dalla polizia. Anche in Francia, inoltre, abbiamo più detenuti che mai, e la Corte dei conti ha appena pubblicato un rapporto schiacciante al riguardo. Il carcere è al passo con i tempi.
Ma la mia prima domanda, ovviamente, è quella di chiunque vada a trovare una persona cara in carcere. Come sta ?
Non molto bene, ovviamente. Sovrappeso, aria neutra, lineamenti stanchi e come potrebbe essere altrimenti? È passato più di un decennio dall'ultima volta che è stato in grado di camminare per strada, partecipare a un evento culturale o scalare una collina. Tuttavia, i lunghi capelli biondo chiaro conferiscono al suo volto l'aspetto di un saggio dei racconti di Tolkien, e la robustezza della sua postura evoca una roccia, piuttosto che un uomo sconfitto. Mi avvicino senza fretta, finalmente stabilisco un contatto visivo e ci abbracciamo a lungo. Non ci siamo mai incontrati, eppure è come un amico, ci siamo già parlati tramite qualcuno, e conosco bene sua moglie, i suoi figli, suo padre. Ma c’è un altro motivo, quasi biologico, che motiva l’abbraccio: per un detenuto che vive in un box di 6 mq, trascorre 23 ore al giorno in completo isolamento, e gode di una presenza amichevole solo per due o tre ore alla settimana, questo è l'unica volta in cui può soddisfare il suo naturale bisogno di contatto umano.
"Grazie per essere venuto"
L’accento australiano è appena percettibile – ha scherzato dicendo che stava perdendo il suo accento già in isolamento presso l’ambasciata ecuadoriana a Londra (sette anni). E il tono è morbido e calmo. Non è rassegnazione ma economia di un maratoneta, che sa che deve gestire le sue emozioni per durare nel tempo – il suo calvario dura già da tanto, e potrà purtroppo durare ancora a lungo.
"Grazie a te. Dovremmo essere noi a ringraziarvi, tutti quanti".
Sì, dovremmo essere tutti grati ad Assange. Nessun giornalista ha rivelato tanti scandali quanto lui. Crimini di guerra, corruzione nel mondo della finanza o della politica, spionaggio industriale, intercettazioni di capi di stato (tra cui tre presidenti della Repubblica francese)... Infinita è la lista di potenti, cospiratori, imprenditori disonesti che hanno motivo di arrabbiarsi con lui. Ma le gigantesche campagne diffamatorie portate avanti dai suoi nemici, la durata e la complessità delle procedure hanno ridotto a nulla la squadra dei suoi attivi sostenitori. Da parte mia, sono passati solo tre anni da quando mi sono unito a loro, proclamando a gran voce il suo destino ingiusto, anche in Parlamento, con François Ruffin e pochi altri – ma se ho un rammarico, non è quello di non aver aperto gli occhi prima.
Gli ho detto che avrei combinato la mia visita con un soggiorno sull'Isola di Wight – un luogo leggendario per le arti, la poesia, la fotografia emergente, sede del più grande festival musicale di tutti i tempi... Ma aveva un'altra prospettiva, che non mi aspettavo!
“Ah, sull’Isola di Wight, c’è una prigione lì. Lì è imprigionato un ex leader jugoslavo"
Questa è la prima volta, ma non l'ultima, che Julian mi sorprende con la sua erudizione. Sì, può verificare, Radovan Karadzic è rinchiuso sull'Isola di Wight. In una prigione di categoria B, meno sicura di Belmarsh. Ma Karadzic è stato riconosciuto colpevole solo di genocidio e crimini contro l'umanità [commessi durante la guerra in Bosnia (1992-1995)]. Bisogna credere che il giornalista Assange sia più pericoloso.
