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6 aprile 2017
Basta con le spese militari
Liberiamoci dal dominio e dall'influenza degli Usa e dalle nuove guerre che la NATO prepara.
Più si aggrava la situazione economica in Italia - come negli altri paesi - più si acutizza la "guerra tra poveri" sulla quale soffiano le organizzazioni fasciste nelle variegate firme e la Lega nord, nel tentativo di affermare una mobilitazione reazionaria che si traduca poi nel raggiungimento del desiderato successo elettorale.
Nella opinione pubblica sale la protesta contro la solidarietà e l'ospitalità nei confronti degli stranieri fuggiti dalle numerose guerre del mondo e dalla conseguente miseria. Guerre imperialiste volute da forze guerrafondaie che non esitano a distruggere intere popolazioni e paesi ricchi di storia secolare per le proprie mire di conquista delle risorse locali e come soluzione della crisi.
Ma non si sente - almeno come sarebbe necessario - attaccare i governanti per come e dove indirizzano, anzi sprecano, le risorse economiche peraltro rapinate dalle tasse. Non si sentono proteste contro i lauti compensi dei membri del parlamento sia italiano che europeo, che dai loro scranni non operano certo nell'interesse dei lavoratori e della popolazione.
Più si aggrava la situazione economica in Italia - come negli altri paesi - più si acutizza la "guerra tra poveri" sulla quale soffiano le organizzazioni fasciste nelle variegate firme e la Lega nord, nel tentativo di affermare una mobilitazione reazionaria che si traduca poi nel raggiungimento del desiderato successo elettorale.
Nella opinione pubblica sale la protesta contro la solidarietà e l'ospitalità nei confronti degli stranieri fuggiti dalle numerose guerre del mondo e dalla conseguente miseria. Guerre imperialiste volute da forze guerrafondaie che non esitano a distruggere intere popolazioni e paesi ricchi di storia secolare per le proprie mire di conquista delle risorse locali e come soluzione della crisi.
Ma non si sente - almeno come sarebbe necessario - attaccare i governanti per come e dove indirizzano, anzi sprecano, le risorse economiche peraltro rapinate dalle tasse. Non si sentono proteste contro i lauti compensi dei membri del parlamento sia italiano che europeo, che dai loro scranni non operano certo nell'interesse dei lavoratori e della popolazione.
5 aprile 2017
Lo studio di Bank of America sul "Day After" dell'€uro
Il giornale tedesco die Welt dà spazio a uno studio appena pubblicato da Bank of America sulle conseguenze di un’eventuale rottura dell’unione monetaria sui cambi delle valute europee. Le previsioni sono ben lontane dagli scenari paventati dalla stampa mainstream: per i Paesi del Sud si tratterebbe di svalutazioni inferiori al 10%, mentre il vero sconfitto sarebbe la Germania, che si troverebbe a far fronte ad un enorme apprezzamento della valuta. Al di là dei risultati dell’analisi in sé, che non sorprenderanno i lettori di Goofynomics, o del sito Asimmetrie, questa ricerca segna un’importante presa di posizione degli Stati Uniti rispetto al tema Euro.
Fino a pochi anni fa la rottura della zona euro sembrava essere un’opzione più che realistica.
La Grexit, ovvero l’uscita della Grecia, era stata ampiamente prevista, e in particolare gli investitori anglosassoni avevano iniziato a scommetterci sopra, sicuri che dopo un tale evento l’euro stesso sarebbe scomparso nei meandri della storia. Una scommessa rivelatasi vana, fino a questo momento.
La Grexit, ovvero l’uscita della Grecia, era stata ampiamente prevista, e in particolare gli investitori anglosassoni avevano iniziato a scommetterci sopra, sicuri che dopo un tale evento l’euro stesso sarebbe scomparso nei meandri della storia. Una scommessa rivelatasi vana, fino a questo momento.
