Secondo i giuristi arabi, le azioni umane si classificano in cinque categorie, che essi elencano in questo modo:obbligatorio, lodevole, lecito, riprovevole, proibito. All’obbligatorio si oppone il proibito, a ciò che merita lode ciò che è da riprovare. Ma la categoria più importante è quella che sta al centro e che costituisce per così dire l’asse della bilancia che pesa le azioni umane e ne misura la responsabilità (responsabilità si dice nel linguaggio giuridico arabo «peso»).
Se lodevole è ciò il cui compimento è premiato e la cui omissione non è proibita, e riprovevole è ciò la cui omissione è premiata e il cui compimento non è proibito, il lecito è ciò su cui il diritto non può che tacere e non è pertanto né obbligatorio né proibito, né lodevole né riprovevole.
Per coloro che vedono poche alternative a questo controllo del capitale, l'unica soluzione è smantellare il capitalismo e iniziare a gettare le basi di un ordine sociale essenzialmente diverso. Per molti aspetti questi rivoluzionari potrebbero essere d'accordo - almeno temporaneamente - con coloro che si impegnano a sottoporre il capitale a determinati controlli attraverso politiche riformiste.
Risolvere la contraddizione che esiste oggettivamente tra l'azione umana e l'ambiente naturale non è affatto una preoccupazione attuale. I classici dell'economia capitalista già registravano il problema, preoccupati, ad esempio, dell'evidente deterioramento dei suoli a causa dello sfruttamento intensivo e soprattutto perché la restituzione di componenti essenziali alla terra è stata abbandonata con l'urbanizzazione, oltre a dimenticare altre pratiche tradizionali fin dal Medioevo come il maggese o la rotazione delle colture.
I social media sono in subbuglio da quando un membro olandese del Parlamento europeo ha pubblicato un video di un'audizione in cui un dirigente della Pfizer ha ammesso che l'azienda non ha mai testato se il suo vaccino Covid mRNA prevenisse la trasmissione prima della sua approvazione per l'uso in emergenza.
Sebbene il fatto che i vaccini Covid mRNA non prevengano la trasmissione fosse, ovviamente, abbondantemente chiaro dai dati subito dopo la loro implementazione, questo mito è stato una giustificazione primaria per i passaggi del vaccino e una causa primaria del vetriolo senza precedenti lanciato contro coloro che hanno rifiutato i vaccini Covid per tutto il 2021 e fino ad oggi.
Dal decadimento programmato del vivente alla sua rinascita spontanea
1. La paura colma il divario tra la realtà bugiarda e la realtà vissuta, tra l'economia fittizia e l'economia di base. Le cifre del governo aleggiano come droni sullo stato fatiscente di ospedali, scuole, trasporti e conquiste sociali.
2. La paura è diventata il baluardo più sicuro dei ricchi contro l'insurrezione sociale che minaccia di eliminarli. Questa paura, non si fermeranno davanti a nulla per rinnovarla e prolungarne la durata. Esperimentano su di noi come su dei topi da laboratorio preoccupandosi di sapere fino a che grado di rassegnazione e avvilimento sopporteremo i loro decreti senza reagire.
In ogni epoca poeti, filosofi e profeti hanno lamentato e denunciato senza riserve i vizi e le manchevolezze del loro tempo. Chi così gemeva e accusava si rivolgeva tuttavia a dei suoi simili e parlava in nome di qualcosa di comune o almeno condivisibile. Si è detto, in questo senso, che poeti e filosofi hanno sempre parlato in nome di un popolo assente. Assente nel senso di mancante, di qualcosa di cui si sentiva la mancanza ed era pertanto in qualche modo ancora presente. Sia pure in questa modalità negativa e puramente ideale, le loro parole supponevano ancora un destinatario.
La sinistra ha da tempo mollato gli ormeggi che la tenevano unita alla banchina del popolo. Ora è definitivamente salpata, senza mai guardarsi indietro per chiedere scusa, verso porti atlantici.
L’economia e la tecnologia non sono più strumenti operativi ma ideologie, contenitori di pensiero e creatività. Hanno sostituito la morale e la politica umanista. L’ordoliberismo è la nuova religione che ha richiamato a sé individui da ogni dove, rendendo obsoleto il concetto di destra-sinistra. Si potrebbe dire che con questa epoca, della globalizzazione e digitalizzazione, si svolta tutti a destra. L’epopea socialista si è sciolta nell’acido disperso dai laboratori neocon. A dire il vero, è accaduto anche a quella sovranista, a sua volta posticcia rispetto all’anima spirituale della destra originale. In pratica, è sparito dall’orizzonte cultural-politico tutto il basamento su cui ha poggiato la storia democratica fino a qui. La politica si è venduta all’economia, convinta di aver fatto un affare.