In effetti, che simbolo è che sia detenuto proprio in questa prigione di Belmarsh. Fu qui che furono fabbricate le munizioni che conquistarono il mondo e mantennero l'ordine e il terrore in tutto l'Impero britannico. Qui, il quartiere dell’Arsenal – che ha dato il nome alla famosa squadra di calcio. E la prigione si trova molto vicino a un gigantesco magazzino storico di dati statali sensibili. Chi avrebbe potuto immaginare un posto più affollato di simboli per incarcerare un pacifista che ha osato opporsi all’abuso dei segreti della difesa?
“Persecuzione politica”
La conversazione inizia tra me e Julian. Sono abituato a prendere appunti su tutto e ovunque, ma questa volta dovrò fare affidamento solo sulla mia memoria. È probabile che la nostra conversazione venga ascoltata con discrezione, ma difficilmente io potrò accedere alla registrazione. Nessun piano ben organizzato, si passa da un argomento all'altro.
E soprattutto non c'è bisogno che io parli della sua telenovela politico-giuridica: conosce tutti gli elementi a memoria e li conosce tutto il mondo, almeno le persone che si interessano sinceramente alla questione. Sono trascorsi più di due anni da quando il professore svizzero di diritto umanitario Nils Melzer ha pubblicato il suo ampio lavoro, ora pubblicato in cinque lingue; la versione francese è stata pubblicata nel 2022 con il titolo “L'Affare Assange. Storia di una persecuzione politica” (Edizioni Critiche). Un caso di cui si era occupato come relatore alle Nazioni Unite sulla tortura e sui trattamenti inumani. Attraverso queste centinaia di pagine, Melzer ha metodicamente smantellato l’intera cortina di fumo che oscurava la vicenda – e che inizialmente aveva ingannato lui stesso. Ha messo in luce un mondo di oscuri miracoli dove le deposizioni vengono cambiate senza il consenso dei querelanti, dove i giudici dimenticano improvvisamente le loro procedure, dove i conflitti di interessi si risolvono attraverso giochi di scrittura, dove le democrazie occidentali tradiscono quotidianamente le loro Costituzioni e i loro impegni. Un lavoro attento e longevo, che non ha impedito al governo britannico (pur coinvolto nell'inchiesta) di definire con disprezzo il suo rapporto come “lavoro amatoriale”. Come possiamo prendere sul serio una democrazia occidentale che rifiuta così la voce chiara e motivata delle Nazioni Unite, mentre brandisce le regole internazionali quando gli fa comodo?
Julian sa tutto questo e sa che io lo so. Ma quello che posso portargli oggi è una discussione. Il contatto umano, lo stimolo intellettuale, il tempo per la conversazione – qualcosa di prezioso per la sopravvivenza quasi quanto la speranza o l’acqua pulita. Julian e io abbiamo fatto il bagno nello stesso bagno culturale, siamo stati nutriti artificialmente con la cultura scientifico-geek, ci capiamo. Ha letto nel testo i grandi matematici: Turing, G. H. Hardy o “The Princeton Companion to Mathematics” di Tim Gowers. Quando gli dico, di sfuggita, che consiglio un'azienda di crittografia omomorfa, sa benissimo di cosa si tratta. Julian:
" Oh si ! Crittografia omomorfa, non pensavo fosse possibile. Quindi, per convincermi, ho programmato una crittografia omomorfica per bambini. Solo la funzione +1. Come il numero di amici.
– Ah! Un bambino crittografato. Dovresti anche ricordarti di programmare la funzione -1 quando perdi amici.
– È come la crittografia a chiave pubblica. La prima volta che qualcuno me ne ha parlato, non ci credevo.
– La crittografia omomorfa richiede competenze sia in algebra che in teoria dei numeri e analisi numerica.
– E tu li hai entrambi.
- No, no. Capisco l'analisi numerica, ma l'algebra e la teoria dei numeri mi sono estranee. È raro padroneggiare entrambi i lati. Tra i grandi matematici del momento forse solo Terry Tao può farcela.
– Ah, Tao… Era nella mia università, a Melbourne.
– Pensavo fossi dell’ANU [Australian National University, a Canberra]?
– Ci sono andato anch'io, un po'.
