Sono
stato a Washington per la maggior parte di questa settimana, in
occasione della riunione di primavera del Fondo Monetario
Internazionale. Vorrei poter annunciare che si è vista la luce in fondo
al tunnel, ma la realtà oggettiva è che siamo ancora in una fase di
depressione profonda. Mi dispiace usare luoghi comuni, ma mi vengono
alla mente due espressioni: “ci si balocca mentre Roma brucia”, e “si
riordinano le sedie a sdraio sul ponte del Titanic che sta affondando”. Di Jeremy Warner
In “The Economic Consequences of the Peace - Le conseguenze economiche della pace”,
l’economista britannico John Maynard Keynes scriveva che la sua
preferenza in qualsiasi negoziato o arbitrato era quella di “dire la
verità, anche se brutale e spietata”, ma nelle discussioni di questa
settimana c’è stata ben poca attestazione di tutto questo.
Invece di affrontare le cause alla base del disastro economico
attuale - il fallimento dell’euro - il dibattito si è incentrato su
questioni marginali di bilancio e monetarie, come il consolidamento
fiscale troppo stretto della Gran Bretagna e degli Stati Uniti.
Che il responsabile in capo del dipartimento economico del FMI,
Olivier Blanchard, e la sua direttrice generale, Christine Lagarde,
possano pensare che qualche allentamento dei cordoni della borsa fiscale
in Gran Bretagna sia misura adeguata e in grado di riportare la
crescita, quando in Europa è in corso una crisi così profonda, non è
solo strano, è patetico. Leggi tutto...
Ci sono
voluti quasi due mesi, dopo le elezioni di febbraio, per condurre
l'Italia al punto d'incontro con il secondo golpe, promesso da Napolitano e da Monti a tutti i poteri forti internazionali alla
vigilia della campagna elettorale.
In
molti si supponeva che saremmo giunti al nuovo colpo di stato,
attraverso le ire dei mercati ed il progredire dello spread, invece
la strada scelta è stata di tutt'altra natura. Bersani e Berlusconi
hanno di fatto menato per il naso gli italiani che li hanno votati,
attraverso due mesi di teatrino tanto folkloristico e disordinato,
quanto mirato ad ottenere l'effetto voluto. Il primo ostinandosi
fintamente ad inseguire l'appoggio di Beppe Grillo, pur sapendo bene
che mancava qualsiasi spazio per ottenerlo. Il secondo cavalcando
l'affondamento dell'Italia (quasi le colpe del disastro fossero di un
evento tellurico) ed inseguendo Bersani, fingendo di volerlo
abbracciare stretto.
PD e
PDL hanno passato il tempo cianciando di cambiamento e chiamando i
propri elettori a manifestazioni farsa, fino ad arrivare al momento
dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.....
George Soros sa che qualcosa di spaventoso è in arrivo. I Rockefeller sanno che qualcosa di grande e orrendo sta per accadere. Quel qualcosa di grande è il collasso di tutto il denaro stampato dal nulla che è in giro per il mondo. Nei loro incontri segreti del Bilderberg, i globalisti hanno pianificato la data esatta della nostra fine economica. Potete persino scommettere che “qualsiasi giorno nero” coinciderà con una data ironica che farà ridere sommessamente i globalismi, all’inizio pianificato di un prossimo evento ” false flag” (un falso evento).
Vi ricordate quando i lacchè globalisti fecero schiantare gli aerei contro il World Trade Center l’11 settembre? I globalisti pianificarono un evento 911… il 9/11 (la data scritta in modo americano, in cui prima c’è il mese e poi il giorno, ndt) . Capito?? 3000 morti non sono niente per i globalisti.
Nessuno, se non questi psicopatici criminali, riderà quando lanceranno il loro piano per il collasso finanziario. Purtroppo né io nè voi abbiamo un posto a tavola , quindi non abbiamo informazioni da un insider, per valutare quando il collasso finanziario è in arrivo. Tuttavia ci sono delle cose su cui possiamo fare attenzione.
Un poco alla volta, la Grecia si sta trasformando in una versione del
XXI secolo del tetro e buio mondo di Charles Dickes: famiglie che
bruciano legna per scaldarsi, lavoratori che lavoro per due soldi… e,
per mettere la ciliegina sulla torta greca, tra poco anche prigioni per i
debitori! Ciò che abbiamo riferito a gennaio, è diventato realtà:
prigioni fiscali! Il governo sta cercando dei campi militari per
trasformarli in prigioni per coloro che non sono in grado di pagare i
loro debiti: fisco o fondi per la previdenza sociale, ad esempio.
