Ho visitato l’Iraq nel 1999. All’epoca non c’erano i cosiddetti ‘jihadisti’ che aderivano ai principi del ‘jihadismo’, qualunque possa esserne l’interpretazione. Alla periferia di Baghdad, c’era un campo di addestramento militare, non per ‘al-Qaida’, ma per il ‘Mojahedin-e-Khalq’, un gruppo iraniano militante in esilio che operava, con finanziamenti e armi straniere, per rovesciare la Repubblica iraniana.
All’epoca, il defunto presidente iracheno, Saddam Hussein usava quella organizzazione che era stata esiliata, per saldare i conti con i suoi rivali a Teheran, dato che anche loro abbracciavano le milizie governative anti-irachene per ottenere esattamente lo stesso scopo.
L’Iraq non era certo in pace allora, ma la maggior parte delle bombe che esplodevano in quel paese, erano americane. Infatti, quando gli iracheni parlavano di ‘terrorismo’, si riferivano soltanto ‘Al-Irhab al-Amriki’ – il terrorismo americano.
Gli attacchi suicidi erano difficilmente un evento quotidiano, anzi non erano mai un evento, in nessuna parte dell’Iraq. Non appena gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan nel 2001 e poi l’Iraq nel 2003, si scatenò l’inferno.
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28 luglio 2016
26 luglio 2016
Il boomerang terroristico e le responsabilità francesi e europee
Sarebbe, però, il caso che, almeno in certi settori che si suppongono critici, si cerchi di andare oltre l'orrore allo scopo di capire razionalmente la situazione in atto. Alberto Negri del Sole24ore, a caldo subito dopo gli attentati, diceva su Rai3 che i terroristi hanno portato in Europa e in Francia la guerra che da anni si svolge lungo la sponda sud del Mediterraneo.
Ciò che sarebbe bene aggiungere al ragionamento di Negri è che gli attentati terroristici in Europa rappresentano un assaggio, per quanto gli effetti siano drammatici e dolorosi per noi, di quella guerra che l'Europa occidentale e gli Usa hanno esportato in Iraq, Libia, Siria, che è costata centinaia di migliaia di vittime civili, comprese donne e bambini, e che ora ritorna indietro come in un effetto boomerang. Dunque, ritorna al centro d'origine quella guerra che è stata esportata da quello stesso centro ricco e avanzato negli ultimi quindici anni e che si pensava rimanesse relegata a centinaia se non migliaia di chilometri dai nostri confini, nella arretrata e povera periferia mediorientale e africana.
20 gennaio 2013
MALI, FRANCIA E POLLI
Ovvero: tutti i polli finiscono allo spiedo
“Sembra che i francesi avessero in corso una delle loro guerre, da quelle parti.”
– Charlie Marlow, da Cuore di tenebra di Joseph Conrad
La visione che il personaggio di Conrad, Marlow, descrive è quella di una fregata francese che spara bordata su una vasta giungla africana, sostanzialmente bombardando un continente. Tale immagine mi si è presentata alla mente questa settimana, quando Mirage ed elicotteri da combattimento francesi sono entrati in azioni contro un esercito eterogeneo d’insorti islamici in Mali. Che ci sia un picco d’instabilità in quel paese senza sbocchi e largamente deserto non dovrebbe certo essere una sorpresa per i francesi: in larga misura la causa sono loro e i loro alleati.
Ed erano stati avvertiti.
Di Conn Hallinan
Foreign Policy in Focus
Un po’ di storia. Il 17 marzo 2011 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato la Risoluzione 1973 per “proteggere i civili” nella guerra civile in Libia. Due giorni dopo Mirage francesi hanno cominciato raid di bombardamento contro i blindati e gli aeroporti di Muammar Gheddafi, innescando così l’intervento diretto della Gran Bretagna, assieme al Qatar e all’Arabia Saudita.
La Risoluzione 1973 non autorizzava la NATO e i suoi alleati e parteggiare nella guerra civile libica, solo a proteggere i civili, e molti dei firmatari – comprese Russia e Cina – presumevano che l’azione del Consiglio di Sicurezza avrebbe seguito la prassi normale e avrebbe iniziato con l’esplorare innanzitutto una soluzione politica. Ma il solo tipo di “soluzione” cui era interessata l’alleanza anti-Gheddafi era il genere realizzato da bombe da 600 chili a guida laser.
“Sembra che i francesi avessero in corso una delle loro guerre, da quelle parti.”
– Charlie Marlow, da Cuore di tenebra di Joseph Conrad
La visione che il personaggio di Conrad, Marlow, descrive è quella di una fregata francese che spara bordata su una vasta giungla africana, sostanzialmente bombardando un continente. Tale immagine mi si è presentata alla mente questa settimana, quando Mirage ed elicotteri da combattimento francesi sono entrati in azioni contro un esercito eterogeneo d’insorti islamici in Mali. Che ci sia un picco d’instabilità in quel paese senza sbocchi e largamente deserto non dovrebbe certo essere una sorpresa per i francesi: in larga misura la causa sono loro e i loro alleati.
Ed erano stati avvertiti.
Di Conn Hallinan
Foreign Policy in Focus
Un po’ di storia. Il 17 marzo 2011 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato la Risoluzione 1973 per “proteggere i civili” nella guerra civile in Libia. Due giorni dopo Mirage francesi hanno cominciato raid di bombardamento contro i blindati e gli aeroporti di Muammar Gheddafi, innescando così l’intervento diretto della Gran Bretagna, assieme al Qatar e all’Arabia Saudita.
La Risoluzione 1973 non autorizzava la NATO e i suoi alleati e parteggiare nella guerra civile libica, solo a proteggere i civili, e molti dei firmatari – comprese Russia e Cina – presumevano che l’azione del Consiglio di Sicurezza avrebbe seguito la prassi normale e avrebbe iniziato con l’esplorare innanzitutto una soluzione politica. Ma il solo tipo di “soluzione” cui era interessata l’alleanza anti-Gheddafi era il genere realizzato da bombe da 600 chili a guida laser.
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