Terrorismo, crisi economiche, crisi sanitarie, e, oggi, possibile conflitto mondiale. Cos’hanno in comune queste emergenze? Lo schema è identico: vengono tutte sbandierate ed esasperate dai media, che diffondono ansia e paura nelle popolazioni teledipendenti. Vengono tutte presentate come emergenze che inevitabilmente cambiano la percezione della realtà e della identità e necessitano di cambiamenti socio-culturali per farvi fronte. Le “misure di gestione” portano sempre alla cancellazione di diritti e garanzie degli individui e maggiori livello di arbitrio delle autorità, sempre meno controllate democraticamente e sempre più selezionate tramite processi anch’essi totalmente arbitrari.
C’è una gerarchia biologica tra le persone? L’uguaglianza può essere solo politica? Brevi note disperate.
Diceva Kissinger: “Se controlli il petrolio, controlli le nazioni, se controlli il cibo, controlli i popoli”. Montagnier è un coglione. Ce lo avete detto e ripetuto. Volete dirlo anche di Kissinger? Prego.
Nel frattempo si può aggiungere che chi controlla i media di comunicazione controlla pensieri e azioni di chi beve il loro vergognoso eruttare, garantito dal “vero giornalismo”, come i direttori dei giornalacci di regime comunicano nelle loro stesse prime pagine. Come si fa con chi non capisce niente ed è di facile sottomissione.
"Mi rivolto. Dunque siamo." Albert Camus, L’uomo in rivolta.
Posso confessarlo: il non dire, in tempi come questi, avrebbe per lo meno il pregio dell’eleganza del nulla. Ma forse sono tempi in cui si impongono opportune interruzioni alla sobrietà del silenzio.
A un anno e mezzo di distanza dall’inizio dello sciacallaggio mediatico basato sul mantra della paura e della colpa, penso si possano trarre alcune fila di un discorso sociale schiacciato su improvvide polarizzazioni e che finisce per impantanarsi a metà strada tra Kafka e Pirandello, senza avere la tragica lucidità del primo e l’ironia del secondo.
A chi può interessare... A quanto pare, sono una di quelle persone da far incazzare. Notate che ho formulato la frase precedente al condizionale perché, se ho capito bene, voi ce l'avete con quelli che si chiamano "anti-vax" e, per un diffuso (per non dire mantenuto) effetto amalgama, io sono uno di loro.
Quindi, visto che mi costringete a farlo, sono obbligato, con tutta vergogna, a fare una precisazione che dovrebbe essere ovvia. Vi assicuro: non c'è niente di gratificante nel rivolgersi a qualcuno che non capisce, o non vuole capire, o fa finta, ma così sia. Non preoccupatevi, questa parte non richiederà molto tempo.
Ecco: io non sono anti-vax e "allo stesso tempo" non voglio sentire parlare di questi prodotti che volete impormi.
«Vano è il desiderio di prevalere sugli uomini della perdizione prima del giorno della vendetta […] Occorre separarsi dai malvagi e attendere che scenda su di loro il giudizio di Dio»Rotoli di Qumrȃn.Regola della Comunità, x, 17-20
Ogni vero movimento di massa è, non fosse che per le sue dimensioni, collettore di disparati bisogni e pulsioni sociali. Questo dato, sebbene fosse camuffato dalla preponderanza egemonica della componente socialista e anticapitalista, era vero anche nel ‘900. Nel nuovo secolo, venuta meno quella preponderanza egemonica, i movimenti di massa sono caratterizzati anche dalla più complessa pluralità ideologica. Essi sono dunque doppiamente eterogenei.
Le filosofie politiche dei “no-vax”
Prendiamo ad esempio il movimento contro il green pass. Fenomeno tipicamente italiano — conseguenza del fatto che l’Italia è assurto a principale banco di prova del great reset
Ho parlato con il professore Michael Schneider (nato nel 1943) sul tema della COVID-19 e sul rapporto tra medicina e totalitarismo. Schneider è uno scrittore e un socialista impegnato, conosciuto, tra l’altro, per aver partecipato al movimento studentesco del 1968, per essere l’autore dell’opera «Neurose und Klassenkampf»[Nevrosi e lotta di classe, Il Formichiere, Foligno, 1976] e per aver fondato il primo teatro di strada socialista a Berlino Ovest. Si distingue per la sua critica perspicace dello status quo, e quindi anche della degenerazione “coronavirale” regnante, che riunisce numerosi elementi non solo politici, ma anche nevrotici. Ma è diversa. Il potere oggi è diverso. E il totalitarismo, oggi, è diverso.
Ci sono momenti nella vita di popoli e Nazioni in cui i loro governi hanno come nemico non lo straniero con cui entrano in guerra ma il loro stesso popolo, o una parte più o meno consistente di esso.