Tuttavia, le condizioni delle prigioni non saranno così dure come quelle
della prigione Marshalsea, dove Willam Dorrit ha trascorso molto tempo.
I moderni debitori greci in prigione, vivranno in
“condizioni umane” perché debitori di più di 5.000 € allo stato, come ha
affermato il Ministro della Giustizia ai membri del parlamento giovedì.
“Lo stato sta cercando un campo militare entro i limiti della prefettura
di Attica per la custodia dei debitori statali accusati di pene
detentive”, ha detto il Ministro della Giustizia Kostas Karagounis al
gruppo MPS, aggiungendo che la prigione speciale per debitori migliorerà
le loro condizioni detentive, che diventeranno più umane.
Lasciate perdere le fantasiose proiezioni politiche sul futuro del
nostro paese, ormai non ha neanche tanto senso continuare ad aspettare
il nuovo governo. La pagheranno circa cinque milioni di italiani, questa
fase di instabilità e di mancanza di convergenza politica
nell'interesse del paese, con il Partito Democratico come principale
responsabile. Sono cinque milioni infatti i contribuenti italiani
(intesi come persone fisiche) che secondo le rilevazioni di Bankitalia
detengono depositi e giacenze bancarie a prima vista superiori a euro
100.000. Lo hanno fatto capire con grande disinvoltura persino le
autorità sovranazionali europee, l'Italia non è più di tanto a rischio
per adesso, nonostante i suicidi quotidiani e le chiusure sistematiche
di piccole e medie imprese day by day. Di Eugenio Benetazzo La prima manovra tampone, con
grande presunzione, istituita dal prossimo governo sarà l'istituzione di
una sorta di imposta di solidarietà su chi possiede disponibilità
liquide superiori a centomila euro appunto. Il prelievo potrebbe essere
anche di entità piuttosto contenuta (tra lo 0.5% e il 3%), mettendo il
futuro governo nelle condizioni di gestire le future contingenze della
spesa pubblica. In parallelo ci potrebbe stare anche un inasprimento
dell'attuale l'imposta di bollo (oggi allo 0.15%) facendola lievitare
sino allo 0.50% del totale degli assets finanziari complessivamente
detenuti. Leggi tutto...
Ipotizzare quanto avverra’ a seguito di una disintegrazione dell’Euro e’
un esercizio estremamente complesso e certamente criticabile, in quanto
le variabili in gioco sono realmente molte, e non tutte sono
economiche. Una nazione seria quale dovrebbe essere l’Italia, si
sarebbe dovuta porre le domanda negli anni 80 se conveniva entrare in
un sistema a cambi fissi o quasi (SME) e negli anni 90 se conveniva
entrare nell’Euro. Analogamente oggi dovrebbe porsi la domanda di quale
futuro ci attende restando nell’Euro e quale se si tornasse a valute
nazionali, e se c’e’ convenuto entrare nell’euro.
I dibattiti
nostrani, invece, sono da sempre puramente ideologici, e mai analitici e
numerici. La domanda comunque, merita una risposta, e
scenarieconomici.it e’ a disposizione per migliorare ed arricchire
l’analisi che vi presenteremo, ove vi fossero osservazioni numeriche e
supportate.
IPOTESI DI PARTENZA Ben pochi si
sono cimentati in studi numerici affrontando la questione degli scenari
economici che ci attendono con e senza Euro. Tra questi
segnaliamo lo studio Game theory and euro breakup risk premium – Cause
and Effect di Bank of America e Merrill Lynch e L’impact d’une sortie de l’Euro sur l’économie française di Jacques Sapir. I risultati sono
simili, e prevedono chiaramente che in uno scenario di ritorno non
traumatico alle valute nazionali, i paesi periferici (in primis
l’Italia) avrebbero decisi vantaggi, mentre le nazioni centrali (in
primis la Germania) avrebbero decisi svantaggi da tale processo. Leggi tutto...
