Dopo l'esito del referendum costituzionale, visto il risultato inaspettato, molti si domandavano preoccupati: "Ed adesso cosa accadrà?" Alcuni cantilenavano "…via Renzi, cosa c'è?" Travaglio, in televisione ha detto, in uno dei suoi tanti passaggi: "Troveranno un clone ecc. ecc." Trovato il clone, è stato subito trovato.
E chiaramente a vecchie volpi, come D'Alema, non è sfuggita la solita tendenza al suicidio di questo partito che deriva, ed è una tragedia nella tragedia dall'ex Partito Comunista Italiano. Cosa ha mantenuto di quello? cosa esprime ora? cosa accadrà? Bene, io penso che di tutte queste domande, e di altre simili poco interessi. Quello che è successo, il 60% dei No al referendum con un'affluenza alta per la situazione, il 68,48%, è l'unico dato importante.
Si vede che quando le cose vanno vicino al delirio assoluto il popolo italiano, in qualche modo, reagisce. Lo aveva fatto con Berlusconi, dieci anni fa, lo ha fatto ora con Renzi. E la sconfitta alle votazioni - una testa un voto - ha disvelato il grandissimo vuoto di potere presente ora in Italia. Nei primissimi giorni dopo l'esito referendario nessuno sapeva cosa fare e cosa dire. Poi, coma aveva vaticinato Travaglio, ecco un clone che risolverà nulla, che garantirà tempo di governo buono per rimettere un po' di pezze, con alle spalle però questa chiara presa di posizione popolare.
"L'ambasciatore degli Stati Uniti va bene, basta che non cospiri" Morales sostiene di non essere ancora pronto a lasciare la presidenza, benché rispetti la decisione del paese. Quanto alla vittoria di Trump, secondo lui è da attribuire alla rabbia contro la globalizzazione
Benché la Bolivia stia meglio senza ambasciatore degli Stati Uniti, se lo volessero potrebbero nominarne uno, ha dichiarato a La Jornada il presidente Evo Morales. Ma non chiunque, bensì un diplomatico e non un politico che si dedichi a cospirare contro la sovranità del Paese.
Gli Stati Uniti non hanno un ambasciatore in Bolivia da quando, nel settembre di 2008, il governo di Evo Morales aveva espulso Philip Goldberg, accusandolo di dividere il paese ed appoggiare l'opposizione. Come diplomatico, Goldberg aveva svolto un ruolo rilevante durante la guerra civile jugoslava.
Intervistato a bordo dell'aereo presidenziale, un Falcon 900 EX di fabbricazione francese, nel percorso tra Tarija e Cochabamba, il presidente boliviano assicura che il voto a favore di Donald Trump nelle elezioni statunitensi è stato il prodotto dello scontento indirizzato dalla destra contro la globalizzazione fallita.
Ora è ufficiale: Sergio Mattarella ha scelto Paolo Gentiloni per formare il nuovo governo in seguito alle dimissioni di Matteo Renzi sconfitto al referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre. Lo stallo, dunque, è superato. Mattarella ha sostenuto con enfasi, al termine delle consultazioni, che l’Italia «ha bisogno di un governo in tempi brevi», giacché vi sono «scadenze e impegni da rispettare, sul piano interno, europeo e internazionale».
E infatti si può ragionevolmente sostenere che il piano europeo è effettivamente impellente: giovedì 15 vi è il Consiglio Europeo. Entro quella data, Mattarella voleva un governo insediato e con pieni poteri. Per non arrivare impreparati all’appuntamento. Ma quali sono, in concreto, le posizioni di Gentiloni? Quale la sua visione? E come arriverà all’imperdibile appuntamento? Può forse giovarci per un chiarimento delle idee ciò che lo stesso Gentiloni scriveva in un tweet dal suo profilo il 2 agosto 2012: «Dobbiamo cedere sovranità a un’Europa unita e democratica».