13 febbraio 2017
E ne rimasero due: Angela Merkel e Mario Draghi
Si deteriora, giorno dopo giorno, il quadro generale in Europa: senza la morfina iniettata dalla Banca Centrale Europea, i mercati finanziari sarebbero in preda a convulsioni peggiori del 2012. L’amministrazione Trump si è saldata con le forze e populiste europee e, sebbene da Washington siano piovuti duri attacchi contro la Germania ed i suoi saldi commerciali record, persino i nazionalisti tedeschi, i falchi della CDU-CSU, viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda della Casa Bianca. In questo nuovo contesto solo due superstiti del vecchio establishment liberal, Angela Merkel e Mario Draghi, oppongono ancora resistenza al processo di euro-dissoluzione. Difficilmente riusciranno però a salvarsi dalla manovra a tenaglia messa in campo dalla Casa Bianca e dal “gruppo di Coblenza”.
Coblenza all’attacco, con la benedizione di Donald Trump
Le tensioni dentro l’eurozona hanno raggiunto il livello di guardia: il mercato europeo dei capitali è congelato, il denaro in fuga verso “l’area marco”, il settore bancario dell’Europa meridionale vacilla, le finanze pubbliche in evidente stress, le agenzie di rating declassano senza sosta i titoli di Stato. Molti investitori scommettono ormai sull’implosione della moneta unica. La cancelliera Angela Merkel, il proconsole europeo dell’oligarchia finanziaria, annuncia una contromossa, il colpo d’ala per uscire dal pantano in cui sta sprofondando l’euro: l’Europa a due velocità, ossia un nocciolo di Paesi che procede con l’integrazione fiscale e politica.
26 gennaio 2017
Piccoli Bertinotti crescono in Europa
Se qualcuno volesse avere la misura di cosa è diventata la Sinistra Europea basterebbe ascoltare l'intervento di Eleonora Forenza. La parlamentare eletta con l'Altra Europa con Tsipras, attivista di Rifondazione ha tenuto oggi il suo discorso come candidata del GUE/NGL alla Presidenza del Parlamento Europeo. Un mito attrattivo quello di candidarsi a funzioni di garanzia di organi sempre più inutili che evidentemente a Rifondazione continua a piacere. La lezione di Bertinotti non è servita.
L'intervento della Forenza è un concentrato di tutto ciò che c'è da combattere a sinistra. Nessuna critica al capitalismo, mai nominato nell'intervento. La Forenza esordisce affermando «sono una femminista e una femminista può fare la differenza» sostenendo come prima priorità del suo intervento il contrasto al sessismo e all'omofobia nella UE. Poi il discorso si rivolge alla questione del Sud Europa e dell'austerità, in piena linea con la linea Renzi-Tsipras del vertice dei paesi del Sud Europa ad Atene di qualche mese fa. Parole d'ordine che confondono l'analisi sulla UE che alimentando un'idea di scontro tra paesi, spostano l'attenzione dall'enorme conflitto di classe che oggi si genera nell'area europea e che comporta un trasferimento enorme di ricchezza dalle classi popolari alla finanza. Si passa poi all'immigrazione, ma nulla dice la Forenza sulla guerra e sulle responsabilità dell'imperialismo.
L'intervento della Forenza è un concentrato di tutto ciò che c'è da combattere a sinistra. Nessuna critica al capitalismo, mai nominato nell'intervento. La Forenza esordisce affermando «sono una femminista e una femminista può fare la differenza» sostenendo come prima priorità del suo intervento il contrasto al sessismo e all'omofobia nella UE. Poi il discorso si rivolge alla questione del Sud Europa e dell'austerità, in piena linea con la linea Renzi-Tsipras del vertice dei paesi del Sud Europa ad Atene di qualche mese fa. Parole d'ordine che confondono l'analisi sulla UE che alimentando un'idea di scontro tra paesi, spostano l'attenzione dall'enorme conflitto di classe che oggi si genera nell'area europea e che comporta un trasferimento enorme di ricchezza dalle classi popolari alla finanza. Si passa poi all'immigrazione, ma nulla dice la Forenza sulla guerra e sulle responsabilità dell'imperialismo.
21 gennaio 2017
La deflazione programmata dell'Italia
L’Italia, ha certificato l’Istat, torna in deflazione per la prima volta dal 1959. Non è un incidente di percorso ma un obiettivo che è stato perseguito con lucidità e coerenza. L’ISTAT ha recentemente certificato che il 2016 è stato per l’Italia il primo anno di deflazione dal 1959.