– Sono rimasto lì per alcuni mesi, a Canberra, hanno un team sulle PDE completamente non lineari [equazioni alle derivate parziali, una classe di equazioni matematiche], forse il migliore al mondo. Ho dovuto imparare direttamente da loro".
La conversazione va avanti e indietro, moltiplicando i riferimenti al nostro pantheon comune. Parliamo di Erwin Schrödinger, delle sue passeggiate sulle montagne tirolesi, del forum per la costruzione europea da lui fondato ad Alpbach. Da Heisenberg e dalla sua concezione della tecnologia che si riproduce come un organismo. Da G. H. Hardy e la sua controversa visione delle applicazioni matematiche. Dell'intuizione soprannaturale di Ramanujan. O anche la santa trinità dell'informatica, Turing-Shannon-Von Neumann, che riesce a raggiungere la sintesi tra la pura astrazione della logica e le questioni più concrete legate alla guerra...
Pensiero sistemico
Piccola occhiata di traverso. Con aria imbarazzata, Julian interrompe dolcemente la conversazione per chiedermi se posso andare a prendergli altre cose da mangiare e da bere, ora che al punto di ristoro non c'è più fila. Naturalmente avrei dovuto pensarci. Caffè. Cioccolato. Frutta. Julian sta sconvolgendo la geopolitica, ma in questo momento dipende fisicamente da me, il suo visitatore per la giornata. Lui, simbolo della libertà, in questo ambiente infantilizzante, è incapace di nutrirsi. Fortunatamente lo spirito è ancora lì, e la capacità di ridere – recentemente ha fatto trapelare una lettera divertente al re Carlo III, descrivendo con brio, in tono di derisione e umorismo nero, la triste vita a Belmarsh, il suo cibo infame e i suoi suicidi.
“Soffro di non potermi muovere. Abbiamo bisogno di muoverci, di camminare per mettere in moto le nostre idee. Ma non mi lamento. Solzhenitsyn descrive il gulag in Siberia... Essere imprigionati in Siberia è ancora più difficile.– Solzenicyn, ma era un genio, il lusso dei dettagli, l’erudizione nelle sue opere!– Aveva fatto un rosario finto con il pangrattato. (Julian recita con le dita un rosario invisibile) Serviva come aiuto mnemonico per i capitoli del suo libro che conservava in versi nella memoria...– Un amico di un amico, imprigionato in guerra, è sopravvissuto scrivendo poesie nella sua testa.– Per me la parte più difficile sono stati i primi tre mesi qui, ero senza libri, e condividevo la cella con un serial killer, non volevo parlare con lui. Ho trovato dentro di me le risorse... ho cominciato a pensare a cose così semplici, a concentrare la mia attenzione sulla geometria elementare... partendo da un triangolo... indipendentemente dal suo orientamento, dalle sue lunghezze... un triangolo che possiamo descrivere con un solo numero... Ho ricostruito per me, nella mia testa, la geometria più elementare... E poco a poco, sempre più complessa, fino a ricostruire la relatività speciale".
L’uso corretto e naturale dei termini “relatività speciale”, o anche “equazione di Vlasov” quando menziona il mio lavoro, ci ricorda che Julian ha una vera formazione come fisico. In un'affascinante testimonianza, il suo ex compagno universitario Niraj Lal ha spiegato come il contributo di Julian sia stato quello di importare nel campo della democrazia il pensiero sistemico caro agli scienziati, l'analisi dimensionale che è alla base dei corsi di fisica. Avendo riconosciuto la tendenza del sistema a concentrare sempre le informazioni a proprio vantaggio, si è chiesto come invertire strutturalmente questa tendenza. Dare ai cittadini più controllo, ai potenti più obblighi di trasparenza: ed è per questo che trova spazio in un famoso programma di conferenze del famoso crittografo Phillip Rogaway, “The Moral Character of Cryptographic Work”.