Il «nuovo» governo. Il responso referendario e il suo «valore costituente»
Lo spettacolo è francamente inguardabile, a una settimana dal voto che ha travolto Matteo Renzi e il suo governo. Intendo lo spettacolo pubblico, recitato «in alto» dall’intero establishment. Il modo con cui nasce il governo Gentiloni, le procedure del suo incarico (con le cosiddette consultazioni parallele tra il Colle e Palazzo Chigi, cose mai viste!). E poi la sua composizione (fotocopia)
Sono un insulto al voto degli italiani, al principio di realtà, alla stessa Costituzione miracolosamente salvata il 4 dicembre: al suo articolo 1 naturalmente, e al meno noto articolo 54 (che impone, per le funzioni pubbliche «il dovere di adempierle con disciplina ed onore», cioè accettando i verdetti popolari e rispettando verità e parola data). Che a Palazzo Chigi sieda un «uomo di Renzi», che il governo Renzi succeda a se stesso nella maggior parte dei suoi membri, soprattutto che Matteo Renzi continui a detenerne la golden share mantenendo la segreteria del Partito e di lì accanendosi a inquinare la vita politica, dopo aver dichiarato che in caso di sconfitta si sarebbe ritirato da tutto, è un danno d’immagine devastante non solo per lui e il suo partito, ma per l’intero Paese.
Giulietto Chiesa parla del dopo Renzi, richiama l’attenzione sulle insidie del ricorso al fondo salva stati (volgarmente detto Esm o Esm) e lancia la sua proposta per impedire ai ladri di sovranità di portare a termine i loro piani sulla pelle dei cittadini. http://www.byoblu.com/
Ha vinto la Costituzione. Ha perso il plebiscito. Ha vinto il popolo. Ha perso il populismo cinico. Ha vinto la sovranità del popolo. Ha perso il dogma per cui non ci sarebbe alternativa. Ha vinto la voglia di continuare a contare. Di continuare a votare. Ha perso chi voleva prendersi una delega in bianco. Ha vinto la partecipazione, il bisogno di una buona politica. Ha perso la retorica dell’antipolitica brandita dal governo. Ha vinto un’idea di comunità. Ha perso il narcisismo del capo. Ha vinto la mobilitazione dal basso, senza mezzi e senza padrini. Ha perso chi ha messo le mani sull’informazione, chi ha abusato delle istituzioni senza alcun ritegno.
Un’intervista al professor Paolo Prodi. La Costituzione andrebbe in primo luogo attuata. Sbagliata la riforma del Titolo V. Non si capisce cosa rappresenti il “nuovo” Senato. Un’indicibile assurdità dividere per materie le competenze tra Camera e Senato. Ecco le ragioni del No del professor Paolo Prodi, tra i massimi storici italiani dell’età moderna, docente emerito all’Università di Bologna, già rettore dell’ateneo di Trento, tra i fondatori dell’Istituto storico italo- germanico della città trentina e dell’associazione di cultura e politica “Il Mulino”, fratello dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi.
Vogliamo ringraziare il professor Prodi che, pur non essendo in piena forma, ci ha generosamente concesso questa intervista.
Professor Prodi cosa pensa della riforma costituzionale sottoposta a referendum?
È un pasticcio pazzesco ed è anche illeggibile. Se pure vogliamo chiamare “riforma” il testo che va a referendum. Possiamo farlo, certo, ben coscienti però che nella storia dell’umanità tante riforme sono andate indietro e non avanti. E questo è proprio uno di quei casi.
Perché ritiene rappresenti una sorta di arretramento nella storia della Repubblica?
Consentitemi di essere tranchant, e quindi di perdere per strada le necessarie sfumature. Non esiste una ragione obiettiva per sostenere la riforma della Costituzione. Non raggiunge nemmeno gli obiettivi che essa stessa si propone (ammesso che siano obiettivi realment utili, cosa che nego). Non velocizza il processo legislativo, perché crea una congerie di procedure diverse, con grossi rischi di ricorsi e incertezze, non consente di risparmiare, perché il risparmio è una micro-goccia nell’oceano del bilancio pubblico, non razionalizza il rapporto Stato-Regioni, perché di fatto elimina il secondo elemento della dialettica, in nome di un neo-centralismo assolutamente inadeguato a gestire la complessità territoriale e sociale del Paese.