Nell’anno appena terminato, i prezzi hanno registrato una variazione negativa dello 0,1 per cento rispetto al 2015. Era dal 1959, quando la flessione fu dello 0,4 per cento, che non accadeva.
Ciò che a prima vista potrebbe apparire come una manna dal cielo in tempo di crisi – beni e servizi a prezzi più accessibili, ottimo no? – è invece la cartina di tornasole della crisi profondissima in cui versa il nostro paese, quella che il governatore della Banca d’Italia ha recentemente definito
Nell’anno appena terminato, i prezzi hanno registrato una variazione negativa dello 0,1 per cento rispetto al 2015. Era dal 1959, quando la flessione fu dello 0,4 per cento, che non accadeva.
Ciò che a prima vista potrebbe apparire come una manna dal cielo in tempo di crisi – beni e servizi a prezzi più accessibili, ottimo no? – è invece la cartina di tornasole della crisi profondissima in cui versa il nostro paese, quella che il governatore della Banca d’Italia ha recentemente definito
«la recessione più profonda e duratura nella storia d’Italia».La deflazione – con la quale s’intende una caduta generalizzata dei prezzi – è causata dal crollo della domanda aggregata e in particolar modo dei consumi, che infatti in Italia sono tornati ai livelli di trent’anni fa. A questo le imprese reagiscono riducendo il personale e tagliando i salari nonché, appunto, i prezzi. Il che, ovviamente, non fa che deprimere ulteriormente la domanda. E così via, in una spirale distruttiva da cui, una volta entrati, è molto difficile uscire.
31 dicembre 2016
Italia, potenza scomoda: dovevamo morire!
Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.
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22 dicembre 2016
Referendum all’italiana e crisi bancaria
Il sistema bancario in Italia è come un piatto di spaghetti super-cucinati e mal conditi. Non si trova nè l’inizio nè la fine di ogni spaghetto. Tutti aggrovigliati, sembrano un serpente dalle mille teste, ma tutti sono infettati dallo stesso male, i loro crediti inesigibili. La cosa grave è che, dato che l’Italia è la terza economia dell’Unione Europea, una crisi bancaria in questo paese sarebbe una minaccia mortale per l’euro e non potrà essere scopata sotto il tappeto.
Per il primo ministro Matteo Renzi, il referendum della scorsa domenica sulle riforme costituzionali avrebbe fornito un impianto più dinamico all'amministrazione pubblica per uscire dalla paralisi politica e dalla stagnazione economica. Ma i critici della riforma hanno rifiutato la maggiore centralizzazione del potere politico ed economico risultante dalla vittoria del Si.
Per il primo ministro Matteo Renzi, il referendum della scorsa domenica sulle riforme costituzionali avrebbe fornito un impianto più dinamico all'amministrazione pubblica per uscire dalla paralisi politica e dalla stagnazione economica. Ma i critici della riforma hanno rifiutato la maggiore centralizzazione del potere politico ed economico risultante dalla vittoria del Si.
Il risultato è stato schiacciante: circa il 60 per cento dei votanti hanno rifiutato le riforme proposte. In alcune regioni dove la disoccupazione è più elevata (ad esempio nel Mezzogiorno) il rifiuto ha raggiunto il 70 per cento.
Cos’ha a che fare tutto questo con le banche italiane e l’euro?
Cos’ha a che fare tutto questo con le banche italiane e l’euro?
18 novembre 2016
Contro il debito come modalità di dominio, audit cittadino
I paesi sempre si sono indebitati, ma oggi il debito pubblico è un mezzo di dominio per controllare l'economia e la finanza. Già negli anni novanta è stato utilizzato il debito per obbligare l'America Latina ad attuare le politiche neoliberiste, oggi l'uso illecito del debito minaccia i paesi in Europa e peggiora lo stato sociale. La minoranza usa il debito e il controllo del deficit come trappole con la complicità dei governi, della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del FMI.
Xavier Caño Tamayo
I paesi prendono in prestito dalle banche, perché le entrate dello Stato sono insufficienti. Questo perché a partire dagli anni ottanta del ventesimo secolo, grandi fortune, grandi aziende e multinazionali pagano sempre meno tasse, mentre banche e fondi di investimento speculano con le obbligazioni di debito pubblico e impongono un'austerità distruttiva.