Il moderno revival (impieghiamo l’inglesismo con tutta la -cattiva- intenzione) del repubblicanesimo sarebbe confortante se non venisse da dove proviene: dal mondo anglosassone. In effetti, in questo universo culturale ha predominato sempre - nel migliore dei casi- l’ideologia liberale, la quale mette al primo posto, non solo giuridicamente ma ontologicamente, questa astrazione che chiamiamo individuo (ci potrebbero richiedere di giustificare immediatamente perché qualifichiamo l’individuo come astrazione, quando nell’uso del linguaggio corrente lo si considera sinonimo della massima concretezza: questa giustificazione però si può dare solo come conclusione e non come premessa del presente testo).
Il liberalismo, pensiero progressista per antonomasia nel secolo XVII, quando ciò che stava all’ordine del giorno era liberare il popolo dalla dominazione asfissiante della monarchia assoluta, raddoppiata in Inghilterra, per di più, dalla autorità religiosa, smise di compiere questa funzione a partire, come minimo, dalla Rivoluzione Francese. Fu così proprio perché si trattava di una concezione politica pensata per società non industriali, nelle quali la distanza fra il produttore e il processo completo di produzione-distribuzione era minima, cosa che permetteva di parlare di una certa “autonomia” degli agenti sociali, capaci di controllare le mutue relazioni se non interveniva alcun meccanismo coercitivo esterno al congiunto economico. Era proprio questo meccanismo imposto alla società civile dall’alto che il liberalismo combatteva e che la Rivoluzione Francese fece saltare in aria.
Anche in Occidente i diritti dell’essere umano sono sempre più carta straccia. Alzi la mano chi ha mai sentito parlare del Trattato di Prüm, sottoscritto da sette Stati membri il 27 luglio 2005, e ratificato dal Parlamento italiano, con la Legge n. 85 del 30 giugno 2009. In ossequio alle dottrine autoritarie Usa, nonché aiTrattati di Velsen e di Lisbona-approvati in tutta fretta dai parlamentari di stanza a Bruxelles e Strasburgo (compresaSonia Alfanoche tiene conferenze pubbliche con Forza Nuova, sponsorizzata in campagna elettorale dal comico eterodirettoBeppe Grillo) senza uno straccio di coinvolgimento popolare, almeno nel belpaese- la libertà risulta sempre più vigilata nel vecchio continente.
Di Gianni Lannes
Oltre Orwell - il codice ereditario umano è balìa di alcuni Stati europei. Il pretesto è apparentemente nobile: la lotta contro «il terrorismo internazionale, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale» mediante la cooperazione. In sostanza: il Dna (acido desossiribonucleico), viene immagazzinato per 40 anni in una banca dati istituzionale.
Lo standard europeo Issol (Interpol Standard Set Of Loci) “aveva inizialmente solo 7 marcatori più amelogenina” spiega l’avvocato Giorgio Ponti “Nell’aprile 2005 è stata decisa l’introduzione di 3 nuovi marcatori ritenuti molto sensibili. Non tutte utilizzano il medesimo standard di archiviazione, anche se la risoluzione del Consiglio E del 9 giugno 1997 ‘invita’ gli Stati membri alla realizzazione di uno standard comune. La più affollata banca dati europea è quella inglese con 3 milioni di profili”.
Dane Wigington, uno dei maggiori esperti mondiali di Geoingegneria, interpellato pure nel fondamentale documentario di Michael Murphy, “What in the world are they spraying?”, ha di recente rilasciato un’intervista a George Noory, il conduttore del celebre programma radiofonico, “Coast to coast”.
Si tratta di un importante contributo, soprattutto poiché Wigington
evidenzia il caos climatico provocato dalle operazioni di geoingegneria
clandestina. La sua analisi ci consentirà di svolgere rilevanti
riflessioni che saranno il succo di un articolo il cui titolo sarà
“Convergenza”.
Il ricercatore ed attivista Dane Wigington ha documentato
preoccupanti cambiamenti nell'ambiente dovuti alla geoingegneria. Ciò
include varie tecniche di modificazione del clima, come le scie chimiche
ed i sistemi H.A.A.R.P. A causa degli interventi compiuti con la
dispersione nella biosfera di nanoparticelle metalliche, stiamo
assistendo ad un "oscuramento globale", con cui il 20% dei raggi del
sole non raggiunge la superficie del pianeta.