1. La destra ha conquistato la maggioranza dell'Assemblea Nazionale nel dicembre 2015.
2. Il suo principale obiettivo da quando si è insediata in parlamento è stato quello di rovesciare il Presidente Nicolas Maduro.
3. Per raggiungere tale obiettivo, la destra ha impiegato QUATTRO mesi di dibattito su quale dovrebbe essere il modo di disinsediare il Presidente, considerando alla fine le seguenti opzioni: - Esigere le sue dimissioni. - Accusarlo formalmente mediante la Procura. - Dichiararne il suo stato di incapacità mentale. - Annullare le elezioni asserendo che il presidente è di nazionalità colombiana. - Modifica o riforma della Costituzione per accorciarne il periodo di mandato. - Formare un'assemblea costituente. - Esercitare pressioni sociali nelle piazze. - Indire un referendum revocatorio (1)
4. Solo alla fine di aprile, ha deciso di attivare la procedura per l'indizione del referendum revocatorio della carica. Attivando il meccanismo in aprile anziché in gennaio, quando era già compiuta la metà del periodo costituzionale di carica del Presidente, la destra non avrà il tempo per indire il referendum revocatorio entro il 2016, a causa dei termini stabiliti nella normativa che regola la sua attivazione e convocazione che prevedono una procedura della durata di almeno 260 giorni.
La Costituente, prima di approvare il testo, lo fece rileggere a scrittori e letterati per renderlo più semplice e chiaro a tutti, con periodi lunghi in media 20 parole. Per De Mauro è l'unico testo comprensibile alla stragrande maggioranza degli italiani. Il testo della riforma Renzi-Boschi ha articoli di oltre 300 e 400 parole. In un caso si è passati da 9 a 439 e il punto arriva dopo oltre 170 vocaboli. Articolo 1: l’Italia è Repubblica democratica, fondata sul lavoro. I 556 della Costituente l’avevano scritto così, forse solenne ma bruttino. Una, mancava una, una Repubblica. A mettere un colpetto di matita dopo la quarta parola della bozza di Costituzione uscita nel 1947 non fu un giurista né un funzionario del ministero né un parlamentare. Fu uno scrittore, si chiamava Pietro Pancrazi, scriveva anche sul Corriere della Sera, era di Cortona, non lontano da Laterina. Fu il presidente dell’Assemblea, Umberto Terracini, a chiamarlo a rivedere la legge fondamentale dello Stato che stava nascendo. A qualcuno dei costituenti il testo non piaceva, in qualche parte era troppo rigido, troppo tecnico, aulico. Insieme a Pancrazi, prima dell’approvazione finale, la Costituzione fu rivista anche dal latinista Concetto Marchesi (amico di Togliatti) e dal saggista Antonio Baldini. E’ così che diventò la più bella del mondo. “Un monumento in termini di sobrietà, di essenzialità, di economia e anche di eleganza del linguaggio” ha definito la Costituzione Michele Ainis.
I debiti soffocano i cittadini e i governi che scelgono di salvare le banche o il settore dell'edilizia abitativa, invece di proteggere la vita delle persone. Zoé Konstantopoulou e Eric Toussaint parlano del "sistema debito" nel Forum sociale organizzato a Benicàssim.
Spese, tagli di bilancio, crescita del debito, salvataggio delle banche ... Questo tipo di vocabolario sembra segnare la vita quotidiana di molti paesi. Quando il pagamento di un debito implica che i diritti di base come la sanità e l'istruzione, tra gli altri, sono crudelmente macellati per pagare un debito che non smette di crescere. Ma cos'è che ha generato questo debito? Ci sono alternative? Sono i temi affrontati nel corso del dibattito Face à la dettocratie, liberté et dignité(Affrontare la Debitocrazia, libertà e dignità) che ha ospitato il Forum Sociale del Festival di Reggae Rototom il 19 agosto 2016 a Benicàssim, in Spagna.