Per opporsi a questo nuovo autoritarismo, una ventina di associazioni, movimenti laici e cattolico-progressisti italiani crearono pochi giorni fa a Roma, il Comitato per l'Abolizione del Debito Illegittimo Italia (CADTM). Comitato che si somma ai trentasei CADTM che ci sono nel mondo. Ricordiamo che, nel diritto internazionale, il debito illegittimo è quello che un governo ha contratto e utilizzato a prescindere dalla cittadinanza o contro di essa. E non è stato pagato.
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5 settembre 2016
Zoé Konstantopoulou rivela la natura del debito imposto alla Grecia e invita a continuare la resistenza
I debiti soffocano i cittadini e i governi che scelgono di salvare le banche o il settore dell'edilizia abitativa, invece di proteggere la vita delle persone. Zoé Konstantopoulou e Eric Toussaint parlano del "sistema debito" nel Forum sociale organizzato a Benicàssim.
Spese, tagli di bilancio, crescita del debito, salvataggio delle banche ... Questo tipo di vocabolario sembra segnare la vita quotidiana di molti paesi. Quando il pagamento di un debito implica che i diritti di base come la sanità e l'istruzione, tra gli altri, sono crudelmente macellati per pagare un debito che non smette di crescere. Ma cos'è che ha generato questo debito? Ci sono alternative? Sono i temi affrontati nel corso del dibattito Face à la dettocratie, liberté et dignité (Affrontare la Debitocrazia, libertà e dignità) che ha ospitato il Forum Sociale del Festival di Reggae Rototom il 19 agosto 2016 a Benicàssim, in Spagna.
Zoé Konstantopolou ( ex presidente del Parlamento greco e fondatrice della Commissione per la Verità sulla pubblica debito greco ) e Eric Toussaint (portavoce della Rete Internazionale del Comitato per l'abolizione dei debiti illegittimi e coordinatore scientifico della Commissione per la verità su il debito pubblico greco) hanno analizzato, davanti ad un pubblico di 200.000 persone, come i debiti illegittimi sacrificano i diritti dei cittadini, mentre le banche sono salvate.
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15 agosto 2016
Milioni di persone nel mondo fuggono dalle politiche Neoliberiste
L’economista Michael Hudson sostiene che le politiche neoliberiste a un certo punto spingeranno i cittadini USA ad emigrare, allo stesso modo in cui hanno forzato milioni di persone a lasciare la Russia, gli Stati Baltici e oggi la Grecia, in cerca di una vita migliore.
Una equipe di ricerca della Mailman School per gli studi di salute pubblica presso l’Università della Columbia New York ha stimato che 875.000 morti negli Stati Uniti nell’anno 2000 siano ascrivibili a fattori sociali quali povertà e sperequazione economica.
Secondo le statistiche del Governo USA, 2,45 milioni di Americani sono morti quell’anno. Se paragoniamo il dato alla scoperta dell’equipe di ricerca della Columbia University, la deprivazione sociale risulta responsabile del 36% circa dei decessi nel 2000.
“Praticamente tutti gli economisti Britannici del secolo Diciottesimo sostenevano che in presenza di povertà e di un costante trasferimento di risorse verso i ricchi il risultato sarà ridotta aspettativa di vita in durata ed emigrazione” sostiene Michael Hudson, professore emerito di Economia all’Università del Missouri-Kansas City.
19 luglio 2016
Consigli di un esperto greco ai golpisti turchi (ed altri...)
Turchia. L’errore più grande: non essere riusciti a neutralizzare Erdogan. A Cipro nel 1974 i golpisti hanno bombardato a lungo il palazzo presidenziale per uccidere il Presidente Makarios. Lui è riuscito miracolosamente (non a caso era arcivescovo) a fuggire: il governo golpista è crollato dopo cinque giorni, non appena i turchi hanno invaso l’isola.
Neanche i colpi di stato militari sono più quelli di una volta. Errori madornali, ingenuità, gravi, troppe negligenze hanno caratterizzato il tentato golpe in Turchia. Tanto che proprio la tecnica dilettantesca ne ha decretato anche il fallimento. Eppure, l’esercito turco ha una lunga storia di pronunciamenti militari, seguendo la gloriosa tradizione balcanica, che ha fatto scuola in Medio Oriente e in America Latina.