A Niscemi (Sicilia), all’interno di una riserva
naturale (area SIC), sono in corso i lavori di realizzazione di uno dei
quattro terminali terrestri del MUOS (Mobile User Objective System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare degli Stati Uniti d’America. Il MUOS dovrà assicurare il collegamento della rete militare Usa (centri di comando, controllo e logistici, le migliaia di utenti mobili
come cacciabombardieri, unità navali, sommergibili, reparti operativi,
missili Cruise, aerei senza pilota, ecc.), decuplicando la velocità e la
quantità delle informazioni trasmesse nell’unità di tempo e rendendo
sempre più automatizzati e disumanizzati i conflitti del XXI secolo. Con
la conseguenza di accrescere sempre più il rischio di guerra
(convenzionale, batteriologica, chimica e/o nucleare) anche per un mero
errore di elaborazione da parte dei computer.
Il terminale MUOS di Niscemi sarà costituito datre
grandi antenne paraboliche del diametro di 18,4 metri per le
trasmissioni verso i satelliti geostazionari con frequenze che
raggiungeranno i 31 GHz e da due trasmettitori di 149 metri d’altezza
per il posizionamento geografico con frequenze tra i 240 e i 315 MHz. Un
mixer di onde elettromagnetiche che penetreranno la ionosfera con potenziali effetti devastanti per l’ambiente e la salute dell’uomo. Originariamente
il progetto era stato previsto per Sigonella, la principale stazione
aeronavale della Marina militare Usa nel Mediterraneo alle porte di
Catania. Poi fu deciso di dirottare l’impianto una settantina di
chilometri più a sud, nella stazione utilizzata dal oltre vent’anni dal
Pentagono per le comunicazioni con i sottomarini atomici in navigazione
negli oceani.
Com’è facile spingere la gente ... Ma com’è difficile guidarla (Rabindranath Tagore, 1861 – 1941)
Evo Morales e Hugo Chavez
L’agenda degli “illuminati” globalizzatori,
il cui vero fine è stabilire un controllo assoluto sulle risorse
natutrali del pianeta attraverso la lotta preventiva contro i
leaders che osano sfidare questo processo difendendo gli interessi
nazionali dei loro paesi, non ha mai riposo o intervallo. E’ permanente, irreversibile, spietata ed essi utilizzano tutti i
mezzi disponibili che vanno dai più rudimentali ai più sofisticati. Per
più di 14 anni hanno fatto una guerra “nascosta” contro il governo
bolilvariano di Hugo Chàvez, ma non hanno mutato le loro intenzioni
neppure dopo la sua morte annunciata.
Ora è il turno del primo presidente aymara della Bolivia, Evo
Morales, che ha osato dichiararsi “antimperialista” guidando il suo
popolo verso uno Stato del Buon Vivere, realizzando cambiamenti
sostanziali con nuovi impegni sulla qualità di vita e la protezione
della natura.
Negli ultimi mesi la guerra mediatica contro Evo Morales e il suo
governo si è intensificata; lo hanno definito comunista, dittatore,
chavista, fidelista, individualista, egocentrico, anticlericale,
narcisista, ecc. ecc. Ma c’è un elemento nuovo che consiste nel
corrompere, confondere e sviare le basi tradizionali di appoggio alla
gestione del presidente attraverso le Organizzazioni Non Governative
(ONGs).
Angelina Jolie, idolo dello schermo americano è una delle attrici più
pagate di sempre, è famosa per il suo look sensuale e per una presenza
da femme fatale. E' una donna pericolosa, l'incarnazione di un vulcano, una minaccia capricciosa.
Il che, se ci pensate, assomiglia molto al suo ruolo nella vita reale
come inviata speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani. Nel suo
ultimo «ruolo da protagonista», si è battuta al fianco del ministro
degli Esteri britannico William Hague. DiFinian Cunningham La «location» è la
Repubblica Democratica del Congo. Entrambi hanno viaggiato per il paese
dell'Africa centrale devastato dalla guerra di questa settimana per far
luce sui crimini strazianti di stupro contro le donne come conseguenza
dei conflitti.
Questa non è la prima volta che l'improbabile coppia si è unita per
questo scopo. In precedenza, l'attrice Angelina Jolie ed il diplomatico
più anziano della Gran Bretagna hanno collaborato per 'attirare
l'attenzione pubblica' sulla violenza contro le donne in Libia, Mali e
Siria, tra le altre zone internazionali di guerra.
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Cosa
sta succedendo tra Stati Uniti e Corea del Nord, che questa settimana
ha prodotto titoli come “Aumentano le tensioni in Corea” e “La Corea
del Nord minaccia gli Stati Uniti”?