L’esempio più tragico che viene facilmente alla mente è la persecuzione degli ebrei tedeschi da parte del governo del Terzo Reich: una persecuzione immane, in nome di un odio insensato e privo di fondamento, che culminò nel tentativo di genocidio scientifico non solo degli ebrei tedeschi ma anche di tutti quelli rastrellati nei Paesi occupati dalle armate del Terzo Reich. Come è noto, presto non furono solo ebrei.
Una profonda riflessione del Prof. Luigi Contadini sulla complessa realtà che viviamo
Una dichiarazione di non colpevolezza Riguardo al green pass, si parla spesso dei diritti degli altri da rispettare o dei doveri di ciascuno di noi verso gli altri o della necessità di non fare ammalare gli altri o di principi quali “la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri”: tutto ciò per giustificare l’esigenza della vaccinazione anti Covid che proteggerebbe non solo la persona vaccinata ma le persone che la circondano e, di conseguenza, si fa ricorso a paragoni presi dalle pratiche del vivere quotidiano (regolate dal codice civile e dalla consuetudine) come per esempio la necessità di non eccedere i limiti di velocità per non mettere a repentaglio la sicurezza degli altri.
Il futuro (in)evitabile del mondo sembra essere quello della sorveglianza di massa. Un futuro dal quale nessuno si potrà sottrarre, perché microfoni e telecamere saranno ovunque, e che cambierà la storia dell’umanità radicalmente, forse per sempre. Perché quel futuro, che va poco a poco materializzandosi sotto i nostri occhi, incontrando poca o nulla resistenza da parte degli Uomini, potrebbe costituire il principio di una nuova era: l’era dei regimi eterni.
Dalla sorveglianza non si torna indietro
Il futuro del mondo è illiberale, che lo si accetti oppure no, e per illiberale non si intende un futuro dominato dai populismi di destra di trumpiana memoria, quanto un futuro dominato, per l’appunto, dal ridimensionamento delle libertà individuali.
Dall'inizio di questa "strana crisi", una cosa è definitivamente scomparsa, sia dai televisori che dai cervelli degli scienziati: la logica.
Gli scienziati, che si vantano della verità, delle dimostrazioni tutte più dimostrative delle altre e della ricerca degli errori, hanno dimenticato nella stragrande maggioranza dei casi quello che ogni essere umano sa fin dall'antichità: che ci sono cause ed effetti e che il legame tra i due si deduce da una sequenza logica di eventi; che ogni ragionamento che si contraddice è probabilmente falso e che a forza di esagerare le idee si finisce per avere un ragionamento sofisticato.
Ecco alcuni esempi di questo fallimento della logica.
In questo periodo di pandemia, i governi hanno trasformato i cittadini in "esseri così spaventati dalla morte da rinunciare alla vita", scrive Raoul Vaneigem in questo articolo. Lo scrittore chiede il "ritorno dei vivi, l'unità dell'Io e del mondo".
Raoul Vaneigem è uno scrittore. Dal Traité de savoir-vivre à l'usage des jeunes générations(Gallimard, 1967), uno dei libri che ha alimentato la rivolta del maggio '68, ha pubblicato una quarantina di libri, i più recenti dei quali sono La liberté enfin s'éveille au souffle de la vie (Le Cherche Midi, 2020), che rende omaggio ai «Gilets jaunes et à l’insurrection de la vie qu’ils ont initiée», eL’Insurrection de la vie quotidienne. Testi e interviste (Grevis, 2020), dedicato agli "insorti che, in tutto il mondo, lottano per liberare la vita e l'essere umano dalla mortificante dittatura del profitto".
Sembra che nel nuovo ordine planetario che si va delineando due cose, apparentemente senza rapporto fra loro, siano destinate a essere integralmente rimosse: il volto e la morte. Cercheremo di indagare se esse non siano invece in qualche modo connesse e quale sia il senso della loro rimozione.
Che la visione del proprio volto e del volto degli altri sia per l’uomo un’esperienza decisiva era già noto agli antichi: «Ciò che si chiama “volto” – scrive Cicerone – non può esistere in nessun animale se non nell’uomo» e i greci definivano lo schiavo, che non è padrone di se stesso, aproposon, letteralmente «senza volto».
L'obbligo dell'uso generalizzato della maschera è emblematico della gestione della "pandemia". Questa costrizione non è sanitaria ed è segno di un'assurdità. È un comandamento che si presenta, allo stesso tempo, come una legge e la sua distruzione. È l'atto di lasciare la Politica.
Le ragioni dell'obbligo si possono riassumere nel fatto che, senza di esso, non ci sarebbe alcun segno manifesto della supposta "estrema gravità" del covid. La centralità dell'indossare una maschera sta nel fatto che, ricordandoci costantemente la "pandemia", la compulsione ci pone sotto lo sguardo del potere che confisca la nostra intimità.
Riduce la coscienza a un "mettersi alla prova". "L'esperienza di non poter uscire da sé" [1] non è una cosa esterna, non occupa una parte della nostra esistenza, diventa la nostra stessa vita.