4 luglio 2016
Si affrettano a dire che ora tutto cambierà e che l'Europa unita sarà diversa
Vediamo: 25 marzo 1957, nasce la CEE (Comunità Economica Europea). L'Inghilterra, meglio dire la Gran Bretagna, non c'era. In prospettiva non ci sarà più. Ma vista la china cui sta scivolando la UE (Unione Europea) di adesso, arriveremo ancora a qualcosa di simile alla forma del 1957? Non ci possiamo giurare ma potrebbe essere ancora così.
È chiaro che in questi primi giorni dal delirio annunciato è difficile mettere ordine definitivo in quello che sta accadendo e in quello che le parti in causa, a favore o contro la disgregazione dell'Europa Unita, in un tempo più o meno ravvicinato, vorrebbero fosse.
I segnali della disgregazione si sono fatti però inquietanti, per chi vorrebbe tenere assieme questo nonsense di 28, ora 27, Paesi saldamente uniti. Ebbene è proprio questa saldezza politica che non è mai esistita. Forse in altri tempi, quando erano pochi gli Stati appartenenti all'Unione. Ma forse a guardare bene le cose, neppure allora. Insomma il capitalismo europeo dei centri forti e trainanti si è inventato molte forme amministrative, allargando in continuazione i membri partecipanti, pur di funzionare al meglio, per loro. Basti dire che nell'UE c'è pure Cipro!?!
È chiaro che in questi primi giorni dal delirio annunciato è difficile mettere ordine definitivo in quello che sta accadendo e in quello che le parti in causa, a favore o contro la disgregazione dell'Europa Unita, in un tempo più o meno ravvicinato, vorrebbero fosse.
I segnali della disgregazione si sono fatti però inquietanti, per chi vorrebbe tenere assieme questo nonsense di 28, ora 27, Paesi saldamente uniti. Ebbene è proprio questa saldezza politica che non è mai esistita. Forse in altri tempi, quando erano pochi gli Stati appartenenti all'Unione. Ma forse a guardare bene le cose, neppure allora. Insomma il capitalismo europeo dei centri forti e trainanti si è inventato molte forme amministrative, allargando in continuazione i membri partecipanti, pur di funzionare al meglio, per loro. Basti dire che nell'UE c'è pure Cipro!?!
24 giugno 2016
BREXIT. Che Londra lasci l’Unione o meno ora si rischia l’effetto domino: “Il primo pilastro dell’Ue in discussione sarà l’€uro”
L’uccisione della deputata labourista Jo Cox potrebbe aver inferto il colpo fatale alla Brexit. Ma l’effetto domino scatenato dal referendum britannico potrebbe essere già iniziato. “Che il Regno Unito esca o meno dall’Ue – sostiene Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri) della Cattolica di Milano – gli altri Paesi hanno capito che una contrattazione con l’Europa è possibile"
Francia, Austria, Grecia, ma anche Italia e Germania.
L’uccisione della deputata labourista britannica Jo Cox potrebbe aver inferto il colpo fatale alla Brexit. Ma l’effetto domino scatenato dal referendum britannico sull’uscita dall’Unione Europea potrebbe essere già iniziato e pronto a coinvolgere anche altri stati membri. “Che il Regno Unito esca o meno dall’Ue – sostiene Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri) dell’Università Cattolica di Milano – gli altri Paesi hanno capito che una contrattazione con l’Europa è possibile. Quindi faranno di tutto per ottenere più vantaggi possibili da questa situazione”. E il primo pilastro dell’unione a essere messo in discussione “sarà l’Euro”.
Francia, Austria, Grecia, ma anche Italia e Germania.
L’uccisione della deputata labourista britannica Jo Cox potrebbe aver inferto il colpo fatale alla Brexit. Ma l’effetto domino scatenato dal referendum britannico sull’uscita dall’Unione Europea potrebbe essere già iniziato e pronto a coinvolgere anche altri stati membri. “Che il Regno Unito esca o meno dall’Ue – sostiene Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri) dell’Università Cattolica di Milano – gli altri Paesi hanno capito che una contrattazione con l’Europa è possibile. Quindi faranno di tutto per ottenere più vantaggi possibili da questa situazione”. E il primo pilastro dell’unione a essere messo in discussione “sarà l’Euro”.