Il 30 marzo The New York Times informava: “Questa
settimana il giovane dirigente della Corea del Nord, Kim Jung-un, ha
ordinato ai suoi subordinati di prepararsi per un attacco con
missili agli Stati Uniti. Si è mostrato in un centro di comando di
fronte ad una mappa appesa al muro con il baldanzoso e improbabile
titolo ‘Piani per attaccare il territorio degli Stati Uniti’. Alcuni
giorni prima i suoi generali si sono vantati di aver sviluppato
un’ogiva nucleare “stile coreano” che potrebbe essere utilizzata da un
missile a largo raggio”.
Gli Stati Uniti sanno bene che le dichiarazioni della Corea del
Nord non sono suffragate da un potere militare sufficiente a
materializzare le sue minacce retoriche, ma la tensione sembra
aumentare in tutti i modi. Che sta succedendo? Devo tornare un poco indietro nel tempo per spiegare la situazione. Dalla fine della Guerra di Corea, 60 anni fa, il governo della
Repubblica Popolare d Democratica della Corea del Nord (RPDCN o Corea
del Nord) ha fatto ripetutamente sempre le stesse quattro proposte
agli Stati Uniti:
Nonostante
la novella presidente della Camera Laura Boldrini, impegnata con
migranti e migrazioni di altro genere, abbia dichiarato di non
esserne al corrente e mostri tutto il proprio stupore per la povertà
in cui versano i suoi connazionali privi di uno stipendio dell'ONU,
una larga parte degli italiani vive in condizioni sempre più drammatiche, senza che esista alcun ammortizzatore sociale in grado
di mitigare gli effetti della catastrofe economica che si è
riversata sulle loro teste. L'ondata
di persone che al culmine della propria disperazione decidono di
sublimare il proprio dramma emigrando nell'aldilà, continua a farsi
sempre più impetuosa ed inizia a tracimare dagli argini di silenzio
attraverso i quali Monti e Napolitano hanno deciso di nasconderla
alla vista, intimando ai media la più completa omertà. Qualche
caso più eclatante degli altri, come la strage di Perugia o il
triplice suicidio di Civitanova Marche, finisce per forza di cose per
trovare spazio sui quotidiani a tiratura nazionale, ma nonostante
perfino la Boldrini e qualche opinionista chic dei salottini TV
inizino a prendere atto del fatto che una sempre più ampia fascia
della popolazione italiana sia in procinto di migrare con mezzi assai
più drammatici dei barconi, continua a mancare totalmente una reale
percezione del fenomeno......
Noi di solito rispettiamo la convenzione di astenerci dal parlare male
di chi è scomparso recentemente. Ma Margaret Thatcher probabilmente non
si opporrebbe a un epitaffio concentrandosi su come la sua eredità
politica sia riuscita a raggiungere il suo obiettivo dichiarato di uno "smantellamento irreversibile"
del settore pubblico in Gran Bretagna. Con un attacco alla
pianificazione dello stato fatta dal governo, la Thatcher ha spostato le
istituzioni nelle mani molto più accentratrici della finanza - la City
di Londra - senza nessun controllo sui danni all’economia prodotti da
una regolamentazione finanziaria "libera" da qualsiasi norma
anti-monopolistica di controllo sui prezzi. Di Michael Hudson Михаел Хадсон e Jeffrey Sommers La Thatcher ha
trasformato il carattere della politica britannica per voce di un
governo parlamentare democraticamente eletto che ha permesso con una
pianificazione finanziaria di spartirsi il dominio del settore pubblico con il consenso popolare.
Come il suo contemporaneo, l’attore Ronald Reagan, ha raccontato una
storia con una copertina affascinante dove prometteva di aiutare la
ripresa dell'economia. La realtà, ovviamente, è stata un aumento del
costo della vita e la possibilità di fare business per la Gran Bretagna.
Ma questo gioco a somma zero ha cominciato a registrare le perdite di
tutto il sistema economico e di una gran parte del collegio elettorale
che il partito conservatore raccoglieva nel settore bancario della Gran
Bretagna. Leggi tutto...
In questi giorni ho ricevuto parecchie mail che mi chiedevano di
commentare l’articolo apparso sul blog di Beppe Grillo che reiterava il
rischio per l’Italia di fare una fine, questa volta a medio termine come
la Grecia.Grillo segue i suggerimenti dei suoi consiglieri economici e si vede….sic! Se utilizziamo il lungo termine forse riesce meglio soprattutto
considerando che per Keynes nel lungo termine siamo tutti morti e così
si mettono in pace anche gli ansiosi e i paranoici.