Snowden e Assange, legati dal destino fino al sacrificio
Quando gli chiedo quale sarebbe una buona preparazione alle sfide del giornalismo di oggi, esita, pensa, si lancia: quello che è stato capace di fare, ci è riuscito perché ha pensato al flusso delle informazioni e alla tecnica, ma non ha la capacità cultura universitaria del giornalismo, nessun consiglio o istruzione da dare. E non è così sicuro di avere ancora voce in capitolo, dopo tutto.
“Penso… di essere diventato un simbolo. Qualcuno che si oppone al sistema".
Lo disse in tono pensoso e di scusa, come se la prigione avesse strappato via la carne del suo personaggio pubblico, lasciandone solo uno scheletro astratto e disincarnato. Non lascerò assolutamente che venga svalutato.
“Può essere molto potente, un simbolo o un'immagine. Come il manifestante solitario di fronte ai carri armati in piazza Tiananmen. Oppure Davide contro Golia.
– E la gente ha la vaga sensazione che se Golia vince perde tutto…
– In politica spesso un simbolo è molto più importante di un programma.
– Ah ah, ero un pessimo politico. Ho preso l'1,2% alle elezioni senatoriali [in Australia nel 2013]... Va detto che non avevo la testa nella campagna, più impegnato ad aiutare la fuga di Snowden... Questo è probabilmente il motivo per cui sono ancora in prigione oggi..."
Una nebbia negli occhi, e lo capiamo. Manning, Snowden, Assange – i due informatori e l’editore – questi tre hanno legato il loro destino fino al sacrificio. Quando l’amministrazione statunitense ha ricattato Manning affinché accusasse Assange in cambio del suo rilascio, lei ha detto loro che avrebbe preferito morire di fame piuttosto che deviare dalla verità. E Assange ha tutte le ragioni per essere orgoglioso di aver facilitato la fuga di Snowden, l'uomo che ha denunciato lo spionaggio di massa portato avanti senza mandato dalla NSA e dalla CIA su milioni di cittadini, americani e stranieri, presunti sospetti senza motivo. Intercettazione di conversazioni telefoniche, ascolto di cavi Internet. Snowden era convinto che senza dubbio avrebbe ricevuto una pallottola in testa per le sue rivelazioni, ma era qualcosa più grande di lui, lasciava parlare i suoi ideali. Senza il suo eroismo, l’Europa non avrebbe mai deciso di adottare il regolamento generale sulla protezione dei dati. Quando Snowden ha chiesto asilo politico in Francia, la Francia ha rifiutato per due volte. Eroismo del singolo, codardia degli Stati. E poche nazioni hanno colto i problemi, bloccate nel loro piccolo gioco politico.
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| Julian Assange sul balcone dell’ambasciata ecuadoriana a Londra, maggio 2017 |
Attori in uno spettacolo globale
Una guardia passa a dire che il mio caffè deve rimanere sempre coperto. Giusto: nelle mie mani potenti, la tazzina da caffè senza coperchio potrebbe rivelarsi un'arma formidabile.
“L’opinione pubblica australiana è dalla tua parte adesso, e non solo perché sei uno di loro.
– La politica australiana è superficiale, è una democrazia giovane. Ma c'è anche del buono".
Intorno ad Assange gli Stati si posizionano come attori di una commedia. Nel ruolo di persecutore, gli Stati Uniti. Mortalmente sconvolto di aver visto smascherati i loro crimini di guerra e il loro delirio da tecno-controllori. Nel ruolo dello zelante dannato, boia di opere sporche, il Regno Unito. Pronto per questo a tradire i suoi valori, le sue regole costituzionali, la sua gloriosa storia, e a mentire, mentire, mentire ancora attraverso la voce dei suoi ministri. Nel ruolo del debole, ha collaborato sotto pressione la Svezia, che ha permesso l'avvio di una titanica procedura legale. Nei panni dell'ingenuo, il tacchino dello scherzo, che mantiene le sue alleanze ma desidera il ritorno della sua brillante e turbolenta figlia: l'Australia. E per la Francia? Il ruolo dei codardi che guardano dall'altra parte. Quante scuse schifose ho sentito dai membri del governo, per non essersi presi cura di Assange...