27 maggio 2016
Uscire dall'€uro?
L'analisi di quanto accaduto a partire dall'introduzione dell'euro e soprattutto dallo scoppio della crisi nel 2007-2008 dimostra la necessità di mettere a tema la disgregazione dell'area euro. Su questo bisogna fare due precisazioni. La prima è che l'obiettivo primario deve essere la Uem (Unione economica e monetaria) e non la Ue nel suo complesso. Nonostante la Ue sia una istituzione tutt'altro che neutrale dal punto di vista di classe e funzionale alle istanze del capitale, è l'euro lo strumento attraverso cui passa la ristrutturazione capitalistica a livello continentale. Senza di esso il capitale perderebbe gran parte della sua capacità di imporre politiche antipopolari e alla Ue mancherebbe il braccio operativo. La seconda è che il nostro primo compito consiste nel chiarire la necessità della disgregazione dell'area euro. Il come questo debba avvenire è importante, ma è successivo. La disgregazione dall'euro può avvenire in modi diversi: per mutua decisione di tutti i Paesi partecipanti, oppure per decisione unilaterale di uno o di più Paesi. La mia opinione è che l'uscita dall'euro anche unilaterale di uno o più Paesi non debba più essere considerata un tabù, bensì come una opzione praticabile e soprattutto necessaria. Tuttavia, il quando e il come ciò possa avvenire non è indifferente, ed è legato alle condizioni del contesto generale e della lotta di classe, sebbene già oggi, come accennerò più avanti, sia necessario inserire l'uscita dall'euro in una elaborazione programmatica più complessiva. L'aspetto più importante, però, è che chi intende rappresentare il punto di vista dei lavoratori abbia, e presenti pubblicamente, una posizione chiara, la quale non può che essere la necessità del superamento dell'euro.
21 aprile 2016
Globalizzazione, decadenza industriale e €uropa
Globalizzazione e decadenza industriale è il titolo dell'ultimo libro dell'economista Domenico Moro. In questo libro Domenico analizza alcuni temi fondamentali legati allo sviluppo del capitalismo degli ultimi 50 anni. Il baricentro della sua analisi sta proprio nelle modificazioni strutturali che hanno prodotto questa nuova fase chiamata fase transnazionale della produzione industriale e come tali modificazioni diventano la leva per il formarsi di nuove sovrastrutture politiche e accordi internazionali finalizzati al controllo dei profitti e al dominio sul mercato in questa "nuova" era sociale . Ne parliamo con l'autore. Prima parte.
D. Domenico, il punto di partenza della tua analisi non poteva che essere lo sviluppo delle forze produttive e le caratteristiche della crisi che hanno prodotto la fase attuale detta del capitalismo transnazionale, ci potesti dire, magari usando delle parole chiave, quali sono le caratteristiche principali di questa fase?
R. Alla metà degli anni '70 il centro del capitalismo (Usa, Europa occidentale e Giappone) si è trovato in un grave crisi economica e politica per il riemergere della sovrapproduzione di capitale e della conseguente caduta del saggio di profitto, e per il successo delle lotte delle classi subalterne nel centro e nella periferia del sistema capitalistico mondiale. Allo scopo di rispondere a questa crisi, a partire dalla fine degli anni '80 il modo di produzione capitalistico ha cominciato il passaggio da una fase di "capitalismo monopolistico di stato" a una fase di "capitalismo globalizzato", che ora si è completata.
D. Domenico, il punto di partenza della tua analisi non poteva che essere lo sviluppo delle forze produttive e le caratteristiche della crisi che hanno prodotto la fase attuale detta del capitalismo transnazionale, ci potesti dire, magari usando delle parole chiave, quali sono le caratteristiche principali di questa fase?
R. Alla metà degli anni '70 il centro del capitalismo (Usa, Europa occidentale e Giappone) si è trovato in un grave crisi economica e politica per il riemergere della sovrapproduzione di capitale e della conseguente caduta del saggio di profitto, e per il successo delle lotte delle classi subalterne nel centro e nella periferia del sistema capitalistico mondiale. Allo scopo di rispondere a questa crisi, a partire dalla fine degli anni '80 il modo di produzione capitalistico ha cominciato il passaggio da una fase di "capitalismo monopolistico di stato" a una fase di "capitalismo globalizzato", che ora si è completata.