Che dire oggi nel partito unico trasversale del ” occhio che faremo
la fine della Grecia ” ci sono un po’ tutti, dagli economisti grillini
come la mitica Napoleoni quella che devevamo fallire ieri agli
economisti caccia grillini come Seminerio , dallo stesso Grillo a Monti,
da tizio a caio sino a raggiungere sempronio.
Che volete che vi dica ma lasciamoli sfogare, devono pur scrivere o parlare di qualcosa, non importa cosa.
Sembrano tanti papa o patrigni che avvertono ignari bambini dell’ arrivo dell’uomo nero.
Un documento pubblicato da Wikileaks rivela la strategia in cinque fasi degli Stati Uniti per minare il chavismo del Venezuela utilizzando l'USAID ed altre organizzazioni non governative (ONG). In un messaggio inviato a Washington nel novembre 2006, l'ambasciatore degli Stati Uniti in Venezuela, William Brownfield, ha dettagliato i risultati del suo lavoro nel 2004, che aveva cinque obiettivi:
1) Rinforzare le istituzioni democratiche
2) Infiltrarsi nella base politica di (Hugo) Chavez
3) Disgregare il chavismo
4) Proteggere gli interessi vitali delle società statunitensi
5) Isolare Chavez a livello internazionale.
In totale, tra il 2004 e il 2006, l'Agenzia statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID) ha donato 15 milioni di dollari ad oltre 300 organizzazioni e ha fornito un supporto tecnico e di formazione attraverso il suo Ufficio di Iniziative di Transizione ( OTI).
Premetto che sono un abbonato e un occasionale collaboratore del
Fatto Quotidiano. Lo dico per sottolineare la mia affinità di vedute con
la linea politica del giornale. Ciò non esclude, ovviamente, che a
volte mi possa trovare in disaccordo con quanto scrive qualcuno dei suoi
più autorevoli redattori, come mi è successo leggendo il commento di
Furio Colombo intitolato “Crisi, l’ora della scelta tra crescita e decrescita” pubblicato domenica scorsa. Di Maurizio Pallante Il Fatto Quotidiano E non mi riferisco alla sua predilezione per la crescita con una più
equa redistribuzione del reddito come sostenuto dai suoi economisti di
riferimento, ma alle premesse concettuali che la
sottendono, che Colombo manifesta commentando l’affermazione di Gianni
Agnelli: «Non puoi dire decrescita. È una parola contro natura», con
queste parole: «la frase è fondata – perché – i bambini crescono, gli
animali crescono, la natura cresce». A parte l’ultimo esempio di cui mi
sfugge il significato, le domando: i bambini e gli animali crescono per
sempre o a un certo punto smettono di crescere? Noi abbiamo un cane di
17 anni. Cosa sarebbe diventato se avesse continuato a crescere da
quando è nato? Lei dopo il 17 /18 anni ha continuato a crescere? Eppure,
anche avendo smesso di crescere ha continuato a migliorare. La sua
affermazione mi fa pensare a quel versetto del profeta Isaia in cui si
legge: «Iddio acceca quelli che vuol perdere».
Il capitalismo oggi esistente è radicalmente incompatibile con la democrazia. Vi è il “capitalismo” e poi c’è il “capitalismo reale”. DiNoam Chomsky
Il termine
“capitalismo” è comunemente usato riferendosi al sistema economico
degli USA, che prevede considerevoli interventi dello Stato, i quali
vanno dai sussidi per l’innovazione creativa alla politica assicurativa
“too-big-to-fail” (troppo-grandi-per-fallire, ndr) del governo per le
banche. Il sistema è altamente monopolizzato e ciò limita ulteriormente la
dipendenza dal mercato, in modo crescente: negli ultimi 20 anni la
quota dei profitti delle 200 imprese più importanti è aumentata
enormemente, riporta l’accademico Robert W. McChesney nel suo nuovo
libro Digital disconnect. In questo momento “capitalismo” è un termine comunemente usato per
descrivere sistemi nei quali non ci sono capitalisti; per esempio il
conglomerato-cooperativa Mondragón nella regione basca in Spagna, o le
imprese-cooperative che si espandono nel nord dell’Ohio, spesso con il
sostegno conservatore – entrambe esaminate in un’importante ricerca
dell’accademico Gar Alperovitz. Leggi tutto...