Zoé Konstantopolou ( ex presidente del Parlamento greco e fondatrice della Commissione per la Verità sulla pubblica debito greco ) e Eric Toussaint (portavoce della Rete Internazionale del Comitato per l'abolizione dei debiti illegittimi e coordinatore scientifico della Commissione per la verità su il debito pubblico greco) hanno analizzato, davanti ad un pubblico di 200.000 persone, come i debiti illegittimi sacrificano i diritti dei cittadini, mentre le banche sono salvate.
Dopo l’iniziale popolarità e la realizzazione (imposizione) con successo di una serie di misure liberiste, Renzi è ora confrontato a una situazione più difficile in cui si intrecciano il logoramento della sua credibilità in larghi settori di massa, la netta sconfitta nelle elezioni amministrative e una situazione economica incerta nel quadro della crisi dell’Unione Europea.
Un sistema in crisi e perturbato
Dopo aver portato a casa numerose misure che hanno massacrato i diritti del lavoro, stravolto la scuola pubblica, perseguito l’obiettivo dell’ulteriore riduzione della spesa sociale e sanitaria e contemporaneamente varato una riforma istituzionale e una legge elettorale profondamente antidemocratiche, funzionali al predominio dell’esecutivo e a garantire maggioranze parlamentari artificiose, la corsa di Renzi incontra numerosi ostacoli.
In primo luogo viene percepita la distanza tra la sua demagogia e la realtà dei fatti: la disoccupazione resta a livelli elevatissimi, il lavoro per i giovani non esiste o se esiste è nelle forme più o meno estreme della precarietà, la ripresa economica è debolissima e non ha certo modificato la condizione di vita della stragrande maggioranza dei cittadini, tantissimi marginalizzati e tanti altri preoccupati per il loro futuro e quello dei loro figli.
“Si può uscire dal baratro senza l’Europa che alimenta la turbofinanza”
Nino Galloni
Negli anni Ottanta, da funzionario, fu isolato per le sue posizioni ostili ai trattati e critiche su euro, sistema finanziario e banche. Oggi le sue teorie vengono prese a prestito anche da chi lo avversava. "Bisogna ribaltare i paradigmi senza venire a patti con le istituzioni: sono parte del problema e non hanno soluzioni", è la sua ricetta. Ai Cinque Stelle che attingono alle sue tesi dice: "Sono disponibile, ma per un progetto senza compromessi" Alle cronache dell’epoca era passato come “l’oscuro funzionario che fece paura a Helmut Kohl”. Da una posizione di vertice al ministero del Bilancio dell’Italia anni Ottanta aveva osato avversare apertamente i trattati europei. Profetico, a tratti perfino eversivo nelle sue teorie macroeconomiche, metteva già in discussione le politiche neoliberiste, il futuro della moneta unica, il dogma degli investimenti senza debito. E ora, a distanza di trent’anni e di molti libri e conferenze, anche chi governa nei consessi internazionali, perfino chi manovra la nave dell’eurozona alla deriva, inizia a parlare la sua strana lingua.
Ora che gli elettori britannici hanno detto addio a Bruxelles, lo scenario logico dovrebbe essere:
1- Un nuovo referendum dovrebbe essere organizzato per chiedere agli elettori se vogliono rimanere nel Regno "unito".
Non solo agli Scozzesi, ma agli Irlandesi del nord, ai Gallesi, ai Cornovagliesi e agli Inglesi propriamente detti.Alla fine, la "Gran Bretagna" dovrebbe scomparire a favore di una confederazione in cui gli elettori dovrebbero scegliere di aderire o meno. La Scozia indipendente, l'Irlanda del Nord indipendente, seguita da Galles, Cornovaglia e Inghilterra, con Londra, dovrebbe scegliere tra diversi scenari: far parte di una confederazione di paesi "Britannici", dell'UE, o di entrambi. L'Irlanda del Nord dovrebbe scegliere tra l'indipendenza pura e semplice, l'unificazione con la Repubblica d'Irlanda, un nuovo Commonwealth e/o l'Unione europea.