“Ah, sai, preferisco Snowden…” “Abbiamo un conflitto di interessi perché uno dei nostri ministri era il suo difensore…” “Come possiamo sostenere che la Gran Bretagna non è uno stato di diritto? » “Il contesto geopolitico non è favorevole…” Nessun membro del governo osa dire una parola quando l’amministrazione Biden chiede l’estradizione per processare un giornalista australiano, e sfrutta tutti i cassetti di una legge contro lo spionaggio del 1917 (Espionage Act) per esigere 175 anni di carcere (sì, avete letto bene). Giusto per mandare un segnale al mondo: ovunque tu sia, chiunque tu sia, se esponi verità che ci disturbano, ti perseguiteremo.
“Dico loro che i libri sono miei amici”
Julian è il centro di un gioco globale, ma è anche un essere umano sofferente nel suo corpo. Noto che le sue dita fanno fatica a sbucciare la banana, lo aiuto come si aiuta un bambino goffo. E la discussione riprende. Julian non è solo un geek, come ci si aspetterebbe ha anche una solida cultura politica. Lesse nel testo Churchill ("un bravo scrittore ma non una brava persona, un oppressore, e con la sua tattica perse molti soldati. Ecco perché le elezioni gli furono così sfavorevoli dopo la
guerra"), Solzhenitsyn ("dovete assolutamente leggere 'Il primo cerchio'") o Gramsci. Scivoliamo verso l'anticipazione e la fantasia, Philip K. Dick e Neil Gaiman... Assange e io conosciamo i libri fin dalla nostra infanzia e siamo cresciuti con loro, sono amici essenziali.
" I libri. Per fortuna me lo hanno lasciato leggere adesso. Sarei morto senza di loro. Ne ho accumulati nella mia cella. Ho tolto il letto, che non mi serviva più, ho tenuto solo un materassino, tipo yoga, e lo spazio guadagnato l'ho riempito di libri. Di tanto in tanto vogliono portarmeli via, espellerli. Dico loro che sono miei amici."
Sto parlando di Pavel Florensky, questo scienziato e pensatore inclassificabile schiacciato dai sovietici, che arrivò al punto di distruggere la sua biblioteca. Prometto di inviargli i suoi scritti, se saranno tradotti in inglese.
È pazzesco quanto velocemente sia passato. Mi restano 5 sterline da spendere, vorrei andare subito a comprargli dell'altra frutta. Ma troppo tardi, hanno già chiuso il punto di ristoro. Accidenti a loro. Faccio il punto con lui, gli autori che dovrei approfondire davvero sono Gramsci e Solzhenitsyn. Dobbiamo concludere con una nota di speranza. Sottolineo ancora una volta la dedizione dei suoi luminosi amici esterni. Sylvi che ha inoltrato la mia pratica all'amministrazione penitenziaria e si prende cura dei figli di Julian quando sua moglie deve andare all'estero per chiedere a suo nome questo o quel premio assegnato in nome del giornalismo o della libertà di parola. Niels, il volontario che ha lasciato il lavoro per aiutare la causa e che si unirà a me quando uscirò di prigione per registrare una video testimonianza. E gli innumerevoli che sono consapevoli, più o meno, dell'investimento di questo David che si è impegnato per loro contro il Sistema Leviatano.
È il momento di salutarci. L’abbraccio sarà ancora più lungo di quando è arrivato. Me ne vado, restituisci il vassoio del pasto. Un ultimo sguardo al detenuto del tavolo C1, con la fascia gialla sull'avambraccio. Ha già riacquistato il suo comportamento stabile e neutrale. Ancora nella corsa a lunga distanza. Alzo il pugno sinistro e lui risponde a tono. La lotta continua, nonostante tutto. Mi vengono in mente i versi di Eluard:
“Un uomo… che continua la lottaContro la morte, contro l'oblioPerché tutto quello che voleva lui lo volevamo anche noiLo vogliamo oggi".
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