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12 aprile 2016
“Ci impegniamo a favore della costruzione di un ampio movimento popolare, cosciente, critico e mobilizzato”: Jérôme Duval, del CADTM
Jérôme Duval
è un militante del CADTM, il comitato per l’annullamento del debito del terzo
mondo, fondato nel 1990 a Liegi in Belgio e divenuto oggi una rete
internazionale. Il CADTM ha partecipato in particolare all’audit del debito
pubblico in Ecuador e alla commissione parlamentare per la verità sul debito
pubblico in Grecia e partecipa ai movimenti contro gli odiosi debiti in
numerosi paesi. Gli siamo grati per aver risposto alle nostre domande, alla
vigilia dell’assemblea mondiale che si terrà a Tunisi alla fine di aprile di
quest’anno. Milena Rampoldi, ProMosaik/Tlaxcala
Quali sono gli obiettivi principali del CADTM?
Come previsto nei nostri testi di fondazione, il CADTM si impegna a favorire l’emergenza di un mondo più giusto nel rispetto della sovranità dei popoli, della giustizia sociale e dell’eguaglianza tra uomini e donne.
Quali sono gli obiettivi principali del CADTM?
Come previsto nei nostri testi di fondazione, il CADTM si impegna a favorire l’emergenza di un mondo più giusto nel rispetto della sovranità dei popoli, della giustizia sociale e dell’eguaglianza tra uomini e donne.
7 aprile 2016
€uro, €uropa e lotta di classe
"In regime capitalistico, gli Stati Uniti d'Europa equivalgono ad un accordo per la spartizione delle colonie. Ma in regime capitalistico non è possibile altra base, altro principio di spartizione che la forza. Il miliardario non può dividere con altri il "reddito nazionale" di un paese capitalista se non secondo una determinata proporzione: "secondo il capitale" (e con un supplemento, affinché il grande capitale riceva più di quel che gli spetta). Il capitalismo è la proprietà privata dei mezzi di produzione e l'anarchia della produzione. Predicare una "giusta" divisione del reddito su tale base è proudhonismo, ignoranza piccolo-borghese, filisteismo. Non si può dividere se non "secondo la forza".(1)
Le parole di Lenin non sono mai state così attuali nel dibattito interno alle "sinistre" e al movimento operaio. Con la crisi sistemica del capitalismo sono emerse posizioni più o meno critiche nei confronti dell'Unione Europea o delle politiche richieste dalla Troika (ossia la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale) in vari soggetti emersi in questi anni.
La questione dell'uscita di un paese dall'eurozona spesso anche da molti "euroscettici" che si presumono marxisti non è inquadrata secondo un punto di vista di classe: il problema diventa così solo l'Unione Europea o l'euro e si dimentica che vi sono anche gruppi della borghesia imperialista che sarebbero favorevoli a un progressivo svincolamento dall'UE, anche perché gli interessi della borghesia variano e non sono immutabili, e con essi possono variare gli accordi che sono determinati da precisi rapporti di forza anch'essi mutabili.
Le parole di Lenin non sono mai state così attuali nel dibattito interno alle "sinistre" e al movimento operaio. Con la crisi sistemica del capitalismo sono emerse posizioni più o meno critiche nei confronti dell'Unione Europea o delle politiche richieste dalla Troika (ossia la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale) in vari soggetti emersi in questi anni.
La questione dell'uscita di un paese dall'eurozona spesso anche da molti "euroscettici" che si presumono marxisti non è inquadrata secondo un punto di vista di classe: il problema diventa così solo l'Unione Europea o l'euro e si dimentica che vi sono anche gruppi della borghesia imperialista che sarebbero favorevoli a un progressivo svincolamento dall'UE, anche perché gli interessi della borghesia variano e non sono immutabili, e con essi possono variare gli accordi che sono determinati da precisi rapporti di forza anch'essi mutabili.
30 gennaio 2016
Nella società capitalista nessun diritto è gratis
Le colorate manifestazioni a sostegno delle "unioni civili" hanno posto in secondo piano la furia di una tempesta abbattutasi per pochi giorni sulla società italiana. Nulla a che vedere con le tormente di neve americane. Si parla di elementi ben più violenti e non naturali: una tempesta finanziaria. Il crollo dei titoli bancari degli scorsi giorni ha rivelato importanti dettagli sulla direzione presa dalle società capitaliste nei deboli paesi del sud europa, tutti quanti interessati - guarda caso - da un insolito attivismo riformatore in materia di cosiddetti "diritti civili". E' come se si fosse aperto per un attimo il cofano motore di un veicolo complesso e straordinario consentendo ai più curiosi ed attenti di carpire importanti informazioni. Come spesso succede, molti avevano la testa girata da un'altra parte.
Cominciamo dal titolo bancario che ha subito la perdita più consistente: il Monte dei Paschi di Siena. Sulla chiacchierata banca, persino i fogli di regime come La Stampa (1) riportano come il consistente ribasso sarebbe stato dovuto ad un'abile manovra da parte di alcuni fondi speculativi (hedge funds) americani.
Cominciamo dal titolo bancario che ha subito la perdita più consistente: il Monte dei Paschi di Siena. Sulla chiacchierata banca, persino i fogli di regime come La Stampa (1) riportano come il consistente ribasso sarebbe stato dovuto ad un'abile manovra da parte di alcuni fondi speculativi (hedge funds) americani.
6 gennaio 2016
L'FMI cambia le sue regole per isolare Cina e Russia
Lo scenario da incubo, preconizzato dagli strateghi della geopolitica americani, sembra diventare realtà: l’indipendenza economica straniera dal controllo degli Stati Uniti. Invece di privatizzare e rendere il mondo neoliberale sotto la pianificazione e proprietà finanziaria accentrata sugli Stati Uniti, i governi russo e cinese stanno investendo in economie di prossimità, in termini che cementino l’integrazione economica euroasiatica, sulla base del petrolio russo, delle esportazioni erariali e del finanziamento cinese. L’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) minaccia di rimpiazzare i programmi dell’FMI e della Banca Mondiale che favoriscono i venditori, le banche e i possessori di bond degli Stati Uniti (con gli Stati Uniti che detengono potere di veto unico).
Il prestito russo del 2013, concesso in seguito alla richiesta fatta dall’eletto governo pro-russo dell’Ucraina, ha dimostrato i benefici del mutuo commercio e delle relazioni d’investimento tra i due Paesi. Come indica il Ministro delle Finanze Anton Siluanov, in Ucraina le “riserve internazionali erano appena sufficienti per coprire le importazioni di tre mesi e nessun altro creditore era preparato a concedere un prestito a condizioni accettabili per Kiev”. Tuttavia la Russia ha fornito 3 miliardi di dollari di un fondo altamente necessario, al tasso d’interesse del 5%, quando i bond ucraini stavano fruttando quasi il 12% .” [1]
Ciò che provoca fastidio in modo particolare agli strateghi finanziari americani è il fatto che questo prestito, concesso dal fondo di debito sovrano russo, fosse protetto dalla pratica di prestito dell’FMI, il quale in quel periodo aveva assicurato esigibilità di credito, trattenendo nuovo credito proveniente da Paesi in default di debiti ufficiali stranieri (o almeno, non contrattando in buona fede per il pagamento).
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21 novembre 2015
Attentati a Parigi o il fallimento dell'umanità
Perdite di guerra, di Miguel Villalba Sánchez |
Tutto è stato detto, tutto è stato visto, corpi insanguinati, persone in fuga attraverso le finestre, i feriti, i morti ...
Forse ci rimangono due cose importanti: uno sforzo per capire perché; e un altro, forse ancora più importante, un senso di fallimento, fallimento dell'umanità.
Non si tratta solo dei recenti attacchi in Francia. Questo è il secolo segnato dal completo fallimento della ragione.
"Abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto! È questo il motto dell'Illuminismo", ha detto Kant 230 anni fa.
La storia dell'illuminismo è ricca di eventi. Già avevano avvertito due tedeschi, Max Horkheimer e Theodor Adorno, in un testo notevole, Dialettica dell'Illuminismo, pubblicato nel 1944. La sconfitta del nazismo era inevitabile, ma la sua stessa esistenza alimentava poca speranza nel trionfo della ragione.
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